Fidel Castro https://lapupilainsomne.wordpress.com
Non abbiamo il minor dubbio che Martí è stato il più grande pensatore politico e rivoluzionario di questo continente. Non è necessario fare confronti storici. Ma se analizziamo le circostanze straordinariamente difficili in cui si sviluppa l’azione di Martí: dall’emigrazione lottando senza alcuna risorsa contro il potere della colonia dopo una sconfitta militare, contro quei settori che disponevano alla stampa e disponevano selle risorse economiche per combattere le idee rivoluzionarie; se consideriamo che Martí sviluppava tale azione per liberare un piccolo paese dominato da centinaia di migliaia di soldati armati fino ai denti, paese su cui incombeva non solo quella dominazione, ma un pericolo molto più grande ancora; il pericolo di assorbimento da parte di un potente vicino, le cui guerre imperialiste cominciavano a svilupparsi visibilmente; e che Martí da lì, con la sua penna, la sua parola, mentre cercava di ispirare i cubani e formare la loro coscienza per superare le discordie e gli errori di direzione e di metodo che posero fine alla Guerra dei Dieci anni, mentre cercava di unire in un unico pensiero rivoluzionario gli emigranti, la vecchia generazione che iniziò la lotta per l’indipendenza e le nuove generazioni, unire quegli eminentissimi e prestigiosi eroi militari, affrontava nel campo delle idee le campagne di Spagna a favore della colonia, le campagne autonomiste a favore di procedure leguleie ed elettorali ed ingannevoli che non avrebbero condotto la nostra patria ad alcun fine, e affrontava le nuove correnti annessioniste che sorgevano da tale situazione, e affrontava il pericolo dell’annessione, non già tanto in virtù della richiesta di quei settori benestanti che decenni addietro lo aveva richiesto per mantenere l’istituzione della schiavitù ma in virtù dello sviluppo del potere economico e politico di quel paese che già si insinuava come la potenza imperialista che è oggi.
Date queste straordinarie circostanze, questi straordinari ostacoli, possiamo ben dire che l’Apostolo della nostra indipendenza affrontò grandi difficoltà e problemi così difficile come mai ebbe da affrontare alcun dirigente rivoluzionario e politico nella storia di questo continente.
E così sorse nel firmamento della nostra patria quella stella tutto patriottismo, tutta sensibilità umana, tutto esempio, che insieme con gli eroi delle battaglie, insieme a Maceo e Maximo Gomez, iniziò di nuovo la guerra per l’indipendenza di Cuba.
E cosa può essere più simile a quella lotta di idee di allora che la lotta delle idee oggi? Cosa può essere più simile a quella incessante predica martiana per la guerra necessaria ed utile come unico modo per ottenere la libertà, quella tesi martiana a favore della lotta rivoluzionaria armata che le tesi che mantenne, nell’ultima tappa del processo, il movimento rivoluzionario nella nostra patria, affrontando anche gruppi elettoralistici, ai politicanti, agli avvocaticchi che venivano a proporre al paese rimedi, che per 50 anni, non erano stati in grado di risolvere uno solo dei suoi mali, e agitando la paura della lotta, la paura del vero percorso rivoluzionario, che era la via della lotta armata rivoluzionaria? E cosa può essere più simile a quella incessante predica di Martí che la predica dei veri rivoluzionari che nell’ambito degli altri paesi latino-americani hanno anche la necessità di difendere le loro tesi rivoluzionarie contro la tesi avvocatesche, contro le tesi riformiste, contro le tesi dei politicanti?
Ed è che lungo questo processo le stesse lotte si sono andate ripetendo in un periodo o in un altro, sebbene -ovviamente- non nelle stesse circostanze né allo stesso livello.
Martí affronta quelle idee. E si inizia la Guerra del 1895, guerra ugualmente piena di pagine straordinariamente eroiche, piena di incredibili sacrifici, piena di grandi prodezze militari; guerra che, come tutti sappiamo, non culminò negli obiettivi perseguiti dai nostri antenati, non culminò con il trionfo definitivo della causa, benché nessuna delle nostre lotte terminò realmente con una sconfitta, perché ognuna di esse fu un passo in avanti, un salto verso il futuro Ma è certo che alla fine di quella lotta la colonia spagnola, il dominio spagnolo, è sostituita dal dominio USA nel nostro paese, dominio politico e militare, attraverso l’intervento.
