Mision Verdad – http://aurorasito.altervista.org
Le ultime prove raccolte dal governo venezuelano e presentate l’11 marzo alla popolazione venezuelana sull’attacco al sistema elettrico nazionale, permettono di ricostruire l’attacco molteplice scatenato sul capitolo energia della guerra irregolare contro il Venezuela.
A meno di una settimana dal cybersabotaggio dell’impianto idroelettrico Simón Bolívar el bacino di Guri, che ha interrotto la fornitura di energia elettrica ad oltre l’80% del territorio nazionale, influenzando anche la fornitura di acqua potabile, centri sanitari, comunicazioni e sistema bancario elettronico, il presidente della Repubblica Bolivariana denunciava gli attacchi fisici alle sottostazioni elettriche che hanno reso difficile al personale tecnico della Corporazione Nazionale Elettrica (Corpoelec) ripristinare il servizio. L’attacco cibernetico contro il cervello computerizzato di Corpoelec presso la centrale idroelettrica del complesso Guri e contro il cervello che guidava Caracas fu seguito da attacchi elettromagnetici e, contemporaneamente, sabotaggio di altre infrastrutture sovvertito il recupero, scommettendo sul collasso generale e irreversibile della fornitura di energia elettrica. È essenziale sottolineare che tali attacchi sono eventi della road map per la formazione della guerra irregolare in una fase apertamente attuata in Venezuela, come denunciato dalle autorità. L’esasperazione del conflitto non convenzionale in Venezuela implica la variabile del sabotaggio su larga scala per produrre maggiore erosione della sicurezza in Venezuela, che si estenderebbe alla popolazione degradandone le condizioni di vita. Input indispensabili alla narrativa della “crisi umanitaria” e “incapacità” delle “autorità usurpanti” di “proteggere” la popolazione venezuelana, con cui il governo degli Stati Uniti persiste la recita. Infatti, una settimana dopo l’attacco elettrico al Venezuela, il segretario di Stato nordamericano Mike Pompeo affermava che il governo del suo Paese insisterà sull’entrata di “aiuti umanitari”, incorporando ora l’input della distruzione della normalità e quasi-frattura della coesione sociale in Venezuela grazie al blackout.
Mappa operativa degli attacchi fisici contro il sistema elettrico
Gli attacchi descritti di seguito si sono verificati quando la luce fu ripristinata nell’est e nel sud del Paese e funzionava nella capitale. Ci furono almeno cinque attacchi al sistema elettrico nazionale, secondo le informazioni del Ministro della Comunicazioni Jorge Rodríguez. D’altra parte, si è posto l’accento sul sabotaggio diretto, come l’esplosione della sottostazione dell’Alto Prado, situata a Terrazas, Club Equestre del comune di Baruta. Quando prese fuoco nelle prime ore dell’11, lasciava nuovamente parte della città di Caracas senza elettricità. Fu anche registrato il sabotaggio alla centrale termoelettrica di Tacoa, situata a Vargas. Lì fu tagliato il gas che alimentava la stazione, provocando un’esplosione e impedendone il funzionamento come elemento di contingenza al blackout nella capitale venezuelana. È necessario a questo punto fermarsi per notare che un contesto di guerra irregolare, come quello in atto in Venezuela, che disabilita l’elettricità a Caracas ha un valore strategico, non solo perché è il nodo più importante della politica nazionale, na anche perché è il centro principale delle operazioni finanziarie e dei sistemi di pagamento elettronico esteso su tutto il territorio nazionale. L’interruzione dell’elettricità e di conseguenza delle telecomunicazioni e dei mezzi di pagamento, interromperebbe drammaticamente il senso di normalità con impatto diretto sulla popolazione. Altre esplosioni di trasformatori furono segnalate nel Paese, interessando principalmente la regione occidentale. I comune di Cabimas (Zulia) e Cabudare (Lara), sono siti in cui il ripristino completo del sistema elettrico richiese tempo a causa delle esplosioni nelle sottostazioni. Nello specifico a Zulia, l’esplosione fu segnalata il 12 pomeriggio, nel settore di Las Cabillas del comune di Cabimas. Questo stato subì violenze irregolari che interessavano diverse aree commerciali. Anche nella municipalità di Larud di Cabudare, l’esplosione della sottostazione avvenne l’11, causando maggiori ritardi nella ricostituzione dell’energia nella zona.
