e della cosiddetta comunità internazionale
Aram Aharonian, Estrategia 16 http://aurorasito.altervista.org
Quello che è successo il 10 gennaio in Venezuela, il giuramento di Nicolás Maduro per il secondo mandato, è la smentita di ciò che ci si aspettava da alcuni governi e l’opposizione, quasi tutti guidati da Washington.
Non c’era alcuna bancarotta sociale, alcuna insurrezione, chiusura di imprese e l’ecatombe diplomatica pianificata sembra essere stata contenuta dall’ultimatum del governo venezuelano ai Paesi del gruppo di Lima. Gran parte del mondo fu sorpreso dal fatto che Nicolás Maduro assumeva il secondo mandato costituzionale il 10 gennaio, un giorno in cui la stampa internazionale egemone nutriva la popolazione di aspettative e speculazioni come quella dell’Assemblea nazionale del Venezuela nelle mani dell’opposizione che eleggeva un governo provvisorio e impedisse al presidente di prestare giuramento.
Il problema è chi ha inventato tale verità virtuale e cercano d’imporre fantasie collettive attraverso vignette, tweet o reti digitali egemoniche, sono incappati nella realtà. L’unica verità è la realtà, come disse Aristotele. Non ci sono state manifestazioni nelle strade contro la nomina: alcuna folla è scesa in strada per accompagnare Maduro. La grave crisi economica e la mancanza di soluzioni, compreso il clamoroso fallimento dell’opposizione in 20 anni, sono riuscite a radicare distacco politico, disaffezione istituzionale, sfiducia e alienazione politico-elettorale. L’opposizione venezuelana, i suoi finanzieri e scrittori a Washington e Bogotá cercavano d’imporre all’immaginario collettivo l’emergere di una resistenza popolare contro il “dittatore”, “l’usurpatore”, ma la realtà è che manca di forza per fare qualsiasi cosa.
Dove hanno saputo Washington Post e Reuters l’idea che il Ministro della Difesa Vladimir Padrino López avrebbe chiesto le dimissioni del Presidente Maduro? Naturalmente, una falsa notizia, non c’è stato alcuna smentita, rettifica o scusa.
La triste realtà è che la decisione di ignorare il mandato di Maduro proviene da Washington, dove il proconsole Luis Almagro, comodamente seduto nella poltrona del quartier generale panamericano di Washington, si congratulava con uno pseudo-presidente che esiste solo nei sogni dei capi neoconservatori delle Americhe, che eseguono gli ordini del governo degli Stati Uniti. Il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro, salutava “l’insediamento” del deputato Juan Guaidó, che presiede l’Assemblea Nazionale, a “presidente ad interim del Venezuela” dopo l’autoproclamata “assemblea pubblica” presso la sede del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) di Caracas. Almagro ratificava il suo sostegno e quello della “Comunità internazionale” a Guaidó, personaggio ignoto ai cittadini, cui inviava un messaggio chiedendo una grande marcia il 23 gennaio (data della caduta del dittatore Pérez Jiménex nel 1958), mentre gli Stati Uniti inasprivano le critiche a Maduro, con un esplicito appello alla formazione di un nuovo governo nel Paese (con sede a Washington?)
La comunità internazionale? Alla cerimonia di giuramento di Maduro, rappresentanti di 94 Paesi, tra cui la Russia, avvertivano gli Stati Uniti da qualsiasi minaccia militare al Venezuela, cosa mai accaduta prima. Il Vicecancelliere venezuelano Samuel Moncada descriveva la risoluzione approvata dall’OSA a Washington come “follia legale”. “Si tratta di abuso di potere, crimine di aggressione e colpo di Stato, il tutto allo scopo di promuovere caos ed intervento militare straniero per distruggere la pace non solo in Venezuela ma in tutta la regione”. Nell’OSA, i governi di Argentina, Bahamas, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Stati Uniti, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras, Giamaica, Panama, Paraguay, Perù, Santa Lucia e Repubblica Dominicana votavano la proposta di Washington. Al contrario, Bolivia, Dominica, Nicaragua, St. Vincent e Grenadine, Suriname,Venezuela, Antigua e Barbuda, Barbados, Belize, El Salvador, Messico, St. Kitts e -Nevis, Trinidad e Tobago e Uruguay si astenevano. Grenada non partecipava. Il Messico, che respinse la dichiarazione del gruppo di Lima, invitava i membri dell’OSA e il governo venezuelano a non chiudere il dialogo e a perseguire la ricerca di efficaci comunicazioni affinché la società venezuelana possa trovare, pacificamente, una soluzione alle differenze e si offre come ponte tra le 33 nazioni che compongono il sistema interamericano e il Venezuela, per raggiungere questo obiettivo.
