Vladimir Dobrynin, FRN, http://aurorasito.altervista.org
Il capo delle Forze Armate venezuelane, Padrino, ha completamente truffato Abrams, e l’evento del 30 aprile avrebbe dovuto essere grave col sostegno di Padrino. Questa spiegazione riepiloga tutti i fatti, incluse le dichiarazioni ufficiali, e le riunisce. Si basa anche su fonti spagnole altamente affidabili. Inoltre è conforme a come i CSS già comprendano che le operazioni di cambio di regime siano state sventate in vari luoghi, e significativamente come già scritto, nel 2002 in Venezuela.
Questo è il motivo per cui è necessario che l’intelligence militare lavori sulle operazioni golpiste, in modo che possano sventarle.
Questa storia spiega molti altri fattori, come le violenze pianificate viste il 30 aprile, come alcuni blindate si scontrassero nonché la probabile falsità in cui manifestanti venivano investiti. In tale scenari, è probabile che il personale coinvolto nel golpe abbia investito i propri oppositori. L’abbiamo visto molte volte prima, coll’uso di cecchini, quindi perché non con un blindato?
FRN pubblicava due storie a cui fa riferimento questa stupefacente articolo; una secondo cui Trump parlava a Putin dopo il fallito golpe e in cui Putin s’induriva, e la secondo secondo cui Trump esprimeva sfiducia nei servizi segreti statunitensi sul Venezuela. Questo pezzo ne spiega il perché. – J. Flores
Mentre Juan Guaido e Nicolas Maduro giocavano a gatto e topo per le strade di Caracas con proteste provocate dal primo, l’amministrazione Trump cercava di scoprire perché l’impostore fu abbandonato il 30 aprile, rinunciando all’operazione golpista.
Secondo le informazioni riservate ottenute da ABC, il piano di cambio di regime era il risultato di un accordo tra il consigliere della sicurezza nazionale John Bolton e il Ministro della Difesa venezuelano Vladimir Padrino, concluso dopo diverse conversazioni telefoniche negli ultimi mesi. Padrino, e insieme a lui altri ministri e generali dovevano firmare l’accordo col presidente designato dagli Stati Uniti Juan Guaido nel piano elaborato dagli avversari di Nicolas Maduro. Tali documenti contenevano una “road map”, secondo cui il colpo di Stato sarebbe terminato con l’elezione del capo del Venezuela “30 giorni dopo che il regime chavista cedeva e riconosceva Guaido come legittimo capo della Repubblica”. Parallelamente, la Corte suprema del Venezuela, rappresentata dal Presidente Michel Moreno, avrebbe dichiarato illegale l’Assemblea costituente (Assemblea costituzionale nazionale), la branca del potere legislativo creato e controllato da Nicolas Maduro. E “coll’osservanza delle necessarie procedure e formalità legali del capo della Guardia Nazionale, Generale Ivan Rafael Hernandez Dala fu incaricato d’informare Maduro che aveva solo due opzioni: o lasciare il Paese fuggendo a Cuba, o essere arrestato su richiesta del tribunale. Dopo di che, un “documento top secret dalle viscere dell’intelligence statunitense” avrebbe dovuto comparire, secondo cui in Venezuela c’erano 20-25mila mercenari cubani a sostenere Maduro e terrorizzare la Repubblica bolivariana” (l’esercito ha 235mila militari attivi e 200mila riservisti, nota dell’autore). Così, cogli sforzi congiunti di USA ed esercito venezuelano “il paese sarebbe stato risparmiato col presidente nominato dagli USA dal dittatore Maduro e dal supporto dai battaglioni di soldati di ventura di Cuba”.
Ma qualcosa andò storto. Maduro non fuggì a Cuba, Padrino improvvisamente cambiò idea invece che diventare il “padrino della rivoluzione venezuelana”, e la stragrande maggioranza dei generali venezuelani non si mise in contatto col nominato dai nordamericani. (C’è un momento interessante durante la chiamata alle armi di Guaido, coi 14 soldati dietro, quando un cellulare si spegne e lo distrae, forse era la chiamata, “non succede nulla”, J. Flores)
Elliott Abrams, l’inviato speciale dell’amministrazione statunitense per il Venezuela, si lamentava del fatto che “non riusciva a comunicare con nessuno per dare il segnale giusto, come se, d’accordo, avessero spento i loro cellulari”.
ABC è un giornale serio, per nulla “gossipparo”, che usa “frasi fuori dal contesto e male interpretate”. David Alandet, Lyudmila Vinogradoff e Imaru Rojas, tre reporter della testata e che condividono le informazioni “ricevute direttamente da una persona del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, non potrebbero mai essere considerati fan di Maduro (così come, per inciso, della leadership di Cuba e della Federazione Russa), ed affermare che la loro pubblicazione sia menzognera, per tali motivi, è infondata.
