«A Cuba la struttura del Sistema di Salute e la collaborazione costante tra i servizi di Genetica, Pediatria e Ostetricia, in particolare, è una realtà impensabile in molte nazioni del mondo», ha segnalato Dan Farine, professore di Ostetricia e Ginecologia dell’ Università di Toronto.
Lisandra Fariñas Acosta – http://it.granma.cu
Per Dan Farine, professore d’Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Toronto, Cuba è uno dei migliori paesi dell’America Latina in quest’area della medicina.
«Crediamo che Cuba ci può insegnare molto su questi temi, per tutto quello che fa al rispetto», ha detto a Granma questo medico, che è anche perinatologo nell’Ospedale Mount Sinai, a Toronto.
Farine ha appena partecipato al I Simposio di Salute Materno-Infantile Cuba Canada 2019, realizzato in provincia di Matanzas.
«Abbiamo una messa a fuoco sulle investigazioni che hanno a che vedere con il pre-concepimento e la vita fetale, su come influiscono nella traiettoria della salute quando i bambini giungono alla vita adulta», ha detto Stephen Lye, investigatore principale dell’Istituto delle Investigazioni Lunenfeld-Tanenbaum.
I due specialisti hanno segnalato le capacità che ha Cuba per fomentare queste investigazioni a livello mondiale.
«Cuba ha sviluppato da molto tempo un solido sistema di salute primaria molto vincolato inoltre all’educazione», ha segnalato Farine.
«In Cuba la struttura del Sistema di Salute e la collaborazione costante tra i servizi di Genetica, Pediatria e Ostetricia è speciale e costituisce una realtà impensabile in molte nazioni del mondo e qui più dell’80% di quello che si necessita è già fatto», ha detto.
NEL CONTESTO
Il paese ha ottenuto alla fine del 2018, per il secondo anno consecutivo, il tasso di mortalità infantile più basso della sua storia, con il 4,0 per ogni mille nati vivi.
Garantiscono il successo del Programma Materno-Infantile, migliaia di professionisti della Salute, dai consultori medici ai servizi ospedalieri, senza ovviare l’appoggio inter-settoriale e comunitario alle azioni di salute.
Il colosso Cuba: medicina, scienza e rivoluzione
Il fisico Angelo Baracca e la ricercatrice, (ENEA), Rosella Franconi hanno presentato a Perugia il loro ultimo lavoro (edito da Zambon), che, partendo dall’insediamento della Rivoluzione, vuole raccontare un aspetto del paese Cuba poco conosciuto (e volutamente oscurato dalla propaganda internazionale): un sistema sanitario e scientifico al livello dei Paesi avanzati.
Va riconosciuto agli autori il merito enorme di aver puntato l’attenzione su un tema complesso, che ha molti aspetti (storico, scientifico, sociale, economico e perfino filosofico), riuscendo a condensare tutto –unico caso in Italia- in un libro agile, di facile lettura anche per i profani, ma contemporaneamente denso di informazioni che hanno stupito la platea dei presenti: a partire dall’intuizione di Fidel Castro secondo cui Cuba non avrebbe potuto che investire sull’intelligenza del suo popolo, unica risorsa del Paese (“un futuro di uomini di scienza e di pensiero”), è da subito iniziata l’opera di costruzione professionale e scientifica (la gran parte dei tecnici e sanitari era scappata insieme a Batista al momento della vittoria della Rivoluzione), che, sola, avrebbe garantito l’emancipazione culturale e scientifica, mantenutasi poi sempre autoctona e originale.
Scopriamo che in questa prima fase di costruzione scientifica Cuba ricevette la collaborazione di un notevole numero di docenti volontari, provenienti da USA, Francia, Regno Unito e Italia.
Fra questi si ricorda il contributo del fisico Andrea Levialdi, dell’Università di Parma, che benché malato di cancro nel 1968 partì per Cuba dove iniziò un corso di fisica avanzata, riuscendo a mobilitare i colleghi italiani nel reperimento di fondi per impiantare un laboratorio di ricerca.