Proclamato a Washington
Anche se il giovane Guaidó non si è proclamato presidente durante il discorso all’assemblea convocata l’11 gennaio, il giorno dopo il giuramento di Maduro alla Corte Suprema di Giustizia, il comunicato ufficiale del Parlamento affermava che il deputato aveva “assunto i poteri” esecutivi “in conformità cogli articoli 333, 350 e 233 della Costituzione”. “Chiamando popolo e Forze armate nazionali del Venezuela a un processo elettorale libero e trasparente che promuova una transizione pacifica e democratica nel Paese”. Era solo uno show, scherza e presa in giro, disse Maduro: “Li lascio al loro show, perché prendono in giro la loro gente, qui abbiamo molto lavoro e continuerò a compiere i miei doveri per cui mi avete eletto, fermamente e coraggiosamente”. invitava all’unità sulle piazze per evitare qualsiasi tentativo di protesta dell’opposizione come le “guarimbas” (il terrore nelle strade) nel 2014 e nel 2017, che fecero più di 200 morti e non portarono a nulla. La Corte Suprema di Giustizia, quest’ultima “in esilio”, nominava Guaidó “Presidente facente funzione”. Ma pochi mesi prima aveva nominato Antonio Ledezma “presidente in transizione”. Questo significa che il colpo di Stato era contro Ledezma? Quale Stato, tra l’altro? Se Guaidó é temporaneo, lo sarà come Ledezma? Questo significa che Ledezma ha lasciato il potere al potere? E se ci sono tre presidenti? Perché Guaidó è indicato su Wikipedia ma non Ledezma? Ledezma salì al potere grazie a Snatchap e Guaidó si è autoproclamato su Twitter? Si chiedono i social network. La Federazione delle Camere ed Associazioni del Commercio e Produzione (Fedecámaras) espresse assoluto sostegno e riconoscimento all’Assemblea Nazionale come unico potere democraticamente eletta, il giorno dopo che Nicolás Maduro giurava alla Corte Suprema di Giustizia per guidare il Paese per altri sei anni. Il governo brasiliano salutava il presidente dell’opposizione, Juan Guaidó, pronto ad “assumere costituzionalmente” la presidenza del paese contro la “illegittimità” della nomina di Nicolás Maduro. “Il Brasile è impegnato ad aiutare i venezuelani a riconquistare libertà e democrazia, e continuerà a coordinarne gli sforzi con altri attori dallo stesso obiettivo” , affermava il ministero degli Esteri brasiliano.
I Paesi che rettificano del gruppo di Lima
Il Venezuela concesse tempo, fino al 14 gennaio, a Paraguay e Canada del Gruppo di Lima d’esprimere una rettifica sulla posizione sulla presunta incursione di navi d’esplorazione della compagnia petrolifera ExxonMobil nelle acque territoriali venezuelane. ”aspettiamo un po’. Mancano solo due Paesi; il Paraguay che, nonostante le ultime notizie, riteniamo possa rettificare, e il Canada, nel Nord America, di cui sappiamo il carattere in politica estera”, dichiarava il Ministro degli Esteri Jorge Arreaza, notando che finora avevano rettificato 10 Paesi dalla coalizione dei governi di destra che firmò il documento del Gruppo Lima.
Violazione o conciliazione
Per la sociologa Maryclén Stelling, l’opposizione impone un fatalismo che aumenta le aspettative sul cambiamento, qualunque sia. Senza legittimità nelle decisioni e azioni, emergerà lentamente un nuovo spazio per l’opposizione critica, che consentirà dialogo e negoziati. Il bolivarismo, rafforzato dalla figura “legale e legittima” di Maduro neopresidente, sarà dibattuto tra supporto senza restrizioni e vigilanza e negoziati critici. Se la crisi economica peggiora, conflitti e scontri interni peggioreranno e, al tempo stesso, la guerra politico-mediatica s’intensificherà con storie che serviranno ad espiare errori e responsabilità sulla crisi; così come attaccare l’avversario, ingigantendo vittorie e sconfitte, immaginare nuovi mondi possibili legati a pregiudizi politici. Dalle storie sui media, sarà promosso un Chavismo “ubriaco di trionfo” e un’opposizione alla ricerca di propri identità e spazio politico. È tempo di rottura e riunione. Dopo aver fallito negli anni precedenti, gli analisti politici di destra e di sinistra dubitano che una misura radicale, guidata dall’opposizione, possa contribuire a risolvere la crisi politica, sociale ed economica che segna la storia della democrazia in Venezuela, e concordano sul fatto che ciò peggiorerebbe gli scenari futuri del Paese. Una cosa è chiara, la soffocante situazione economica e sociale nel Paese non influisce direttamente sulla stabilità del governo o l’egemonia politica. Dall’opposizione, José Ignacio Hernández sottolineava: “Dobbiamo tenere presente che la data del 10 gennaio, di per sé, non può produrre alcun cambiamento in Venezuela, dato che la nostra crisi non è una di quelle che possono essere risolte con atti legali”. Jesús Seguías, consulente politico, disse: “In uno scenario di confronto violento, abbiamo due attori: uno ben armato e dotato (…) e un’opposizione disarticolata che non ha capacità di mobilitazione a livello nazionale. Un ulteriore fallimento è precluso all’opposizione, portando ad ulteriori frustrazione, disperazione e rabbia tra i sostenitori e crescita esponenziale dell’esodo”. Altri capi dell’opposizione richiedono negoziati politici per trovare una soluzione democratica e pacifica. “Non c’è altro modo”, affermava il presidente di DatinCorp. Lo scienziato politico Jesús Castillo Molleda diceva: “Dovremmo chiederci se i settori politici dell’opposizione attualmente hanno abbastanza sostegno popolare per incoraggiare le persone a scendere in piazza; o se ci sono gruppi organizzati in piazze, blocchi, quartier, parrocchie, comuni, stati, per intraprendere lo scontro col governo; o decidere se un leader politico, commerciale o studentesco possa rappresentare la maggioranza dell’opposizione politica”. Dovrebbero anche chiedesi se il sostegno dell’autoproclamata “comunità internazionale” basti a fare pressioni sul governo nazionale.
