Il ritorno dei caudillos latinoamericani

aurorasito Wayne Madsen SCF

La “primavera del socialismo” dell’America Latina è al termine. Dopo oltre un decennio di presidenti progressisti socialisti che mettevano il popolo davanti al clientelismo, gli oligarchi dell’America latina, attraverso l’abuso di tribunali, parlamenti e sistemi elettorali, hanno messo al potere caudillos in tutta la regione.

A differenza del passato, quando i generali locali, con un cenno del capo della stazione della CIA, chiamavano carri armati e truppe per cacciare i presidenti eletti democraticamente, i capi fascisti di oggi hanno scoperto che i social media, accoppiati a giudici e legislatori corrotti, può fare ciò che sono, essenzialmente, “colpi di Stato costituzionali”. La primavera del socialismo in America Latina ha visto molte nazioni adottare politiche estere indipendenti, prive di dettami di Washington. Cogli Stati Uniti militarmente impantanati in Afghanistan e Iraq, l’America Latina si liberò delle catene politiche, finanziarie e militari che la legavano a Washington. Le nuove libertà dell’America Latina irritarono i neo-conservatori e gli ufficiali degli Stati Uniti, in particolare John Bolton, l’ambasciatore non confermato delle Nazioni Unite di George W. Bush, e John Kelly, comandante del Southern Command degli Stati Uniti a Miami. Sia Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, che Kelly, capo di Stato Maggiore di Trump, sono ora nella posizione per aiutare e favorire l’ascesa dei caudillos in America Latina, vendicandosi dei leader progressisti e dei loro partiti politici. La primavera progressista socialista dell’America Latina era al suo apice quando il Presidente Hugo Chavez, a capo di un blocco di nazioni latinoamericane e caraibiche alternativo all’Organizzazione degli Stati americani dominata da Stati Uniti e neocolonie, era fonte d’ispirazione per altri leader progressisti della regione, come il presidente argentino Nestor Kirchner e la vedova Cristina de Fernandez Kirchner, in seguito eletta presidente; il presidente nicaraguense Daniel Ortega; i presidenti brasiliani Luiz Inácio Lula da Silva (“Lula”) e Dilma Rousseff; la presidentessa cilena Michelle Bachelet; il presidente ecuadoriano Rafael Correra; il presidente boliviano Evo Morales; ol presidente paraguayano Fernando Lugo; il presidente haitiano Jean-Bertrand Aristide; il presidente honduregno Manuel Zelaya; i presidenti uruguaiani Jose (Pepe) Mujica e Tabaré Vazquez; Alvaro Colom; e i leader di centro-sinistra di Repubblica Dominicana, El Salvador, Perù, San Vincenzo, Dominica e Santa Lucia. I critici di destra della primavera latinoamericana la definirono in modo sprezzante “ondata rossa”. Chavez diede l’idea della creazione dell’Alleanza Bolivariana per i popoli della nostra America (ALBA) e della Comunità degli Stati dell’America latina e dei Caraibi (CELAC), non controllate dagli statunitensi.

La primavera del socialismo dell’America latina iniziò a sfilacciarsi dopo che gli Stati Uniti, principalmente attraverso Central Intelligence Agency e Southern Command, attuarono i colpi di Stato da manuale ad Haiti e Honduras, un tentato colpo di Stato militare in Ecuador e “colpi di Stato costituzionali” in Paraguay e Brasile. Dopo che a Chavez fu diagnosticato con una forma aggressiva di cancro, il blocco bolivariano fu assediato da Washington. Oggi solo Venezuela, Nicaragua, Bolivia e Uruguay rimangono nel blocco progressista e sono tutti assediati,in misura diversa da Washington e regimi “capitalisti clientelari” di Colombia, Brasile, Argentina, Cile e Perù. L’elezione a presidente del Brasile di Jair Bolsonaro, politico di estrema destra del cosiddetto Partito sociale liberale (PSL), è il ritorno ai giorni dei caudillos sostenuti dall’esercito “della diplomazia delle cannoniere” di Washington e sua imposizione delle “Repubbliche delle banane” nell’emisfero occidentale. Bolsonaro, dichiarato ammiratore di Adolf Hitler, Benito Mussolini e dittature militari in Brasile, iniziò a presentarsi come versione di estrema destra dei passati dittatori militari latinoamericani ancor prima di essere eletto presidente. Bolsonaro non fa mistero di voler guidare un blocco di nazioni latinoamericane di destra asservite alle dottrine nazionaliste e razziste dell’amministrazione Trump. Bolsonaro assieme al presidente di destra del Paraguay, Mario Abdo Benitez, il cui padre fu il segretario privato del dittatore nazista Alfredo Stroessner, prometteva di stringere legami più stretti tra Brasilia e Asuncion. Il presidente di destra colombiano Ivan Duque aveva colloqui con Bolsonaro sull’intenzione di entrare a far parte di un blocco di estrema destra delle nazioni latinoamericane in un futuro vertice conservatore delle Americhe, con probabilmente Trump partecipe. L’ex-stratega della Casa Bianca, Steve Bannon, impegnato coi suoi piani per un vertice dei partiti politici europei di estrema destra sotto il segretariato di Bruxelles chiamato “Il movimento”, consigliava a Bolsonaro e l’ambizioso figlio, il deputato Eduardo Bolsonaro. Bolsonaro aveva anche conversazioni col presidente di destra argentino Mauricio Macri, socio di Trump, in attesa di formare una nuova alleanza di destra in America Latina. Bolsonaro riceveva Jacqueline van Rysselberghe e Jose Durana, due senatori di destra cileni dell’Unione Democratica Indipendente (UDI) del presidente cileno Pinhera, che guarda con affetto alla brutale dittatura del generale Augusto Pinochet. Bolsonaro e membri del “Movimento” di Bannon consigliano le forze boliviane di estrema destra guidate dal capo della coalizione d’opposizione di Las Calles, Maria Anelin Suarez, che cerca di estromettere Evo Morales dalla presidenza. Bolsonaro inviò una dei suoi deputati, Carla Zambelli, in Bolivia per organizzare, insieme a Suarez, Las Calles e gli associati di Bannon, la “marcia nazionale” del 10 ottobre 2018 contro Morales. Bolsonaro indicava che i suoi sforzi anti-Morales hanno il sostegno dell’Argentina di Macri e del Cile di Pinhera, nel fomentare l’opposizione a Morales in Bolivia.

