Quando viene presentata di fronte a Cuba l’attivazione della legge Helms-Burton come una presunta giustizia di fronte alle legittime nazionalizzazioni di proprietà di cittadini USA all’inizio della Rivoluzione non si deve dimenticare il lungo saldo di perdite umane e materiali avvenute in questi 60 anni a causa delle azioni del governo USA
Mauricio Escuela www.granma.cu
Quando i cubani vedono un intero paese soffrire l’aggressione sostenuta da un altro -senza che vi sia stata una preliminare dichiarazione di guerra- molti ricordano la prassi consolidata dalla cricca fascista durante la II Guerra Mondiale, un agire che disconosceva i più elementari principi umani e collocava, sopra a tutto, l’interesse espansionista ed imperiale.
La generazione che rappresento non ha vissuto momenti di battaglie epocali come la Baia dei Porci, la Crisi dei Missili o la Limpia (pulizia) dell’Escambray, i riferimenti ci arrivano come echi nel tempo, che alcuni, da lontano, vorrebbero anche travisare affinché non impariamo le lezioni di valore e patriottismo che ci lasciano. Quella guerra, in cui si sono provate tutti i tipi di tattiche contro Cuba, ci toccò più da vicino quando eravamo bambini ed, in televisione, abbiamo visto i tanti connazionali agitarsi e piangere di rabbia e dignità mentre raccontavano la lacerazione che gli provocò l’impero.
Di quell’episodio, chiamato “Cuba denuncia” è uscito non solo l’immenso processo e teletrasmesso, ma un libro che descrive chiaramente come, senza che importassero posizioni ideologiche, molti cubani caddero vittima della furia di un impero contro un piccolo paese, in una trincea dove gli aggressori continuano ad agire impunemente mentre gettano menzogne o verità ai media.
LO DICONO LORO STESSI
Una legge come la Riforma Agraria, firmata da Fidel Castro mesi dopo il trionfo rivoluzionario, fatta per rafforzare il popolo e spezzare il ciclo di dipendenza interna ed esterna, fu il fattore scatenante della guerra segreta. Lo zucchero ed il paese erano ben relazionati e questo era noto ai cervelli pensanti che detenevano le redini della Cuba prima del 1959.
La Central Intelligence Agency (CIA) ed il Dipartimento di Stato avevano, tra i molti rapporti declassificati di allora, il Programma di Azione Segreta contro il Regime di Castro, adottato il 17 marzo 1960 dal presidente USA, Dwight D. Eisenhower. Lì, lo dicono loro stessi, si dichiara che non tollererebbero un governo, a Cuba, che contravvenisse ai loro interessi e quindi, sarebbero state compiute aggressioni di ogni tipo. L’obiettivo: minare la fiducia del popolo nei suoi dirigenti e fabbricare un casus belli per un intervento USA.
Ne consegue che la paura e la confusione generata da uno stato di guerra ed insicurezza sarebbero l’alibi perfetto affinché, in nome dello stesso popolo cubano e degli interessi della regione, si facesse un ipocrita appello alla pace sull’isola e si guidasse un contingente di truppe dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) contro il nascente Governo cubano. La bufala non è originale e l’abbiamo vista nelle più recenti avventure belliche dell’impero in Medio Oriente, per esempio.
Precisa uno dei documenti declassificati che l’altro piano, approvato in precedenza, fu il Progetto Cuba, del 18 gennaio 1962, che aveva l’approvazione delle più alte autorità del governo USA e del Gruppo Speciale Ampliato del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Lì si definivano 32 compiti della guerra segreta contro Cuba che, in seguito, furono messi in pratica.
Oltre all’effetto psicologico di panico ed insicurezza, si attendeva una paralisi dell’economia cubana, soprattutto a partire dal sabotaggio dell’industria dello zucchero ed il blocco della sua commercializzazione internazionale, perché l’impero ritenne che lo stesso popolo non avrebbe tardato nel vedere Fidel Castro come causa dei suoi mali. Se lo zucchero ed il paese andavano di pari passo, allora a partire da questi piani tutto si sarebbe fermato, finché gli yankee non avessero messo in moto le macchine, come era consuetudine nella Repubblica.
