Gli honduregni fuggono dal Trattato di Libero Commercio (TLC)
Nonostante la stampa corporativa abbia propalato una narrativa catastrofica riguardo alla situazione migratoria venezuelana, appare chiaro, ancora una volta, il suo doppio standard. Mentre la migrazione dei venezuelani è legata ad una crisi umanitaria, non si stabiliscono categorie simili di fronte agli eventi che accadono in Honduras ed in altri paesi della regione, in cui una parte importante della popolazione impoverita fugge dalle condizioni imposte dalle politiche neoliberali, molto simili a quelle che sono imposte al Venezuela attraverso l’assedio ed il boicottaggio economico.
Cos’è “La carovana migrante”?
Da oltre un decennio Honduras, si evidenzia come l’azione del potere economico globalizzato deteriori le condizioni di vita dei suoi abitanti.
Lo scorso sabato 13 ottobre ha iniziato il suo viaggio una mobilitazione chiamata “La carovana migrante”, tra 1600 e 2000 honduregni che marciano dalla località di San Pedro Sula, a nord del paese centroamericano, viaggiano al fine di attraversare il confine honduregno verso il Guatemala, attraversare quel paese ed arrivare sino in Messico. La prima tappa sarà la città messicana di Tapachula, nello stato meridionale del Chiapas, dove avrebbero richiesto rifugio o un visto umanitario per percorrere circa 4000 chilometri verso il confine settentrionale con gli USA.
La marcia è stata convocata attraverso le reti sociali e centinaia di persone provenienti da vari dipartimenti dell’Honduras sono accorse all’appello. Molti di questi migranti non hanno cibo, vestiti o denaro e sostengono di voler arrivare negli USA a causa dell’insicurezza e mancanza di opportunità di lavoro nel loro paese. Alcuni di loro sono svenuti ed hanno richiesto cure mediche.
Honduras nel deterioro
A causa delle politiche economiche del governo honduregno, eletto con pesanti accuse di frode da parte dell’opposizione, la situazione economica di questo paese si deteriora causando una migrazione forzata. Tali politiche hanno come asse conduttore il Trattato di Libero Commercio (TLC) che Honduras ed altri paesi dell’America centrale hanno firmato con USA ed Europa.
Recentemente, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) ha riferito che il 77% dei bambini honduregni sono in uno stato di povertà e denutrizione. Assicura al suo rappresentante, Mark Connolly, che i casi continuano ad essere molto “complessi” sebbene ci siano stati progressi come le giornate delle vaccinazione e la riduzione degli omicidi.
È stato indicato che 6 bambini, indigeni ed afro-discendenti, su 10 non frequentano la scuola e che i dati sulla mortalità infantile sono gli stessi dello scorso anno. Quest’ultimo mostra che non si fa molto per risolvere questa situazione critica.
Tale è la situazione della migrazione forzata in detto paese, durante la sua partecipazione alla 73° Assemblea Generale ONU, il presidente dell’Honduras, Juan Orlando Hernández Alvarado, ha chiesto a questo organismo multilaterale, che intervenisse affinché 120 bambini honduregni rimasti al confine USA con il Messico ppossano essere ricongiunti alle loro famiglie.
Ha segnalato che questa situazione denigra i minori che si trovano nei centri di detenzione e che li priva del “diritto così basilare” e “fondamentale” per il loro sviluppo, come lo è l’unità familiare.
Come i TLC forzano la migrazione?
I TLC dei paesi centroamericani come l’Honduras sono stati respinti dai dirigenti di movimenti sociali come La Vía Campesina. Gli interessi commerciali delle grandi multinazionali sia USA sia dell’Europa prevalgono sulle piccole economie della regione centroamericana.
Ad esempio, il volume commerciali di ciascuna delle 25 nazioni europee è significativamente molto superiore di quello dei cinque paesi centroamericani, per cui questi corrono con grave svantaggio in qualsiasi tipo di negoziazione.
Nel caso del TLC con l’Europa, firmato nel 2011 dalla UE, Costarica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama, che ha incluso, in esso, il concetto di partnership in cui, per esempio, i produttori agricoli centroamericani competono contro la produzione sovvenzionata degli agricoltori europei.
