Due bombardieri strategici Tu-160, un cargo An-124 e un velivolo a lungo raggio IL-62 hanno volato dalla Russia all’Aeroporto Internazionale di Maiquetia, in Venezuela, secondo quanto reso noto attraverso un comunicato diramato dal Dipartimento di Informazione e Comunicazione del ministero della Difesa della Russia. Gli aerei russi, per raggiungere il Venezuela hanno coperto oltre 10.000 km, sorvolando le acque dell’oceano Atalantico, il mare di Barents, la Norvegia e i Caraibi. «In strettà conformità con il regolamento di utilizzo dello spazio aereo internazionale», precisa il comunicato di Mosca.
I militari russi sono stati accolti dalla guardia d’onore dell’aviazione venezuelana. Hanno discusso, venezuelani e russi, di «voli operativi combinati».
«Ci prepariamo a difendere il Venezuela se è necessario» e «lo faremo con i nostri amici che difendono i rapporti di rispetto tra Stati», ha dichiarato il ministro della Difesa di Caracas, Vladimir Padrino Lopez, dopo lo sbarco.
I voli operativi che si terranno tra le due nazioni sono considerati una «dimostrazione di forza» dal ministero della difesa venezuelano.
«La cooperazione tecnico-militare è una delle molte aree della nostra cooperazione. Negli ultimi anni questo aspetto si è sviluppato in modo molto fruttuoso», ha dichiarato Vladimir Zaemsky, ambasciatore della Russia in Venezuela.
Lo spiegamento degli aerei russi segue la visita del presidente venezuelano Nicolas Maduro in Russia la scorsa settimana.
Un nuovo incontro Russia-Venezuela è in preparazione per discutere nuovi progetti comuni, «Questi progetti forniranno grande assistenza nello sviluppo di relazioni reciprocamente vantaggiose tra Russia e Venezuela», ha aggiunto Zaemsky.
Il dispiegamento non è passato inosservato in quel di Washington, e dalla Casa Bianca, il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Mike Pompeo, ha lanciato un pesante attacco a Russia e Venezuela, definendo entrambe le nazioni come «corrotte» e di far «soffrire» i propri popoli.
La risposta da Mosca è arrivata a stretto giro di posta, con il Cremlino che ha bollato i commenti di Pompeo come «inappropriati» e «non diplomatici».
A far sentire la propria voce, attraverso il social network Twitter, è anche il senatore russo Aleksej Pushkov, responsabile della Commissione sull’informazione del Consiglio della Federazione. «Invece di commentare i voli del nostro Tu-160, Pompeo farebbe meglio a calcolare quanto gli Stati Uniti abbiano speso per gli insensati attacchi missilistici contro la Siria e quanto si siano spinti in una guerra senza speranza in Afghanistan. Forse, ricordare anche il mostruoso debito nazionale degli Stati Uniti. Lasciate che contiamo i nostri soldi, abbiamo una Corte dei Conti».
Il Venezuela cerca l’aiuto russo per modernizzare le difese aeree
Military Watch, http://aurorasito.altervista.org
A seguito dell’incontro tra il Ministro della Difesa russo Sergej Shoigu e l’omologo venezuelano Vladimir Padrino Lopez, lo Stato sudamericano espresse interesse nell’acquisizione di nuove difese aeree prodotte in Russia per rafforzarne le capacità nella difesa aerea (A2AD) contro possibili attacchi aerei.
Le Forze Armate venezuelane cercano aiuto anche per migliorare le piattaforme già in servizio. I colloqui si svolsero il giorno dopo i colloqui tra il Presidente Vladimir Putin e l’omologo Nicolas Maduro, che secondo quanto riferito riguardava la difesa. Il ministro Padrino Lopez l’affermava durante l’incontro col ministro Shojgu: “Nel corso dei colloqui tra i nostri presidenti svoltosi ieri, furono sollevate molte questioni relative all’area militare. In particolare, sul rafforzamento della cooperazione nella manutenzione degli equipaggiamenti forniti al nostro Paese dalla Russia. Si tratta di sistemi terrestri e aerei.
