I missionari che predicano la restaurazione capitalista a Cuba [2/3]

Abel Prieto https://islamiacu.blogspot.com

Il capitalismo è sinonimo di libertà? Ed il socialismo? “Libertà” è la parola che ripetono più spesso i predicatori del ritorno al capitalismo come soluzione per Cuba. Nel paradiso capitalista, dicono, puoi decidere quale direzione dare alla tua vita senza l’intromissione dello Stato. Sei “libero”. Hai davanti a te un’infinito ventaglio di possibilità. Nessuno ti porrà limiti. Potrai diventare un “imprenditore” di successo e (forse) accedere all’Olimpo dei milionari.

O magari scegliere una carriera professionale (nei film, ad esempio, appaiono molti avvocati ben vestiti e benestanti) o artistica (con tante “celebrità” abbaglianti). Se hai studiato una facoltà universitaria a Cuba ed hai talento e capacità per creare relazioni e trarne vantaggio, avete più opzioni per aprirti la strada. Il mito di Cenerentola ci insegna, inoltre, che è sempre possibile che ti tocchi la parte del Principe Azzurro e cambiare i tuoi stracci per vestiti di marca.

Sfortunatamente, l’immensa maggioranza delle volte, quando ti stabilisci nel “capitalismo reale” (non in quello dei film), comprendi immediatamente che le possibilità sono molto limitate e che, generalmente, la vita ti costringerà a scegliere le prime che ti capitano di fronte, benché risultino poco attraenti. Fin dall’inizio, necessiterai di diversi impieghi, dal momento che dovrai pagare una fortuna per affittare un posto modesto dove vivere, perché i tuoi figli possano frequentare la scuola, per ricevere servizi medici. Per non parlare (ancora) della pensione. È probabile che tu debba adattarti a vivere in quartieri molto umili, dove ci sono droga, bande, persone capaci di tutto. Potrai risparmiare per comprarti un’arma? Se guadagni abbastanza negli USA, sei “libero” di acquistare legalmente un’arma. Il fatto è che la tua “libertà” svanirà sotto il bisogno disperato di fare soldi. Imparerai che i piccoli “imprenditori” vanno facilmente in rovina di fronte all’assalto dei maggiori. E saprai che nel mondo competitivo e feroce del “capitalismo reale” sono molto pochi, pochissimi, i cosiddetti “vincitori”. Lo stesso campo professionale (se arriverai ad accedervi) è governato da quella spietata competitività, e anche lì i pesci grandi divorano i piccoli. Conosco moltissimi professionisti cubani, laureati con i migliori voti, che ora vivono in paesi diversi esercitando mestieri rudimentali, che non richiedono alcun tipo di preparazione.

Le altre restrizioni alla tua “libertà” sono più sottili. Hai smesso di essere propriamente un “cittadino” per diventare un “consumatore”. La pubblicità, attraverso i media e le reti, creerà in te, nella tua famiglia, nei tuoi figli, nuove esigenze, spesso false, che ti spingono a cercare sempre più denaro per consumare sempre di più. Ti vedrai continuamente costretto a disfare beni a causa di due tipi di “obsolescenza”: quella che è stata incorporata tecnologicamente al bene per limitare la sua vita utile e quella che è associata con la percezione soggettiva che è “fuori moda” ed, ovviamente, bisogna sostituirlo con uno nuovo. A Natale, per celebrare la nascita di Cristo, dovrai tradire l’essenza originaria del cristianesimo, prendere in prestito denaro e comprare regali e chincaglierie. Ti abituerai a vivere con denaro preso in prestito. Se i tuoi figli vogliono studiare all’università, dovranno chiedere un prestito alla banca, che pagheranno per molti anni dopo la laurea. Debiti, ipoteche, incertezza, sono i fantasmi a cui dovrai abituarti.

