Venezuela: una guerra di V generazione sulla via del fallimento?

Álvaro Verzi Rangel, CLAE – http://aurorasito.altervista.org

In Venezuela siamo nel bel pieno di una guerra di quinta generazione (G5G), in cui viene verificato l’assassinio della verità e il tentativo di sostituirla con una realtà virtuale che serve a minare, spezzare i popoli, assassinare idee laddove armi e strumenti vecchi non sono più utili. “La verità è la prima vittima della guerra”, disse Esquilo, 2500 anni fa.

La realtà virtuale manipolata in tutto il mondo dai media egemonici e dalle reti digitali, vuole mostrare un Venezuela in guerra civile, ma dove le due marce di domenica 10 (chavista ed opposizione) confermano l’esistenza di una democrazia solida. Non è stato registrato un singolo incidente. E anche questo fu reso invisibile dal terrorismo dei media. Il termine Guerra di quarta generazione viene utilizzato dagli strateghi statunitensi per definire l’ultima fase della guerra nell’era della tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni globali. Gli eserciti non sono più necessari per imporre piani politici, economici o sociali: i soldati di questa guerra non sono militari, ma esperti di comunicazione in rivolta e contro-insurrezione che sostituiscono le operazioni militari con quelle psicologiche. Nella G5G (chiamata anche guerra senza limiti), introdotta dal 2009 come concetto strategico operativo negli interventi USA-NATO, non importa vincere o perdere, ma demolire la forza intellettuale del nemico, costringendolo a cercare un compromesso, usando qualsiasi mezzo, anche senza l’uso di armi. È una manipolazione diretta dell’essere umano attraverso la sua parte neurologica (onde biaurali e componenti di cristalli di magnetite del cervello e metodi sulle loro possibili manipolazioni). (1) E i mass media e i social network sono parte integrante dello schema di tale guerra, per generare destabilizzazione nella popolazione attraverso operazioni di carattere psicologico prolungate; cercano d’influenzare la psiche collettiva, razionalità ed emotività, oltre a contribuire all’usura politica e della capacità di resistere. E ci sono meccanismi scientifici di controllo totale non solo attraverso la manipolazione massiccia di mass media e informazioni concentrate, ma anche dei sistemi finanziari come Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Banca Interamericana di Sviluppo, migliaia di fondazioni e organizzazioni non governative.

Non sono più solo gli Stati-nazione ad andare in guerra, ma rispondono agli interessi delle grandi multinazionali, dei cartelli finanziari, della lobby del petrolio, dei media e dell’emisfero comunicativo nelle mani di cinque megacompagnie che controllano biga data e l’intelligenza artificiale, le società del complesso militare-industriale di Stati Uniti ed Europa. È l’1% del mondo che vuole controllare, sicuramente, il restante 99%, Il concetto di dominio a spettro completo significa l’applicazione simultanea e permanente di vari meccanismi che tendono a confondere e a produrre risultati combinati con un bombardamento permanente, simultaneo, continuo su tutti i fronti, che non lascia tempo di reagire (o prendere fiato), dove i media transnazionali cartellizzati e la manipolazione dei cosiddetti social network svolgono un ruolo predominante.

WSJ: il fallito piano Trump-Guaidó

 

“Molti sostenitori dell’opposizione venezuelana e loro sponsor statunitensi pensavano che il governo del Presidente Nicolás Maduro sarebbe collassato rapidamente dopo che Washington appoggiava un piano destinato a indebolirne il supporto militare e istigarne la dipartita”, riferiva l’influente giornale statunitense The Wall Street. Journal. I giornalisti David Luhnow e Juan Forero affermarono sul WSJ che vi erano aspre critiche nei confronti di chi “spacciò” il piano con la promessa che sarebbe stata un’operazione di 24 ore e che tre settimane dopo l’auto-proclamazione di Juan Guaid, la normalità avrebbe regnato in Venezuela. “Chi l’ideò a Caracas e lo vendette qui (a Washington), lo fecero con la promessa che se Guaidó avesse fatto un passo e (i Paesi del Sud America) e gli Stati Uniti gli fossero andati dietro, i militari si sarebbero ribellati. e Maduro se ne sarebbe andato”, aveva detto un alto funzionario degli Stati Uniti, citato dal WSJ. Il giornale sosteneva che più Maduro rimane al potere, maggiore è la probabilità di un lungo stallo. “(Questa situazione) aumenterà i rischi per l’immagine di Trump di uno scontro violento e crisi regionale mentre le nuove sanzioni economiche degli Stati Uniti aggravano il collasso economico del Paese”. Poi, il giornale sosteneva che vi erano gravi rischi per l’opposizione venezuelana nel tentativo di portare “aiuti umanitari” in Venezuela, ricordando che le agenzie internazionali, come la Croce Rossa, indicavano che non possono distribuirli perché sarebbe considerato schieramento nella situazione politica in Venezuela. Nel frattempo, il quotidiano londinese Financial Times pubblicava il 18 febbraio un articolo che affermava che “Juan Guaidó vuole stabilire legami diplomatici coi più potenti alleati di Nicolás Maduro”, Cina e Russia. Distrazione, scommessa?

