Gli USA tornano a mentire

 per giustificare la loro  irrazionale politica verso Cuba

Sergio Alejandro Gómez https://micubaporsiempre.wordpress.com

La chiusura permanente, a partire da questo lunedì, dell’ufficio a L’Avana del Servizio di Cittadinanza ed Immigrazione USA (USCIS) viene a formalizzare ciò che in pratica era una quasi totale sospensione delle operazioni.

Più preoccupante risulta il metodo usato da Washington per giustificare le sue azioni.

USCIS è l’agenzia federale che controlla l’immigrazione legale negli USA, ha più di 200 uffici in tutto il mondo ed è sotto la giurisdizione del Department of Homeland Security.

Tra le sue funzioni vi è l’elaborazione delle domande di cittadinanza, nonché i ricongiungimento  per portare familiari diretti a vivere e lavorare negli USA.

Dal settembre dello scorso anno, quasi tutti i servizi USCIS a Cuba si sono trasferiti in Messico o in altri consolati in tutto il mondo.

La chiusura dell’ufficio annunciato questo lunedì è l’ultima di una serie di azioni unilaterali che colpiscono il normale funzionamento dei legami tra i due paesi.

Gli USA hanno ritirato, lo scorso settembre, la maggior parte dei suoi diplomatici a L’Avana lamentando i rischi per una serie di “incidenti sanitari” presumibilmente presentati da membri del suo personale.

Tuttavia, ad oggi, non vi è alcuna prova concreta che la presunta sintomatologia risponda a una causa esclusiva o che sia correlata ad atti deliberati contro funzionari USA.

La menzogna come giustificazione

 

“I servizi dei visti dell’Ambasciata USA a L’Avana sono stati sospesi quasi interamente da novembre 2017 a causa di una riduzione del personale a seguito degli attacchi che hanno colpito la salute dei dipendenti dell’Ambasciata USA a L’Avana”, riferisce il comunicato pubblicato sul sito USCIS lo scorso lunedì.

Nel documento si mantiene l’uso del termine “attacco” nonostante il fatto che quasi due anni di indagini, sia USA sia cubane, non abbiano prodotto un singolo elemento di prova che confermi il verificarsi dei presunti “fatti” allegati, tanto meno una partecipazione cubana.

Negli ultimi mesi, le ipotesi USA sui presunti incidenti all’Avana sono passate da “attacchi acustici” a virus e da commozioni cerebrali ad onde a microonde, senza che fosse presentato una singola prova.

Le esotiche spiegazioni che sono state gestite, inclusi i raggi sonici e le neuro-armi di fantascienza, sono state scartate una dopo l’altra dalla comunità scientifica.

Le autorità cubane denunciano la manipolazione politica di questo problema e che Washington distorce i fatti per giustificare un’agenda di aggressione impopolare all’interno degli stessi USA, che soddisfa solo un gruppo minoritario in Florida.

Il direttore generale degli USA del Ministero degli Affari Esteri di Cuba, Carlos Fernández de Cossío, ha recentemente denunciato l’uso del termine attacco.

“Mente chi usa il termine attacco per riferirsi ai sintomi riportati dai diplomatici USA. Lo fa consapevolmente, con un’agenda politica ben definita ed un carico di opportunismo”, ha detto Cossío sulla rete sociale Twitter.

Le famiglie cubane sono le più colpite

 

Come sta accadendo da quando il presidente Donald Trump ha annunciato, in Miami, un cambiamento nella politica verso Cuba, le misure unilaterali di Washington colpiscono centinaia di migliaia di famiglie cubane su entrambi i lati dello Stretto della Florida.

La chiusura totale degli uffici USCIS si ripercuoterà sui residenti permanenti che hanno perso la loro carta verde o il permesso di rientro negli USA mentre visitano l’isola, che dovranno gestire i loro documenti al di fuori di Cuba.

Sebbene la stragrande maggioranza dei cubano-americani o cittadini USA che visitano Cuba non abbiano bisogno di questi servizi, la possibilità di affrontare una situazione di tale tipo costituisce un elemento deterrente per il normale flusso di persone tra i due paesi.