“Gli accordi tra i rappresentanti dell’amministrazione di Washington e i generali venezuelani in presenza di Juan Guaido dovevano essere firmati il 1° maggio presso la base militare La Carlota vicino Caracas. Insieme al sedicente presidente, un altro capo dell’opposizione, Leopoldo Lopez, avrebbe dovuto apporre la firma sul documento.
Ma stranamente, invece di La Carlota, Lopez entrò nell’ambasciata spagnola nella capitale venezuelana e chiese asilo politico. (In precedenza FRN, per errore, riferì che fosse nell’ambasciata cilena, ora siamo sicuri che i veicoli consolari cileni lo scortarono all’ambasciata spagnola, J. Flores)
“Fonti di alto rango” indicano una completa assenza di informazioni su cosa esattamente andò storto nello scenario nordamericano. Sanno solo il risultato finale: Nicolas Maduro non lasciava il palazzo presidenziale Miraflores. Alcuni altri esperti dicevano che “Vladimir Padrino è la causa di tutto, all’ultimo momento fece una svolta totale”.
Elliott, secondo gli autori, “espresse particolare delusione per la posizione di Vladimir Padrino, una figura chiave della rivoluzione chavista e di quella prevista volta a rovesciarla”. “Parlarono molto, ma si sono tutti tirati via, fu un nulla di fatto”, dichiarava con frustrazione il rappresentante speciale della Casa Bianca per il Venezuela. Ma era solo una manovra dell’intelligence militare venezuelana contro il piano del golpista nordamericano. Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Patrick Shanahan, ne fu sorpreso molto annullando la visita in Europa, secondo il portavoce del Pentagono, voleva “coordinare personalmente le azioni del Consiglio di sicurezza nazionale e del dipartimento per la Sicurezza interna, tenendo conto di ciò che accadeva in Venezuela e al confine col Messico”, È possibile che lo champagne per “brindare tutti in una volta”, sia stato acquistato e tenuto in frigorifero per festeggiare. Ma l’ora non scoccò. Non come previsto. Nicolas Maduro, che, secondo gli strateghi statunitensi, si sarebbe nascosto nei sobborghi dell’Avana, improvvisamente apparve il Primo Maggio sera sugli schermi della Repubblica e disse che “per aver tradito gli interessi dello Stato, aiutando l’autoproclamato Guaido e l’imperialismo nordamericano, l’ufficiale dei servizi segreti venezuelani SEBIN, Manuel Christopher Figuera, veniva rimosso dall’incarico e arrestato”. Un video clip divenne virale nei social network dove dei parenti di Vladimir Padrino, compresa la madre, faceva appello al Ministro della Difesa “per rompere con Maduro e fare un passo coraggioso verso la gente”. Ma Padrino non ascoltò le pretese dei parenti.
Guaido riuscì a riunire i seguaci (in accordo col piano) e organizzare i manifestanti in ben 14 aree a Caracas. L’impostore arrivò in una di esse e pronunciò un discorso ispirato, di tanto in tanto soffocando la saliva e affermando che “non si tornava, chiamare tutti quelli che conoscere, vinceremo, l’usurpatore sarà rimosso dal potere, ha già perso “. I sostenitori di Maduro avevano un’opinione diversa, ma non si era ancora giunta allo scontro coll’opposizione: le unità della Guardia Nazionale intervennero, inizialmente separando gli opposti, e circondando i militari ribelli (ne contavano circa 300) a La Carlota. John Bolton e Mike Pompeo definivano Padrino un traditore (degli interessi statunitensi, ovviamente) e “una figura chiave colpevole di lasciare Maduro al potere”. Al Ministro della Difesa venezuelano promisero di “togliere l’aria” sequestrandogli tutti i beni e gli immobili in Canada e Stati Uniti se non avesse dato l’ordine agli ufficiali di portare l’esercito nelle strade.
“Vogliono affogare il Venezuela nel sangue”, disse Padrino rivolgendosi alla popolazione in un video trasmesso su Internet. “Ecco perché ho ordinato a tutti i militari di rimanere nelle caserme. E affrontare i disordini con la Guardia Nazionale”.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non capiva perché il piano elaborato da Elliott Abrams sul Venezuela non funzionasse, a quanto pare, e chiamò l’omologo Vladimir Putin, e il presidente russo ricordò allo statunitense per un’ora e mezza che “L’interferenza estera negli affari interni, i tentativi di un cambio di potere con la forza a Caracas minando le prospettive della soluzione politica della crisi, non saranno accettati”. Trump aveva capito? Lo si scoprirà dopo.
Traduzione di Alessandro Lattanzio