Fabián Escalante Font https://lapupilainsomne.wordpress.com
Prossimamente si commemoreranno i 60 anni dalla fondazione dei Servizi di Sicurezza cubani, una decisione rivoluzionaria e fondamentale per salvaguardare quel processo politico, economico e sociale che era appena iniziato. I suoi diretti antecedenti era in un’organizzazione simile creata dal Comandante Raúl Castro nel Secondo Fronte Orientale Frank País durante la lotta guerrigliera per proteggere l’ordine e smascherare le infiltrazioni nemiche.
Una schiera di giovani provenienti dalle organizzazioni clandestine che lottarono contro la dittatura di Fulgencio Batista fu selezionata per tali compiti. Tutti disconoscevano le tecniche ed i segreti di tale attività, ma avevamo le convinzioni e la volontà necessaria per intraprendere quel lungo e pericoloso cammino, non privo di difficoltà, errori e passi falsi.
Il livello medio di scolarizzazione era medio e, naturalmente, qualche studente universitario serviva nelle nostre file. Molti, lavoratori e contadini e la maggior parte provenienti da centri studenteschi. La dirigenza ed un settore importante delle nuove reclute, apparteneva all’esercito ribelle. In un primo momento -secondo la mia memoria- coesistettero due organizzazioni con obiettivi simili, la Divisione d’Intelligence Militare G-2 ed il Dipartimento di Investigazione dell’Esercito Ribelle, DIER che finirono per unirsi.
Un apparato clandestino e un altro militare costituivano la nostra struttura. Il primo dedicato a cercare informazioni e penetrare le attività controrivoluzionarie, dentro e fuori il paese ed il secondo alle investigazioni pubbliche, arresti, interrogatori dei controrivoluzionari e loro presentazione ai tribunali rivoluzionari. I nostri Capi furono uomini forgiati nei combattimenti della Sierra Maestra o del Llano, guidati da Comandanti Ramiro Valdes, Manuel Piñeiro e Abelardo Colome e capitani Orlando Pantoja, Eliseo Reyes, Carlos Figueredo e Osvaldo Sanchez, tra altri.
Nessuno aveva la minima idea delle attività che dovevamo intraprendere. Eravamo solo armati con le idee rivoluzionarie proclamate da Fidel Castro e dal suo misticismo, che si è rivelato decisivo nei successivi combattimenti, mentre un compito ideologico e politico in difesa di una causa patriottica e rivoluzionaria a cui si deve dare cuore ed anima. Mai le mete personali ebbero lo scopo di occupare una carica, ottenere un grado o decorazione, guadagnare uno stipendio o accumulare meriti nella carriera amministrativa, qualcosa che, se fosse successo, avrebbe fatto perdere il significato e lo scopo del compito nel labirinto della burocrazia ed abulia, e avrebbe potuto convertire i suoi uomini in tecnocrati salariati. Nessuno ha pensato a “fare” carriera, poiché in un’attività a cui si viene designati per un tempo limitato, volontà del nostro Partito.
Al calore delle prime ed impari battaglie contro un nemico potente, la CIA, i nostri combattenti acquisirono le loro prime esperienze. In tutti questi anni si ottenne penetrare praticamente tutte le organizzazioni controrivoluzionarie ed in molti casi controllare i suoi massimi livelli; numerosi ufficiali lavorarono all’estero, clandestinamente o meno, e realizzarono le loro missioni supportati da abnegati rivoluzionari di tutte le latitudini. Tutti elevarono il loro livello tecnico e professionale. Molti compirono missioni internazionaliste in decine di paesi o collaborarono alla formazione di specialisti in diverse nazioni che si liberavano dal colonialismo. Protessero confini, difesero il nostro patrimonio culturale, paralizzarono orribili atti di sabotaggio ed atti terroristici, penetrarono i centri di progettazione e realizzazione di propaganda contro-rivoluzionaria e diversiva, impedirono che trapelassero all’estero informazioni sensibili circa l’economia o la vita dei nostri dirigenti, protessero delegazioni commerciali, culturali, sportive e politiche nei loro viaggi all’estero, impedirono di attuare attacchi contro i principali dirigenti del paese e collaborarono alla costituzione della base operativa del Che in Bolivia, tra altre importanti attività.
