Il presidente venezuelano Nicolas Maduro e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan in occasione di un forum commerciale tra le due nazioni tenuto a Caracas nella giornata di lunedì, hanno formalizzato l’intenzione di investire per circa 4,5 miliardi di euro (5,1 miliardi di dollari).
Un modo per aggirare le sanzioni statunitensi che colpiscono forte l’economia di Caracas e hanno lo scopo di isolare finanziariamente il Venezuela limitando il suo accesso alla valuta del dollaro. Con questi accordi, i due paesi, mirano a superare questa situazione.
«Abbiamo gettato le basi per una relazione molto forte e dinamica», ha spiegato il presidente venezuelano alla sua controparte turca.
Maduro ha detto che è necessario creare legami «in modo che una potente economia possa prosperare”». Le due nazioni sono passate «da un rapporto commerciale inesistente» a miliardi di dollari di scambi commerciali.
«Il Venezuela in questo momento, con l’applicazione del piano di ripresa economica, è proiettato per essere uno dei paesi di grande interesse internazionale e importanza in settori come il petrolio, il gas», ha dichiarato il presidente venezuelano.
Da parte sua, Erdogan ha descritto la visita presidenziale come un fatto storico storico e ha detto di essere stato onorato dall’invito del paese sudamericano. Inoltre, ha ringraziato l’ospitalità del popolo venezuelano. «Abbiamo molte potenzialità per rafforzare» varie aree dell’economia, ha affermato il presidente della Turchia. Erdogan ha poi aggiunto sulle sanzioni imposte dagli Stati Uniti: «Non si puo’ punire un intero popolo per risolvere divergenze politiche».
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L’approccio strategico delle relazioni Turchia-Venezuela
Mision Verdad – http://aurorasito.altervista.org
L’arrivo di Recep Tayyip Erdo?an in Venezuela significa un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali in un mondo che riconfigura le mappe delle alleanze politiche, commerciali e finanziarie. La Turchia è disposta a rafforzare i legami economici con lo Stato venezuelano, e l’assume con più forza dal Business Forum binazionale di Caracas. Il presidente turco lo confermava col discorso in cui sosteneva il governo di Nicolás Maduro contro la politica delle sanzioni degli Stati Uniti dicendo di aver visto un “grande potenziale” nelle future relazioni commerciali tra Venezuela e Turchia, nel quadro di un piano di investimenti di circa 4,5 miliardi di euro. Al fine di riunire i relativi settori economici di entrambi i Paesi, in particolare nei settori del turismo, energia, cultura, agricoltura, ecc., Erdogan e Maduro si danno la mano nell’attuare un piano che dia slancio agli scambi in un momento difficile per il Venezuela che cerca di seguire un proprio percorso per evitare il blocco finanziario e costruire relazioni geopolitiche secondo gli interessi della nazione. La visita del presidente turco, tuttavia, rivela una nuova dimensione delle relazioni con America Latina e Venezuela, intersecando diversi aspetti dell’attuale geopolitica, nonché l’approcci in cui entrambi i Paesi cercano di dimensionare il loro ruolo nel corrente caotico, che approfondiremo.