Più di 430mila cittadini USA hanno visitato la più grande delle Antille, fino a settembre 2018, secondo le cifre ufficiali, nonostante le restrizioni applicate dall’attuale amministrazione repubblicana ai viaggi.

Durante l’anno 2017, un totale di 619777 cittadini USA si sono recati a Cuba. Inoltre, 400mila cubani residenti in territorio USA hanno visitato il loro paese di origine.

Secondo i dati, il numero di residenti cubani che sono stati sull’isola, fino allo scorso settembre, era superiore a quello dello scorso anno alla stessa data.

La chiusura di USCIS colpirà anche il Cuban Parole Family Reunification Program (CFRP), una delle vie più usate da coloro che desiderano che le loro famiglie li accompagnino negli USA.

Il Parole è un tipo speciale di ammissione negli USA ed è un programma discrezionale del Dipartimento della Sicurezza Nazionale amministrato da USCIS.

Creato nel 2007, il CFRP consente che cittadini e residenti legali permanenti degli USA richiedano Parole per i loro parenti a Cuba.

Se viene concessa detto Parole, i familiari possono entrare nel territorio USA senza dover attendere che i loro casi di visto come immigrati siano processati in base alle quote assegnate.

Il CFRP è rimasto paralizzato dal settembre dello scorso anno, nonostante le ripetute promesse di trovare una soluzione.

I legislatori di origine cubana che si oppongono a qualsiasi riavvicinamento tra l’Avana e Washington, come è il caso del senatore della Florida Marco Rubio, sono stati oggetto di proteste da parte della comunità cubana che esige il ristabilimento del Programma di Ricongiungimento familiare.

Secondo recenti sondaggi, la maggioranza dei cubani negli USA appoggia la normalizzazione dei legami con l’Avana. Tuttavia, l’attuale amministrazione repubblicana ha deciso di seguire il consiglio di una minoranza radicale, benché potente, la cui agenda anti-cubana va persino contro gli interessi degli statunitensi.


Estados Unidos vuelve a mentir para justificar su política irracional hacia Cuba

Por: Sergio Alejandro Gómez

El cierre permanente a partir de este lunes de la oficina en La Habana del Servicio de Ciudadanía e Inmigración de Estados Unidos (USCIS, por sus siglas en inglés) viene a formalizar lo que en la práctica era una casi total suspensión de operaciones.

Más preocupante resulta el método empleado por Washington para justificar sus acciones.

USCIS es la agencia federal que supervisa la inmigración legal a Estados Unidos, cuenta con más de 200 oficinas alrededor del mundo y está bajo la jurisdicción del Departamento de Seguridad Nacional.

Entre sus funciones está el procesamiento de las solicitudes de ciudadanía, así como las reclamaciones para traer familiares directos a vivir y trabajar en Estados Unidos.

Desde septiembre del año pasado, casi todos los servicios de la USCIS en Cuba se desplazaron a México u otros consulados alrededor del mundo.

El cierre de la oficina anunciado este lunes es la última de una serie de acciones unilaterales que afectan el normal funcionamiento de los vínculos entre los dos países.

Estados Unidos retiró en septiembre del año pasado a la mayoría de sus diplomáticos en La Habana, alegando riesgos por una serie de “incidentes de salud” supuestamente presentados por miembros de su personal.

Sin embargo, hasta el momento no existen pruebas concretas respecto a que la sintomatología alegada responda a una causa exclusiva o que esté relacionada con actos deliberados contra los funcionarios norteamericanos.

La mentira como justificación

Los servicios de visas de la Embajada Estadounidense en La Habana fueron suspendidos casi en su totalidad desde noviembre de 2017 debido a una reducción de personal como resultado de los ataques que afectaron la salud de los empleados de la Embajada Estadounidense en La Habana”, refiere el comunicado publicado en la página web de USCIS el pasado lunes.