Centinaia di agenti realizzarono i loro compiti, quasi sempre in circostanze difficili, a volte infiltrati nel campo nemico, dentro bande di insorti, di organizzazioni controrivoluzionarie a Cuba o fuori da essa. Simularono comportamenti molto lontani dal loro essere naturale, obbedendo rigorosamente agli orientamenti ricevuti, senza paura dei rischi. Molti caddero eroicamente nella difesa della Patria. Ricordo, come esempio, Alberto Delgado immortalato come “El Hombre de Maisinicú” nel film di Manuel Pérez e cantato da Silvio Rodríguez.
La creazione, il 28 settembre 1960, dei Comitati per la Difesa della Rivoluzione risultò fondamentale, poiché si organizzava il popolo in difesa delle sue conquiste. Migliaia di uomini e donne in tutta la geografia del nostro paese si prepararono ad affrontare il nemico, nella sua lotta clandestina e sovversiva, risultando il suo contributo decisivo per la sconfitta dei progetti sovversivi nemici poiché, senza il sostegno del popolo, non sarebbe stato possibile. La solidarietà mondiale ed in particolare latinoamericana fu indispensabile e molti complotti furono smascherati grazie alla tempestiva denuncia di uomini e donne del nostro continente che valutarono la Rivoluzione Cubana una luminosa luce che avrebbe sradicato i loro inveterati mali.
Nonostante la nostra inesperienza, furono disarticolati tutti i complotti precedenti la Baia dei Porci, arrestato lo stato maggiore controrivoluzionario interno, frustrati progetti omicidi contro la vita di del Comandante in Capo Fidel Castro de in seguito si affrontò l’Operazione Mangusta che, in solo 10 mesi, realizzò 5780 atti di terrorismo e sabotaggio all’interno di Cuba, ed il cui fine era quello di agevolare l’invasione delle truppe USA per rovesciare il Governo rivoluzionario. Mai il mondo stette sull’orlo di una guerra nucleare come allora e solo il genio politico e militare di Fidel, la sua fermezza e posizioni di principi ci liberò, e liberò il mondo, dall’olocausto nucleare.
Alla fine del 1961, solo pochi ufficiali -non più di venti- avevamo passato un corso di intelligence di cinque mesi a Mosca, tra l’altro molto elementare. Lì abbiamo appreso i principi di quell’attività e abbiamo avuto insegnanti, allora ufficiali attivi del KGB, che ci hanno raccontato le loro esperienze, errori e successi, di cui conserviamo un imperituro ricordo. L’essenziale che abbiamo imparato da loro fu il loro amore per la Patria ed alla causa socialista. L’istruzione e la formazione dei nostri quadri e combattenti era elementare e non fu fino alla fine del decennio, che i primi gruppi di compagni cominciarono ad addestrarsi, in modo sistematico, nelle scuole sovietiche, anche se già da allora avevamo fondato una propria, nella quale quasi tutti i veterani abbiamo insegnato.
La Sicurezza non era isolata dalla lotta politica ed ideologica che si sviluppava in tutto il paese come conseguenza dell’approfondimento del processo rivoluzionario. Non mancarono ufficiali che, al non aver condizioni, agivano in modo sbagliato o semplicemente non erano d’accordo con il progetto socialista. Mentre si lottava contro un nemico potente ed addestrato, abbiamo dovuto affrontare le deviazioni di alcuni compagni e difendere, anche all’interno dell’istituzione, nel campo delle idee, il progetto sociale intrapreso.
