Le sanzioni contro il Venezuela sono meccanismi reali e concreti di distruzione dello Stato, della sua identità e, con essa, della società venezuelana. Fanno parte di una strategia di guerra basata sull’applicazione di varie risorse e strumenti sofisticati di egemonia finanziaria contro i nodi fondamentali della vita nazionale. Anche se in Venezuela non cadono bombe e non ci sono Marines statunitensi che sbarcano lungo le coste, ci sono ampie prove degli strumenti di aggressione permanente, nazionale e internazionale, da parte di settori aziendali e politici.
In questo contesto, a partire dal 1999 le manovre interne degli avversari del chavismo si alternano tra meccanismi di basso profilo come il boicottaggio o l’annullamento di investimenti; e azioni contundenti, come il colpo di stato nell’aprile del 2002 o lo sciopero petrolifero.
Dal 2015, quando l’allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha descritto il Venezuela come una grande minaccia alla “sicurezza nazionale degli Stati Uniti” è diventata chiara l’avanguardia politica e la leadership nel campo anti-chavista dell’elite transnazionale che governa a Washington. Costoro hanno accelerato su una serie di misure che hanno determinato non solo la distruzione dell’economia nazionale, ma hanno seriamente modificato l’immaginario culturale.
Si comprende tutto nella giusta prospettiva attraverso le dichiarazioni di Jack Lew, l’ex segretario al Tesoro durante l’amministrazione Obama, il quale considera che le sanzioni sono più efficaci e meno costose per sottomettere i nemici del potere tradizionale, perché hanno influenza sui mercati Finanzieri americani, il nervo centrale dell’economia globalizzata. Le sanzioni sono misure di assedio alle fortezze, come in epoca medievale, aggiornate in questa nuova era di potere intelligente, tecnologizzato, globalizzato, dove ogni nervo legato potere deve sottomettere i nemici, secondo Lew.
2015: GLI STATI UNITI ASSUMONO IL COMANDO DELL’ANTICHAVISMO
Il blocco finanziario si è trasformato dall’attacco sul debito, passando all’isolamento del sistema finanziario degli Stati Uniti, fino ad arrivare all’applicazione di tecniche di spionaggio che perseguono le aziende venezuelane e trattengono fondi per l’importazione di cibo e medicine.
Il Venezuela soffre dall’assalto della caduta dei prezzi del petrolio deciso dagli Stati Uniti d’accordo con l’Arabia Saudita, la quale ha massivamente aumentato la produzione di petrolio per abbassare i prezzi e influenzare i principali paesi produttori come il Venezuela, la Russia e l’Iran.
Inoltre, l’economia ha iniziato a deteriorarsi a causa della mancanza di reddito e di una società creata a Miami nel 2010, denominata Dollar Today, che ha svalutato artificialmente il valore della valuta al fine di avviare un’escalation inflazionistica. Il Venezuela ha perso circa il 60% dei suoi ingressi nazionali.
L’Ordine esecutivo (13692) firmato dall’Amministrazione Obama nel marzo 2015 ha avviato azioni di blocco finanziario contro il Venezuela e, con esso, il governo degli Stati Uniti ha reso l’attacco economico al paese una questione legale. Basato sulla “Legge di emergenza delle potenze economiche internazionali”, attivata a livello costituzionale, per fornire all’amministrazione gli strumenti per “difendersi” dalla minaccia.
Con questo pretesto, la Casa Bianca ha messo in allerta il suo sistema finanziario, attraverso il Dipartimento del Tesoro, per quanto riguarda le operazioni finanziarie venezuelane.
Con la scusa di bloccare la mobilità dei conti personali non provati di, fino ad allora, sette funzionari venezuelani, questo strumento legale ha attaccato l’uso del sistema finanziario statunitense per importare cibo e medicine dallo Stato venezuelano.
Parallelamente, le agenzie di rating del rischio- agenzie create dagli Stati Uniti per destabilizzare i paesi sovrani – hanno pubblicato una mappa globale di “paesi a rischio”. Questo per completare l’assedio economico-finanziario contro i piani di ripresa del governo venezuelano, a seguito del crollo dei prezzi del petrolio.