Il caso del TLC dell’America centrale, Repubblica Dominicana e USA (DR-Cafta), firmato nel 2004, è stato negativo perché la bilancia commerciale è stata più vantaggiosa per la nazione settentrionale. Anche se l’Honduras è giunto ad essre il paese con il maggior volume di esportazioni verso quella nazione, le statistiche ci mostrano che molti dei nuovi posti di lavoro nelle maquilas (Le maquiladoras sono stabilimenti industriali posseduti o controllati da soggetti stranieri, in cui avvengono trasformazioni o assemblaggi di componenti temporaneamente esportati da paesi maggiormente industrializzati in un regime di esenzione fiscale) delle società multinazionali che sono state,i creat,ei in America Centrale dagli incentivi sotto il DR-CAFTA sono pericolosi e sovra-sfruttano il lavoratore
Ciò ha comportato un peggioramento delle condizioni di salute sul lavoro, il deterioramento dei salari e della sicurezza sociale delle persone, lasciandoli esposti ai bisogni delle imprese e violando i diritti dei lavoratori con la complicità dei governi.
I dati pubblici neppure mostrano la realtà di cittadini le cui famiglie hanno lavorato le loro parcelle di terra per generazioni in modo sostenibile, ma ora devono cercare lavoro nelle maquilas per mancanza di altre opzioni, e tanto meno spiegano che il tasso globale di disoccupazione sia calato mentre è aumentato, quasi allo stesso livello, nel settore agricolo. Migliaia di persone hanno dovuto emigrare in Messico o negli USA per cercare lavoro perché non si può guadagnare il sufficiente per vivere nell’agricoltura nè per sostenere una famiglia; questa situazione è esacerbata dal cambio climatico.
Come meccanismo egemonico e impoverente che perpetua una disuguaglianza già allarmante nella sanità, il DR-CAFTA permette che qualsiasi restrizione di brevetto ad un farmaco esistente negli USA possa estendersi, per 20 anni, nei paesi co-firmatario, con la creazione di un monopolio più ampio e allungando i tempi di attesa per la generazione di farmaci generici alla popolazione a cui, nel caso dell’Honduras, difficilmente possono essere forniti.
Il diritto alla migrazione e suoi beneficiari
Il rifiuto de “La carovana migrante” da parte dei governi coinvolti (Honduras, Guatemala, Messico e USA) è stato quasi all’unisono, hanno avvertito che non avrebbero permesso l’ingresso irregolare di honduregni della carovana. In particolare, lo stesso presidente USA, Donald Trump, ha proferito minacce contro l’Honduras per aver permesso ai migranti di uscire dai propri confini.
Già nello scorso aprile Trump minacciava l’Honduras allo stesso modo, inviando un messaggio alla popolazione honduregna, avvertendo che avrebbero dovuto interrompere la sua intenzione di raggiungere gli USA inoltre sollecitava il Congresso USA ad agire prontamente in merito.
“La grande carovana di gente dell’Honduras, che ora passa attraverso il Messico e si dirige alla nostra frontiera dalle ‘leggi deboli’, è meglio che si fermi prima di arrivare qui. La ‘vacca da latte’ del NAFTA è in gioco , come gli aiuti stranieri all’Honduras ed ai paesi che permettono che ciò accada, il Congresso deve agire ora!” ha annunciato Trump in quella occasione.
Tuttavia, si sa che dietro al “diritto” alla migrazione vi sono cause come il soffocamento economico da parte dei poteri egemonici attraverso l’impoverimento delle condizioni di vita della popolazione.
D’altro canto, e in relazione al primo, sono gli interessi dei grandi paesi ad avere mano manodopera straniera a buon mercato, non mantiene alcun impegno formale, è parte del neoliberismo installata negli USA e dei suoi satelliti.
Da un altro punto di vista, dietro il “diritto” a migrare, si muovono interessi economici che cercano legittimare la schiavitù, mobilitando e negoziando con la mano d’opera che, prima di giungere a destinazione, è venduta al miglior offerente.
Reti tra America centrale e USA negoziano con persone prive di documenti che cercano il sogno americano. Questa chimera ha un costo: morire nel deserto dell’Arizona o affogare nel Rio Grande. Oltre a diffondere tra i 5 ed i 10 mila $ in catene di complicità con autorità di frontiera, c’è il rischio di essere violentato, sequestrato, scomparire o ridotto in schiavitù da strutture del narcotraffico che si disputano il controllo del territorio con bande di coyote.
