Alessandra Riccio – https://nostramerica.wordpress.com
Domenica scorsa, a “Prima Pagina”, la bella trasmissione mattutina di Radio3, un ascoltatore ha chiesto al giornalista di turno come mai non arrivassero più notizie dal Venezuela. E già, come mai? Il giornalista ha dato qualche risposta confusa in cui non mancavano le accuse a Maduro di essere un dittatore. Mancava invece la notizia: il grande sabotaggio al sistema elettrico nazionale dopo il disastro dei giorni intorno al 7 marzo, disastro finalmente riparato appena una settimana fa e adesso, il 29 aprile, di nuovo saltato a causa di un “attacco brutale, feroce e criminale”, così l’ha definito il Presidente, che ha fatto esplodere gli apparecchi di trasmissione principale. Per quest’ultimo attentato, Maduro ha accusato ancora gli Stati Uniti (“Trump non ha potuto vedere realizzata l’invasione militare e adesso ci prova con la guerra elettrica”) ma ha parlato anche di “talpe” all’interno della compagnia elettrica, di infiltrati che sostengono questa guerra scatenata dagli interessi del capitalismo.
In un discorso in diretta televisiva, la cui diffusione era, comunque, complicata dall’interruzione dell’elettricità, Maduro ha raccontato le diverse e difficili fasi di questa vera e propria guerra, scatenata tecnicamente dagli Stati Uniti, e appoggiata da quinte colonne all’interno della Società Elettrica Nazionale.
Per i nostri mezzi d’informazione, in Venezuela non è accaduto niente nei giorni scorsi. Invece si è scatenata una guerra, la guerra del terzo millennio, tecnologica, indolore, che cerca di evitare le armi convenzionali, ma che si scatena contro i cittadini di una nazione che –per quel che la storia ci racconta- non si è mai dimostrata aggressiva verso altri popoli. Perfino l’accusa, trita e ritrita, di mancanza di democrazia, fa ridere, visto che il portabandiera dei diritti democratici è un deputato diventato Presidente dell’Assemblea Nazionale per turnazione, come vuole il regolamento di quell’Assemblea che, avendo conquistato una piccola maggioranza alle elezioni, si è dichiarata in ribellione, ha deciso di disobbedire alla Magistratura che gli ingiungeva di espellere alcuni deputati in odore di frode elettorale; all’Assemblea Costituente, attraverso l’elezione della quale Maduro invitava al dialogo e all’intendimento; al Presidente Maduro che a maggio del 2018 veniva rieletto per il secondo mandato. Ha fatto resistenza passiva scatenando a varie riprese i disordini nelle strade, le “guarimbas”, ed infine, quando Maduro, a gennaio del 2019 ha prestato giuramento, hanno tirato fuori dal cappello a cilindro l’improponibile Presidente interino Juan Guaidó che in trenta giorni avrebbe dovuto convocare a nuove elezioni.
Riconosciuto da circa cinquanta paesi -così dice la sua propaganda, tacendo sul fatto che si tratta solo di un terzo dei paesi del pianeta-, godendo dell’appoggio sfacciato del Governo Trump, contando sull’appoggio dell’infido Governo della Colombia, aspettandosi dal Brasile di Bolsonaro molto di più di quanto fosse disposto a dare, Guaidó è tornato scornato dalla frontiera colombo-venezuelana; non è stato arrestato ma è stato privato dei suoi diritti politici non per avere organizzato qualcosa di più di un golpe, l’invasione armata del suo paese, ma per avere speso ingenti somme della cui provenienza nulla si sa, cosa proibita ai parlamentari, obbligati per legge a vivere esclusivamente del loro stipendio.
Mentre Trump si fa fotografare insieme alla signora Guaidó, un onore tutto simbolico, visto che la signora è semplicemente la moglie di un deputato, mentre i nostri mezzi di informazione si dimenticano del Venezuela, dell’allarme umanitario, della minacciosa frase “tutte le opzioni sono sul tavolo” pronunziata dal solito Bolton, Il paese che ha una delle riserve di petrolio più abbondanti del mondo, il paese che ha inaugurato il nuovo millennio con una rivoluzione che ha potuto avviare le sue iniziative popolari contando sul denaro prodotto dal proprio petrolio, che ha potuto fornire la cittadinanza di grandi servizi pubblici e assistenza sociale, oggi combatte per restituire acqua e luce a un popolo resistente, che non si è fatto ingannare, che ha a cuore la propria sovranità, che vuole pace e che è entrato in resistenza.
Non in montagna, non in una guerra guerreggiata, il Venezuela di Maduro sta oggi combattendo la guerra del Terzo Millennio: provate a immaginare la vita di grandi e moderne città prive di luce, di internet, di ascensori, di frigoriferi e congelatori, di trasporto, di acqua! Il colpo è davvero “brutale, feroce e criminale”, Maduro lo ha descritto così: “un golpe electromagnético hecho para volver loco a este país”, fatto per fare impazzire questo paese. La guerra è in atto, il paese fa resistenza, non dà segno di essere impazzito, cerca semplicemente una pace che non preveda la messa in discussione della sovranità nazionale ma neanche le conquiste di venti anni di rivoluzione Chavista.
Ma per “El País”, la notizia di stamattina è: Maduro raziona l’elettricità per 30 giorni.