Abbiamo concordato sulla necessità di aggiornarli”. Ex-clienti della difesa occidentale, le Forze Armate venezuelane sono dipendenti dalle armi russe per la difesa, data la vasta ricchezza petrolifera che permette un budget considerevole per l’acquisizione di nuovi armamenti. Nel campo della guerra aerea, sono incluse due dozzine di caccia da superiorità aerea Su-30MK2, sistemi missilistici superficie-aria S-300VM e BuK-M2E a medio raggio, completati dagli S-125 a corto raggio. sistema dell’era della Guerra Fredda fortemente potenziato e letale contro aerei a bassa quota.
I caccia Su-30 in servizio sono equipaggiati con munizioni aria-aria R-27ER e R-77, con gittate rispettivamente di 130 km e 110 km, superando gli AIM-120B/C statunitensi che equipaggiano i caccia degli Stati Uniti. Il Su-30MK2 è un caccia da superiorità aerea avanzato e la versione più potente dei Flanker oltre al Su-35, con sistemi avanzati di vettorizzazione della spinta e potenti sensori.
Con le capacità di attacco del Venezuela oltre i suoi confini estremamente limitate, il nucleo della sua deterrenza contro gli Stati Uniti è la capacità di colpire gli aviogetti da combattimento statunitensi nel proprio spazio aereo, rendendo così un possibile attacco estremamente costoso. Caracas introduce quindi un significativo fattore di rischio assente in Libia, Iraq, Siria, Panama, Grenada o altri teatri in cui la difesa aerea era estremamente limitata.
I caccia da superiorità aerea avanzati della “4.t+ generazione” del Paese sono anche di gran lunga al di sopra e al di là delle capacità di qualsiasi cosa precedentemente affrontata da un’aeronautica occidentale, sebbene l’addestramento dei piloti venezuelani rimanga fonte di discussione.
Dato il ruolo centrale nella protezione dello spazio aereo nazionale e la forte enfasi posta da Stati Uniti ed alleati sulla superiorità aerea per facilitare la vittoria militare, la modernizzazione della difesa aerea venezuelana è fondamentale per la sicurezza del Paese. Mentre il Venezuela ha già cercato di migliorare la formazione per i piloti da caccia coll’assistenza della Russia basata nell’esperienza dell’Aeronautica russa nelle missioni in Siria, l’acquisizione di nuovi caccia rimane probabile.
Secondo quanto riferito, Caracas avrebbe pianificato l’acquisizione di caccia da superiorità aerea Su-35 ancor più avanzati, probabilmente un contingente di due dozzine di aviogetti, ostacolata dal crollo dei prezzi del petrolio e grave crisi economica. Col rialzo dei prezzi del petrolio, le minacce al Paese che rimangono e segnali dell’economia in ripresa, è molto probabile che il Venezuela possa nuovamente considerare l’acquisizione dei caccia da superiorità aerea avanzati russi.
Molto probabile sarà anche l’aggiornamento dei sistemi di difesa aerea coll’assistenza russa, così come la potenziale acquisizione di nuovi e più avanzati sistemi come il veicolo da difesa aerea Pantsir-S1, Buk-M3 ‘Viking’ o dell’S-400, sistema missilistico terra-aria a lungo raggio, potente complemento all’S-300V già in servizio.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Connotazioni geopolitiche delle operazioni aeree russe in Venezuela
Il 10 dicembre un gruppo di aerei russi arrivava in Venezuela guidato da due velivoli Tupolev Tu-160 noti come “Cigni Bianchi”, leggendari nell’aviazione perché si tratta di bombardieri pesanti supersonici sovietici, in grado di trasportare armi nucleari Le manovre militari congiunte tra Venezuela e Russia, in cui la visita di questa squadra durava fino al 13 nelle terre venezuelane, veniva definita dal Comando Strategico Operativo del Venezuela avente l’”obiettivo di aumentare l’operatività media degli aerei di entrambe le nazioni, la cooperazione tecnico-militare e lo scambio di esperienze”. Insieme agli aerei arrivava un centinaio di militari russi che partecipavano con le truppe venezuelane alle manovre. L’alleanza militare tra Venezuela e Russia, avviata nel 2005, vede nella Federazione Russa il principale fornitore di equipaggiamenti militari del Venezuela, compreso l’aggiornamento dei caccia, con l’adozione nell’Aeronautica venezuelana dei Sukhoj Su-30, considerato tra i migliori velivoli da combattimento del mondo. Questa alleanza, come è noto, ha origine nel veto e blocco degli Stati Uniti della fornitura di pezzi di ricambio al Venezuela per la sua flotta di aerei F-16 acquisiti nel momento in cui le Forze Armate venezuelane erano apertamente subordinate agli Stati Uniti. Secondo le autorità militari venezuelane, nel portavoce del Ministro della Difesa Vladimir Padrino López, la visita russa era una “dimostrazione di forza” cercata “nell’integrazione dei mezzi dell’aviazione”. Tuttavia, il ministro chiariva che la presenza delle unità russe non dovrebbe riguardare nessuno, “siamo costruttori di pace, non di guerra”, affermava.