Le vestigia che rimangono in te del tuo status di “cittadino”, di persona interessata a partecipare alla politica, riceveranno una forte pressione dal sistema concepito per guidare gli elettori e schiacciare definitivamente la loro “libertà”. Ho parlato prima di come la capacità manipolativa di questo sistema (formato nella pubblicità commerciale) ha raggiunto un livello senza precedenti di sofisticazione con l’uso delle reti sociali e delle innumerevoli trappole a cui lavora la soggettività degli individui per guidarli verso un candidato specifico. L’idea è che tu creda di star agendo “liberamente” quando ti hanno convertito in un burattino della macchina.

Il capitalismo è per definizione un nemico della libertà degli esseri umani. L’arte, la letteratura, la cultura, le espressioni più profonde e scioccanti dell’uomo e della donna, sono state ridotte a volgare mercanzia. Il mercato è stato il Censore per eccellenza. Così mutilarono la canzone di protesta degli anni ’60, il grido antirazzista ed emancipatorio del rap, la poesia che scommette per la vita. L’intrattenimento, il divertimento vuoto, il piacere dell’istante senza passato né futuro, hanno sostituito la grande tradizione umanistica dell’Occidente.

Nel campo socialista europeo e nell’URSS si commisero errori molto gravi nel campo della politica culturale e nel rapporto con il movimento intellettuale. Si ebbe sospetto, censura, persecuzioni, ingiustizie. Adottarono il “realismo socialista”, come stile ufficiale e chiusero la sperimentazione d’avanguardia che aveva caratterizzato l’arte sovietica nei primi anni della Rivoluzione d’Ottobre. Allo stesso tempo, furono sconfitti nella guerra simbolica contro l’Occidente capitalista. In ampie fasce della popolazione che viveva nei paesi socialisti europei, si aprì spazio ad un’ingenua idealizzazione dell’Occidente ed ad una sorta di complesso di inferiorità rispetto ai auoi propri valori, alla propria storia.

Orwell volle descrivere nel suo romanzo ‘1984’ l’ambiente di estrema sorveglianza, oppressivo dello stalinismo. Paradossalmente, oggi, nel capitalismo del XXI secolo, la distopia di Orwell si è compiuta. Tutti sono vigilati, spiati, seguiti, studiati, da Angela Merkel al più comune dei newyorkesi. Le nuove tecnologie ed un Impero senza scrupoli hanno reso realtà l’incubo di 1984.

La Rivoluzione cubana ruppe con i dogmi del “realismo socialista” e convocò gli intellettuali e gli artisti di tutte le generazioni e tendenze a sommarsi all’opera di rinnovamento educativo e culturale avviato nel 1959. Fidel gettò le basi, nel giugno 1961, con le sue Parole agli intellettuali, di una politica culturale unitaria e lucida.

Allo stesso tempo, Fidel sapeva, come Martí, che “senza cultura non c’è libertà possibile”. Che la persona ignorante, incapace di comprendere il mondo in cui vive, finisce per essere una creatura facilmente manipolabile. Cuba ha alfabetizzato il suo popolo; gli ha permesso di crescere; lo ha dotato di libri, scuole, università; lo ha reso colto e libero.

L’autentica emancipazione, uno dei sogni più belli dell’umanità, può essere raggiunta solo nel socialismo. Nello spazio solidale, fraterno di una società che creda, come voleva Marti, “nel miglioramento umano”.


I “nostalgici” dell’Avana degli anni ’50

Abel Prieto https://islamiacu.blogspot.com

Molti dei missionari pro-capitalisti coltivano la “nostalgia” per una splendida Cuba pre-rivoluzionaria, che non è mai esistita. Si sono specializzati nell’Avana del ’50, città di alberghi fastosi, coperta di luci, con cabaret, musica, casinò, con una vita notturna degna delle grandi capitali del mondo, con un turismo VIP proveniente da Hollywood. È l’Avana piena di ciò che chiamano “glamour”, cioè di seduzione, di fascino irresistibile.

Graziella Pogolotti si è riferita nella sua rubrica settimanale su ‘Juventud Rebelde’ a “L’Avana combattente” ed ha ricordato quei giovani, molto giovani (la maggior parte non avevano raggiunto 20 anni), che furono barbaramente torturati ed assassinati dai corpi repressivi di Batista, appunto nei “dorati ’50”. Quei crimini, ci dice Graziella, facevano parte del volto nascosto dell’Avana, sconosciuto dai turisti che arrivavano nei club e nei casinò nei fine settimana.