Bolsonaro affermava che con da presidente del Brasile, con l’Argentina di Macri e il Cile di Pinhera sconfiggeranno il “socialismo” in Bolivia e Venezuela. Bolsonaro è stato definito “Trump tropicale”. Bolsonaro prometteva di sequestrare le terre delle tribù indigene del Brasile e consegnarle ad affaristi privati per sfruttarle. Ha anche definito gli afro-brasiliani “obesi e pigri” e la gente di Haiti, Africa e Medio Oriente “feccia dell’umanità”. Bolsonaro dava ai leader dell’opposizione brasiliana due scelte: l’esilio o l’esecuzione. C’è la forte possibilità che Bolsonaro, Macri, Piñera, Abdo Benitez e Duque cerchino la rinascita dell’Operazione Condor, un’alleanza favorita dalla CIA delle polizie segrete e delle agenzie di intelligence delle dittature militari latinoamericane dal 1968 al 1989. Condor, benedetta dal segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger, era responsabile della localizzazione ed assassinio dei leader di sinistra rifugiatisi in Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Ecuador, Paraguay, Perù, Stati Uniti e Uruguay. La Bolivia, senza sbocco sul mare, da parte dei governi di destra di Brasile, Argentina, Paraguay e Cile, e di un Perù complice di Washington, dovrà affrontare crescenti pressioni politiche, economiche e militari per negare a Morales il quarto mandato da presidente nel 2019. Il Venezuela, già paralizzato dalle sanzioni economiche imposte dall’amministrazione Trump vedrà Brasile e Colombia consentire nelle loro regioni di confine le operazioni paramilitari sostenute dalla CIA contro il governo del Presidente Nicolas Maduro, il successore scelto da Chavez. Il governo di Ortega in Nicaragua continuerà anche a subire la destabilizzazione della CIA col sostegno del governo di Bolsonaro. Solo il governo entrante progressista di sinistra di Andrés Manuel López Obrador (AMLO) in Messico e Cuba potranno aiutare le poche sacche di populismo di sinistra nell’emisfero occidentale. I diritti dei lavoratori, dei contadini, delle popolazioni indigene, degli studenti e del clero non evangelico in America Latina saranno presto assaliti in modi mai visti dai tempi dei caudillos, delle junte e della Condor. “Lula”, che rimane il leader politico più popolare in Brasile, è stato incarcerato per 12 anni con accuse inventate da un apparato giudiziario e legale di destra.

L’emisfero deve ora guardare ad AMLO; al Presidente post-Castro di Cuba Miguel Díaz-Canel; all’ex-presidente dell’Uruguay Mujica; e ai rimanenti primi ministri progressisti degli Stati caraibici anglofoni per salvare i leader di Bolivia, Venezuela e Nicaragua dall’imminente assalto fascista. Mujica avvertiva che l’elezione di Bolsonaro rappresenta la stessa mentalità che vide Hitler eletto in Germania. Mujica aveva detto, alla vigilia delle elezioni brasiliane, che “gli umani hanno poca memoria. Chiedendo il cambiamento, si può avere il peggio”. L’America Latina e l’opposizione anti-Trump negli Stati Uniti devono fare attenzione a un nuovo patto fascista simile all’Asse guidato da Bolsonaro, Trump, Macri, Duque e altri, come Jimmy Morales, comico divenuto presidente fascista del Guatemala, e il dittatore della repubblica delle banane honduregna Juan Orlando Hernandez.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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