Le prigioni USA dove detengono i migranti illegali sono un altro affare. Nel corso del 2017, l’Agenzia per l’Immigrazione e Controllo delle Dogane (ICE) ha fermato una media giornaliera di poco più di 38 mila persone; più della metà di loro permane in carceri private. È il più grande sistema di detenzione di migranti al mondo e riporta profitti esorbitanti a società private che lo gestiscono affinché il governo federale debba pagare per ogni prigioniero.
Oligarchia honduregna: né responsabilità né patriottismo
Nel quadro della politica migratoria che l’Amministrazione Trump ha determinato, i suoi funzionari hanno dichiarato: “Siamo seriamente preoccupati dalla carovana dei migranti che viaggiano verso nord dall’ Honduras, con false promesse di entrare negli USA da parte di coloro che cercano di sfruttare i propri compatrioti. Gli USA applicano vigorosamente le proprie leggi sull’immigrazione”.
Le élite economiche e politiche dell’Honduras hanno dichiarato attraverso il governo che “questo è un momento cruciale per agire con responsabilità e patriottismo”. Tuttavia, quella stessa élite ha rifiutato di dirigere la propria economia verso percorsi al di fuori del saccheggio neoliberale.
E’ che la politica commerciale di Trump ha posto nell’arena la messa in discussione dell TLC, aprendo incentivi alla sua riprogettazione ed a nuovi riadeguamenti nelle forme di interscambio commerciale.
Sebbene il TLC sia la causa principale della migrazione forzate in Honduras, le sue élite optano per difendere il consenso globale del libero commercio piuttosto che fare due passi indietro e ripensare le loro relazioni economiche con gli USA, sfruttando lo spirito protezionista del presidente Trump, per così recuperare posti di lavoro e rilanciare settori produttivi nel paese centroamericano.
Paradossalmente, Trump offre uno spazio di negoziazione all’élite honduregna per ripensare il TLC che promuove la migrazione, a cui questa ha risposto con una difesa ad oltranza della spoliazione del libero scambio.
I governi dei paesi periferici che cercano “salvare” le loro economie individualmente attraverso trattati che ipotecano il prossimo futuro dei loro paesi finiscono per danneggiare le economie locali e la gente, promuovendo più migrazione e aumentando le disuguaglianze economiche che già esistono in tutta la regione.
La caravana migrante: hondureños huyen del Tratado de Libre Comercio
Aun cuando la prensa corporativa ha propalado una narrativa catastrófica respecto a la situación migratoria venezolana, queda claro por enésima vez su doble rasero. Mientras la emigración de venezolanos es vinculada a una crisis humanitaria, no se establecen categorías similares ante los eventos que suceden en Honduras y otros países de la región, donde parte importante de la población empobrecida escapa de las condiciones impuestas por las políticas neoliberales, muy parecidas a las que se imponen a Venezuela por la vía del asedio y el boicot económico.
¿Qué es “La caravana migrante”?
Desde hace más de una década en Honduras se evidencia cómo la acción del poder económico globalizado deteriora las condiciones de vida de sus habitantes.
El pasado sábado 13 de octubre arrancó su travesía una movilización llamada “La caravana migrante”, entre 1 mil 600 y 2 mil hondureños marchan desde la localidad de San Pedro Sula al norte del país centroamericano, viajan con el propósito de cruzar la frontera hondureña hacia Guatemala, atravesar ese país y llegar hasta México. La primera escala sería en la ciudad mexicana Tapachula, en el sureño estado Chiapas, donde solicitarían refugio o una visa humanitaria para recorrer unos 4 mil kilómetros hacia la frontera norte con Estados Unidos.
La marcha fue convocada a través de redes sociales y cientos de personas procedentes de varios departamentos de Honduras acudieron al llamado. Muchos de estos migrantes no llevan comida, ropa ni dinero, y aducen que quieren llegar a Estados Unidos por la inseguridad y falta de oportunidades de trabajo en su país. Algunos de ellos se han desmayado y han requerido atención médica.