I cubani avevano lottato per 30 anni; decine e decine di migliaia di cubani erano morti nei campi di battaglia, centinaia di migliaia perirono in quella contesa, mentre gli yankee persero poche centinaia di soldati a Santiago de Cuba. E s’impossessarono di Portorico, sì impossessarono di Cuba, anche se con uno status quo diverso; si impossessarono dell’arcipelago delle Filippine, a 10000 chilometri di distanza dagli USA, e s’impossessarono di altri possedimenti. Qualcosa che più temevano Marti e Maceo. Perché giù la coscienza politica ed il pensiero rivoluzionario si erano sviluppati così tanto che i dirigenti fondamentali della Guerra del 1895 avevano idee chiarissime, assolutamente chiare sugli obiettivi, e ripudiavano nel più profondo del loro cuore l’idea dell’annessionismo; e non già solo l’annessionismo, ma anche l’intervento USA in quella guerra.
Stasera è stato qui letto uno dei paragrafi più noti del pensiero martiano, quello che scrisse alla vigilia della sua morte, che praticamente è il testamento, in cui racconta ad un amico lo sfondo del suo pensiero, una delle cose per le quali aveva lottato, sebbene avesse dovuto farlo con discrezione; una delle cose che aveva ispirato la sua condotta e la sua vita, una delle cose che nel fondo gli ispirava più giubilo, che era di star già vivendo sul campo di battaglia, nell’opportunità di dare la sua vita per “con l’indipendenza di Cuba impedire che gli USA si estendano, impossessandosi delle Antille, per il resto dell’America con ulteriore forza”.
Questo è uno dei documenti più rivelatori e più profondi e più caratterizzanti del pensiero profondamente rivoluzionario e radicale di Martí, che qualifica già l’imperialismo per quello che è, che già illumina il suo ruolo in questo continente, e che con un esame che ben potrebbe attribuirsi ad un marxista, per la sua profonda analisi, per il suo senso dialettico, per la sua capacità di vedere che nelle insolubili contraddizioni di quella società si generava la sua politica verso il resto del mondo, Martí tanto presto, come nel 1895, fu capace di scrivere quelle cose e di vedere così profondamente nel futuro.
Martí scrisse con tutta la forza della sua eloquenza e sferzò duramente le correnti annessioniste come le peggiori del seno del pensiero politico cubano. E non solo Martí, ma Maceo stupisce anche, la nostra generazione, per la chiaroveggenza, per la profondità con cui fu capace di analizzare anche il fenomeno imperialista.
E’ noto che in alcune occasioni, quando un giovane si avvicinò a Maceo per parlargli della possibilità che la stella di Cuba figurasse come una in più nella costellazione USA, rispose che benché lo credesse impossibile, quello sarebbe stato forse l’unico caso in cui lui si sarebbe schierato a lato della Spagna.
E anche, come Martí, pochi giorni prima della sua morte scrive con straordinaria chiarezza la sua decisa opposizione all’intervento USA nella lotta di Cuba, ed è quando dice che “preferibile è salire o cadere senza aiuto che contrarre debito di gratitudine con un vicino così potente”. Parole profetiche, parole ispirate, che uno e l’altro dei nostri due più caratterizzati condottieri di quella Guerra del 1895 espressero pochi giorni prima della sua morte.
E sappiamo tutti come avvennero gli eventi. Come quando il potere della Spagna era virtalmente esaurito, mosso da desideri puramente imperialisti, il governo USA partecipa alla guerra, dopo 30 anni di lotte. Con l’aiuto dei soldati mambises sbarcano, prendono la città di Santiago de Cuba, affondano la squadra dell’ammiraglio Cervera, che non era altro che una collezione da museo, pià che una squadra, e che per puro e tradizionale donchisciottismo fu inviata a che l’affondassero a cannonate, servendo praticamente da bersaglio alle corazzate USA, all’uscita di Santiago de Cuba. E poi Calixto García neppure lo lasciarono entrare a Santiago de Cuba. Ignorarono completamente il Governo Rivoluzionario in Armi, ignorarono completamente i leader della rivoluzione; discussero con la Spagna senza la partecipazione di Cuba; decidono l’intervento militare dei loro eserciti nel nostro paese. Si produce il primo intervento militare del suo esercito nel nostro paese, e di fatto s’impossessarono militarmente e politicamente dal nostro paese.