I “nostalgici”, ovviamente, non ricordano la città insanguinata dalla tirannia. Né ricordano la massa di indigenti, mendicanti, bambini affamati, senza scuole o case. Né i bordelli. Né la droga. Né la presenza della Mafia.

Quei “padrini”, per inciso, si allearono con il dittatore ed i suoi accoliti e con potenti imprenditori yankee per convertire l’Avana in quello che più tardi sarebbe stata Las Vegas. In quella città non sarebbe rimasto in piedi nulla di valore patrimoniale, nulla di ciò che Eusebio ha amorevolmente restaurato; perché l’avrebbero convertita, senza rimedio, in una Disneyland di roulette, poker, baccarat (così frequente nella saga di James Bond), blackjack, macchinette “mangiasoldi”, insegne al neon, prostitute, prostituti e tutto ciò che può desiderare un pervertito con denaro.

Ecco perché ho detto in un tweet (e lo ripeto ora) che l’Avana la salvò la Rivoluzione. Nonostante molti vecchi edifici che bisogna ricostruire, oggi abbiamo una città “a misura d’uomo”, come diceva Lezama, che non ha sofferto l’aggressione del boom immobiliare alimentato dal riciclaggio di denaro e non diretto a risolvere i problemi della gente. Il fatto è che i mafiosi dovettero trasferirsi, con i loro progetti, a Las Vegas. Il boom di Las Vegas, la cosiddetta “città del peccato” si deve al trionfo del 1959. Questa non è affatto una mia idea. Diversi ricercatori (in particolare Enrique Cirules) hanno dimostrato, a sazietà, il funesto destino che si stava tessendo per la nostra capitale.

La manipolazione della storia di Cuba da parte dei missionari filocapitalisti va oltre. Alcuni hanno cercato di “lavare” l’immagine di una creatura così abominevole come Batista. Ognuna di quelle manovre richiedere essere smantellata con argomenti, con prove, con ragioni. Lasciamo loro l’insulto. Non hanno nient’altro.


Los misioneros que predican la restauración capitalista en Cuba [2] 

Abel Prieto

¿El capitalismo es sinónimo de libertad? ¿Y el socialismo? “Libertad” es la palabra que repiten más a menudo los predicadores del regreso al capitalismo como solución para Cuba. En el paraíso capitalista, dicen, puedes decidir qué rumbo dar a tu vida sin la intromisión del Estado. Eres “libre”. Tienes ante ti un abanico infinito de posibilidades. Nadie te pondrá límites. Podrás convertirte en un “emprendedor” exitoso y (quizás) acceder al Olimpo de los millonarios. O tal vez escoger una carrera profesional (en las películas aparecen, por ejemplo, muchos abogados bien vestidos y pudientes) o artística (con tantos “famosos” deslumbrantes). Si has cursado una carrera universitaria en Cuba y tienes talento y habilidades para hacer relaciones y aprovecharlas, tienes más opciones para abrirte camino. El mito de Cenicienta nos enseña, además, que siempre es posible que te toque un día a la puerta el Príncipe Azul y cambie tus harapos por ropas de marca.