Honduras en el deterioro
A causa de las políticas económicas del gobierno hondureño, elegido bajo fuertes acusaciones de fraude por parte de la oposición, la situación económica de este país se deteriora causando una migración forzada. Tales políticas tienen como eje conductor los Tratados de Libre Comercio (TLC) que Honduras y otros países centroamericanos han firmado con Estados Unidos y Europa.
Recientemente el Fondo de las Naciones Unidas para la Infancia (UNICEF) informó que el 77% de niños hondureños se encuentran en estado de pobreza y desnutrición. Asegura su representante, Mark Connolly, que los casos siguen siendo muy “complejos” aun cuando ha habido avances como las jornadas de vacunación y la disminución de homicidios.
Se ha indicado que 6 de cada 10 niños indígenas y afrodescendientes no asisten a la escuela, y que los registros de mortalidad infantil son los mismos del año pasado. Esto último evidencia que no se hace mucho por resolver dicha situación crítica.
Tal es la situación de migración forzada en dicho país que, durante su participación en la 73° Asamblea General de la ONU, el presidente de Honduras, Juan Orlando Hernández Alvarado, pidió a este organismo multilateral que interviniera para que 120 niños hondureños que restan en la frontera de Estados Unidos con México puedan ser reunidos con sus familias.
Señaló que esta situación denigra a los menores que se encuentran en centros de detención y que los priva del “derecho tan básico” y “fundamental” para su desarrollo como lo es la unidad familiar.
¿Cómo los Tratados de Libre Comercio forzan la migración?
Los TLC de países centroamericanos como Honduras han sido rechazados por líderes de movimientos sociales como La Vía Campesina. Los intereses comerciales de las grandes corporaciones transnacionales tanto de Estados Unidos como de Europa priman sobre las pequeñas economías de la región centroamericana.
Por ejemplo, el volumen comercial de cada una de las 25 naciones europeas es significativamente muy superior a la de los cinco países centroamericanos, por lo que éstos corren con una gran desventaja en cualquier tipo de negociación.
En el caso del TLC con Europa, firmado en 2011 por la Unión Europea, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua y Panamá, se ha incluido el concepto de asociatividad en el que, por ejemplo, los productores agrícolas centroamericanos compiten contra la producción subvencionada de los agricultores europeos.
El caso del TLC de Centroamérica, República Dominicana y Estados Unidos (DR-Cafta), firmado en 2004, ha sido negativo debido a que el balance comercial ha sido más beneficioso para la nación del norte. Aun cuando Honduras ha llegado a ser el país con mayor volumen exportado hacia esa nación, las estadísticas no muestran que muchos de los trabajos nuevos en las maquilas de las empresas transnacionales que han sido creadas en Centroamérica por los incentivos bajo el DR-Cafta son peligrosos y sobreexplotan al trabajador.
Esto ha significado un empeoramiento de las condiciones de salud laboral, el deterioro de los salarios y la seguridad social de las personas, dejándolas expuestas a las necesidades de las empresas y violando los derechos laborales con la complicidad de los gobiernos.
Los datos públicos tampoco presentan la realidad de ciudadanos cuyas familias han trabajado sus parcelas en el campo por generaciones de una manera sostenible, pero ahora tienen que buscar trabajo en las maquilas por falta de otras opciones, mucho menos explican que la tasa global de desempleo ha bajado mientras que ha aumentado casi al mismo nivel en el sector agrícola. Miles de personas han tenido que emigrar a México o Estados Unidos para buscar trabajo porque no se puede ganar lo suficiente para vivir en el campo ni sostener una familia; esta situación se agudiza con el cambio climático.
Como mecanismo hegemónico y empobrecedor que perpetúa una desigualdad ya alarmante en asistencia médica, el DR-Cafta permite que cualquier restricción de patente a un medicamento existente en los Estados Unidos pueda extenderse por 20 años en el país co-firmante, creando un monopolio más amplio y extendiendo el tiempo de espera para la generación de medicamentos genéricos a la población a quienes, en el caso de Honduras, apenas se les puede proporcionar.
