Nicaragua, la destra nell’angolo

Fabrizio Casari – www.altrenotizie.org

La situazione politica in Nicaragua è caratterizzata dallo scontro tra l’istituzionalità pienamente ristabilita e il sovversivismo costante che un settore minoritario del golpismo, sostenuto con forza dalla corporazione degli imprenditori, dalla gerarchia ecclesiale e dall’estrema destra del MRS, che tentano di imporsi nell’agenda politica nazionale.

C’è stato il tentativo di scatenare una rivolta armata in un carcere mentre erano in corso le ultime verifiche della Croce Rossa Internazionale per il rilascio dei detenuti coinvolti nella violenza golpista scatenatasi nel Paese tra il 18 Aprile e la metà di Giugno del 2018. Un ex marine statunitense, noto delinquente della città di Matagalpa, ha tentato di disarmare un agente di custodia e aprire il fuoco, ma il secondino è stato in grado di bloccarlo e, nella colluttazione, l’assaltatore è rimasto ucciso. Niente rivolta, solo il patetico tentativo dei media della destra di accusare la “dittatura” di aver “assassinato un detenuto innocente”.

Si deve avere un concetto bizzarro del potabile per pensare di convincere qualcuno che, proprio sotto gli occhi della Croce Rossa Internazionale, il governo decida di uccidere a freddo dei detenuti e altrettanto ridicolo appare il tentativo di far passare un uomo con una fedina penale intasata con un innocente prigioniero di coscienza.

Perchè l’estrema destra e l’oligarchia invece del tavolo dei negoziati scelgono la via della provocazione e della violenza? Riflesso condizionato dell’odio ideologico saldato con gli interessi di bottega o calcolo politico? Forse un po’ tutto questo. Se infatti il furore ideologico oligarchico non va sottostimato, c’è da dire che nella disperata ricerca di un ritorno della violenza vi sono tre elementi fondamentali dai quali traggono vantaggio. In primo luogo attraverso il caos violento il golpismo ritrova il suo protagonismo: senza la violenza il suo ruolo politico risulterebbe relativo, dato che le forze politiche di opposizione coprono abbondantemente tutta l’area dell’antisandinismo.

In secondo luogo i golpisti ritengono che la possibilità di esercitare pressioni sulla destra seduta al tavolo del negoziato permetta loro di candidarsi direttamente alla leadership dell’opposizione in vista dello scontro politico-elettorale. Da ultimo, ma non per ultimo, i finanziamenti statunitensi ed europei arrivano solo se si evidenzia la repressione da un lato e la loro capacità operativa dall’altro: il venir meno dei due fattori, o anche solo di uno di essi, rende difficile l’iniezione costante di denaro e sostegni ad ogni livello da parte europea e statunitense.

Sì perché la guerra che è stata promossa e incentivata contro il governo sandinista guidato dal Presidente Ortega non è finita, si è solo momentaneamente trasferita nell’ambito internazionale, dove le sanzioni e la pressione politico-diplomatica hanno assunto le veci del sovversivismo armato del 2018. Ma la reiterata disponibilità del governo al rispetto del cammino stabilito congiuntamente per il dialogo nazionale è un elemento decisivo dello scenario ed incide sensibilmente anche sulle posizioni della OEA e degli stessi USA sulla vicenda nicaraguense.

Il governo, infatti, mantiene gli impegni presi nel dialogo nazionale. Niente di strano: per storia, tradizione e senso profondo dell’agire politico, il FSLN rispetta i patti con amici e nemici. Il tergiversare, la manipolazione e il non rispetto degli impegni non sono mai stati usi del sandinismo.

Il dialogo prevede diversi temi: rilascio dei detenuti, revisione dei meccanismi elettorali, indennizzi, impegno alla non reiterazione dell’orrore e sforzo congiunto contro ogni sanzione internazionale. Sul rilascio dei detenuti il governo ha già superato ogni aspettativa, forzando oltre il limite pazienza e perdono.

I detenuti vengono liberati facendo ricorso ad una disciplina politica assoluta, che trasferisce il concetto di giustizia nel quadro della responsabilità politica nazionale. Ortega dimostra come governare sia molto più che comandare, perché il governo dell’esistente comporta la gestione politica anche del comando. Costruisce passaggi tattici, orizzonti strategici.

Disegna una idea di Paese, convoca tutti alla responsabilità condivisa e mette sull’avviso chi pensa possibile ribaltare il paese con la forza: essa appartiene a chi ne dispone, ovvero il FSLN, che sa quando usarla e quando lasciarla sullo sfondo. Ricorda perciò a tutti come solo l’intesa politica può produrre un quadro di reciproco riconoscimento perché, come ripete una meravigliosa canzone, habrà patria para todos o no habrà para ninguno.

Ma è proprio sull’idea di patria condivisa che la destra non riesce a incamminarsi. La sua aspirazione ad essere colonia gli impedisce persino di far finta di dissentire sulle sanzioni al paese. D’altra parte, vederli chiedere agli USA di non sanzionare Managua quando proprio loro andarono in ginocchio a Washington ad invocare castighi, sarebbe, va detto, un  pentimento degno di nota.

I media di famiglia, ovvero La Prensa, El Nuevo Diario, Confidencial e Radio Corporaciòn, oltre a Canal 10 ed altri, seguono nel compito di disinformare la popolazione e l’estero. Non sono strutture giornalistiche, sono strumenti di propaganda, magazzino di ogni invenzione purché falsa, ferramenta indispensabile per distorcere la realtà e tenere alta la richiesta di sanzioni. Raccontare ogni giorno di una feroce repressione inesistente, di una tremenda dittatura mai dimostrata, disconoscere la legittimità del voto popolare solo perché antioligarchico, è lo scopo di queste piccole fabbriche di odio e menzogne. Mai il giornalismo era sceso così in basso, mai la deontologia professionale era stata affittata a prezzi di saldo dal suo editore. Niente di nuovo o di strano: chi vende la patria compra chi scrive contro la patria.