Il 18 maggio 1962, il comandante Ernesto Che Guevara tenne una conferenza sull’America Latina presso il comando del G-2, allora una residenza situata in un luogo noto come La Muñeca, nel vecchio quartiere di Biltmore. Dopo un’informazione documentata sulla situazione politica del continente e lo sviluppo dei suoi movimenti politici e rivoluzionari e dopo aver percorso con il suo penetrante sguardo il gruppo intorno a lui, spiegò con la sua peculiare cadenza di voce:
“Abbiamo stabilito un principio che Fidel difese sempre molto, di non toccare mai la gente, anche quando si fucilasse all’istante, e può essere che ci siano state eccezioni, io conosco qualche eccezione, e questo è molto importante, perché qui tutto è conosciuto, tutto quello che a volte non diciamo nel giornale, tutto ciò che non vogliamo nemmeno rendercene conto, dopo ci accorgiamo (….) Tutto si sa e così anche si sanno gli abusi e le malefatte commesse da un corpo, per quanto clandestino possa essere, per quanto sotterraneo lavori, il popolo ha molta conoscenza e sa valutare tutte queste cose. Voi avete un ruolo importantissimo nella difesa del paese, meno importante dello sviluppo dell’economia, ricordatelo, meno importante. Per noi è molto più importante aver malanga che avere voi, ma in tutti i modi, voi avete un ruolo importante e dovete saperlo disimpegnare, perché abbiamo ancora battaglie molto dure e per chissà quanto tempo, perché tutti noi dobbiamo mettere le nostre vite a disposizione della Rivoluzione, in un campo o in un altro, con maggiore o minore urgenza, in un futuro più o meno prossimo. Ma le battaglie continueranno. (…) Se lo è sino al grado estremo, realmente né il vostro agire né il mio avranno molto importanza nel risultato finale; ma se non lo è, e stiamo tutti non solo con i desideri, ma lottando affinché non lo sia, se l’imperialismo può essere assoggetto lì dove è, può essere fermata la sua aggressività (….) allora il vostro compito acquisisce l’importanza che ha, quella di scoprire ciò che c’è, ciò che il nemico prepara e anche di sapere informare ciò che sente il popolo […] Controrivoluzionario è colui che contravviene alla morale rivoluzionaria, non dimenticate questo. Controrivoluzionario è quello che lotta contro la Rivoluzione, ma è anche controrivoluzionario il signore che favorito dalla sua influenza ottiene una casa, che poi ottiene due macchine, che in seguito viola il razionamento, che poi ha tutto ciò che il popolo non ha, e che lo ostenta o meno ma ce l’ha. Quello è un controrivoluzionario, quello sì che dobbiamo subito denunciare, e che usa la sua influenza positiva o negativa per suo guadagno personale o delle sue amicizie, quello è controrivoluzionario, e bisogna perseguirlo, ma con ostinazione, perseguirlo de eliminarlo. 1
Fu una lezione indimenticabile. Non solo si conobbe circa i conflitti sociopolitici del continente, ma anche come doveva essere un combattente della Sicurezza e, di conseguenza, un rivoluzionario, concetti che necessariamente devono essere uniti. E questo lo si raggiunge solo attraverso la mistica, il rispetto per le idee martiane e socialiste, la solidarietà, la giustezza della causa che si difende, l’onestà, la capacità di trovare nella matassa quotidiana della vita ciò che è primario: la patria e la storia.
Dieci anni dopo la creazione del Ministero degli Interni, Fidel dichiarava: “In quella lotta contro il nemico, i combattenti del Ministero dell’Interno giocarono un ruolo fondamentale per sterminare sino all’ultima banda (controrivoluzionaria), per arrivare a catturare fino l’ultimo bandito […] quella lotta costò persino più vite di quanto costò la battaglia di Girón, perché giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, la lotta si mantenne”. 2
Fu la costante preoccupazione ed attenzione dei dirigenti rivoluzionari alla formazione dei nostri uomini e donne una delle cause fondamentali per cui quell’organismo ha potuto sopravvivere nel combattimento quotidiano, rafforzarsi politicamente ed evitare abusi di potere ed altre deviazioni.
In quegli anni abbiamo imparato ciò che non si apprende in alcuna Università o Accademia. Nel fragore della lotta e nel permanente combattimento contro i servizi d’intelligence e sovversivi degli USA e dei suoi alleati, nello scontro diretto con le organizzazioni controrivoluzionarie, i gruppi politici, economici, sociali o accademici che, travestiti con pelle di pecora, volevano che la Rivoluzione cedesse, seminando il dubbio e la calunnia, abbiamo scoperto l’opportunismo, la corruzione e le altre piaghe sociali che sono inerenti a qualsiasi società. Abbiamo conosciuto, non sempre nel modo migliore, come dovevamo lavorare e verso dove dirigere i nostri colpi, senza escludere gli errori, le deficenze e le mancanze commesse.
Una componente vitale nei giorni allora intrapresi, fu l’uso di armi politiche ed ideologiche per affrontare l’aggressione sovversiva. Il lavoro congiunto con gli organismi politico-culturali fu essenziale, incorporando prestigiosi artisti ed intellettuali in questo sforzo patriottico.