El derecho a la migración y sus beneficiarios
El rechazo a “La caravana migrante” por parte de los gobiernos involucrados (Honduras, Guatemala, México y Estados Unidos) ha sido casi al unísono, han advertido que no permitirán el ingreso irregular de los hondureños que van en la caravana. En particular el mismo presidente estadounidense, Donald Trump, ha emitido amenazas contra Honduras por dejar salir a los migrantes de sus fronteras.
Ya en abril pasado Trump amenazaba a Honduras de la misma manera, enviando un mensaje a la población hondureña en el que advertía que debían detener su intención de llegar a Estados Unidos, además exhortaba al congreso estadounidense a actuar con prontitud al respecto.
“La gran caravana de gente de Honduras, que ahora viene a través de México y se dirige a nuestra frontera de las ‘leyes débiles’, es mejor que se detenga antes de que llegue allí. La ‘vaca lechera’ del NAFTA está en juego, al igual que la ayuda extranjera a Honduras y los países que permiten que esto suceda. ¡El Congreso debe actuar ahora!”, anunció Trump en aquella oportunidad.
Sin embargo, se sabe que detrás del “derecho” a la migración hay causas como la asfixia económica por parte de potencias hegemónicas mediante la pauperización de las condiciones de vida de la población.
Por otra parte, y en conexión con lo primero, están los intereses de países grandes de tener mano de obra extranjera y barata con la cual, no mantener ningún tipo de compromiso formal, es parte del neoliberalismo instalado en Estados Unidos y sus satélites.
Desde otro ángulo, tras el “derecho” a migrar se mueven intereses económicos que buscan legitimar la esclavitud, movilizando y negociando con mano de obra que, antes de llegar al destino, es vendida al mejor postor.
Redes entre América Central y Estados Unidos negocian con indocumentados que procuran el sueño americano. Esta quimera tiene un costo: morir en el desierto de Arizona o ahogarse en Río Grande. Aparte de diseminar entre 5 y 10 mil dólares en cadenas de complicidad con autoridades fronterizas, está el riesgo de ser violado, secuestrado, desaparecido o esclavizado por estructuras del narcotráfico que se disputan el control del territorio con bandas de coyotes.
Las cárceles estadounidenses donde detienen a los migrantes ilegales son otro negocio. Durante 2017, la Agencia de Inmigración y Control de Aduanas (ICE por sus siglas en inglés) detuvo un promedio diario de algo más de 38 mil personas; más de la mitad de ellos permanecen en cárceles privadas. Se trata del sistema de detención de migrantes más grande del mundo y reporta ganancias exorbitantes a empresas privadas que la manejan porque el gobierno federal debe pagar por cada preso.
Oligarquía hondureña: ni responsabilidad ni patriotismo
En el marco de la política migratoria que la Administración Trump ha determinado, sus funcionarios manifestaron: “Estamos seriamente preocupados por la caravana de migrantes que viaja al norte desde Honduras, con falsas promesas de ingresar a los Estados Unidos hechas por aquellos que buscan explotar a sus compatriotas. Los Estados Unidos hacen cumplir vigorosamente sus leyes de inmigración”.
Las élites económicas y políticas de Honduras han declarado a través del gobierno que “este es un momento crucial para actuar con responsabilidad y patriotismo”. Sin embargo, esa misma élite se ha negado a dirigir su economía hacia derroteros fuera del saqueo neoliberal.
Y es que la política comercial de Trump ha colocado en la palestra el cuestionamiento a los TLC, abriendo incentivos a su rediseño y a nuevos reacomodos en las formas de intercambio comercial.
Pese a que el TLC es la principal causa de la migración forzada en Honduras, sus élites optan por defender el consenso global del libre comercio antes que dar dos pasos atrás y replantear su relación económica con Estados Unidos, aprovechando el ánimo proteccionista del presidente Trump, para así recuperar puestos de trabajo y reanimar sectores productivos en el país centroamericano.
Paradójicamente, Trump le ofrece un espacio de negociación a la élite hondureña para replantear el TLC que potencia la migración, a lo que ésta ha respondido con una defensa a ultranza de la expoliación del libre comercio.
Los gobiernos de países periféricos que buscan “salvar” sus economías individualmente mediante tratados que hipotecan el futuro próximo de sus países, terminan haciendo daño a las economías locales y a la gente, promoviendo más migración y aumentando las desigualdades económicas que ya existen por toda la región.