LA GUERRA COMINCIA
Un obiettivo era chiaro: rovinare il raccolto del 1960, per tale motivo gli attacchi si concentrarono soprattutto sui centri urbani operai e fabbriche. Il 12 gennaio, furono incendiate, dal cielo, 500000 arrobas (unità di peso 1a =11,502kg) di canna nella provincia dell’Avana. Il 30, si persero più di 50000 arrobas nello zuccherificio Chaparra, in Oriente, ed il 1 febbraio furono incendiate più di 100000 arrobas a Matanzas.
Il record fu battuto il 7 febbraio dello stesso anno, quando un solo aereo bruciò 1,5 milioni di arrobas di canna negli zuccherifici di Violeta, Florida, Céspedes ed Estrella a Camagüey. Gli attacchi contro i civili andavano aumentando, per scoraggiare il lavoro e la produttività, così il 21 gennaio 1960 un aereo aveva sganciato bombe su Cojimar e Regla.
Quel banditismo armato, che si vuole presentare oggi come una specie di eroico esercito, utilizzava le tattiche paramilitari che poi abbiamo visto nelle diverse contro-guerriglie dell’America Latina (come in Colombia, per esempio), in particolare l’intimidazione, il terrore e la violenza, al fine di atomizzare la coesione dei contadini attorno ad un progetto sociale di governo.
L’escalation avrebbe avuto il suo punto culminante ed il supposto risultato nell’aprile 1961, quando un’operazione combinata di guerra frontale, guerriglia e quarta generazione (disinformazione) fu diretta contro l’isola a partire dal possesso di una testa di ponte sulla spiaggia a sud di Matanzas. Avanzare rapidamente verso la capitale, mentre si spostava un governo provvisorio da Miami, era il piano previsto, fallito in meno di 72 ore, grazie alla resistenza del giovane esercito cubano ed al ruolo da protagonista di Fidel e dello stesso popolo che sapeva molto bene da dove venivano e che poteva nuovamente essere sottomesso se cadeva nelle mani di mercenari e criminali annessionisti.
Il banditismo, con il suo saldo in vittime civili (in particolare gli insegnanti alfabetizzatori), sarebbe durato fino al 1965, sconfitto moralmente e militarmente a causa dell’impraticabilità del suo copione terrorista in una società che ama la pace e la stabilità.
A partire dalla sconfitta frontale, la guerra avrebbe assunto la vessazione ai civili che simpatizzassero con il socialismo o semplicemente vivessero, in esso, con tranquillità.
TERRORE E NULLA DI PIÙ CHE TERRORE
Il dirottamento di aerei civili si stabilì come una tendenza del terrorismo mondiale a partire dalle tattiche della CIA contro Cuba, con il suo punto più grave il 6 ottobre 1976, quando 73 persone morirono a bordo di un aereo che era appena decollato dalle Barbados. Non fu l’unico aereo sinistrato. Tutto questo nel bel mezzo di una dinamica che lo stesso Orlando Bosch, autore degli attacchi, qualificò come guerra nella quale, per lui, “tutto valeva”.
Nel lungo percorso, non caddero solo cubani, ma anche civili di altri paesi. La codardia di queste azioni radica proprio nel fatto che quasi tutte furono fatte contro civili.
LA LEGITTIMITÀ DELLA DENUNCIA
Quando viene presentata di fronte a Cuba l’attivazione della legge Helms-Burton come una presunta giustizia di fronte alle nazionalizzazioni di proprietà -che furono eseguite in piena conformità con il Diritto Internazionale- di cittadini USA all’inizio della Rivoluzione, non si deve dimenticare il lungo saldo di perdite verificatosi in questi 60 anni.
La denuncia si avalla a partire dai seguenti danni inflitti a persone innocenti del popolo: 3478 morti, 2099 disabili, ed un totale di 181100 milioni di $ USA in danni materiali risultanti dagli attentati all’economia e dalle sanzioni. Il Diritto Positivo cubano stabilisce inoltre, come condizione, la ritrattazione morale ed il riconoscimento di colpa da parte dello Stato nordamericano.
Essendo parte di una guerra non dichiarata, che viola le norme internazionali stabilite, dal terrore contro Cuba deriva una serie di indennizzi nel campo del Diritto.
Dal 31 maggio 1999 ad oggi nessuna delle amministrazioni che hanno occupato la Casa Bianca hanno risposto alla denuncia inviata attraverso i canali diplomatici.
