Cristina Bracho, Mision Verdad– http://aurorasito.altervista.org
Pensare alla guerra e alla legge ci fa cadere in certe trappole. Ad esempio, credete che la guerra sia proibita come ogni modo e ragione di ferire o uccidere anche. La realtà è molto diversa, specialmente quando ci allontaniamo dalle dichiarazioni ed accordi, risoluzioni o specifici esempi storici in cui avere guerre legali e, a volte, l’intera struttura della pace semplicemente si denuda come apparato per mantenere un sistema di dominio mondiale, unipolare e secondo gli interessi di un manipolo di padroni.
Ciò che accade in Venezuela è simile ad altre avventure interventiste degli Stati Uniti di oggi. È obbligatorio menzionare il caso della Libia, dove fu creato un grande complotto mediatico che tracciava un orco e il cui omicidio non fu la morte di un uomo ma la rovina di un popolo. Ma cosa è successo legalmente? In che modo tali guerre sono giustificate? Quali strategie vengono utilizzate? Prima di rispondere, dobbiamo ricordare che lo spazio internazionale non è una struttura neutrale che opera per il bene dell’umanità.
La distruzione pianificata di un Paese
Al contrario, sono unità in cui politici e personaggi nazionali provengono dalle industrie più influenti che ne determinano le azioni. Oscillando così tra posizioni antagoniste, come quelle che determinano la necessità di applicare la “responsabilità di proteggere” per invadere prima che un Paese attacchi o addirittura violi la legge nazionale o internazionale, e completa indifferenza, come nel caso della Palestina o del genocidio nello Yemen. Per distruggere legalmente un Paese, nell’attuale quadro giuridico, il primo passo è convincere l’opinione pubblica internazionale che il popolo ha un governo che ha commesso un crimine efferato o una serie di atroci crimini. Il secondo è generare elementi che facciano presumere che i responsabili siano persone del governo; e, il terzo, è lavorare profondamente sulla percezione della gente in modo che siano convinti che gli altri gli causino gravi danni o vogliano fargliene. Questo è ciò che notava alla rete televisiva russa RT Thierry Meyssan, descrivendo che la strategia degli Stati Uniti in Venezuela era potenziare l’opposizione fin quando non poteva scatenare la guerra civile e allo stesso tempo confondere le responsabilità dei fatti, trascinando le persone nello “scontro”. Questo è completato da ciò che accade all’estero. Ciò che analizzò Serge Halimi nel caso della guerra in Kosovo sottolineando che i media generarono prima dell’invasione, in Europa, la saturazione dell’argomento e retorica nel tentativo di punire chi mettesse in discussione tali storie, che diffondevano versioni degli eventi che fossero così atroci che la guerra sembrasse un male minore.
Il caso di blackout in Venezuela
Il blackout occorso in Venezuela dal 7 marzo 2019 è l’interruzione di un servizio pubblico che interessava la maggioranza degli abitanti, nel maggior maggiore e tempo dalla Rivoluzione. Possiamo descrivere l’evento, apparentemente neutrale, decifrando l’azione. Così avremo che in Venezuela si verificava un’interruzione del servizio elettrico elemento indispensabile per vita, salute e godimento dei diritti economici, sociali e culturali della popolazione. Un fatto facilmente inquadrato in una delle ipotesi contenute nello Statuto di Roma come crimine contro l’umanità. Poiché devono ricevere questo nome “gli altri atti inumani… che provocano intenzionalmente grandi sofferenze o tentativi contro l’integrità fisica o la salute mentale o fisica”.
Chi ha commesso il crimine?
