di Geraldina Colotti
Una battaglia campale, che trascende i confini e racchiude le speranze concrete di tutti i popoli.
Così si presenta l’assedio al Venezuela, interpretato secondo il marxismo e non con le lenti deformate dei media egemonici.
Una guerra non convenzionale nella quale l’imperialismo sta gettando tutto il suo peso e i suoi inganni, e che per il socialismo bolivariano si configura come guerra di posizione, nel senso gramsciano del termine. Di fronte ai molteplici attacchi del nemico, guidati dall’esterno e gestiti dall’interno, il governo di Nicolas Maduro cerca di condurre e controllare il conflitto fino al logoramento del nemico. E finora ha avuto successo.
L’autoproclamato Juan Guaidó sta progressivamente perdendo peso, i suoi committenti gli chiedono risultati che non si vedono e questo li rende nervosi: nonostante la retorica degli “aiuti umanitari”, non amano sborsare denaro a fondo perduto. Gli “scioperi generali” proclamati dall’autoproclamato, non riescono, la diserzione di massa dei militari non si verifica, le piazze di opposizione attraggono sempre di meno. Di fronte alla tenuta popolare del chavismo, che ha sbugiardato una volta ancora le fanfaronate di Guaidó e soci, più di un alleato degli USA comincia a dar segni di cedimento. Il fronte degli aggressori si sta incrinando.
Intanto, in Venezuela la giustizia ha cominciato a fare il suo corso. Sono stati aperti procedimenti nei confronti dei più stretti collaboratori dell’autoproclamato: per gravi reati, nei quali è coinvolto lo stesso Guaidó. E mentre il coro dei media si è levato di nuovo per denunciare “la repressione della dittatura”, il governo ha risposto presentando i risultati di un’indagine che ha portato alla scoperta di armi e denaro e ha messo a nudo una catena di traffici milionari, tangenti e distrazione di fondi pubblici, tesi a finanziare un nuovo piano eversivo.
Un piano che, questa volta, prevede l’ingaggio di paramilitari provenienti dal Centroamerica. Una parte di loro, non ancora individuata, sarebbe già entrata nel paese e per questo il governo bolivariano ha invitato alla massima vigilanza.
Nel mirino delle destre, questa volta vi sarebbero ospedali e strutture pubbliche, e dirigenti popolari oggetto di omicidi mirati. La fotografia dei cellulari requisiti mostra nomi e cognomi di intermediari e committenti, conti bancari e ong fittizie che avrebbero dovuto gestire il pagamento dei paramilitari.
Una strategia che punta a costruire uno stato nello stato, a produrre tradimenti nella Forza Armata Nazionale Bolivariana fino a minarne la coesione, e a costruire al suo interno un esercito mercenario, sulla scia di quanto si è tentato contro la Siria. L’obiettivo è quello di balcanizzare il paese, di smembrarlo e di distruggerne l’identità, staccando le regioni più ricche dal resto della nazione. In questo quadro, l’assassinio del presidente, apertamente pronosticato dai falchi del Pentagono e già tentato il 4 agosto con i droni all’esplosivo, resta l’obiettivo principale. La conferenza stampa del ministro della Comunicazione Jorge Rodriguez ha illustrato il quadro in modo preciso e dettagliato.
Nella guerra di posizione – diceva Gramsci – si richiedono qualità eccezionali di pazienza e spirito inventivo. In questo senso vanno interpretate le parole del presidente Maduro rivolte ai venezuelani dopo il sabotaggio elettrico che avrebbe dovuto condurre al collasso l’intero paese, e provocare un’ondata di violenza capace di rovesciare il governo: “Di fronte alle aggressioni imperiali – ha detto Maduro – nervi d’acciaio, calma e ragionevolezza, piena coscienza e mobilitazione permanente. Continueremo a vincere”.
Come durante le “guarimbas” e i ripetuti attacchi della destra, la strategia principale resta quella di far cuocere i golpisti nel proprio brodo, limitando al minimo il momento della coercizione e aumentando il consenso. Nei suoi primi vent’anni, il chavismo si è disposto a un lavoro di lungo periodo, costruendo un grande partito, al contempo di massa e di quadri, che è oggi organo, centro e motore dell’egemonia socialista. Il ruolo direttivo del PSUV, chiamato a esprimere al massimo l’autonomia politica, culturale, morale e organizzativa del popolo cosciente, è di tutta evidenza.
L’ultima conferenza stampa, che si è svolta a Caracas nel Poliedro come ogni lunedì, ne è stata una ulteriore dimostrazione. Infaticabile, Diosdado Cabello – vicepresidente del partito e presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente – ha illustrato la situazione e risposto alle domande dei giornalisti. Ha reso omaggio alla “grande vittoria popolare” di fronte all’attacco senza scrupoli portato con il sabotaggio elettrico da una destra “a cui non importano i morti provocati”. Ha sottolineato l’eroismo dei lavoratori del settore elettrico e il grande sforzo del presidente legittimo, “che ha diretto personalmente le operazioni su tutti i fronti”.
Ma – ha avvertito – vincere una battaglia non significa vincere la guerra, e per questo la vigilanza dev’essere permanente. Per la destra, la fase successiva potrebbe essere quella “degli omicidi mirati, dei falsi positivi e di altri sabotaggi”, ha detto Cabello, enunciando i morti già caduti nelle imboscate, da Otaiza o Robert Serra, ai contadini e a molte dirigenti popolari.
L’imperialismo, d’altronde, non fa mistero dei propri propositi quando dichiara, per bocca dei soliti Marco Rubio o Mike Pompeo, che per il Venezuela si annunciano “giorni duri”. E il ricordo delle violenze scatenate durante i mesi delle “guarimbas” è ancora ben presente, come mostrano le audizioni delle vittime, in corso all’Assemblea Nazionale Costituente. “Sono moralmente inabilitati a governare, vogliono solo saccheggiare le nostre risorse”, ha detto ancora Cabello. Poi, ha risposto alle domande dei giornalisti e anche alle nostre.
Ha avuto qualche esito il tentativo di Guaidó di convincere la Russia a togliere il sostegno a Maduro nella riunione che si è svolta a Roma con gli emissari USA? “Sono ridicoli – ha affermato Cabello riferendosi agli avversari: un giorno dicono peste e corna della Russia e il giorno dopo i russi diventano la loro ancora di salvataggio. La Russia è un solido partner commerciale che ha mostrato un atteggiamento chiaro contro le ingerenze USA in Venezuela, e per questo la ringraziamo”.
La visita dei delegati ONU di Michelle Bachelet? “Il presidente Maduro – ha risposto Cabello – aveva rivolto l’invito a Bachelet da molto tempo. Da parte nostra la delegazione ha avuto tutto l’appoggio. Abbiamo anche dovuto proteggerli dall’aggressione della destra. Tuttavia, non posso dire di aver appoggiato l’operato politico di Michelle Bachelet che ha governato in Cile mantenendo intatta la costituzione di Pinochet”.
Poi, a proposito delle proteste di mercenari e disertori che vogliono rientrare in Venezuela perché l’opposizione non ha corrisposto loro quanto pattuito, il presidente dell’ANC ha concluso con una battuta: “Per questo, possiamo sempre fare una colletta…”