Il Venezuela è stato catalogato dalla società finanziaria francese Coface come il paese con il più alto rischio paese in America Latina, simile ai paesi africani che sono attualmente in situazione di guerra. Lo “studio” è stato realizzato sulla base delle valutazioni negative delle tre principali agenzie di rating statunitensi, Standard and Poor’s, Fitch Rating e Moody’s, in gran parte responsabili del collasso finanziario globale del 2008.
A partire dal 2015 hanno cominciato ad aumentare artificialmente la variabile rischio paese per impedire l’ingresso di finanziamenti internazionali e fino al primo semestre del 2018, queste tre principali agenzie di rating hanno intensificato i loro attacchi contro il Venezuela, omettendo i pagamenti del debito puntuali al fine di spingere il paese verso il default e proiettare una situazione di insicurezza per gli investimenti internazionali.
In questo contesto di assedio basato sul malcontento sociale prodotto dal calo dei prezzi del petrolio, dalla carenza, dalla scarsità di saccheggi, l’antichavismo ha ottenuto la maggioranza nell’Assemblea nazionale e ha configurato da un piano più alto, ora dall’organo parlamentare, le aggressioni finanziarie contro il Venezuela.
2016: CHIUSURA FINANZIARIA E IL DEFAULT CHE NON E’ ARRIVATO
Nel mese di aprile 2016, il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato il monito di “catastrofe economica” in Venezuela attraverso una relazione, generando le aspettative di crollo, aumentando l’inflazione e la carenza per legittimare le azioni di guerra economica svolte da FEDECAMARAS e Consecomercio, i due principali soggetti privati del paese.
L’Assemblea nazionale, nello stato di ribellione contro gli altri poteri costituzionali per aver incorporato 3 membri le cui elezioni erano state palesemente fraudolenti, ha adottato strumenti giuridici a maggio e agosto che hanno dichiarato tutti i contratti petroliferi “nulli”, hanno bloccato gli investimenti internazionali e l’emissione di nuovo debito da parte del paese, cercando di ostacolare in tal modo quel denaro fresco che sarebbe entrato nelle casse dello stato.
Durante il 2016 e il 2017 sono stati chiusi i conti del Venezuela negli Stati Uniti da grandi banche private, come Citibank e JP Morgan, a causa dell’ordine esecutivo 13692 che ha autorizzato il Dipartimento del Tesoro ad impiegare meccanismi di monitoraggio delle transazioni finanziarie del Venezuela negli Stati Uniti.
Con la scusa di proteggere il proprio sistema finanziario da “funzionari corrotti”, si è cercato di isolare il Venezuela dal sistema finanziario nordamericano e ostacolare sia le sue importazioni che il pagamento del debito estero. La seconda banca più grande in Germania, la Commerzbank, si è unita a questa strategia.
Nel mese di luglio 2016, l’indice di rischio paese EMBI, creato dalla banca JP Morgan, ha collocato il Venezuela con il punteggio più alto del mondo (2640 punti) al di sopra di paesi dilaniati dalla guerra come l’Ucraina, anche se lo stato venezuelano ha pagato 6.000 milioni di dollari in debito estero quello stesso anno. Nel mese di settembre, la PDVSA ha fatto un’offerta per lo scambio di 7 miliardi 100 milioni di dollari in obbligazioni al fine di alleviare i loro pagamenti, e le tre principali agenzie di monitoraggio del rischio degli Stati Uniti hanno cercato di spaventare gli investitori sul rischio default qualora avessero fatto accordi con l’azienda petrolifera statale.
A novembre, JP Morgan ha emesso un falso allarme di default sul presunto inadempimento del debito di PDVSA di 404 milioni di dollari per generare paura nel mondo finanziario e danneggiare l’immagine dello stato. Anche la compagnia petrolifera americana ConocoPhillips ha citato la PDVSA dinanzi a un tribunale del Delaware per la sua operazione di scambio di obbligazioni e spaventare così i partecipanti e quindi far fallire l’operazione.
In questo ambiente aggressivo contro l’economia venezuelana, l’inflazione attraverso l’effetto di Dollar Today si è chiusa a circa l’800%, secondo le cifre trapelate ad alcune agenzie internazionali.