Ma il pianto e la dignità dei cubani ci mostrarono, da allora, che questo popolo, energico e virile, avrebbe fatto tremare l’ingiustizia tante volte quanto fosse necessario, mettendo volto al male e difendendo, al di là di qualsiasi cosa, la verità e la ragione.
Demanda de Cuba frente a la guerra que se nos hace
Cuando se presenta ante Cuba la activación de la Ley Helms-Burton, como una supuesta justicia ante las legítimas nacionalizaciones de propiedades de ciudadanos norteamericanos a inicios de la Revolución, no se debe olvidar el largo saldo de pérdidas humanas y materiales acontecidas en estos 60 años por causa de las acciones del gobierno estadounidense
Autor: Mauricio Escuela
Cuando los cubanos vemos a un país entero sufrir la agresión sostenida de otro –sin que medie una previa declaración de guerra–, muchos recordamos la práctica establecida por la camarilla fascista durante la Segunda Guerra Mundial, un accionar que desconocía los más elementales principios humanos y colocaba, por encima de todo, el interés expansionista e imperial.
La generación que represento no vivió momentos de batallas trascendentales como Playa Girón, la Crisis de los Misiles o la Limpia del Escambray, las referencias nos llegan como ecos en el tiempo, que algunos, desde lejos, quisieran también tergiversar para que no aprendamos las lecciones de valor y patriotismo que nos dejan. Esa guerra, en la que se han probado todo tipo de tácticas contra Cuba, nos tocó más de cerca cuando éramos unos niños y, por la televisión, vimos a tantos coterráneos agitarse y llorar de rabia y dignidad mientras narraban el desgarramiento que les causó el imperio.
De aquel episodio, denominado «Cuba demanda», salió no solo el juicio inmenso y televisado, sino un libro que detalla con claridad cómo, sin que importaran posiciones ideológicas, muchos cubanos cayeron víctimas de la saña de un imperio contra un pequeño país, en una trinchera donde los agresores siguen actuando con impunidad mientras lanzan mentiras o verdades a medias.
LO DICEN ELLOS MISMOS
Una ley como la de Reforma Agraria, firmada por Fidel Castro meses después del triunfo revolucionario, que estaba hecha para empoderar al pueblo y romper el ciclo de dependencia interna y externa, fue el detonador de la guerra encubierta. El azúcar y el país estaban bien relacionados y eso lo sabían los tanques pensantes que sostenían las riendas de la Cuba anterior a 1959.
La Agencia Central de Inteligencia (CIA) y el Departamento de Estado tienen, entre muchos de los informes desclasificados desde entonces, el Programa de Acción Encubierta contra el Régimen de Castro, aprobado el 17 de marzo de 1960 por el presidente de Estados Unidos, Dwight D. Eisenhower. Ahí, lo dicen ellos mismos, se declara que no tolerarían un gobierno en Cuba que contraviniera sus intereses y por ende, se realizarían agresiones de todo tipo. El objetivo: minar la confianza del pueblo en sus dirigentes y fabricar un casus belli para una intervención norteamericana.
Se desprende que el miedo y la confusión generados por un estado de guerra e inseguridad serían la coartada perfecta para, en nombre del mismo pueblo cubano y de los intereses de la región, se hiciera un hipócrita llamado a la paz en la Isla, y de encabezar un contingente de tropas de la Organización de Estados Americanos (oea) contra el naciente Gobierno cubano. El bulo no es original y lo hemos visto en las más recientes aventuras bélicas del imperio en el Medio Oriente, por ejemplo.
Precisa uno de los documentos desclasificados que el otro plan, aprobado tempranamente, fue el Proyecto Cuba del 18 de enero de 1962, que contaba con el aval de las más altas autoridades del Gobierno de ee. uu. y el Grupo Especial Ampliado del Consejo de Seguridad Nacional. Allí se definían 32 tareas de guerra encubierta contra Cuba que luego se vieron en la práctica.
Además del efecto sicológico de pánico e inseguridad, se esperaba una paralización de la economía cubana, sobre todo a partir del sabotaje a la industria del azúcar y el bloqueo de su comercialización internacional, pues el imperio creyó que el propio pueblo no tardaría en ver a Fidel Castro como el causante de sus males.
Si el azúcar y el país marchaban a la par, entonces a partir de estos planes todo se detendría, hasta que los yanquis pusieran las máquinas a andar, como era costumbre en la República.