Legittimità
Molti commentatori dei media egemonici commentano la legittimità dell’elezione di Maduro. Alcuni dati evidenziano la “legittimità” dei governi che tendono ad usare tale argomento per attaccare il Venezuela. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ottenne il 46,09% dei voti nelle elezioni presidenziali dell’8 novembre 2016, con un’astensione del 44,6%. Il suo voto rappresenta il 20,55% dei voti degli elettori. Inoltre, ottenne meno voti dell’avversaria Hillary Clinton del Partito Democratico (62984825 voti contro 65853516 di Clinton), ma fu comunque dichiarato vincitore a causa del sistema elettorale nordamericano. Il presidente dell’Argentina, Mauricio Macri, ottenne il 51,34% dei voti nel secondo turno delle elezioni presidenziali del 22 novembre 2015, con un’astensione del 19,23%. Nel secondo turno, ebbe il 41,46% di tutti i votanti iscritti. Juan Manuel Santos, presidente della Colombia tra il 2010 e il 2018, fu rieletto il 15 giugno 2014 col 50,98% dei voti nel secondo turno, con un’astensione del 52,23% (solo il 23,7% delle liste elettorali). Sebastián Pinheera, attuale presidente del Cile, fu eletto il 19 novembre 2017 con il 57,1% dei voti nel secondo turno, con un’astensione del 51%. I voti espressi rappresentano il 26,75% del totale degli elettori. Il Presidente Nicolás Maduro ha avuto il 67,84% dei voti il 20 maggio 2018, in un processo col 53,93% d’astensione. I voti ricevuti da Maduro rappresentano il 31,25% dei voti totali nelle liste elettorali, ben al di sopra di quelli ottenuti da Pinhera, Santos e Trump, la cui legittimità non è mai stata messa in discussione.
Colofone
Mentre i presidenti dei 13 Paesi del Cartello di Lima che hanno firmato la dichiarazione contro il Venezuela sognano d’invadere Caracas alla testa dei loro eserciti per spartirsi il Paese che l’opposizione doveva conquistare per consegnarglielo, i capi dei 200 gruppi di opposizione non dormono mentre aspettano il giorno in cui riceveranno il potere dal presidente Donald Trump capo supremo del comando umanitario del Sud, scrive Luis Britto García. Sperano di seminare basi militari in Venezuela una volta che i paramilitari avranno dominato gli indigeni e liquidato i bolivariani. I 734 mercenari paramilitari accampati nella regione colombiana di Tona attendono l’ordine del presidente Ivan Duque per un attacco sotto falsa bandiera che gli permetterebbe di recuperare il Golfo del Venezuela, le riserve petrolifere di Zulia e la Cordigliera andina, come precisava. Jair Messias Bolsonaro, da parte sua, spera di conquistare l’Amazonia venezuelana, le centrali idroelettriche di El Guri e Camatagua, l’Arco Minero e la fascia bituminosa dell’Orinoco, che venderanno alle imprese desiderosi di fare core business, rimuovere stabilità e benefici per il lavoro, privatizzare salute, istruzione, sicurezza sociale, fiumi e lagune, acque. “L’unico che soffrirà con tale strategia basata sulle consuete menzogne volte a creare immaginazioni collettive è il popolo venezuelano, lungi da qualsiasi rivolta”, dice Britto García. Chiunque condanni Maduro deve mettere in discussione l’alternativa offerta, vale a dire la ricolonizzazione che schiaccerà la sovranità del Paese ed il futuro di diverse generazioni. Pensate a cosa succede nei Paesi limitrofi, dice il giornalista brasiliano Paulo Moreira Leite. Qualcuno ne dubita?
Traduzione di Alessandro Lattanzio