Il sabotaggio contro le installazioni petrolifere: obiettivi
Il 13 marzo, nello Stato di Anzoátegui, nel complesso della PDVSA Petro San Félix, fu registrata l’esplosione di due serbatoi da 250 mila barili di diluente. Le autorità della PDVSA annunciarono nei messaggi interni che l’esplosione aveva segni di sabotaggio. Il diluente è un fluido idrocarburico (come la nafta) utilizzato per diluire il greggio pesante e ridurne la viscosità, facilitandone così il trasporto. Il greggio venezuelano è per lo più extrapesante, tra 9 e 15 gradi API, ad alta densità. Per trasporto, movimentazione e spedizione, i diluenti sono essenziali, in essi risiede anche la capacità del Venezuela di sostenere o aumentare la produzione di greggio. La mancanza dei diluenti fu una delle cause della caduta della produzione petrolifera negli ultimi anni in Venezuela, dato che erano tradizionalmente riforniti dal circuito petrolifero industriale statunitense e le sanzioni contro l’economia venezuelana. Il Paese dovette ricorrere ad altri fornitori nel pieno boicottaggio finanziario, influenzando il flusso di tale input nella produzione venezuelana. L’attacco a Petro San Felix potrebbe essere chiaramente inquadrato nell’agenda per degradare le esportazioni venezuelane. Aiutando anche a disabilitare parzialmente la produzione di benzina per il mercato interno, dato che i sistemi di trasporto del greggio attraverso condotte verso le raffinerie nazionali dipendono anche da questi diluenti. Recentemente la società finanziaria Barclays stimava che attaccando il sistema elettrico venezuelano, il Paese potrebbe perdere improvvisamente circa 700mila barili di produzione di petrolio. Sebbene le autorità venezuelane non abbiano riferito su questo punto, è vero che la produzione di petrolio è associata all’elettricità e che la schermatura dei giacimenti petroliferi attraverso l’elettricità potrebbe essere parziale e limitata. La perdita sostenuta di elettricità significa perdita di compressione nei pozzi, essenziale per il pompaggio del greggio. È noto che la perdita di produzione sensibile, rispetto ai livelli attuali, avrebbe effetti estesi sulle esportazioni nazionali e sul flusso di combustibile nazionale. È necessario stimare quindi che, nell’approccio operativo al logoramento dei servizi vitali in Venezuela, la PDVSA sia un obiettivo indispensabile.
Obiettivi e attori della guerra irregolare in Venezuela
Attraverso eventi successivi verificatisi in Venezuela, una serie di risorse asimmetriche emergono a aumentare il collasso, come gli attacchi consecutivi alle centrali elettriche negli Stati di confine da parte di gruppi irregolari della Colombia, furto di cavi e materiale strategico nelle sottostazioni nella regione centrale occidentale, e attacchi elettrici con picchi elevati nei periodi elettorali. Il ministro Jorge Rodríguez rilasciava dati che illustrano le conseguenze delle operazioni a bassa intensità, che cercano di smantellare l’infrastruttura elettrica, area strategica per il normale funzionamento di un Paese, coll’obiettivo di fornire maggiori input all’intervento estero. Tali azioni, che hanno una lunga storia, hanno provocato oltre 200 morti per scariche elettriche, oltre 150 sottostazioni elettriche danneggiate e perdite da svariati milioni di dollari in attrezzature specializzate. I costanti attacchi terroristici al sistema elettrico del Paese hanno gravemente danneggiato l’infrastruttura, il che facilitava la generazione di un effetto domino prolungando il crollo dei servizi. Al momento di accedere al centro nevralgico e suo funzionamento incontrollato, la rete dispiegata in tutto il territorio si indeboliva. Oltre a misurare la capacità di risposta delle istituzioni militari venezuelane prima di un possibile scenario di guerra, dove tale tipo di risorse sarebbe quotidiano, la violazione della sicurezza nel Guri fu utilizzata per riattivare la propaganda sulla “crisi umanitaria” dopo il fallimento di 23F. La rivelazione del New York Times sulla fabbricazione degli “aiuti umanitari” mostra la partecipazione non solo dell’amministrazione Trump ma anche del governo colombiano. S’inseriva l’intermediario statunitense Juan Guaidó (politicamente sminuito dopo il 23F), conformandosi alla fase mediatica dell’aggressione non convenzionale, diffondendo spiegazioni imprecise di una presunta crisi energetica causata dalla negligenza dello Stato venezuelano. Parallelamente Marco Rubio diffuse i falsi dati sui morti a causa di interruzioni di corrente ed informazioni errate sulle stazioni interessate e John Bolton nascondeva le implicazioni degli Stati Uniti attribuendo il motivo dei blackout “ad anni di corruzione, sottoinvestimenti e scarsa manutenzione”. Approfittava anche del breve momento in cui prevalevano le notizie false su quello che succedeva in Venezuela dopo il blackout, per stringere l’accerchiamento finanziario e costringere altre nazioni ad unirvisi. I mandanti di Washington, estraniavano gli effetti dell’attacco per capitalizzarli in favore della caduta del governo di Nicolás Maduro e aumentare le pressioni economiche e diplomatiche contro il Venezuela, affrettandosi ad impedire l’inevitabile fine del sostegno al “governo parallelo” di Guaidó e ad inasprire il tono aggressivo contro la legittima presidenza di Maduro a livello globale, mentre internamente non riuscivano a spezzare le FANB per materializzare il cambio di regime.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Nuovo attacco alle installazioni energetiche in Venezuela
Il ministro del petrolio del Venezuela, Manuel Quevedo, nel suo account di Twitter ha informato che Mercoledì 13 è stato registrato un nuovo attacco contro questa nazione nelle installazioni della faglia petrolifera del Orinoco, la più grande riserva di greggio nel pianeta.
L’esplosione è avvenuta, come ha informato la catena multistatale Telesur, nel cortile dei contenitori dell’impresa Petro San Félix, nel blocco Junín della Faglia Petrolifera dell’ Orinoco, a est del paese.
I contenitori incendiato avevano 80.000 litri di capacità.
L’attentato non ha provocato vittime umane.
Il ministro venezuelano ha dato la responsabilità dei fatti al senatore statunitense Marco Rubio e al deputato oppositore Juan Guaidó.
Da giovedì 7 marzo il Venezuela è bersaglio di una serie di attacchi cibernetici al sistema di controllo dell’impianto idroelettrico El Guri.
Il governo bolivariano ha assicurato che questo sabotaggio è stato realizzato con una tecnologia che solo il governo degli USA possiede, per generare la mancanza di elettricità in tutto il paese, per generare malessere ed esacerbare gli animi dei venezuelani contro il presidente Nicolás Maduro.