COMIENZA LA GUERRA
Un objetivo era claro: arruinar la zafra de 1960, por eso los ataques se centraron mayormente en centros urbanos de obreros y en las fábricas. El día 12 de enero fueron incendiadas desde el aire 500 000 arrobas de caña en la provincia de La Habana. El día 30 se perdieron más de 50 000 arrobas en el central Chaparra, en Oriente, y el 1ro. de febrero fueron incendiadas más de 100 000 arrobas en Matanzas.
El récord se batió el 7 de febrero de ese año, cuando una sola avioneta incendió 1,5 millones de arrobas de caña en los centrales de Violeta, Florida, Céspedes y Estrella en Camagüey. Los ataques contra civiles iban incrementándose, para desmotivar el trabajo y la productividad, así el 21 de enero de 1960 un avión había arrojado bombas sobre Cojímar y Regla.
Ese bandidismo armado, que se quiere presentar hoy como una especie de ejército heroico utilizaba las tácticas paramilitares que luego hemos visto en las diferentes contraguerrillas en América Latina (como Colombia por ejemplo), sobre todo la intimidación, el terror y la violencia, con el fin de atomizar la cohesión del campesinado en torno a un proyecto social de gobierno.
La escalada tendría en abril de 1961 su punto álgido y supuesto desenlace, cuando una operación combinada de guerra frontal, de guerrillas y cuarta generación (desinformativa) fue dirigida contra la Isla a partir de tomar una cabeza de playa al sur de Matanzas. Avanzar sobre la capital rápidamente, a la vez que se trasladaba un gobierno provisional desde Miami, era el plan previsto, roto en menos de 72 horas gracias a la resistencia del joven ejército cubano y al protagonismo de Fidel y del propio pueblo que sabía muy bien de dónde venía y a qué podía ser sometido nuevamente si caía en manos de mercenarios y criminales entreguistas.
El bandidismo, con su saldo en víctimas civiles (sobre todo maestros alfabetizadores), duraría hasta 1965, derrotado moral y militarmente debido a la inviabilidad de su guion terrorista en una sociedad que ama la paz y la estabilidad.
A partir de la derrota frontal, la guerra asumiría el hostigamiento a los civiles que simpatizaran con el socialismo o simplemente, vivieran dentro de él con tranquilidad.
TERROR Y NADA MÁS QUE TERROR
El secuestro de aeronaves civiles se estableció como una tendencia en el terrorismo mundial a partir de las tácticas de la cia contra Cuba, con su punto más grave el 6 de octubre de 1976, cuando 73 personas murieron a bordo de un avión que recién había despegado de Barbados. No fue el único avión siniestrado. Todo ello en medio de una dinámica que el propio Orlando Bosch, autor de los ataques, calificó de guerra, en la cual, para él, «todo valía».
En el largo trayecto, no cayeron solo cubanos, sino también, civiles de otros países. La cobardía de estas acciones radica justamente en que casi todas se hicieron contra civiles.
LA LEGITIMIDAD DE LA DEMANDA
Cuando se presenta ante Cuba la activación de la Ley Helms-Burton, como una supuesta justicia ante las nacionalizaciones de propiedades –que se efectuaron con total apego al Derecho Internacional– de ciudadanos norteamericanos a inicios de la Revolución, no se debe olvidar el largo saldo de pérdidas acontecidas en estos 60 años.
La demanda se avala a partir de los siguientes daños infligidos a personas inocentes del pueblo: 3 478 muertos, 2 099 incapacitados, y un total de 181100 millones de dólares estadounidenses en concepto de perjuicios materiales producto de los atentados a la economía y las sanciones. El Derecho Positivo Cubano establece además, como condición, la retractación moral y el reconocimiento de culpa de parte del Estado norteamericano.
Al ser parte de una guerra no declarada, que viola las normas internacionales instituidas, el terror contra Cuba deriva en una serie de indemnizaciones legítimas en el campo del Derecho.
Desde el 31 de mayo de 1999 y hasta la fecha, ninguna de las administraciones que han ocupado la Casa Blanca han respondido la demanda enviada mediante los canales diplomáticos.
Pero el llanto y la dignidad de los cubanos nos mostraron desde entonces que este pueblo, enérgico y viril, haría temblar la injusticia cuantas veces fuese necesario, poniéndole rostro a la maldad y defendiendo, por encima de todo, la verdad y la razón.