2017: EMBARGO, VIOLENZA SCONFITTA E ULTERIORE DESTABILIZZAZIONE
Nell’aprile 2017, il presidente (illegalmente eletto) dell’Assemblea nazionale, Julio Borges, ha chiesto che oltre 20 banche internazionali cessassero i loro legami economici e finanziari con il Venezuela. Mentre a maggio, sempre Borges, ha dichiarato “nullo” l’acquisto di 865 milioni di dollari in obbligazioni PDVSA dalla banca statunitense Goldman Sachs.
Nel suo desiderio di coordinare le sanzioni economiche e finanziarie contro il Venezuela, e utilizzando il Parlamento come strumento per legittimare il blocco finanziario, Borges ha incontrato il consigliere per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca, all’epoca, il generale R.H. McMaster. In questo modo, il blocco finanziario ha impedito al paese di importare cibo e medicine necessari per la sua sopravvivenza.
Sostenuti dagli Stati Uniti e dall’OSA, gli oppositori del chavismo hanno lanciato una nuova escalation del caos, più intensa e pericolosa della violenza del 2014, che ha causato milioni di perdite per il paese e ha lasciato sul campo lo spiacevole bollettino di 130 morti e migliaia di feriti. Inoltre, gli Stati Uniti hanno sanzionato più di 20 funzionari venezuelani, rappresentanti di tutte le autorità pubbliche e responsabili del mantenimento dell’ordine interno, come misura per alimentare il caos delle guarimbas.
Come misura estrema, il presidente Nicolás Maduro ha chiesto a maggio di eleggere un’Assemblea nazionale costituente (ANC), le cui elezioni si sono tenute a luglio nel mezzo di violenze mirate. Più di 8 milioni di venezuelani hanno partecipato alle elezioni e una scena traumatica di violenza nel paese si è chiusa. Il paese ha guadagnato stabilità politica e sociale di fronte a un ciclo di aggressioni volte a rimuovere il presidente Nicolás Maduro e ad eliminare l’attuale quadro costituzionale.
2017 DOPO L’ELEZIONE DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE: VIRULENZA INTERVENTISTA
Tra agosto e novembre, correvano i giorni più dinamici dell’aggressione contro il Venezuela. Fallite le guarimbas, l’Europa è entrata nel gioco destabilizzante: in agosto la banca svizzera Credit Suisse ha vietato ai suoi clienti di effettuare transazioni finanziarie con il Venezuela, come richiesto da Julio Borges in aprile.
D’altra parte, e attraverso un ordine esecutivo, Trump ha vietato l’acquisto di debito del Venezuela e il rimpatrio dei dividendi di Citgo, una filiale di PDVSA negli Stati Uniti, chiudendo il finanziamento a due vie per il Venezuela devastata dalla guarimbas.
Successivamente, gli Stati Uniti hanno iniziato a eseguire un embargo petrolifero non dichiarato. Gli Stati Uniti e le banche private, sotto pressione da parte del Dipartimento del Tesoro, hanno rifiutato di emettere lettere di credito per l’acquisto di petrolio venezuelano, colpendo il reddito della nazione.
PBF Energy Company, una delle più grandi raffinerie che gestiscono gli acquisti in Venezuela, ha dovuto abbandonare i suoi legami economici con il paese a causa delle sanzioni.
Nel mese di settembre, il Dipartimento del Tesoro, attraverso la sua rete finanziaria Crimes Enforcement (FinCEN) ha emesso un avviso che impone un sistema di sorveglianza e controllo delle transazioni finanziarie del Venezuela per bloccare i pagamenti relativi ai generi alimentari e medicinali mentre, a seguito delle sanzioni di Trump emesse in agosto, Citgo ha iniziato ad avere problemi nell’acquisire il greggio per le sue raffinerie e nel mantenere le sue operazioni stabili.
In questo contesto, circa 300mila dosi di insulina pagate dallo Stato venezuelano non sono arrivate nel paese perché Citibank ha boicottato il suo acquisto. Allo stesso tempo, lo sbarco di 18 milioni di scatole di CLAP in Venezuela è stato interrotto per gli ostacoli imposti dal sistema finanziario degli Stati Uniti, in quanto le autorità hanno chiuso i conti di 52 banche del Venezuela come Wells Fargo, perché i loro titoli, presumibilmente, erano legati al governo venezuelano.