Trump continua a provocare

 

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, all’Università internazionale di Miami, reiterava le sue minacce ai componenti delle Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB): “Oggi ho un messaggio per tutti i funzionari che permettono di mantenere (il Presidente della Repubblica Nicolas) Maduro in carica. Gli occhi del mondo sono su di voi. Possono scegliere tra accettare la generosa offerta di amnistia del presidente Guaidó e vivere in pace con le famiglie e i compatrioti, oppure possono scegliere la secondo via: continuare a sostenere Maduro. Se scegliete questa strada non troverete rifugio, non ci sarà una facile via d’uscita. Perderanno tutto”, minacciava. Trump espresse ignoranza e mancanza di rispetto per le relazioni internazionali che il Venezuela mantiene con altri Paesi del continente: “Il successo della transizione pacifica alla democrazia in Venezuela contribuirà a promuovere la democrazia in Nicaragua e Cuba (…) Abbiamo creato la strada per il primo emisfero completamente democratico nella storia dell’umanità”, aveva detto. E continuando la provocazione, rese omaggio al terrorista Oscar Pérez, responsabile dell’attacco alla sede della Corte Suprema di Giustizia e del Ministero per le Relazioni Interne, Giustizia e Pace, a Caracas, nel giugno 2017, e riconobbe il lavoro svolto da David Smolansky, sindaco latitante di El Hatillo, Stato di Miranda. Sono gli “eroi” necessari per giustificare la sua “epopea”. L’ex-Vicepresidente venezuelano Jose Vicente Rangel ricorda che tutte le azioni di Trump e della sua squadra, nelle situazioni rese tese (gestione dei rapporti con Unione Europea, Russia e Cina, Turchia, Nazioni del Medio Oriente, Afghanistan, Paesi africani), sono caratterizzati da goffaggine. L’oltraggio ne è la caratteristica. La pretesa di imporre dittature che favoriscono solo il governo nordamericano, moltiplicano reazioni avverse isolandolo. Rangel indica che l’errore peggiore commesso dal presidente Trump e dal suo ineffabile team di consulenti e collaboratori è il trattamento del caso venezuelano. Ora, la politica di Trump, eseguita dai suoi ineffabili consiglieri, “prude e si amplia”. Tutte le sue azioni sono un disastro: ignorare un presidente eletto (Maduro) e riconoscerne uno spurio (Guaidó); tentativi frustrati di dividere le Forze Armate Nazionali Bolivariane; l’aiuto umanitario; gli annunci sistematici di un colpo di Stato militare od invasione del territorio venezuelano, fatti da Trump e cantata dai suoi consiglieri. Deliberatamente, o no, Trump e la sua squadra ineffabile hanno istigato un situazione a livello regionale, locale, universale con tutte le terribili conseguenze che possono derivare da tale goffaggine.

L’Europa si stacca da Trump?

