L’indilazionabile urgenza di un fronte di resistenza

Raúl Roa García http://www.granma.cu

Se le forme democratiche di governo vengono sottoposte alle più dure prove negli ultimi tempi, in nessuna parte si sono viste tanto ferocemente attaccate e messe in così tanto grave indebolimento come nella nostra America.

Da sud a nord, le logge militari, i signori della terra, i mercanti di potere, le oligarchie montanare e le grandi imprese, in sinistro consorzio, sono andate abolendo, senza che ONU ed OSA li fermassero, le libertà fondamenti dell’uomo e del cittadino. La cinica falsificazione della volontà popolare, o la violenta sostituzione di governi costituzionalmente eletti da autocrazie di tipico tratto totalitario caratterizzano questo drammatico processo, che minaccia generalizzarsi a tutto il continente.

Il quinto-colonnismo pseudo-marxista e l’avidità imperialista dominano oggi su un fascio di nazioni invertebrate, in balia di spadoni, capoccia, politicanti, banchieri ed imprenditori senza scrupoli. Pochi governi di radice popolare, la maggior parte dei quali minati dalla corruzione amministrativa, dagli squilibri sociali, dalla demagogia elettorale e dallo sfruttamento coloniale, completano questo cupo quadro. Non c’è dubbio che il destino della democrazia è dato. L’urgente necessità di formare un ampio fronte di resistenza, alla sfrenata aggressività dei nemici delle libertà popolari, salta agli occhi.

È indiscutibile che la concezione democratica della vita, della società e dello stato è consustanziale allo spirito ed allo sviluppo storico dei nostri popoli; ma, non lo è meno, che questa concezione è attualmente minacciata dalle forze più regressive e rapaci del nostro tempo.

La questione centrale da discutere è come galvanizzare il regime democratico, fino al punto di promuovere, nei popoli, l’appassionata determinazione di difenderlo, al prezzo della vita, in tutte le contingenze e vicissitudini. Un regime democratico senza contenuto economico, senza un’ampia base sociale e senza partecipazione attiva del popolo nell’orientamento del potere pubblico, è una aggeggio inutile in questa congiuntura storica di transizione. Su ciò non ci possono essere circonlocuzioni né eufemismi.

Il problema fondamentale posto alla democrazia, in questo momento, è come organizzare la società senza che la libertà soffra danno alcuno. A livello universale, è già imperativo che la democrazia distingua, chiaramente, i diritti soggettivi dei diritti patrimoniali. Le domande che riguardano la persona umana possono risolversi solo con “la ricerca e l’instaurazione di una struttura giuridica più equa che permetta ridurre il problema ai suoi veri termini”.

I diritti patrimoniali unicamente possono ora esistere in funzione della società. Nessun interesse individuale, che pretenda opporsi all’interesse sociale, è legittimo. Se aspiriamo a che l’uomo recuperi la sua “fertilità perduta” e sviluppi pienamente, le sue attitudini e potenze, è essenziale disciplinare socialmente le cose. Assai complesso è il compito che ha davanti il movimento democratico.

Nel caso particolare della nostra America, dobbiamo contare su ciò che ci viene dato dalla storia. Nell’ordine materiale e culturale, molti progressi sono stati fatti finora durante questo secolo. Considerando il processo nel suo insieme, è necessario convenire, tuttavia, che la struttura economica, sociale e amministrativa dei popoli ispano-americani abbia urgenza di una sostanziale trasformazione. Questa trasformazione deve andare di pari passo con il rispetto delle libertà pubbliche e con una politica internazionale di militante ripudio di tutti i regimi che violano la dignità umana.

Si deve insistere che solo attraverso limpide elezioni, onestà amministrativa, libertà civili, benessere economico, giustizia sociale, diffusione delle luci e consolidamento della sovranità potranno salvarsi le istituzioni rappresentative in questo emisfero. L’opportunità è unica per dotare di contenuto e proiezione storica la lotta contro le dittature americane.