È impossibile imparare a camminare senza cadere, e non fummo eccezione. Non esagero se affermo che durante quei primi anni, risultarono estremamente inusuali comportamenti errati. Tali casi erano sanzionati con fermezza e successivamente rettificati; non dubito che siano stati commessi arbitrarietà -che sempre saranno considerate molto gravi- perché non eravamo nella sfera della produzione o coltivazione, creando beni materiali od opere intellettuali, ma immersi in una guerra feroce, con risorse molto limitate e affrontando un nemico potente e con possibilità ed esperienza illimitate, ma mai, i comandi a tutti i livelli, permisero abusi di potere o violazioni dei diritti personali.
Valutando retrospettivamente la storia, i successi ed errori, i risultati positivi sono più che significativi. In questi anni la Sicurezza cubana ha saputo adempiere al dovere affidato alla difesa della Rivoluzione e delle conquiste socialiste, contribuendo a proteggere l’integrità e la sovranità della nostra agguerrita ed eroica Patria e la vita dei nostri principali dirigenti.
Anni dopo, nel 1989, la direzione del Ministero degli Interni ed un gruppo di suoi ufficiali furono sostituiti e molti dei suoi membri furono sanzionati dai tribunali a causa di gravi errori e comportamenti corrotti. Ancora una volta si dimostrava che il potere de il controllo devono marciare insieme, specialmente in organizzazioni di questo tipo. Le misure prese allora furono radicali e necessarie. Una volta conosciuti i fatti, l’imbarazzo, l’amarezza, lo smarrimento e persino la sfiducia si diffusero tra capi, ufficiali e combattenti con meriti legittimi raggiunti durante molti anni di dura lotta. Ma il momento fu rapidamente superato. Continuare a lavorare sulla base dell’unità, della esigenza e dei principi, propiziò che si recuperasse la capacità combattiva senza lasciare breccia al nemico, che sicuramente cercò di approfittarne. Anche così, non si manifestarono tradimenti o diserzioni; in maggioranza i capi ed ufficiali continuarono il loro lavoro nell’istituzione; altri, in pensione, assunsero nuovi compiti, sempre nelle file della Rivoluzione.
Indubbiamente, al ricordare le lotte del nostro popolo nella difesa della Patria, negli anni trascorsi, le prossime generazioni saranno orgogliose dell’opera realizzata. Da parte nostra, aspiriamo solo ad aver adempiuto al dovere rivoluzionario ed alla missione assegnata con la certezza che non abbiamo deluso le premonitrici parole del Che e la fiducia depositata da Fidel e Raúl. Uomini e donne del popolo costituiscono una massa eterogenea ma compatta che ha invariabilmente adempiuto ai compiti assegnati dalla Rivoluzione.
Le nuove generazioni di giovani si sono andate incorporando alla lotta, con l’alto livello culturale e professionale richiesto dalla Cuba dei nostri tempi, che dovranno salvaguardare la storia dei loro predecessori, con maggior preparazione politica, culturale ed ideologica, con patriottismo, etica e mistica, con un chiaro agire e con un senso di appartenenza ad un’istituzione che non ha da offrire sistemazione ma impegno. Ribadisco, non è “fare” carriera; il fondamentale è adempiere al dovere assegnato il tempo necessario e quindi sviluppare le proprie aspettative e mete.
I combattenti di oggi, come i martiri di ieri, come i nostri Cinque Eroi della Patria e la internazionalista Ana Belen Montes 3 devono essere esempi della loro generazione e devono esserlo per per le generazioni a venire. Loro portano oggi le stesse bandiere di lotta e vittoria che ieri noi abbiamo impugnato agendo sotto la guida sicura di Fidel e Raul, con gli ideali dei nostri antenati, coloro che combatterono nel 1868 e 1895, negli anni della pseudo-repubblica, quelli dell’assalto alla Caserma Moncada, al Palazzo Presidenziale, allo sbarco del Granma e nella Sierra Maestra, quelli del 1 gennaio 1959, quelli della Baia dei Porci, Mangusta, la Crisi d’Ottobre, quelli delle Missioni internazionaliste, quelli di ieri, di oggi, di domani.