La parola crimine è usata per definire tra tutti i delitti, quelli che considerati più gravi e riprovevoli, anche se legalmente non si ha che questo sia un concetto diverso da quello di crimine. Quindi sono atti che possono essere azioni o omissioni, identificate dalla legge come illecite e criminali. È un atto commesso intenzionalmente da agenti antivenezuelani? Sono conseguenze delle omissioni del governo? Qui inizia il processo descritto da Thierry Meyssan. Da anni l’opposizione sottolinea la responsabilità del governo accusandolo di manutenzione precaria del sistema. D’altra parte, i portavoce del governo sostenevano che si tratta di attacco perpetrato con una combinazione di azione elettromagnetica a distanza e sabotaggio interno. Legalmente, questo ha conseguenze diverse perché, in linea con quanto affermato dal governo venezuelano, osserveremo alcuni elementi: primo, eventi del genere si sono verificati in passato in Iran, Cile, Ucraina e Nicaragua; secondo, sono inquadrati nella linea dei discorsi che i portavoce nordamericani avevano, sottolineando che la sofferenza va aumentata fin quando la gente si arrende; terzo, l’aumento delle profezie che si autoavverano dell’opposizione; infine ricercatori come Vladimir Adrianza smentiscono che la mancanza di manutenzione possa essere causa di un blackout come questo. Dal lato dell’opposizione, sarebbe un atto di grave negligenza che ovviamente non genererebbe responsabilità legale immediata e individuale dei rappresentanti del governo, a meno che non dimostri che si tratti di una profezia che si “auto-avvera”, apparendo poco plausibile. Tuttavia, i media hanno rapidamente generato propaganda attribuendo le vittime, dirette e indirette, certe o meno, che potrebbero potenzialmente verificarsi alla responsabilità del governo. Su questo, Aristóbulo Isturiz denunciava il 9 marzo 2019, da Plaza Bolívar, un’insolita esposizione mediatica sugli ospedali, in particolare pediatrici, per denunciare la morte di bambini, a causa di fatti e carenze legate all’assenza di elettricità. Nella stessa data, il deputato dell’opposizione Edgar Zambrano per difendersi dalle polemiche che aveva creato trovandosi a cenare in un ristorante, twittava “ieri, deputati, abbiamo attraversato ospedali raccogliendo dati, morti per crisi elettriche, oggetto di statistiche sollecitando organizzazioni internazionali, Commissione per la politica interna”. Con ciò, è evidente dedurre che le conseguenze del blackout furono compilate per un’indagine sui crimini contro l’umanità commessi presumibilmente dalle autorità venezuelane, inefficienti nella fornitura di servizi e indolenti sulle conseguenze di questi fatti. In tale lettura, anche il momento scelto per attuare l’operazione ha senso perché si verifica poco prima dell’arrivo nel Paese di Michelle Bachelet, Alta commissaria per i diritti umani, che subito dopo dichiarava che le sanzioni al Venezuela danneggiano le garanzie dei diritti umani nel Paese.
Il quadro giuridico dell’intervento militare
Proprio oggi, i social network vengono riempiti di commenti che ricordano che i blackout si sono verificati in altri momenti della storia, quando gli Stati Uniti decisero di generare un “cambio di regime”. Pressioni e ricatto legale contro i leader antiegemonici sono caratteristici. Nel presente dobbiamo valutare alcune cose: l’esistenza di un’indagine preliminare contro il Venezuela del Tribunale penale internazionale; come nel settembre 2018 e nel febbraio 2019, il processo contro Nicolás Maduro in tale istanza fu richiesto dal gruppo di Lima; che la pressione politica sulla CPI fece notizia dopo che Christoph Flugge, uno dei suoi membri, si dimise dopo che gli Stati Uniti. minacciarono i giudici. In passato si vide che la Corte penale internazionale (ICC) emise nel 2011 un mandato di arresto per crimini contro l’umanità contro il Colonnello Muammar al-Gheddafi per presunti crimini di guerra nella repressione delle rivolte, e questa era la seconda volta che tale istanza indirizzava un mandato del genere contro un presidente. La prima occasione fu contro il presidente sudanese Umar al-Bashir. Quello che successe poi in quei Paesi è oggetto di molti altri articoli e perciò, questo è un punto che non può tralasciato.
Traduzione di Alessandro Lattanzio