Storia sintetica del nuovo approccio geopolitico
Dal 2007 in poi, col rafforzamento del partito al governo AKP del presidente Recep Tayyip Erdogan, la Repubblica di Turchia aumentava la presenza geopolitica in America Latina e nei Caraibi, rappresentando un cambio di paradigma nel ruolo nelle relazioni internazionali. La giovane Repubblica, costruita dopo lo smembramento dell’impero ottomano, mantenne una relazione segnata dal pragmatismo nei confronti delle potenze occidentali nel quadro della guerra fredda, nell’ambito del posizionamento strategico nel 20° secolo. L’accelerato processo di modernizzazione e riforme politiche segnava il ritmo politico verso il rafforzamento della nazione che si contrapponeva a un limitato impulso geopolitico. Con la caduta dell’URSS e l’emergere dell’unipolarità statunitense la Turchia si era definitivamente allineata al blocco occidentale dopo l’ingresso definitivo nella NATO, nel quadro dell’agenda di sicurezza della proiezione geopolitica dell’asse atlantico su Balcani e Medio Oriente. Il culmine di questo processo di assimilazione si sarebbe concluso, sicuramente, coll’adesione della Turchia nell’Unione europea, processo fermato nel 2007, generando contraddizioni e timori nell’élite turca. Il processo di deterioramento dell’egemonia statunitense e l’emergere di un mondo dalle caratteristiche multipolari che aveva reso più flessibile la disputa sulle zone d’influenza, venne accompagnato da un’interessante rilettura dell’ideologia fondamentale dell’AKP sul ruolo della Turchia nelle relazioni internazionali, dovuto al poco uso dato al ruolo economico emergente. Fu Ahmet Davutoglu, ministro delle relazioni estere fino al 2014 e primo ministro fino al 2016, che avrebbe lanciato la linea della “nuova politica estera turca” nel 2007. L’approccio fu segnato dal cambio di paradigma della Turchia come “Paese centrale” sugli interessi condivisi nella complessa posizione strategica che detiene e per l’influenza che ha nella regione afro-eurasiatica. Quindi, la nozione di “Paese di confine o periferico” dell’ordine occidentale, prevalente nel XX secolo, fu messa in discussione dall’AKP al potere e abbandonata. Un altro aspetto molto sensibile di questo ripensamento è l’abbandono della Turchia dal tradizionale Heartland (area cardine) dell’impero ottomano, per dispiegarsi in aree distanti dove costruire la “profondità strategica” del nuovo ruolo geopolitico. Da questa ricostruzione di sé sul piano geopolitico e nel radicale cambiamento delle priorità strategiche, la Turchia iniziava a rivendicare il ruolo di potenza emergente dalla proiezione globale, sostenuta da solida crescita economica, da stabilità politica coerente ed uso della posizione geostrategica come chiave energetica tra Asia centrale ed Europa.
Il primo antecedente e inizio del ciclo di Erdogan
Il primo antecedente delle relazioni turco-latinoamericane si ebbe con la visita del presidente Suleyman Demirel in Argentina, Brasile e Cile nel 1995, conclusosi coll’attuazione del “Piano d’azione per l’America latina e i Caraibi” nel 1998, che venne frustrato negli anni seguenti. Questo primo approccio aiutò ad avviare canali diplomatici con diversi Paesi della regione e ad avvicinare organizzazioni d’integrazione come OAS e Caricom, dove divenne osservatore. L’espansione degli affari e il contenimento della lobby della diaspora armena, erano i due obiettivi centrali del dispiegamento diplomatico turco, senza che dietro di esso vi era una valutazione dell’America Latina come spazio di proiezione geopolitica. Ciò accade quando la “nuova politica estera turca” fu messa in pratica nel 2007, dove il continente latinoamericano veniva concepito come area d’interesse per l’ascesa come potenza emergente nel quadro del multipolarismo. In questo quadro, tra 2009 e 2011, il primo ministro Erdogan rafforzò i legami con l’America Latina attraverso diverse strategie di cooperazione parlamentare, inclusione in organizzazioni come i BRICS e alleanze che inclusero l’espansione del commercio cristallizzando l’aumentata visibilità come partner regionale. Come risultato della nuova strategia in politica estera, spiccano due aspetti guida: l’aiuto umanitario e l’industria della difesa, visti con logica di riavvicinamento ed espansione degli interessi dal soft power. Nel campo degli aiuti umanitari, fu superata solo dagli Stati Uniti tra i Paesi che spendono di più in queste attività. A causa del peso economico e del ruolo predominante nelle organizzazioni d’integrazione continentale, Argentina, Brasile, Cile, Cuba, Messico e Venezuela furono i Paesi prioritari nell’ambito della “nuova politica estera turca”, creando un quadro di associazione e integrazione che consolidasse l’influenza della Turchia. Ne fu prova il fatto che pochi anni dopo aver installato il primo consolato venezuelano in Turchia, oltre che il primo in America Latina, nel settembre 2010 si ebbe il primo incontro complementare ad Istanbul, per avviare i meccanismi di cooperazione nel campo economica e finanziaria. Un anno dopo, fu istituita la Prima Commissione mista Venezuela-Turchia per rafforzare l’alleanza. Questo ritmo d’integrazione fu messo in pratica coi Paesi prioritari per la Turchia, ma con un’enfasi speciale sul Venezuela.