C’è poi la questione elettorale.  Nel 2021 i nicaraguensi torneranno alle urne, dunque la destra ha abbastanza tempo per trovare un patto interno. Lo scontro interno all’opposizione non è sui contenuti, è sulla linea di comando. L’oligarchia è scesa in campo in prima persona e non vuole farsi rappresentare dai partiti storici nicaraguensi. Vede se stessa come suo unico rappresentante: si è fatta partito, ha deciso che il modo per saziare la sua fame di potere è sostituirsi alle forze politiche tradizionali ed ingaggiare la sua guerra contro il governo.

I Chamorro’s spingono sull’acceleratore per mettersi alla testa. Vogliono che l’opposizione al governo sia il prodotto politico generato dal tentato golpe. Immaginano che la cosiddetta Alleanza Civica e il M-19 siano in diritto di scansare la mediazione politica ed i suoi riti, in quanto prodotti diretti dell’oligarchia, concepiti esclusivamente come suo strumento bellico.

Si schierano vecchi arnesi malridotti delle famiglie oligarchiche che si travestono da illuminati politologi e sostengono che la funzione politica dei partiti sia consumata, che per questo vada premiata la freschezza delle strutture nate dall’Aprile del 2018. Ma la verità è che vogliono il comando diretto ed esclusivo dell’opposizione al Frente Sandinista, che risponda alle famiglie oligarchiche e non ai partiti.

Lo stesso sciopero generale convocato il 23 Maggio dal Cosep (ma non da partiti, sindacati e movimenti sociali che ne hanno denunciato il carattere strumentale) conferma come l’impresa privata intenda a tutti i costi assumere la leadership dell’opposizione. Ma l’unico settore che ha partecipato allo sciopero è, appunto, quello privato. Non ha invece aderito l’impresa straniera operante nel Paese, il settore del pubblico e l’intero commercio dei mercati popolari, delle imprese piccole  e medie e dei negozi a conduzione familiare. La stessa CNN ha parlato di “sciopero fallito”.

L’obiettivo del Cosep e delle famiglie oligarchiche? Riportare il paese nel caos, in una violenta crisi economica, politica e sociale che obblighi ad accelerare il ricorso alle urne. Allo scopo delegano a Montealegre e all’MRS il disegno del campo, confondendo così maggiordomi con architetti.

Le possibilità che il piano vada in porto? Scarse, per usare un eufemismo. Nemmeno la stessa OEA le sostiene, preferisce l’accordo politico con il governo sulla riforma elettorale. E’ disponibile ad affrontare il tema della riforma elettorale in chiave antigovernativa, ma deve mostrare decenza, simulare neutralità, non può farsi sempre ridere dietro; per questo prende le distanze dall’oligarchia oltranzista.

Inoltre l’opposizione (che sfiora il 30% dei consensi) non ha nessuna intenzione di vedersi sostituire dal partito dei figli di papà. Negozia per il riequilibrio dei poteri a suo vantaggio ma non si fa illusioni circa la possibilità di piegare il governo; sa che il sandinismo è talmente inserito nelle vene del Nicaragua da divenirne un sinonimo; che il FSLN non è un fenomeno transeunte, un dato circostanziale; è parte insopprimibile del Nicaragua. Può essere sconfitto ma non eliminato, può subire uno stop ma non essere espunto.

I partiti dell’opposizione sanno che nemmeno nel trionfo maggiore della destra il FSLN è sceso elettoralmente al di sotto del 34% dell’elettorato e che il suo perdere alcune elezioni (rubate da brogli dei liberali) non sia stato l’inizio della fine ma abbia generato accumulo di forza per tornare a vincere. Dunque inutile anche solo ipotizzare scenari che vedano il sandinismo espulso dal Nicaragua; molto meglio rispettarne la forza ed il radicamento.

L’idea della famiglia Chamorro di trasferire nello scontro permanente la contesa politica non è una pensata geniale, dato che il FSLN ha già mostrato un anticipo della sua forza. Ove la crisi precipitasse, nessuno potrà dirsi in salvo, meno che mai chi ha sparso benzina sul fuoco. Dall’intesa politica nel rispetto della Costituzione nasce una nuova fase, dall’assenza di intesa nasce lo scontro. Qualche oligarca nutre dubbi sul suo esito?

Su un aspetto, nell’opposizione, sono tutti d’accordo: riunire l’antisandinismo di qualunque forma e colore è condizione necessaria, benché non sufficiente, per tentare di vincere nel 2021. Allo scopo disporranno di dollari e consulenze per rafforzare una ingegneria del consenso da raggiungere tramite la manipolazione permanente. Scambieranno il diavolo per l’acqua santa, le ragioni con il torto, il diritto con il rovescio. Ribalteranno la realtà nel tentativo di confondere e manipolare, usando concetti e principi che appartengono al FSLN e alla sua storia. La semina dell’odio per il Frente Sandinista e il suo Comandante sarà principio e fine del discorso politico.

Ma tutto questo rischia di non essere sufficiente, soprattutto se dimostrano ogni giorno quanto gli interessi di alcune famiglie siano per loro più importanti che quelli del Paese. Non hanno credibilità. Non hanno un leader. Non sono in grado di produrre un minimo programma, una ipotesi di paese. Per potersi presentare agli elettori non hanno altra strada che l’accordo nazionale che li renda protagonisti, autorizzati a parlare di Nicaragua in Nicaragua e non solo negli USA. Il bivio è tra incidenza politica o irrilevanza. Prendere o lasciare.

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