Por desgracia, la inmensa mayoría de las veces, cuando te instalas en el “capitalismo real” (no en el de las películas), vas a comprender enseguida que las posibilidades son muy restringidas y que, generalmente, la vida te obligará a escoger las primeras que te pasen por delante, aunque resulten poco atractivas. De entrada, necesitarás varios empleos, ya que habrá que pagar un dineral para alquilar algún sitio modesto donde vivir, para que tus hijos asistan a la escuela, para recibir servicios médicos. Por no hablar (todavía) de la jubilación. Es probable que tengas que adaptarte a vivir en barrios muy humildes, donde hay drogas, pandillas, gente capaz de cualquier cosa. ¿Podrás ahorrar para comprarte un arma? Si ganas lo suficiente en EEUU, eres “libre” de adquirir legalmente un arma. El hecho es que tu “libertad” irá difuminándose bajo la urgencia desesperada de hacer dinero. Aprenderás que los pequeños “emprendedores” se arruinan fácilmente ante la arremetida de los mayores. Y sabrás que en el mundo competitivo y feroz del “capitalismo real” son muy pocos, poquísimos, los llamados “triunfadores”. El propio ámbito profesional (si llegaras a acceder a él) está regido por esa competitividad despiadada, y allí también los peces grandes devoran a los chicos. Conozco a muchísimos profesionales cubanos, graduados con las mejores notas, que hoy viven en distintos países ejerciendo oficios rudimentarios, que no requieren ningún tipo de preparación.

Las demás restricciones a tu “libertad” son más sutiles. Has dejado de ser propiamente un “ciudadano” para convertirte en un “consumidor”. La publicidad a través de los medios tradicionales y de las redes va a crear en ti, en tu familia, en tus hijos, nuevas necesidades, muchas veces falsas, que te empujarán a buscar más y más dinero para consumir más y más. Te verás obligado continuamente a desechar equipos a causa de dos tipos de “obsolescencia”: la que ha sido incorporada tecnológicamente al equipo para limitar su vida útil y la que está asociada a la percepción subjetiva de que “pasó de moda” y, obviamente, hay que sustituirlo por uno más nuevo. En Navidad, para celebrar el nacimiento de Cristo, tendrás que traicionar las esencias originarias del cristianismo, pedir dinero prestado y comprar regalos y supercherías. Te habituarás a vivir con dinero prestado. Si tus hijos quieren estudiar en la universidad, tendrán que pedir un préstamo al banco, que estarán pagando muchos años después de graduados. Deudas, hipotecas, incertidumbre, son fantasmas a los que tendrás que acostumbrarte.

Los vestigios que quedan en ti de tu condición de “ciudadano”, de persona interesada en participar en la política, recibirán una fuerte presión del sistema concebido para conducir a los electores y aplastar definitivamente su “libertad”. Ya hablé antes de cómo la capacidad manipuladora de este sistema (entrenado en la publicidad comercial) alcanzó un inusitado nivel de sofisticación con el empleo de las redes sociales y de las innumerables trampas que trabajan la subjetividad de los individuos para guiarlos hacia un candidato específico. La idea es que creas que estás actuando “libremente” cuando te han convertido en un títere de la maquinaria.

El capitalismo es por definición enemigo de la libertad de los seres humanos. El arte, la literatura, la cultura, las expresiones más hondas y estremecedoras del hombre y de la mujer, han sido reducidos a vulgares mercancías. El mercado ha sido el Censor por excelencia. Así mutilaron la canción protesta de los 60, el grito antirracista y emancipatorio del rap, la poesía que apuesta por la vida. El entretenimiento, la diversión vacua, el placer del instante sin pasado ni futuro, han sustituido a la gran tradición humanista de Occidente.

En el campo socialista europeo y en la URSS se cometieron errores muy graves en el campo de la política cultural y en la relación con el movimiento intelectual. Hubo suspicacia, censura, persecuciones, injusticias. Adoptaron el “realismo socialista” como estilo oficial y clausuraron la experimentación de vanguardia que había caracterizado al arte soviético en los primeros años de la Revolución de Octubre. Al propio tiempo, fueron derrotados en la guerra simbólica frente al Occidente capitalista. En amplios sectores de la población que vivía en los países socialistas europeos, se abrió espacio una candorosa idealización de Occidente y una especie de complejo de inferioridad con respecto a sus propios valores, a su propia historia.

Orwell quiso describir en su novela 1984 el ambiente de vigilancia extrema, agobiante, del estalinismo. Paradójicamente, hoy, en el capitalismo del siglo XXI, la distopía de Orwell se ha cumplido. Todo el mundo es vigilado, espiado, seguido, estudiado, desde Angela Merkel hasta el más común de los habitantes de Nueva York. Las nuevas tecnologías y un Imperio sin escrúpulos han hecho realidad la pesadilla de 1984.