Al popolo non gli si fece coscienza di ciò. Perché chi poteva essere interessato a renderlo consapevole di quella mostruosità? Chi? I vecchi autonomisti? I vecchi riformisti? I vecchi annessionisti? I vecchi schiavisti? Chi? Quelli che erano stati alleati della Colonia durante le guerre? Chi? Quelli che non volevano l’indipendenza di Cuba, ma l’annessione agli USA? Quelli che non potevano avere alcun interesse nell’insegnare al nostro popolo queste verità storiche , amarissime.
Cosa ci dissero a scuola? Cosa ci hanno detto quei libri di storia, senza scrupoli, sui fatti? Ci hanno detto che il potere imperialista non era la potenza imperialista non era la potenza imperialista, ma che pieno di generosità il governo USA, ansioso di darci la libertà, era intervenuto in quella guerra e che, di conseguenza, eravamo liberi. Ma non eravamo liberi per le centinaia di migliaia di cubani che morirono per 30 anni nei combattimenti, non eravamo liberi per il gesto eroico di Carlos Manuel de Céspedes, il Padre della Patria, che iniziò quella lotta, che persino preferì che gli fucilassero il figlio di fronte al fare una sola concessione; non eravamo liberi per lo sforzo eroico di tanti cubani, non eravamo liberi per la predica di Martí, non eravamo liberi per gli sforzi eroici di Maximo Gomez, Calixto Garcia e tutti quegli eroi illustri; non eravamo liberi per il sangue versato dalle venti e tante ferite di Antonio Maceo e della sua eroica caduta a Punta Brava; eravamo liberi semplicemente perché Theodore Roosevelt sbarcò con qualche “ranger” a Santiago de Cuba per combattere contro un esercito esausto e praticamente sconfitto, o perché le corazzate USA affondarono i “rottami” di Cervera di fronte sulla baia di Santiago de Cuba.
E quelle mostruose menzogne , quelle incredibili falsità venivano insegnate nelle nostre scuole.
Forse così poche cose ci possono aiutare ad essere rivoluzionari come ricordare fino a quale grado di infamia si era raggiunto, sino a quale grado di distorsione della verità, fino a che grado di cinismo al fine di distruggere la coscienza di un popolo, il suo cammino, il suo destino; fino a che grado d’ignoranza criminale dei meriti e delle virtù e della capacità di questo popolo -popolo che fece sacrifici come pochissimi popoli fecero nel mondo- per strappargli la fiducia in se stesso, per strappargli la fede nel suo destino.
E in questo modo, quelli che cooperarono con la Spagna per 30 anni, coloro che lottarono nella colonia, che fecero versare il sangue dei mambises, alleati ora con gli interventisti yankee, alleati con gli imperialisti yankee cercarono fare ciò che nessuno aveva potuto fare in 30 anni, provarono persino a scrivere la storia della nostra patria falsandola e aggiustandola ai loro interessi, che erano i loro interessi annessionisti, i loro interessi imperialisti, i loro interessi anticubani controrivoluzionari.
Con chi si accordarono gli imperialisti durante l’intervento? Si accordarono con i commercianti spagnoli, con gli autonomisti. Va detto che in quel primo governo della repubblica c’erano diversi ministri provenienti dai ranghi autonomisti che avevano condannato la rivoluzione. Si allearono con i proprietari terrieri, si allearono con gli annessionisti, si allearono con il peggio, ed al riparo dell’intervento militare ed al riparo dell’Emendamento Platt incominciarono, senza scrupoli di alcuna indole, a manipolare la repubblica ed a preparare le condizioni per impossessarsi della nostra patria.
DISCORSO PRONUNCIATO DA FIDEL ALLA VIGILIA COMMEMORATIVA DEI CENTO ANNI DI LOTTA, EFFETTUATA A LA DEMAJAGUA, IL 10 OTTOBRE 1968.