En el documento se mantiene el uso del término “ataque” a pesar de que cerca de dos años de investigaciones, tanto estadounidenses como cubanas, no han arrojado una sola evidencia que confirme la ocurrencia de los “hechos” alegados ni mucho menos una participación cubana.

A lo largo de los últimos meses, las hipótesis estadounidenses sobre los supuestos incidentes en La Habana han pasado de “ataques acústicos” a virus y de conmociones cerebrales a ondas de microondas, sin que se presente una sola prueba.

Las exóticas explicaciones que se han manejado, incluidos rayos sónicos y neuro-armas de ciencia ficción, han sido descartadas una tras otra por la comunidad científica.

Las autoridades cubanas denuncian la manipulación política de este asunto y que Washington tergiversa los hechos para justificar una agenda de agresión impopular dentro de los propios Estados Unidos, que solo complace a un grupo minoritario en La Florida.

El director general de Estados Unidos del ministerio de Relaciones Exteriores de Cuba, Carlos Fernández de Cossío, denunció recientemente el empleo del término ataque.

Miente quien usa el término ataque para referirse a los síntomas reportados por diplomáticos de EEUU. Lo hace conscientemente, con una agenda política bien definida y una carga de oportunismo”, señaló Cossío en la red social Twitter.

Las familias cubanas son las más afectadas

Como mismo viene ocurriendo desde que el presidente Donald Trump anunciara en Miami un cambio de política hacia Cuba, las medidas unilaterales de Washington afectan a cientos de miles de familias cubanas a uno y otro lado del Estrecho de la Florida.

El cierre total de las oficinas de la USCIS repercutirá en los residentes permanentes que hayan perdido su green card o el permiso de reingreso a Estados Unidos estando de visita en la Isla, quienes tendrán que gestionar sus papeles fuera de Cuba.

Aunque la inmensa mayoría de los cubanoamericanos o ciudadanos estadounidenses que visitan Cuba no necesitan estos servicios, la posibilidad de enfrentar una situación de ese tipo constituye un elemento disuasivo para el normal flujo de personas entre los dos países.

Más de 430 mil estadounidenses visitaron la mayor de las Antillas hasta septiembre de 2018, de acuerdo con cifras oficiales, a pesar de las restricciones aplicadas por la actual administración republicana a los viajes.

Durante el año 2017, un total de 619 777 estadounidenses viajaron a Cuba. Asimismo, 400 mil cubanos residentes en territorio norteamericano visitaron su país de origen.

De acuerdo con los datos, la cifra de cubanos residentes que había estado en la isla hasta septiembre último era superior a la del año pasado en igual fecha.

La clausura de USCIS también afectará el Programa Cubano de Parole de Reunificación Familiar (CFRP), una de las vías más utilizas por quienes desean que sus familiares los acompañen en los Estados Unidos.

El Parole es un tipo especial de admisión a los Estados Unidos y es un programa discrecional del Departamento de Seguridad Nacional administrado por USCIS.

Creado en el 2007, el CFRP permite que ciudadanos y residentes legales permanentes de los Estados Unidos soliciten Parole para sus familiares en Cuba.

De ser concedido dicho Parole, los familiares pueden ingresar a territorio de los Estados Unidos sin tener que esperar a que sus casos de visa de inmigrante estén en fecha de procesamiento según las cuotas asignadas

El CFRP se mantiene paralizado desde septiembre del año pasado, a pesar de reiteradas promesas de encontrar una solución.

Los legisladores de origen cubano que se oponen a cualquier acercamiento entre La Habana y Washington, como es el caso del senador por la Florida Marco Rubio, han sido blanco de protestas por parte de la comunidad cubana que exige el restablecimiento del Programa de Reunificación familiar.

De acuerdo con encuestas recientes, la mayoría de los cubanos en Estados Unidos apoya la normalización de los vínculos con La Habana. Sin embargo, la actual administración republicana ha decidido seguir los consejos de una minoría radical, aunque poderosa, cuya agenda anticubana van incluso en contra de los intereses de los estadounidenses.

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