La Revolución Cubana rompió con los dogmas del “realismo socialista” y convocó a los intelectuales y artistas de todas las generaciones y tendencias a sumarse a la obra de renovación educacional y cultural emprendida en 1959. Fidel sentó las bases, en junio de 1961, con sus Palabras a los intelectuales, de una política cultural unitaria y lúcida.

Al propio tiempo, Fidel sabía, como Martí, que “sin cultura no hay libertad posible”. Que la persona ignorante, incapaz de entender el mundo en que vive, termina siendo una criatura fácilmente manipulable. Cuba alfabetizó a su pueblo; le permitió crecer; lo dotó de libros, de escuelas, de universidades; lo hizo culto y libre.

La auténtica emancipación, uno de los más bellos sueños de la humanidad, solo puede lograrse en el socialismo. En el espacio solidario, fraterno, de una sociedad que crea, como quería Martí, “en el mejoramiento humano”.


Los misioneros que predican la restauración capitalista en Cuba [3]
Los “nostálgicos” de la Habana de los 50

Abel Prieto

Muchos de los misioneros procapitalistas cultivan la “nostalgia” por una espléndida Cuba prerrevolucionaria que nunca existió. Se han especializado en la Habana de los 50, ciudad de hoteles fastuosos, cubierta de luces, con cabarets, música, casinos, con una vida nocturna digna de las grandes capitales del mundo, con un turismo VIP proveniente de Hollywood. Es la Habana rebosante de eso que llaman “glamour”, es decir, de seducción, de encanto irresistible.

Graziella Pogolotti se refirió en su columna semanal de Juventud Rebelde a “La Habana combatiente” y recordó a aquellos jóvenes, muy jóvenes (la mayoría no había cumplido 20 años), que fueron salvajemente torturados y asesinados por los cuerpos represivos de Batista, precisamente en “los dorados 50”. Esos crímenes, nos dice Graziella, formaban parte del rostro oculto de la Habana, desconocido por los turistas que venían los fines de semana a clubes y casinos.

Los “nostálgicos”, por supuesto, no recuerdan la ciudad ensangrentada por la tiranía. Tampoco recuerdan la masa de indigentes, mendigos, niños hambrientos, sin escuelas ni hogar. Ni los prostíbulos. Ni la droga. Ni la presencia de la Mafia.

Esos “padrinos”, por cierto, se aliaron con el dictador y sus acólitos y con poderosos empresarios yanquis para convertir la Habana en lo que sería después las Vegas. En esta ciudad no iba a quedar en pie nada de valor patrimonial, nada de lo que ha restaurado amorosamente Eusebio; porque iban a convertirla sin remedio en una Disneylandia de ruletas, póker, bacará (tan frecuente en la saga de James Bond), blackjack, máquinas “tragamonedas”, letreros de neón, prostitutas, prostitutos y todo lo que pueda desear un pervertido con dinero.

Por eso dije en un tuit (y lo repito ahora) que a la Habana la salvó la Revolución. Por muchos viejos edificios que haya que reconstruir, hoy tenemos una ciudad “a escala humana”, como decía Lezama, que no ha sufrido la agresión del boom inmobiliario propiciado por el lavado de dinero y no dirigido a solucionar los problemas de la gente. El hecho es que los mafiosos tuvieron que mudarse con sus proyectos a las Vegas. El auge de las Vegas, de la llamada “ciudad del pecado”, se debe al triunfo de 1959. Esto no es en lo absoluto una idea mía. Varios investigadores (en especial Enrique Cirules) han demostrado hasta la saciedad el destino funesto que se estaba tejiendo para nuestra capital.

La manipulación de la historia de Cuba por los misioneros procapitalistas va más allá. Algunos han pretendido “lavar” la imagen de una criatura tan abominable como Batista. Cada una de esas maniobras requiere ser desmontada con argumentos, con pruebas, con razones. Dejémosle a ellos el insulto. No tienen nada más.

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