Ernesto Che Guevara: América Latina, Despertar de un Continente, Ocean Press, —
Fidel Castro: “Discurso pronunciado en el acto conmemorativo del X aniversario del MININT”, Teatro de la CTC, La Habana, 6 de junio de 1971,www.cuba.cu/gobierno/discursos/1971
Ana Belén Montes, patriota e internacionalista Portorriqueña que trabajo en favor de Cuba dentro de la Inteligencia Militar de Estados Unidos. Detenida a finales de los noventas del pasado siglo, hoy cumple condena en Estados Unidos sin jamás haber adjurado de sus principios y actitudes.
Ana Belén Montes, patriota ed internazionalista portoricana che lavorò dentro l’intelligence Militare USA. Detenuta alla fine degli anni 90 del secolo scorso, oggi sconta una condanna negli USA senza aver mai abiurato i suoi principi e comportamenti.
Sesenta años en defensa de la Revolución
Por Fabián Escalante Font
Próximamente se conmemorarán 60 años de la fundación de los Servicios de Seguridad cubanos, una decisión revolucionaria y fundamental para salvaguardar aquel proceso político, económico y social que recién comenzaba. Sus antecedentes directos estuvo en una organización similar creada por el Comandante Raúl Castro en el Segundo Frente Oriental Frank País durante la lucha guerrillera, para proteger el orden y desenmascarar las infiltraciones enemigas.
Una pléyade de jóvenes provenientes de las organizaciones clandestinas que lucharon contra la dictadura de Fulgencio Batista fue seleccionada para tales empeños. Todos desconocían las técnicas y secretos de esa actividad, pero, teníamos las convicciones y la voluntad necesaria para emprender aquel largo y escabroso camino, no exento de dificultades, errores y tropiezos.
El nivel de escolaridad promedio era medio y por supuesto algún que otro universitario servía en nuestras filas. Muchos, obreros y campesinos y la mayoría provenientes de centros estudiantiles. La jefatura y un sector importante de los nuevos reclutas, pertenencia al ejército rebelde. Al principio -según mi memoria- coexistieron dos organizaciones con parecidos objetivos, la División de Inteligencia Militar G-2 y el Departamento de Investigaciones del Ejército Rebelde, DIER que terminaron uniéndose.
Un aparato clandestino y otro militar componían nuestra estructura. El primero dedicado a buscar información y penetrar las actividades contrarrevolucionarias, dentro y fuera del país y el segundo a las investigaciones públicas, las detenciones, los interrogatorios de los contrarrevolucionarios y su presentación a los tribunales revolucionarios. Nuestros Jefes fueron hombres forjados en los combates de la Sierra Maestra o el Llano, encabezados por los Comandantes Ramiro Valdés, Manuel Piñeiro y Abelardo Colomé, así como los capitanes Orlando Pantoja, Eliseo Reyes, Carlos Figueredo y Osvaldo Sánchez, entre otros.
Nadie tenía la menor idea de las actividades que debíamos asumir. Sólo estábamos armados con las ideas revolucionarias proclamadas por Fidel Castro y por su mística, que resultó decisiva en los combates posteriores, en tanto una tarea ideológica y política en defensa de una causa patriótica y revolucionaria a la que se le debe entregar el corazón y el alma. Jamás las metas personales estuvieron encaminadas a ocupar un cargo, alcanzar un grado o condecoración, cobrar un salario o acumular méritos en la carrera administrativa, algo que, si sucediera, haría perder el sentido y la finalidad de la tarea en el laberinto de la burocracia y la abulia, y podría convertir a sus hombres en tecnócratas asalariados. Nadie pensó en “hacer” carrera, pues en una actividad a la cual se viene por tiempo limitado, designio de nuestro Partido.
Al calor de las primeras y desiguales batallas contra un enemigo poderoso, la CIA, nuestros combatientes adquirieron sus primeras experiencias. A lo largo de estos años se logró penetrar prácticamente a todas las organizaciones contrarrevolucionarias y en muchos casos controlar sus máximos niveles; numerosos oficiales trabajaron en el exterior, de manera clandestina o no, y realizaron sus misiones apoyados por abnegados revolucionarios de todas las latitudes. Todos fueron elevando su nivel técnico y profesional. Muchos cumplieron misiones internacionalistas en decenas de países o colaboraron en la formación de especialistas en distintas naciones que se liberaban del colonialismo. Protegieron fronteras, resguardaron nuestro patrimonio cultural, paralizaron espantosos sabotajes y hechos terroristas, penetraron los centros de planificación y realización de propaganda contrarrevolucionaria y diversionista, evitaron que escaparan al exterior informaciones sensibles sobre la economía o la vida de nuestros dirigentes, protegieron delegaciones comerciales, culturales, deportivas y políticas en sus viajes al extranjero, impidieron llevar a cabo atentados contra los principales dirigentes del país, y colaboraron en el establecimiento de la base de operaciones del Che en Bolivia, entre otras importantes tareas.