¿Con quiénes se concertaron los imperialistas en la intervención?
Por Fidel Castro
No tenemos la menor duda de que Martí ha sido el más grande pensador político y revolucionario de este continente. No es necesario hacer comparaciones históricas. Pero si analizamos las circunstancias extraordinariamente difíciles en que se desenvuelve la acción de Martí: desde la emigración luchando sin ningún recurso contra el poder de la colonia después de una derrota militar, contra aquellos sectores que disponían de la prensa y disponían de los recursos económicos para combatir las ideas revolucionarias; si tenemos en cuenta que Martí desarrollaba esa acción para libertar a un país pequeño dominado por cientos de miles de soldados armados hasta los dientes, país sobre el cual se cernía no solo aquella dominación sino un peligro mucho mayor todavía; el peligro de la absorción por un vecino poderoso, cuyas garras imperialistas comenzaban a desarrollarse visiblemente; y que Martí desde allí, con su pluma, con su palabra, a la vez que trataba de inspirar a los cubanos y formar su conciencia para superar las discordias y los errores de dirección y de método que dieron al traste con la Guerra de los Diez Años, a la vez que unir en un mismo pensamiento revolucionario a los emigrados, a la vieja generación que inició la lucha por la independencia y a las nuevas generaciones, unir a aquellos destacadísimos y prestigiosos héroes militares, se enfrentaba en el terreno de las ideas a las campañas de España en favor de la colonia, a las campañas de los autonomistas en favor de procedimientos leguleyescos y electorales y engañosos que no conducirían a nuestra patria a ningún fin, y se enfrentaba a las nuevas corrientes anexionistas que surgían de aquella situación, y se enfrentaba al peligro de la anexión, no ya tanto en virtud de la solicitud de aquellos sectores acomodados que décadas atrás la habían solicitado para mantener la institución de la esclavitud sino en virtud del desarrollo del poderío económico y político de aquel país que ya se insinuaba como la potencia imperialista que es hoy. Teniendo en cuenta esas extraordinarias circunstancias, esos extraordinarios obstáculos, bien podemos decir que el Apóstol de nuestra independencia se enfrentó a dificultades tan grandes y a problemas tan difíciles como no se tuvo que enfrentar jamás ningún dirigente revolucionario y político en la historia de este continente.
Y así surgió en el firmamento de nuestra patria esa estrella todo patriotismo, todo sensibilidad humana, todo ejemplo, que junto con los héroes de las batallas, junto con Maceo y Máximo Gómez, inició de nuevo la guerra por la independencia de Cuba.
¿Y qué se puede parecer más a aquella lucha de ideas de entonces que la lucha de las ideas hoy? ¿Qué se puede parecer más a aquella incesante prédica martiana por la guerra necesaria y útil como único camino para obtener la libertad, aquella tesis martiana en favor de la lucha revolucionaria armada que las tesis que tuvo que mantener en la última etapa del proceso el movimiento revolucionario en nuestra patria, enfrentándose también a los grupos electoralistas, a los politiqueros, a los leguleyos, que venían a proponerle al país remedios que durante 50 años no habían sido capaces de solucionar uno solo de sus males, y agitando el temor a la lucha, el temor al camino revolucionario verdadero, que era el camino de la lucha armada revolucionaria? ¿Y qué se puede parecer más a aquella prédica incesante de Martí que la prédica de los verdaderos revolucionarios que en el ámbito de otros países de América Latina tienen también la necesidad de defender sus tesis revolucionarias frente a las tesis leguleyescas, frente a las tesis reformistas, frente a las tesis politiqueras?
Y es que a lo largo de este proceso las mismas luchas se han ido repitiendo en un período u otro, aunque —desde luego— no en las mismas circunstancias ni en el mismo nivel.
Martí se enfrenta a aquellas ideas. Y se inicia la Guerra de 1895, guerra igualmente llena de páginas extraordinariamente heroicas, llena de increíbles sacrificios, llena de grandes proezas militares; guerra que, como todos sabemos, no culminó en los objetivos que perseguían nuestros antepasados, no culminó en el triunfo definitivo de la causa, aunque ninguna de nuestras luchas culminó realmente en derrota, porque cada una de ellas fue un paso de avance, un salto hacia el futuro. Pero es lo cierto que al final de aquella lucha la colonia española, el dominio español, es sustituido por el dominio de Estados Unidos en nuestro país, dominio político y militar, a través de la intervención.
