La cooperazione militare Russia-Venezuela

Mision Verdad  –  http://aurorasito.altervista.org

Le operazioni militari orchestrate dagli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq o Siria agli albori del secolo hanno lasciato non solo alti costi economici e logistici, ma anche politici, in termini di sconfitta mostrata dalla prima potenza mondiale al resto del mondo e l’avanzata dei Paesi arabi verso le potenze eurasiatica.

Al contrario, rovesciare i governi considerati ostacoli alla sicurezza emisferica ha richiesto minori operazioni tecnico-militari da parte del Comando meridionale e sono in grado di incapsulare nel sito obiettivo. Considerati suo cortile, i Paesi del sud a cui gli Stati Uniti riescono ad avere accesso illimitato (dopo il ritorno alla dottrina Monroe come politica estera) diventano piattaforme per installare basi militari che proteggano l’area d’influenza raggiunta. La Colombia è il miglior esempio, ma non smettono di parlare di sé Perù, Paraguay, Panama e presto l’Ecuador. Se le recenti minacce militari al Venezuela sono osservate sotto il prisma geopolitico, possono essere interpretate come la ricerca di un fronte molto più sicuro di quello con Iran o Corea democratica, nella corsa per dimostrare la forza che a chiara egemonia nordamericana deve dare al mondo multipolare emergente. Dall’installazione del governo parallelo illegittimo presieduto da Juan Guaidó, gli annunci di un’escalation del conflitto con la partecipazione militare degli Stati Uniti non cessano nelle dichiarazioni del presidente Donald Trump e dei suoi funzionari più vicini, senza che ciò si concretizzi nei fatti. Ma nello stesso tempo succede che gli Stati Uniti si sono spinti a sviluppare un piano che punta a erodere l’unità delle Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB) al fine di creare le condizioni ideali per entrare comodamente nel territorio venezuelano. La campagna, gestita tra perdite di prestigio, ricatto sotto forma di amnistia, inviti pubblici all’insurrezione e penetrazione nelle fazioni per effettuare operazioni di destabilizzazione, cerca un punto di rottura tra le principali componenti militari. È ciò che viene osservato se si riassumono le operazioni segrete per spingere l’ordine del giorno del colpo di Stato, sventato nel 2018, così come i concomitanti inviti pubblici alle FANB ad ignorare il legittimo governo del Presidente Nicolás Maduro, del dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Perché il Paese con la più alta spesa militari del mondo adotta tali previsioni prima di affrontare lo scontro diretto contro una nazione che presumibilmente ha capacità limitate di difendersi?

Importante equipaggiamento militare russo per la prontezza operativa venezuelana

Dall’arrivo di Hugo Chávez al potere, il Venezuela ha stanziato parte della spesa pubblica nell’investimento riuscito nella difesa in alternativa all’industria militare statunitense, dopo che Washington negò nel 2006 l’acquisizione di aerei da combattimento F-16. Da lì furono stabiliti rapporti bilaterali con la Russia per dotarsi di fucili, carri armati, veicoli, aerei da combattimento, navi da guerra, elicotteri da trasporto e sistemi missilistici antiaerei, all”avanguardia tecno-militare sulla tecnologia statunitense. Da questi è stato formato un sistema di difesa aerea a lunga, media e corta gittata, come spiega Rubén Castillo in un articolo per Misión Verdad . Comprende armi antiaeree ZU-23, missili portatili Iglas-S, sistemi antiaerei Pechora 2M e sistemi missilistici mobili Buk-M2E. Per chiudere questa blocco della difesa, c’è il sistema antiaereo mobile S-300VM. L’arma più sofisticata per abbattere missili ed aerei nella regione dell’America Latina, acquistato dal governo nazionale nel 2013. Basti ricordare che la Colombia, Paese militarmente equipaggiato su consiglio degli Stati Uniti, non ha una difesa antiaerea simile. In relazione alla capacità di attacco, la Russia ha fornito i famosi aerei Sukhoi Su-30S di quarta generazione all’Aeronautica nazionale. Questo aereo da combattimento è considerato il più avanzato nel suo genere, compresi i caccia nordamericani. La svolta geopolitica che il Venezuela ha portato ne approfondiva la cooperazione militare con la Russia in altri ambiti della produzione di armi, mirando al trasferimento di tecnologie e formazione tecnica del personale venezuelano. Nel 2006 fu firmato un accordo per costruire un centro di manutenzione e riparazione di elicotteri, completato nel 2013. Inoltre, il Ministro della Difesa Vladimir Padrino López annunciava che la fabbrica di Kalashnikov, con un accordo avviato lo stesso anno e ripreso nel 2016, sarà inaugurata quest’anno. Nei suoi impianti, oltre alle munizioni, verranno prodotti i modelli 103 e 104 dei fucili d’assalto AK. Di recente, il Presidente Nicolás Maduro aveva detto in un’intervista a Sputnik, che l’equipaggiamento più moderno del mondo arriva in Venezuela , in riferimento alla cooperazione militare permanente col governo di Vladimir Putin. L’elenco di equipaggiamenti, molto più avanzati di quelli delle nazioni del Medio Oriente che affrontano gli Stati Uniti, è solo l’aspetto tecnico delle FANB. Per completare i dati, è necessario riconoscere l’integrazione di 1,6 milioni di civili nella Milizia Mazionale Bolivariana, ad esempio, come componente vitale per la difesa integrale del territorio. Allo stesso modo, l’inserimento dell’armamento russo nella dottrina militare bolivariana per affrontare ogni possibile scenario d’intervento militare è fondamentale al momento di uno scenario teso, nella ricerca della difesa territoriale e della popolazione del Paese.