Cientos de agentes realizaron sus tareas, casi siempre en difíciles circunstancias, unas veces infiltrados en el campo enemigo, dentro de bandas de alzados, de organizaciones contrarrevolucionarias en Cuba o fuera de ella. Aparentaron conductas muy alejadas de su natural ser, obedeciendo estrictamente las orientaciones recibidas, sin temor a los riesgos. Muchos cayeron heroicamente en la defensa de la Patria. Recuerdo como ejemplo de ello a Alberto Delgado inmortalizado como “El Hombre de Maisinicú” en el film de Manuel Pérez y cantado por Silvio Rodríguez.
La creación el 28 de septiembre de 1960 de los Comités de Defensa de la Revolución resultó fundamental, pues se organizaba al pueblo en la defensa de sus conquistas. Miles de hombres y mujeres en toda la geografía de nuestro país se alistaron para enfrentar al enemigo, en su lucha subterránea y subversiva, resultando su aporte decisivo para la derrota de los proyectos subversivos enemigos, pues, sin el apoyo del pueblo, no hubiese sido posible. La solidaridad mundial y particularmente Latinoamericana fue indispensable y muchos complots fueron desenmascarados gracias a la denuncia oportuna de hombres y mujeres de nuestro Continente que apreciaron en la Revolución cubana una luminosa luz que erradicaría sus males inveterados.
A pesar de nuestra inexperiencia, fueron desarticulados todos los complots previos a la Invasión de Bahía de Cochinos, detenido el Estado Mayor contrarrevolucionario interno, frustrados proyectos homicidas contra la vida del Comandante en jefe Fidel Castro y luego se enfrentó la Operación Mangosta, que en solo 10 meses ejecutó dentro de Cuba 5,780 actos terroristas y sabotajes y cuyo final era facilitar la invasión de las tropas norteamericanas para derrocar al gobierno revolucionario. Nunca el Mundo estuvo al borde de una guerra nuclear como entonces y solo el genio político y militar de Fidel, su firmeza y posiciones de principios nos libró y libró al Mundo del holocausto nuclear.
A finales de 1961, sólo unos pocos oficiales —no más de veinte— habíamos pasado un curso de inteligencia de cinco meses en Moscú, por cierto muy rudimentario. Allí aprendimos los principios de aquella actividad y tuvimos profesores, entonces oficiales en activo del KGB, que nos relataron sus experiencias, errores y éxitos, de los cuales guardamos un recuerdo imperecedero. Lo esencial que aprendimos de ellos fue su amor a la patria y a la causa socialista. La instrucción y preparación de nuestros cuadros y combatientes era elemental y no fue hasta bien entrada la década, que los primeros grupos de compañeros comenzaron a adiestrarse de forma sistemática en las escuelas soviéticas, aunque ya por entonces también habíamos fundado una propia, en la cual casi todos los veteranos impartimos docencia.
La Seguridad no estuvo aislada de la lucha política e ideológica que se desarrollaba en todo el país como consecuencia de la profundización del proceso revolucionario. No faltaron oficiales que, al no tener condiciones, actuaban equivocadamente o simplemente no estaban de acuerdo con el proyecto socialista. Al tiempo que se luchaba contra un enemigo poderoso y entrenado, teníamos que enfrentar las desviaciones de algunos compañeros y defender, también en lo interno de la institución, en el campo de las ideas, el proyecto social emprendido.