 

L’Unione Europea (UE) avvertiva questa settimana sul pericolo di un’escalation militare in Venezuela, due giorni prima dell’arrivo di una missione del gruppo di contatto che spinge verso l’uscita dalla crisi con le elezioni presidenziali. “Escludiamo categoricamente qualsiasi sostegno da parte dell’UE o qualsiasi accettazione di un’escalation militare in Venezuela”, avvertiva il capo della diplomazia europea Federica Mogherini a Bruxelles. Il ministro spagnolo Josep Borrell era più chiaro, assicurando di non condividere la visione del vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence. “La nostra posizione è ancora cercare una soluzione che eviti l’uso della forza (…) Non siamo per un intervento militare”, aveva detto. Gli Stati Uniti schieravano un Aircraft Carrier Attack Group (CSG) nell’Oceano Atlantico e al largo delle coste della Florida, tra cui un incrociatore, quattro cacciatorpediniere, una portaerei nucleare classe Nimitz e il più avanzato cacciabombardiere dell’arsenale statunitense. “Evitare l’escalation militare”, ribadiva il ministro degli Esteri della Spagna Josep Borrell, che affermava di sentirsi “preoccupato” dalle informazioni sullo schieramento militare degli Stati Uniti al confine tra Colombia e Venezuela. La missione viaggerà in Venezuela prima della data fissata da Juan Guaidó, autoproclamato presidente ad interim riconosciuto da circa 40 paesi (su un totale di 193), per gli aiuti umanitari inviati dagli Stati Uniti nel Paese, il 23 febbraio. “L’aiuto umanitario deve arrivare ed essere distribuito secondo i principi che lo governano: neutralità, indipendenza, imparzialità e umanità”, aveva detto Borrell, esprimendo paura per un eventuale deterioramento della situazione. L’UE dà priorità al lavoro con le ONG sul campo e tutti sappiamo che si tratta di un grande business, come quello istituito ad Haiti per garantire che gli aiuti non possano mai raggiungere gli haitiani.

Il costo economico e la moratoria sul debito

 

L’economista Simón Andrés Zúñiga sostiene che blocco e pirateria dei fondi costringono a una moratoria sul debito estero e presentava una serie di misure supplementari che il governo dovrebbe prendere, indicando il sostegno della produzione nazionale e il riordino dell’istituzione dello Stato.(2) Blocco e sequestro dei beni generati, genera e genererà maggiore contrazione dei guadagni in valuta estera, pertanto è necessario dare priorità alle scarse risorse e concentrare gli sforzi su produzione, acquisizione, distribuzione e conservazione di alimenti e farmaci, sottolineava. La moratoria non è solo un segnale politico difensivo, è uno strumento per liberare e allocare risorse in valuta estera utilizzate per pagare il debito estero e soddisfare i bisogni del popolo nella congiuntura attuale, dice Zúnhiga, che ricorda che la politica del “buon pagatore” del debito estero finora utilizzata dal governo non è più giustificata. “Blocco e pirateria dei beni nazionali ci obbligano a mettere le persone davanti al pagamento del debito estero”, sottolinea in una serie di note di ampia risonanza. Da parte sua, l’economista Pasqualina Curcio notava che l’impatto delle misure coercitive unilaterali imposte dagli Stati Uniti ammonta a 34 miliardi di dollari di perdite. Comprende la cancellazione unilaterale dei conti bancari, l’aumento dei prestiti internazionali dovuti alla manipolazione del rischio finanziario del Paese, ostacoli alle organizzazioni multilaterali, blocco delle attività finanziarie, caso Citgo, aumento del costo delle operazioni di trasporto e triangolazione per l’acquisizione di merci. Aggiunge che a questo bisogna aggiungere 95 miliardi di dollari di perdite dovute al calo della produzione dal 2016 al 2018, a seguito dell’attacco alla valuta. La manipolazione per oltre il 3500000000% del bolivar spiega il 40% della diminuzione del PIL. Questi 129 miliardi di dollari di perdite causate dalle azioni criminali degli Stati Uniti equivalgono alla produzione di un anno intero, o 30 anni di cibo e medicine, o 10 anni di cure ospedaliere e ambulatoriali, o 6 anni di importazione di forniture di beni di produzione e di consumo finali, o debito estero da pagare in 20 anni.

Note:
1- Concetti ampiamente esposti e analizzati in “L’omicidio della verità”, di Aram Aharonian, Editions Ciccus e altre pubblicazioni dell’autore
2- Vedi CLEA

* Sociologo venezuelano, Co-direttore dell’Osservatorio sulla comunicazione e la democrazia e Centro latinoamericano per l’analisi strategica (CLAE)

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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