Gli stati americani hanno acquisito l’impegno di garantire libertà e giustizia ai popoli, nel sottoscrivere la Carta dei Diritti Umani all’ONU e la Carta sui Diritti e Doveri dell’Uomo in occasione della IX Conferenza Interamericana di Bogotà.

La pace è l’aspirazione suprema dell’uomo che sente la libertà come un imperativo di coscienza. Il ruolo che i dirigenti delle forze operaie giocheranno è di prima linea. Nessuno come loro potranno fornire le formule di miglioramento sociale più pressanti ed efficaci per rafforzare il regime democratico.

Non potrà neppure lasciare di essere discusso il problema dell’industrializzazione della nostra America. Aumentare la potenzialità economica dei nostri popoli è uno dei mezzi più efficaci di rafforzare e consolidare il regime democratico e mettere in riga gli imperialisti di tutti i tipi e di tutte le latitudini.

La forma in cui i paesi più sviluppati possono contribuire a questo aumento del nostro potenziale economico, dovrà essere considerato alla luce di questa domanda: potranno collocarsi su un piano di parità, in quanto a questo aiuto, i governi rappresentativi e rispettosi delle libertà pubbliche e quelli che sono nati dall’usurpazione della volontà popolare e negano, ai loro governati, il godimento dei diritti essenziali dell’uomo e del cittadino? Né potrà ignorarsi, la capitale questione del riconoscimento dei governi di fatto. A questo proposito, non vi sono linee guida nell’ambito del diritto pubblico interamericano, né unanimità di criterio nelle cancellerie.

Se la democrazia ha bisogno di entrambe le Americhe per superare la profonda crisi che sta attraversando, è imperativo che la politica del buon vicinato sia effettivamente ripristinata. Dopo la morte di Franklyn Delano Roosevelt, in molte occasioni i «bravi siamo stati noi e loro i vicini». Spero che il governo del popolo, dal popolo e per il popolo, cessi di essere il governo in nome del popolo, senza il popolo e contro il popolo! E magari che vivano su un piano di parità, in pace ed in armonia, l’America di Juarez e l’America di Lincoln!

(Frammenti tratti da ’15 anni dopo’, Editrice Librería Selecta, L’Avana, 1950).


La inaplazable urgencia de un frente de resistencia

Autor: Raúl Roa García

Si las formas democráticas de gobierno vienen sometidas a las más duras pruebas en los últimos tiempos, en ninguna parte se han visto tan ferozmente atacadas y puestas en tan grave quebranto como en nuestra América. De sur a norte, las logias militares, los señores de la tierra, los mercaderes del poder, las oligarquías montaraces y las grandes empresas, en siniestro consorcio, han ido aboliendo, sin que la onu y la oea les diesen el alto, las libertades fundamentales del hombre y del ciudadano. La cínica adulteración de la voluntad popular, o la violenta sustitución de gobiernos constitucionalmente elegidos por autocracias de típico pergeño totalitario, caracterizan este dramático proceso, que amenaza generalizarse a todo el continente.

El quintacolumnismo seudomarxista y la codicia imperialista señorean hoy sobre un haz de naciones invertebradas, a merced de espadones, gamonales, politicastros, banqueros y empresarios sin escrúpulos. Escasos gobiernos de raíz popular, la mayoría minados por la corrupción administrativa, los desajustes sociales, la demagogia electorera y la explotación colonial, completan este cuadro sombrío. No cabe ya duda de que la suerte de la democracia está echada. La inaplazable urgencia de formar un amplio frente de resistencia, a la desmandada agresividad de los enemigos de las libertades populares, salta a la vista.

Es indiscutible que la concepción democrática de la vida, la sociedad y el estado es consustancial al espíritu y al desarrollo histórico de nuestros pueblos; pero, no lo es menos, que esa concepción está actualmente amenazada por las fuerzas más regresivas y rapaces de nuestra época.

La cuestión céntrica a debatir es cómo galvanizar el régimen democrático, hasta el punto de promover, en los pueblos, la apasionada determinación de defenderlo, a precio de vida, en todas las contingencias y avatares. Un régimen de­mocrático sin contenido económico, sin ancha base social y sin activa participación del pueblo en la orientación del poder público, es un trasto inútil en esta coyuntura histórica de transición. Sobre esto no pueden caber circunloquios ni eufemismos.