El 18 de mayo de 1962 el comandante Ernesto Che Guevara impartió una conferencia sobre América Latina en la jefatura de G-2, entonces una residencia situada en un lugar conocido por La Muñeca, en el antiguo reparto Biltmore. Después de una información documentada sobre la situación política en el Continente y el desarrollo de sus movimientos políticos y revolucionarios y luego de recorrer con su penetrante mirada el grupo que le rodeaba, explicó con su peculiar cadencia de voz:
“Establecimos un principio que Fidel defendió mucho siempre, de no tocar nunca a la gente, aun cuando se le fusilara al minuto, y puede ser que haya habido excepciones, yo conozco alguna excepción, y eso es muy importante, porque aquí todo se sabe, todo lo que a veces no decimos en el periódico, todo lo que no queremos enterarnos siquiera, después nos enteramos (….) Todo se sabe y así también se saben los atropellos y las malas acciones que comete un cuerpo, por más clandestino que sea, por más subterráneo que trabaje, el pueblo tiene muchos conocimientos y sabe apreciar todas esas cosas. Ustedes tienen un papel importantísimo en la defensa del país, menos importante que el desarrollo de la economía, acuérdense de eso, menos importante. Para nosotros es mucho más importante tener malanga que tenerlos a ustedes, pero de todas maneras, ustedes tienen un papel importante y hay que saber desempeñarlo, porque todavía tenemos batallas muy duras y durante quién sabe cuánto tiempo, porque todos nosotros tenemos que poner nuestras vidas a disposición de la Revolución, en un campo u otro, con mayor o menor premura, en un futuro más o menos cercano. Pero las batallas seguirán. (…) Si lo es hasta el grado extremo, realmente ni la actuación de ustedes, ni la mía tendrá mucha importancia en el desenlace final; pero si no lo es, y estamos todos no solamente con deseos, sino luchando porque no lo sea, si el imperialismo puede ser sujetado ahí donde está, si puede ir reduciéndose en su agresividad (….) entonces la tarea de ustedes adquiere la importancia que tiene, la de descubrir lo que hay, lo que prepara el enemigo y también la de saber informar lo que siente el pueblo […] Contrarrevolucionario es aquel que contraviene la moral revolucionaria, no se olviden de eso. Contrarrevolucionario es aquel que lucha contra la Revolución, pero también es contrarrevolucionario el señor que valido de su influencia consigue una casa, que después consigue dos carros, que después viola el racionamiento, que después tiene todo lo que no tiene el pueblo, y que ostenta o no lo ostenta pero lo tiene. Ese es un contrarrevolucionario, a ese sí hay que denunciarlo enseguida, y al que utiliza sus influencias buenas o malas para su provecho personal o de sus amistades, ese es contrarrevolucionario, y hay que perseguirlo, pero con saña, perseguirlo y aniquilarlo. 1
Fue una lección inolvidable. No sólo se conoció de los conflictos sociopolíticos del continente, sino también cómo debía ser un combatiente de la Seguridad y, por consiguiente, un revolucionario, conceptos que necesariamente tienen que estar unidos. Y eso sólo lo logra por la mística, el respeto por las ideas martianas y socialistas, la solidaridad, la justeza de la causa que se defiende, la honestidad, la capacidad de encontrar en la madeja cotidiana de la vida lo que resulta principal: la patria y la historia.
A diez años de la creación del Ministerio del Interior, Fidel señalaba: “En aquella lucha frente a los enemigos, los combatientes del Ministerio del Interior jugaron un rol decisivo para llegar a exterminar hasta la última banda (contrarrevolucionaria), para llegar a capturar hasta el último bandido […] aquella lucha costó incluso más vidas que lo que costó la batalla de Girón, porque día a día, mes tras mes, año tras año se mantuvo la lucha”.2
Fue la preocupación y atención constante de los dirigentes revolucionarios por la formación de nuestros hombres y mujeres una de las causas fundamentales por las que aquel organismo pudo sobrevivir en el combate diario, fortalecerse políticamente y evitar abusos de poder y otras desviaciones.
En aquellos años aprendimos lo que no se aprende en Universidad o Academia alguna. En el fragor de la lucha y el permanente combate contra los servicios de inteligencia y subversivos de los Estados Unidos y sus aliados, en el enfrentamiento directo a las organizaciones contrarrevolucionarias, a los grupos políticos, económicos, sociales o académicos que, encubiertos con piel de oveja, pretendían que la Revolución claudicara, sembrando la duda y la calumnia, descubrimos el oportunismo, la corrupción y las demás lacras sociales que, son inherentes a cualquier sociedad. Conocimos, no siempre de la mejor manera, cómo debíamos trabajar y hacia dónde dirigir nuestros golpes, sin excluir los errores, las deficiencias y las faltas cometidas.