Mentre ciò accadeva, si sono svolte elezioni regionali con oltre 11 milioni di elettori che si sono recati nelle urne. Il chavismo ha vinto 19 dei 23 governatorati in elezioni convocate dall’Assemblea Nazionale Costituente. In questo caso, i partiti oppositori come Azione Democratica e Voluntad Popular hanno partecipato.
Anche se negli ultimi tre anni il Venezuela era riuscito a onorare i suoi impegni internazionali, nel mese di novembre la società europea Euroclear, fondata da JP Morgan, ha sequestrato 1 miliardo e 650 milioni di dollari stanziati per l’acquisto di cibo e medicine.
Il Comitato Swaps and Derivatives Association (ISDA, il suo acronimo in inglese), ha dichiarato il Venezuela in difetto legale, avendo saltato i pagamenti del debito da parte 70 miliardi di dollari negli ultimi due anni. Mentre JP Morgan ha nuovamente aumentato il rischio paese del Venezuela a 2.989 punti, la cifra più alta dal 2014, quando si attestava a 1.458 punti.
L’agenzia di rating Standard and Poor’s ha dichiarato il Venezuela in “default selettivo” perché non poteva onorare gli impegni di debito, dato che le sanzioni limitavano le transazioni finanziarie del paese nel sistema di pagamento degli Stati Uniti. Con queste manovre hanno cercato di aprire la porta per confiscare i beni PDVSA.
Nello stesso novembre il fondo di investimenti americano Wilmington Trust ha accusato Corpoelecdi non aver cancellato interessi di debito dell’ordine di 27 milioni di dollari, proprio quando il paese ha vissuto un blocco totale dei mezzi di pagamento nel sistema finanziario statunitense.
Tanto che una spedizione di Primaquine, medicina usata per curare la malaria, non è entrata nel paese a causa del blocco da parte di un laboratorio colombiano chiamato BSN Medical e sono state bloccate 23 operazioni nel sistema finanziario internazionale per un totale di 39 milioni di dollari per il cibo, forniture di base e medicinali.
A dicembre, 19 altri conti bancari venezuelani all’estero sono stati arbitrariamente chiusi dalle banche statunitensi, impedendo pagamenti ai creditori, mentre l’antichavismo decideva di non partecipare alle elezioni comunali dopo la sua sconfitta alle elezioni regionali di ottobre. Il Chavismo di nuovo trionfava con la vittoria di oltre il 95% di tutti i comuni.
2018-2019: ATTACCO SMISURATO E MULTI-FATTORIALE
Nel mese di gennaio del 2018, il capo della CIA di turno e attuale segretario di Stato degli Stati Uniti, Mike Pompeo, ha detto in una conferenza presso l’American Enterprise Institute che le sanzioni finanziarie contro il Venezuela sarebbero state coordinate da lui direttamente con il Presidente Trump.
Allo stesso tempo, 11 bond venezuelani e quelli di PDVSA, per un valore di 1 miliardo e 241 milioni di dollari complessivi, non potevano essere ripagati ai loro creditori a causa dell’ostacolo posto dalle sanzioni. L’Assemblea nazionale (ancora in ribellione) ha firmato un accordo in cui ha criminalizzato la cripto moneta del Petro, riaffermando il suo interesse nel mantenere senza fonti di finanziamento il paese.
A marzo, l’amministrazione Trump, attraverso un ordine esecutivo, ha dichiarato illegale l’acquisto o altra operazione relativa al Petro da parte di compagnie e cittadini americani. Con questa manovra ha legalizzato l’accordo dell’Assemblea nazionale che ha colpito la prevendita iniziale e le risorse che sarebbero entrate nel paese in un contesto in cui altri 2,5 miliardi di dollari dal Venezuela erano stati trattenuti nelle banche degli Stati Uniti. Questo denaro sarebbe stato in gran parte destinato al pagamento dei creditori internazionali.
In quel mese, quindici pugili venezuelani non hanno potuto recarsi all’evento di qualificazione per i Giochi centroamericani e caraibici 2018 (CAC) in Messico a causa di sanzioni finanziarie che impedivano loro di elargire i pagamenti logistici. Una volta risolto quest’ostacolo, l’altro dramma è stato che la Colombia ha bloccato il suo spazio aereo ai pugili.
Il governo colombiano ha poi bloccato 400 mila chili di cibo in scatole dei CLAP che sarebbero entrati nel paese per rafforzare questo programma con il quale oltre 6 milioni di famiglie sono alimentate in tutto il territorio nazionale.