E la collaborazione con l’Università di Parma è continuata negli anni fino ad oggi.
“Fidel –scrivono gli autori- non era affatto isolato in questa consapevolezza. Ernesto Che Guevara addirittura prevedeva fin da allora l’importanza futura dei dispositivi elettronici a stato solido: un compito che la fisica cubana effettivamente realizzò in un lasso di tempo sorprendentemente breve”: nel 1969 nasce il primo computer cubano.
Ed è nei primi anni ’80, quando la biotecnologia nel mondo è all’inizio, che Cuba punta all’applicazione dei prodotti delle nuove tecniche al sistema sanitario, in particolare nella cura del cancro: proprio per conquistare indipendenza dalle case farmaceutiche mondiali che attuano politiche ricattatorie conseguenti alle sanzioni statunitensi contro Cuba, a partire dal rapido apprendimento della produzione autonoma dell’interferone e del suo immediato uso (contro una grave epidemia di dengue emorragico), vengono fatti grossi investimenti e nasce il Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologia, nuova istituzione dedicata allo sviluppo e alle applicazioni della ingegneria genetica, “la più grande e complessa installazione scientifica mai realizzata a Cuba –scrivono gli autori-, interamente progettata dai cubani ispirandosi alle più importanti esperienze internazionali.”
La biotecnologia a Cuba si sviluppa in modi e per usi diversi che nel resto del mondo. Qui nasce per rispondere a bisogni e problemi sanitari della popolazione: “il successo non sono le vendite, è l’impatto sociale. Noi incassiamo problemi, non profitti” (Manuel Raices Perez-Castañeda, ricercatore e dirigente del CIGB).
Ecco la nascita del prodotto in grado di curare il piede diabetico, del vaccino contro l’epatite B, del vaccino contro il meningococco B, del vaccino contro il cancro al polmone…
I prodotti del CIGB, sottoposti a studi clinici in 33 ospedali e 16 aree di servizio sanitario di base cubani, soprattutto per diabete, oncologia, malattie infettive, hanno più di 200 registrazioni sanitarie in 34 Paesi, e fino al 2015 le richieste di brevetto presentate all’estero arrivavano a 1130, delle quali circa il 70 % approvate in Europa occidentale, Canadà, Giappone, USA, Brasile, Australia, India, Argentina, ecc.
“Oggi il Paese è il maggior esportatore di medicinali in America Latina ed ha più di 50 nazioni nella lista dei suoi clienti. I medicinali cubani costano molto meno e il governo di Fidel Castro ha aiutato Cina, Malesia, India e Iran ad installare proprie industrie: trasferimento tecnologico da sud a sud” (Start, 2012, citato dagli autori)
Da questo stupefacente quadro emerge una domanda: come ha potuto un Paese povero raggiungere risultati nella sanità equivalenti (e in qualche caso superiori) a quelli dei Paesi ricchi? Come ha potuto divenire un colosso nella ricerca scientifica, tanto da infastidire gli Stati Uniti?
Rispondono gli autori: “il capitale umano costruito nei tre decenni precedenti fornì un’alternativa ai capitali economici, costituì una base per costruire un’ economia della conoscenza…
La biotecnologia cubana non è un mero fatto scientifico: la sua caratteristica principale è la capacità di legare la scienza e la tecnologia con l’economia e la società.”
La presentazione dell’importantissimo libro, con il coordinamento del giornalista Maurizio Fratta, è stata arricchita dal contributo della Consigliera tecnico-scientifica dell’Ambasciata cubana, Yadira Trujillo Pimentel, e del prof.Emidio Albertini dell’Università di Perugia, testimone diretto di un suo incontro ad alto livello con il CIGB de L’Avana da cui stanno nascendo relazioni di collaborazione.
(CUBA: MEDICINA, SCIENZA E RIVOLUZIONE, 1959-2014.
Perché il servizio sanitario e la scienza sono all’avanguardia.
Zambon 2019 – 15 €)
Comunicato di AsiCubaUmbria.