Connotazioni geopolitiche
L’espansione della cooperazione militare tra Venezuela e Russia attraverso questo episodio, avviene pochi giorni dopo la visita del Presidente Nicolás Maduro in Russia, dove incontrando Vladimir Putin si riavviava la via degli accordi di cooperazione economica, in particolare nei settori energetico e finanziario. Nell’arena politica, Vladimir Putin osservava l’inconveniente di promuovere e tentare di abbattere con la forza dell’attuale governo del Venezuela, sottolineando ancora una volta la posizione russa di rigetto di qualsiasi intento interventista nel Paese. Giorni prima il presidente venezuelano riceveva a Caracas l’omologo turco Recep Tayyip Erdogan e pochi mesi prima, Maduro fu accolto con onore del Capo di Stato della Cina, la controparte Xi Jinping. Lungi da ciò che potrebbe sembrare mera coincidenza, le esercitazioni militari tra Russia e Venezuela completano il riposizionamento del Venezuela sulla scena internazionale, nonostante gli sforzi continui degli Stati Uniti d’isolare la nazione caraibica. L’ambasciatore russo in Venezuela, Vladimir Zaemskij dichiarava all’arrivo degli aerei russi che la cooperazione tecnico-militare tra i due Paesi “si è sviluppata molto proficuamente negli ultimi anni”. Allo stesso modo, il Ministro della Difesa venezuelano affermava che Caracas attende una delegazione russa che dovrà discutere del rafforzamento dell’arsenale venezuelano. Domanda che approfondisce la relazione strategica tra i due paesi, come veniva qualificata dai leader di entrambe le nazioni. La reazione degli Stati Uniti non si fece attendere, riprendendo la narrativa da “Guerra Fredda” usata contro la Russia su altri fronti, come Europa dell’Est e Medio Oriente. Le prime dichiarazioni provengono dal portavoce di seconda linea, il portavoce del dipartimento della Difesa colonnello Robert Manning, che sottolineava che mentre la Russia inviava bombardieri, gli Stati Uniti inviavano una nave ospedale in Venezuela, in riferimento alla USNS Confort che salpò per la Colombia per attendere i migranti venezuelani. Manning, come l’amministrazione Trump, non parlò del ruolo del suo Paese nel blocco economico e commerciale che ha causato danni incalcolabili all’economia venezuelana e che ha favorito il fenomeno migratorio. Al contrario, usava la demagogia per riprendere la trama mettendo Russia e Venezuela nell’asse del male. “La cosa più importante è che siamo dalla parte del popolo venezuelano nel momento di bisogno”, ha detto. Il segretario di Stato nordamericano Mike Pompeo indicava la visita russa in Venezuela come “due governi corrotti che sprecano fondi pubblici”.