Pragmatismo e interessi: la svolta eurasiatica del 2016
Fino al 2016, le relazioni turco-americane rimasero stabili con una Turchia legata al blocco occidentale, in linea col mandato NATO e partecipe alla guerra contro la Siria. Nel luglio dello stesso anno, dopo aver liquidato un tentato colpo di Stato, Erdogan accusò l’occidente di sostenere gli insorti e in particolare gli Stati Uniti di proteggerne uno dei coinvolti, il religioso Fethullah Guelen. Come reazione a ciò vi fu una svolta pragmatica e basata su molteplici interessi, nella politica estera della Turchia verso Russia ed Eurasia, contribuendo alla riduzione del suo ruolo nella guerra contro la Siria e portando a una frattura geopolitica non dichiarata cogli Stati Uniti. Pragmaticamente scelse di mettersi dalla parte dei vincitori, davanti lle minacce del partner tradizionale. Due anni dopo, la svolta eurasiatica della Turchia creava crepe nell’Unione europea sulla questione dei rifugiati, l’ampliamento delle relazioni con Russia ed Iran per bilanciare le tensioni in Eurasia e in Medio Oriente e l’avvento delle sanzioni degli Stati Uniti, che avevano influenza negativa sull’economia turca, usando come scusa la decisione di Erdogan di non rilasciare il pastore nordamericano Andrew Brunson. Due dati ci danno un quadro chiaro del deterioramento delle relazioni tra Turchia, Stati Uniti e blocco occidentale in generale: l’acquisto del sistema antiaereo russo S-400 e la soppressione dell’uso del dollaro negli scambi regionali con Iraq, Iran e la Russia. In sostanza questi e altri dettagli aprivano la strada alla Turchia quale componente componente del cosiddetto “Asse del Male”, lasciando l’orbita statunitense e aderendo a una propria politica strategica di relazioni internazionali. Il nuovo equilibrio di potere derivante da questa rottura pose forti limitazioni a Stati Uniti e NATO nella loro proiezione geostrategica in Medio Oriente ed Eurasia. Ciò rappresenta un cambiamento sostanziale che consolida il nuovo equilibrio del potere globale in cui viviamo e i nuovi blocchi geopolitici che propongono di cambiare l’asse delle relazioni internazionali oltre l’occidente.
Relazioni turco-venezuelane: interdipendenza, contrappesi e USA
Questo scenario inedito e le pressioni dell’ex-partner sulla Turchia mobilitarono maggiori risorse per espandere le relazioni internazionali e trovare supporto nel mantenere la tendenza da potenza emergente. Prima di ciò la BBC, riportando le tre visite del Presidente Nicolás Maduro in Turchia nel 2018 e l’invito alla nomina di Erdogan, affermava che “lo scontro cogli Stati Uniti costrinse la Turchia a cercare nuovi partner e Ankara puntava sul Venezuela petrolifero, per diversificare gli scambi commerciali”. La BBC diede anche dei dati su come il commercio crebbe e sull’integrazione economica tra i due Paesi, affermando che “Erdogan e Maduro hanno firmato una serie di accordi nel 2017. Il commercio bilaterale tra Venezuela e Turchia ha raggiunto gli 892,4 milioni di dollari USA nei primi cinque mesi del 2018, secondo l’Istituto di statistica turca. Erano 52,2 milioni di dollari USA e le importazioni 834,2 milioni di dollari USA, nei 5 mesi, nel quinquennio 2013-2017 lo scambio tra i due Paesi fu di 803,6 milioni di dollari USA” . L’antecedente di questa intensificazione delle relazioni, data al 2016, quando ad agosto, dopo una visita della cancelliera Delcy Rodriguez, s’iniziò a tessere l’adesione della Turchia nell’Arco Minerario dell’Orinoco. Due mesi dopo, il Presidente Nicolás Maduro visitò Istanbul e insieme al presidente Erdogan spianò la strada per approfondire gli investimenti energetici e la cooperazione. La visita del presidente turco in America Latina nel 2016, oltre l’espansione delle relazioni col Venezuela, creò disagio negli Stati Uniti, poiché fu interpretata come mezzo per contrastarne l’influenza dopo il tentato colpo di Stato. Una delle istituzioni più qualificate dello Stato profondo statunitense, il think tank Atlantic Council, commentò per voce del suo esperto Aaron Stein quanto segue : “La visita fa parte dell’ambizione della Turchia di espandere la presenza in America Latina, aumentarne l’influenza a livello