Ad aprile, gli Stati Uniti e la Colombia hanno creato un gruppo di intelligence finanziaria per bloccare l’importazione di cibo e medicine, internazionalizzando il soffocamento finanziario. E a maggio la compagnia petrolifera statunitense ConocoPhillips ha eseguito una serie di sequestri contro i beni di PDVSA per la denuncia di un lodo arbitrale di $ 2,4 miliardi richiesto dalla Camera di commercio internazionale.
Questa manovra non solo ha influito sulla sua capacità installata nell’arena internazionale, ma ha anche limitato le entrate del paese dalle vendite di petrolio greggio, intensificando il danno al cuore dell’economia nazionale con l’obiettivo di dissolvere ulteriormente il tessuto sociale che sostiene parte della stabilità.
A questo si è unita la compagnia mineraria canadese Rusoro, che ha presentato una richiesta che cercava di unire i beni di Citgo e alcuni di PDVSA come pagamento per un lodo arbitrale da 1,2 miliardi di dollari. Anche l’appaltatore canadese SNC-Lavalin ha denunciato la PDVSA per oltre 25 milioni di dollari per presunto mancato pagamento del debito davanti a un tribunale di New York.
Così, gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro politica di soffocamento finanziario e sequestro delle risorse venezuelane limitando così la vendita di beni di petrolio in Venezuela sul suolo americano, la liquidazione dei crediti, in risposta alla vittoria presidenziale del chavismo del 20 maggio.
A loro volta, i paesi del gruppo di Lima hanno concordato, seguendo la politica di Trump, di mettere l’intelligenza finanziaria dei loro rispettivi Stati a perseguire le transazioni, i conti e le operazioni finanziarie del Venezuela. Il risultato di tutto ciò è stato il forte calo delle importazioni, passato da 60 miliardi di dollari all’anno, tra il 2011 e il 2013, a un totale di 12 miliardi nel 2017.
Uno dei punti salienti di questa fase dell’aggressione, senza dubbio, è l’embargo della società PDVSA negli Stati Uniti, Citgo, annunciato dal direttore del Consiglio di sicurezza nazionale, John Bolton, in conformità con l’imposizione di un embargo petrolifero contro il paese.
Tutto questo serve a danneggiare ulteriormente la capacità di ottenere finanziamenti per il Venezuela e, quindi, per pagare le importazioni, dato che gli effetti di questo embargo virtuale nell’immediato futuro sono “atroci”, secondo il New York Times, se teniamo conto che nella prima settimana successiva alla sua applicazione, la vendita del petrolio venezuelano negli Stati Uniti si è ridotta del 40%.
E’ così che è stato configurato lo scenario della “crisi umanitaria” che serve alle pretese interventiste che sono alla base dell’intervento di Juan Guaidó nel quadro di una strategia definitiva per l’assalto delle risorse e della dignità nazionale.
SMANTELLARE IL PAESE È L’OBIETTIVO FONDAMENTALE
I dati storici mostrano che il blocco finanziario ha posto le basi per un intervento e il riconoscimento internazionale di un governo parallelo (caso Libia); creato incentivi economici per movimenti di mercenari stimolati dalla CIA (caso della Jugoslavia); indebolito le forze armate di un governo non allineato a Washington e rafforzato la potenza di fuoco dei gruppi paramilitari (caso della Siria); fratturato il comando politico-militare utilizzando la precarietà della popolazione come strumento di pressione politica (caso di Cuba); o attaccato il settore petrolifero e le condizioni economiche interne per prevenire lo sviluppo energetico come arma politica (caso Iran).
Il blocco finanziario contro il Venezuela persegue la distruzione totale dell’economia nazionale, lo smantellamento delle conquiste sociali dell’era Chavez, mira a colpire la popolazione più povera che dal 1998 si è dimostrata essere la base politica più forte del chavismo e, soprattutto, mira a indebolire la fiducia nazionale sul fatto che il potenziale interno del paese (la sua popolazione e le risorse strategiche) possa ripristinare la stabilità.
In breve: negare completamente il diritto di una nazione di autodeterminarsi nelle difficoltà e di decidere il proprio futuro al di là delle decisioni prese in alcuni uffici lontani dal paese.