Il Venezuela rispose tramite il Ministro degli Esteri Jorge Arreaza sottolineando il “cinismo” delle spese dell’occupazione militare USA nel mondo, con oltre 800 basi militari in 70 Paesi. Una particolarità estremamente eccezionale per il Venezuela, perché a poche miglia del suolo venezuelano vi sono 12 basi militari statunitensi, 8 delle quali in Colombia. Il Ministro degli Esteri venezuelano osservava che le critiche degli Stati Uniti erano “insolite” dato che, come è noto, il presidente Donald Trump “ha pubblicamente minacciato d’intervenire militarmente” contro il Venezuela. Il che chiarisce il messaggio venezuelano di perseguire alleanze militari rilevanti per affrontare qualsiasi manovra interventista, come quelle individuate dalla politica estera irregolare e sfrenata degli Stati Uniti. La Russia presentava una risposta su due livelli. Il segretario del Cremlino Dmitrij Peskov definiva il gesto “non diplomatico” e “assolutamente inappropriato”. Peskov osservava invece che metà del budget della difesa degli Stati Uniti basterebbe a “nutrire tutta l’Africa”. Da parte sua, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Marija Zakharova dichiarava: “C’erano solo due aerei e il dipartimento di Stato è già isterico”, scriveva su facebook, esortando le controparti statunitensi a “non innervosirsi” e “a crescere per una volta”. Le dichiarazioni di Zakharova, nonostante il tono acido e provocatorio, non sono affatto sbagliate, comprendendo che furono precedute pochi giorni prima dalle tensioni generate dopo che la Russia fermava un’incursione navale ucraina nello Stretto di Kerch, per ordine del governo ucraino e in aperta provocazione alle forze navali russe. Il governo Poroshenko in Ucraina è considerato dalla Russia un vassallo dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) della trama espansionista proiettata contro la Russia, quindi la tensione tra Federazione Russa ed occidente che si sviluppa in diversi fronti contemporaneamente, ha nel Venezuela componente aggiuntiva. Nello stesso contesto delle esercitazioni aeree Russia-Venezuela, emersero le dichiarazioni scomposte del ministro della Difesa colombiano Guillermo Botero, che notava che “la Colombia non si lascia intimidire, ma non si lascia nemmeno provocare dai vicini”. Botero omette anche le continue esercitazioni militari che il suo Paese attua cogli Stati Uniti, mettendo in evidenza non solo contraddizioni aperte, ma deliberate ambiguità che avrebbero il solo scopo di alimentare le tensioni tra il suo Paese e il Venezuela, ogni volta che il governo di Ivan Duque indica di voler rompere i legami diplomatici col Venezuela dal 10 gennaio 2019, coll’argomento di non riconoscere la rielezione del Presidente Maduro e il suo nuovo mandato presidenziale.
La domanda venezuelana
Sebbene le esercitazioni militari tra Venezuela e Russia avvengano da più di un decennio, le peculiarità del momento geopolitico del Venezuela danno tono e particolare distinzione. Per cominciare, l’agenda del tentativo d’isolare il Venezuela che si cercò nel 2018 dovrebbe essere approfondita dal 10 gennaio 2019, alla fine dell’attuale periodo dell’amministrazione presidenziale. L’informazione e le voci della regione, allineate alla Casa Bianca e i dispositivi politici come il Gruppo di Lima, indica un’ondata di tensioni e la dichiarazione di “potere illegittimo de facto” in Venezuela, che non è una novità, ma la ripresa di accuse già fatte contro il Presidente Maduro. Tuttavia, l’agenda estera del Venezuela ha dato altri segnali, attraverso cui il cambio della diplomazia venezuelana verso i Paesi emergenti legittima la posizione del Venezuela lontana dall’approccio di un Paese sottoposto ad ostracismo politico. Ciò che si deduce dalle esercitazioni militari, in sostanza, è la componente della cooperazione attiva. Un messaggio diretto che deriva dall’approccio russo-venezuelano, è alla base del ruolo della Russia nel collaborare alla stabilità del Venezuela, comprendendo che sugli interessi della nazione petrolifera si cimentano gli interessi della destabilizzazione endogena ed esogena. La posizione russa sul Venezuela è contraria all’agenda della proliferazione del caos e della riduzione in schiavitù degli Stati nazione che caratterizza i piani occidentali attuati in altre latitudini, propagando il conflitto e il suo previsto “Arco d’instabilità globale”, presupponendo che lungi da ogni presentazione e narrativa riscaldata da Guerra Fredda, in realtà le esercitazioni militari sono quel contrappeso che nel mondo turbolento di oggi è indispensabile.
Traduzione di Alessandro Lattanzio