El problema fundamental que tiene planteado la democracia, en esta hora, es cómo organizar la sociedad sin que la libertad sufra menoscabo alguno. En un plano universal, resulta ya imperativo que la democracia distinga, nítidamente, los derechos subjetivos de los derechos patrimoniales. Las cuestiones que atañen a la persona humana solo pueden resolverse con el «hallazgo y establecimiento de una estructura jurídica más justa, que permita reducir el problema a sus verdaderos términos».

Los derechos patrimoniales únicamente pueden ya existir en función de la ­sociedad. Ningún interés individual, que pretenda oponerse al interés social, es legítimo. Si aspiramos a que el hombre recobre su «fertilidad perdida» y desarrolle, a plenitud, sus aptitudes y potencias, es indispensable disciplinar socialmente las cosas. Sobremanera compleja es la faena que tiene, por delante, el movimiento democrático.

En el caso particular de nuestra América, hay que contar con lo que nos viene dado por la historia. En el orden material y cultural, se ha progresado mucho en lo que va del siglo. Visto el proceso en perspectiva de conjunto, hay que convenir, sin embargo, en que la estructura económica, social y administrativa de los pueblos hispanoamericanos está urgida de una sustantiva transformación. Esa transformación debe ir conjugada con el respeto a las libertades públicas y con una política internacional de militante repudio a todos los regímenes atentatorios a la dignidad humana.

Se debe insistir en que solo mediante elecciones limpias, honestidad administrativa, libertades públicas, bienestar económico, justicia social, difusión de las luces y consolidación de la soberanía podrán salvarse las instituciones representativas en este hemisferio. La oportunidad es única para dotar de contenido y proyección histórica a la lucha contra las dictaduras americanas.

Los estados americanos han adquirido el compromiso de garantizarle libertad y justicia a los pueblos, al suscribir la Carta de los Derechos Humanos en la onu a la carta de los Derechos y Deberes del Hombre en la ix Conferencia Interamericana de Bogotá.

La paz es la aspiración suprema del hombre que siente la libertad como imperativo de conciencia. El papel que desempeñarán los dirigentes de las fuerzas obreras es de primera línea. Nadie como ellos podrán aportar las fórmulas de mejoramiento social más apremiantes y efectivas para fortalecer el régimen democrático.

No podrá tampoco dejar de controvertirse el problema de la industrialización de nuestra América. Aumentar la potencialidad económica de nuestros pueblos es uno de los medios más efectivos de robustecer y consolidar el régimen democrático y de poner a raya a los imperialistas de todo signo y de toda laya.

La forma, en que los países más desarrollados pueden contribuir a este aumento de nuestro potencial económico, deberá considerarse, a la luz de esta interrogante: ¿podrían situarse, en un pie de igualdad, en cuanto a esta ayuda, los gobiernos representativos y respetuosos de las libertades públicas y los que han nacido de la usurpación de la voluntad popular y niegan a sus gobernados el disfrute de los derechos esenciales del hombre y del ciudadano? Ni podrá soslayarse, la batallona cuestión del reconocimiento de los gobiernos de facto. Sobre esta materia no existen pautas dentro del derecho público interamericano, ni unanimidad de criterio en las cancillerías.

Si la democracia necesita de ambas América para superar la honda crisis que atraviesa, es imprescindible que la política de buena vecindad sea efectivamente restaurada. Después de la muerte de Franklyn Delano Roosevelt, en muchas ocasiones los «buenos hemos sido nosotros y los vecinos ellos». ¡Ojalá que el gobierno del pueblo, por el pueblo y para el pueblo, deje de ser el gobierno en nombre del pueblo, sin el pueblo y contra el pueblo! ¡Y ojalá que vivan en un pie de igualdad, en paz y en armonía, la América de Juárez y la América de Lincoln!

(Fragmentos tomados de 15 años después, Editorial Librería Selecta, La Habana, 1950).

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