Los cubanos habían luchado 30 años; decenas y decenas de miles de cubanos habían muerto en los campos de batalla, cientos de miles perecieron en aquella contienda, mientras los yankis perdieron apenas unos cuantos cientos de soldados en Santiago de Cuba. Y se apoderaron de Puerto Rico, se apoderaron de Cuba, aunque con un statu quo diferente; se apoderaron del archipiélago de Filipinas, a 10 000 kilómetros de distancia de Estados Unidos, y se apoderaron de otras posesiones. Algo de lo que más temían Martí y Maceo. Porque ya la conciencia política y el pensamiento revolucionario se habían desarrollado tanto, que los dirigentes fundamentales de la Guerra de 1895 tenían ideas clarísimas, absolutamente claras, acerca de los objetivos, y repudiaban en lo más profundo de su corazón la idea del anexionismo; y no solo ya el anexionismo, sino incluso la intervención de Estados Unidos en esa guerra.
Esta noche se leyó aquí uno de los párrafos más conocidos del pensamiento martiano, aquel que escribió vísperas de su muerte, que prácticamente es el testamento, en que le dice a un amigo el fondo de su pensamiento, una de las cosas por las que había luchado, aunque había tenido que hacerlo discretamente; una de las cosas que había inspirado su conducta y su vida, una de las cosas que en el fondo le inspiraba más júbilo, que era estar viviendo ya en el campo de batalla, en la oportunidad de dar su vida para “con la independencia de Cuba impedir que Estados Unidos se extendiese, apoderándose de las Antillas, por el resto de América con una fuerza más”.
Este es uno de los documentos más reveladores y más profundos y más caracterizadores del pensamiento profundamente revolucionario y radical de Martí, que ya califica al imperialismo como lo que es, que ya vislumbra su papel en este continente, y que con un examen que bien pudiera atribuirse a un marxista, por su profundo análisis, por su sentido dialéctico, por su capacidad de ver que en las insolubles contradicciones de aquella sociedad se engendraba su política hacia el resto del mundo, Martí en fecha tan temprana como en 1895 fue capaz de escribir aquellas cosas y de ver tan profundamente en el porvenir.
Martí escribió con toda la fuerza de su elocuencia y fustigó duramente las corrientes anexionistas como las peores en el seno del pensamiento político de Cuba. Y no solo Martí, sino Maceo asombra también a nuestra generación por la clarividencia, por la profundidad con que fue capaz de analizar también el fenómeno imperialista.
Es conocido que en alguna ocasión, cuando un joven se acercó a Maceo para hablarle de la posibilidad de que la estrella de Cuba figurara como una más en la constelación de Estados Unidos, respondió que aunque lo creía imposible, ese sería tal vez el único caso en que él estaría al lado de España.
Y también, como Martí, unos días antes de su muerte escribe con una claridad extraordinaria su oposición decidida a la intervención de Estados Unidos en la contienda de Cuba, y es cuando dice que “preferible es subir o caer sin ayuda que contraer deudas de gratitud con un vecino tan poderoso”. Palabras proféticas, palabras inspiradas, que uno y otro de nuestros dos más caracterizados adalides de aquella Guerra de 1895 expresaron unos días antes de su muerte.
Y todos sabemos cómo sucedieron los acontecimientos. Cómo cuando el poder de España estaba virtualmente agotado, movido por ansias puramente imperialistas, el gobierno de Estados Unidos participa en la guerra, después de 30 años de lucha. Con la ayuda de los soldados mambises desembarcan, toman la ciudad de Santiago de Cuba, hunden la escuadra del almirante Cervera, que no era más que una colección propia de museo, más que escuadra, y que por puro y tradicional quijotismo la enviaron a que la hundieran a cañonazos, sirviendo prácticamente de tiro al blanco a los acorazados americanos, a la salida de Santiago de Cuba. Y entonces a Calixto García ni siquiera lo dejaron entrar en Santiago de Cuba. Ignoraron por completo al Gobierno Revolucionario en Armas, ignoraron por completo a los líderes de la revolución; discutieron con España sin la participación de Cuba; deciden la intervención militar de sus ejércitos en nuestro país. Se produce la primera intervención, y de hecho se apoderaron militar y políticamente de nuestro país.