globale cercando nuovi partner commerciali”. Nel quadro del blocco finanziario contro il Venezuela, le relazioni con la Turchia permisero la costruzione di vie di fuga vendendo e raffinando l’oro, coll’obiettivo di portare nuova moneta nel Paese e dare sostegno materiale al piano di ripresa economica lanciato dal governo venezuelano. Su questo, in un recente rapporto, il Banco Torino Capital affermava che nel 2018 l’Istituto di statistica turco registrò il Venezuela esportare 20,15 tonnellate di oro tra gennaio e maggio, per 779 milioni di dollari. In questo senso, le ultime sanzioni degli Stati Uniti contro l’oro venezuelano sono dovute alla necessità di rompere i rapporti tra Turchia e Venezuela, neutralizzare il piano di ripresa economica e impedire alla nazione sudamericana di trovare vie di fuga dal blocco finanziario a cui è sottoposta. Un fattore importante qui è la proiezione economica e strategica dell’Arco Minerario dell’Orinoco, rafforzando l’alleanza tra Turchia e Venezuela che ora rappresenta uno dei più importanti fronti della politica estera degli Stati Uniti. Ma lungi dall’affrontare la relazione tra i due Paesi da una prospettiva paternalistica o unidirezionale, va affermata che è complementare.
Per il Venezuela, le relazioni con la Turchia sono fondamentali per aggirare il blocco finanziario e creare nuovi meccanismi d’integrazione davanti al veto del sistema del dollaro imposto, nel quadro della strategia di costruzione dei blocchi multipolari. Al contrario, per la Turchia, le relazioni col Venezuela sono essenziali per espandere la propria visibilità internazionale, raggiungere nuove rotte commerciali e contrastare le pressioni degli Stati Uniti, trovando nuovi supporti geostrategici che consentano di continuare a detenere il rango di potenza intermedia. Rappresentano relazioni dinamiche e interdipendenti che collegano diversi vettori di interessi, da quelli energetici e commerciali, a quelli geopolitici legati all’apertura della zona di influenza e alla reciproca proiezione di interessi. Il consenso che hanno entrambe le nazioni, ciascuna con le proprie caratteristiche e visioni del mondo, è che il contrappeso alla pressione degli Stati Uniti sia nell’assemblea pragmatica delle coalizioni geopolitiche. La visita del presidente Erdogan in Venezuela, nel momento della svolta dell’ordine globale e del caos sistemico, dimostra che la costruzione (pragmatica) dei blocchi di potenze geopolitiche funge da strumento di pressione strategica per dissuadere gli Stati Uniti, oggi nella sua fase di serio declino, demenziale, dall’estenuante efficacia delle sanzioni.
La reinvenzione della politica estera venezuelana
L’idea della costruzione di blocchi di potenze come strumento del contrappeso geopolitico, nei confronti dell’America Latina, ha matrice venezuelana e nome da Hugo Chávez. Precisamente, la visita di Erdo?an in Venezuela può essere vista come l’incrocio tra la nuova politica estera che dimensiona il ruolo internazionale della Turchia, con la reinvenzione della Rivoluzione Bolivariana del tradizionale paradigma della politica estera venezuelana, ancorato al cieco sostegno all’ordine globale liberale e agli interessi strategici degli Stati Uniti. Col Presidente Hugo Chávez, la politica estera venezuelana subì un cambiamento radicale nell’orientamento del ruolo del Paese in uno scenario caratterizzato dal declino delle potenze egemoniche e dall’emergere di nuovi poli geostrategici in Eurasia. Il colpo di Stato contro Chávez nel 2002, sponsorizzato da Washington, avrebbe reso la formulazione delle relazioni internazionali del Venezuela un imperativo. Il bisogno di proteggere, dissuadere e contenere le molestie contrarie a cambiamenti e trasformazioni del processo. Sapendo interpretare il momento e che prima o poi gli Stati Uniti avrebbero usato il peso internazionale accumulato per molestare il processo socialista, dal 2004 in poi il posizionamento strategico venezuelano si volse a un nuovo ordine globale multipolare, iniziando a tessere relazioni con Iran, Russia, Cina ed altri Paesi di Medio Oriente ed Eurasia, proiettando il Paese non come periferico al sistema mondiale, ma come partecipe alla costruzione