Chiavi geopolitiche degli accordi militari bilaterali

Le alleanze forgiate da entrambe le nazioni non sono limitate agli accordi commerciali per l’acquisto e vendita di attrezzature per la difesa. I Paesi svolgono attività sui principi del non intervento straniero. Le dinamiche russo-venezuelane costruite sono ben lontane dalla formazione di colonie militari che gli Stati Uniti coordinano nei Paesi subordinati. Il 2018, carico di molteplici operazioni contro lo Stato venezuelano, col tentato omicidio al culmine, ebbe anche un maggiore riavvicinamento con la Federazione Russa al fine di dissuadere Washington dall’approfondire l’assedio del paese. All’inizio dello scorso dicembre, furono condotte manovre congiunte coi “Cigni bianchi”, i bombardieri supersonici dell’era sovietica, con lo scopo di scambiare esperienze tra le due Aeronautiche. Insieme a questi Tupolev Tu-160, arrivò la delegazione russa, composta da un centinaio di militari. Il Cremlino, l’agente decisivo per sedare la guerra in Siria, contrasta le aggressioni dell’Ucraina nel Mare di Azov per provocare un conflitto navale, mossa sostenuta da Stati Uniti e loro alleati della NATO. La propaganda anti-russa concepì tali azioni congiunte come “spreco di fondi pubblici”, nelle parole del segretario di Stato Mike Pompeo. La verità è che la manovra inviava un messaggio forte che condanna qualsiasi tentativo di cambiare la situazione politica in Venezuela. L’attività fu preceduta dall’incontro del Ministro Vladimir Padrino con l’omologo russo Sergej Shojgi, nel quadro di un viaggio ufficiale del Presidente Nicolás Maduro in Russia. Furono firmati accordi su questioni energetiche, commerciali, di telecomunicazione ed armamento.

Il grado di impegno manifestato ora che apertamente si minaccia l’intervento militare contro il Venezuela, la Russia partecipa come attore diplomatico accusando gli Stati Uniti d’interferenza negli affari interni del Paese alla riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU a fine gennaio. Le successive denunce del Ministero degli Esteri russo, sulla “determinazione che Washington mostra nel dividere l’esercito venezuelano e rovesciare il governo costituzionale del Venezuela”, ratificano la coesione delle relazioni diplomatiche in un momento in cui le azioni statunitensi sono eccessive e violente. Lo Stato venezuelano, comprendendo che la guerra non si riduce allo scontro armato, sviluppava una conseguente strategia multipolare nella politica estera, comprendendo i densi fattori del blocco euroasiatico che oggi mostrano risultati di fronte l’intensificarsi delle aggressioni straniere.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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