Al pueblo no se le hizo verdadera conciencia de eso. Porque ¿quién podía estar interesado en hacerle conciencia de esa monstruosidad? ¿Quiénes? ¿Los antiguos autonomistas? ¿Los antiguos reformistas? ¿Los antiguos anexionistas? ¿Los antiguos esclavistas? ¿Quiénes? ¿Los que habían sido aliados de la Colonia durante las guerras? ¿Quiénes? ¿Los que no querían la independencia de Cuba sino la anexión con Estados Unidos? Esos no podían tener ningún interés en enseñarle a nuestro pueblo estas verdades históricas, amarguísimas.
¿Qué nos dijeron en la escuela? ¿Qué nos decían aquellos inescrupulosos libros de historia sobre los hechos? Nos decían que la potencia imperialista no era la potencia imperialista, sino que lleno de generosidad el gobierno de Estados Unidos, deseoso de darnos la libertad, había intervenido en aquella guerra y que, como consecuencia de eso, éramos libres. Pero no éramos libres por los cientos de miles de cubanos que murieron 30 años en los combates, no éramos libres por el gesto heroico de Carlos Manuel de Céspedes, el Padre de la Patria (APLAUSOS), que inició aquella lucha, que incluso prefirió que le fusilaran al hijo antes de hacer una sola concesión; no éramos libres por el esfuerzo heroico de tantos cubanos, no éramos libres por la prédica de Martí, no éramos libres por el esfuerzo heroico de Máximo Gómez, Calixto García y todos aquellos próceres ilustres; no éramos libres por la sangre derramada por las veinte y tantas heridas de Antonio Maceo y su caída heroica en Punta Brava; éramos libres sencillamente porque Teodoro Roosevelt desembarcó con unos cuantos “rangers” en Santiago de Cuba para combatir contra un ejército agotado y prácticamente vencido, o porque los acorazados americanos hundieron a los “cacharros” de Cervera frente a la bahía de Santiago de Cuba.
Y esas monstruosas mentiras, esas increíbles falsedades eran las que se enseñaban en nuestras escuelas.
Y tal vez tan pocas cosas nos puedan ayudar a ser revolucionarios como recordar hasta qué grado de infamia se había llegado, hasta qué grado de falseamiento de la verdad, hasta qué grado de cinismo en el propósito de destruir la conciencia de un pueblo, su camino, su destino; hasta qué grado de ignorancia criminal de los méritos y las virtudes y la capacidad de este pueblo —pueblo que hizo sacrificios como muy pocos pueblos hicieron en el mundo— para arrebatarle la confianza en sí mismo, para arrebatarle la fe en su destino.
Y de esta manera, los que cooperaron con España en los 30 años, los que lucharon en la colonia, los que hicieron derramar la sangre de los mambises, aliados ahora con los interventores yankis, aliados con los imperialistas yankis, pretendieron hacer lo que no habían podido hacer en 30 años, pretendieron incluso escribir la historia de nuestra patria amañándola y ajustándola a sus intereses, que eran sus intereses anexionistas, sus intereses imperialistas, sus intereses anticubanos y contrarrevolucionarios.
¿Con quiénes se concertaron los imperialistas en la intervención? Se concertaron con los comerciantes españoles, con los autonomistas. Hay que decir que en aquel primer gobierno de la república había varios ministros procedentes de las filas autonomistas que habían condenado a la revolución. Se aliaron con los terratenientes, se aliaron con los anexionistas, se aliaron con lo peor, y al amparo de la intervención militar y al amparo de la Enmienda Platt empezaron, sin escrúpulos de ninguna índole, a amañar la república y a preparar las condiciones para apoderarse de nuestra patria.
DISCURSO PRONUNCIADO POR FIDEL EN LA VELADA CONMEMORATIVA DE LOS CIEN AÑOS DE LUCHA, EFECTUADA EN LA DEMAJAGUA,EL 10 DE OCTUBRE DE 1968.