di un sistema di relazioni internazionali poliedrico e complementare. Risultato di questo approccio, fu l’adozione di organizzazioni d’integrazione in diverse fasi e momenti, rianimando OPEC, ALBA, UNASUR, Petrocaribe, CELAC e Commissioni miste con Russia, Turchia, Cina, Iran, tra altri. Un cambiamento sostanziale rispetto al periodo precedente, in cui la geopolitica aveva l’unico scopo di ottenere rendimenti commerciali e non reinventare ul ruolo del Venezuela nelle relazioni internazionali oltre la tradizionale subordinazione degli Stati Uniti. Per la prima volta, la politica estera ebbe una visione geometrica del proprio potere ed una visione endogena del proprio ruolo nel mondo, prefigurando in modo inedito l’Eurasia come polo geostrategico vitale per la costruzione del confine estero. Fu l’incursione in nuove correlazioni di forze che favoriscono la proiezione di potenza e aumentano la capacità di manovra su scala internazionale. Nel quadro di questo approccio, il petrolio non sarebbe il fine ma un mezzo per aumentare la visibilità del Paese nella costruzione di agenzie di cooperazione e blocchi regionali per modificare gli equilibri classici dell’ordine globale a vantaggio del multipolarismo. Le relazioni internazionali, diverse dall’era di Punto Fijo, partono dagli interessi nel costruire zone d’integrazione per creare sistemi di controlli ed equilibri verso le potenze occidentali nell’immediato confine latinoamericano e nell’Eurasia quale nuovo polo egemonico, a cui il Venezuela deve legarsi per influenzare il nuovo ordine multipolare. In sintesi: la costruzione di blocchi di potenze come reinvenzione venezuelana di una regione indipendente. Secondo questa idea, i rapporti venezuelani con la Turchia (e il resto dell’Eurasia) passano attraverso la necessità di creare un nucleo d’espansione geopolitica, garanzia strategica e contenimento di minacce d’intervento, forti pressioni finanziarie e vessazioni nell’area d’influenza immediata, dove integrazione economica e coalizione con le potenze emergenti sono sinonimo di linee di difesa geopolitiche. Con quell’imperativo avviene la visita in entrambi i Paesi.
Guardando al 10 gennaio, con un nuovo tentativo di delegittimare il presidente venezuelano, il viaggio tra le proteste di Maduro dal Presidente Andrés Manuel López Obrador in Messico, oltre la visita di Erdogan, ci creano contrappesi e dissuasione a limitare lo scenario dell’intensificazione delle ostilità geopolitiche contro il Venezuela, deciso dal nemico tradizionale, gli Stati Uniti.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Maduro parte per la Russia
Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, è partito per un viaggio in Russia per tenere un incontro definito “necessario” con il suo omologo russo, Vladimir Putin. “Sono in partenza per Mosca in una riunione di lavoro, una visita di lavoro necessaria, con il presidente Vladimir Putin”, ha dichiarato Maduro lunedì dall’aeroporto internazionale di Maiquetia, alla periferia di Caracas.
Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, è partito ieri sera da Caracas alla volta di Mosca per sostenere “una giornata intensa” di lavoro con il collega russo Vladimir Putin e ricercare “investimenti e miglioramenti economici per il suo Paese. Con la visita in Russia, Maduro ha assicurato che chiuderà l’anno 2018 con una “stretta d’oro” per quanto riguarda le “relazioni strategiche” del Venezuela con tutto il mondo. “Vado a Mosca per un incontro di lavoro, per una visita di lavoro, necessaria, con il presidente Vladimir Putin “.
Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha offerto il suo sostegno alle iniziative del Venezuela dopo aver tenuto un incontro con il presidente venezuelano Nicolás Maduro. Allo stesso modo, il presidente bolivariano ha pubblicato un messaggio su Twitter lunedì, dove ha spiegato lo scopo del suo viaggio come pieno impegno del Venezuela per “la costruzione di un mondo multipolare”.
Le relazioni fra Venezuela e Russia sono in via di rafforzamento, da qualche tempo, con la vendita di armamenti russi alle forze armate venezuelane e l’ingresso di imprese pubbliche di Mosca nel settore petrolifero dell’Orinoco.