Un componente vital en las jornadas entonces emprendidas, fue el empleo de las armas políticas e ideológicas para enfrentar la agresión subversiva. El trabajo mancomunado con los organismos político-culturales, fue imprescindible, incorporando a prestigiosos artistas e intelectuales en este esfuerzo patriótico.
Es imposible aprender a caminar sin caer, y no fuimos la excepción. No exagero si afirmo que durante aquellos primeros años resultaron extremadamente inusuales conductas erróneas. Aquellos casos eran sancionados firmemente y posteriormente rectificados; no dudo que se cometieran incluso arbitrariedades –que siempre serían consideradas muy graves–, pues no estábamos en la esfera de la producción o el cultivo, creando bienes materiales u obras intelectuales, sino inmersos en una guerra feroz, con recursos muy escasos y enfrentando a un enemigo poderoso y con posibilidades y experiencia ilimitadas, pero jamás, los mandos a todos los niveles, permitieron abusos de poder o violaciones de los derechos personales.
Al valorar retrospectivamente la historia, los logros y errores, los resultados positivos son más que significativos. En estos años la Seguridad cubana supo cumplir con el deber encomendado en la defensa de la Revolución y las conquistas socialistas, contribuyendo a proteger la integridad y la soberanía de nuestra aguerrida y heroica Patria y la vida de nuestros principales líderes.
Años más tarde, en 1989, la dirección del Ministerio del Interior y un grupo de sus oficiales fueron sustituidos y varios de sus miembros sancionados por los tribunales debido a errores graves y conductas corruptas. Una vez más se demostraba que el poder y el control deben marchar unidos, sobre todo en organizaciones de esta naturaleza. Las medidas tomadas entonces fueron radicales y necesarias. Conocidos los hechos, el bochorno, la amargura, el desconcierto e incluso la desconfianza se extendieron entre jefes, oficiales y combatientes con méritos legítimos alcanzados durante muchos años de dura lucha. Pero el momento fue superado rápidamente. Continuar trabajando sobre la base de la unidad, la exigencia y los principios, propició que se recuperara la capacidad combativa sin dejar brecha al enemigo, que seguramente intentó aprovecharlo. Aun así, no se manifestaron traiciones o deserciones; en su mayoría los jefes y oficiales continuaron su labor en la institución; otros, en el retiro, asumieron nuevas tareas, siempre en las filas de la Revolución.
Sin dudas, al recordar las luchas de nuestro pueblo en la defensa de la Patria, en los años transcurridos, las próximas generaciones podrán enorgullecerse de la obra realizada. Por nuestra parte, sólo aspiramos a haber cumplido con el deber revolucionario y la misión asignada con la certeza de que no hemos defraudado aquellas premonitorias palabras del Che y la confianza depositada por Fidel y Raúl. Hombres y mujeres del pueblo conformamos una masa heterogénea pero compacta que ha cumplido, invariablemente, las tareas asignadas por la Revolución.
Nuevas generaciones de jóvenes se han ido incorporando al combate, con el alto nivel cultural y profesional que exige la Cuba de nuestros tiempos, quienes deberán salvaguardar la historia de sus predecesores, con mayor preparación política, cultural e ideológica, con patriotismo, con ética y mística, con un actuar diáfano, y con sentido de pertenencia a. una institución que no ha de brindar acomodo sino compromiso. Reitero, no es “hacer” carrera, lo fundamental es cumplir con el deber asignado el tiempo necesario y después desarrollar sus propias expectativas y metas.
Los combatientes de hoy, como los mártires de ayer, como nuestros Cinco Héroes de la Patria y la internacionalista Ana Belén Montes 3, han de ser ejemplos de su generación y deben serlo de las generaciones que vendrán. Ellos llevan hoy las mismas banderas de lucha y victoria que ayer nosotros empuñamos actuando bajo la certera dirección de Fidel y de Raúl, con el ideario de nuestros antepasados, los que combatieron en 1868 y 1895, en los años de la seudorrepública, los del asalto al Cuartel Moncada, al Palacio Presidencial, el desembarco del Granma y la Sierra Maestra, los del primero de enero de 1959, los de Playa Girón, Mangosta, La Crisis de Octubre, los de las Misiones internacionalistas, los de ayer, los de hoy, los de mañana.