Honduras sul punto di rottura

R. A. Salgado Bonilla, Internationalist 360°, http://aurorasito.altervista.org

Nei giorni scorsi, nelle conversazioni e comunicazioni della piccola borghesia locale, s’intensificavano i messaggi che parlano apertamente di colpo di Stato per porre fine al mandato fraudolento di Juan Orlando Hernandez.

Questa campagna è molto simile a quella dei giorni precedenti al colpo di Stato militare del 2009.

Come è noto, tali campagne sono solitamente pianificate dall’intelligence militare e il loro scopo non è sempre quello affermato.

A volte serve a chi si oppone al regime per farsi conoscere apertamente dalla repressione; altre volte, implicano il colpo di Stato. Un colpo di Stato in questo momento in Honduras avrebbe un carattere precauzionale; le élite lavorano per evitare la vittoria popolare completa e definitiva. Questo tipo di azione implica, soprattutto, moderare lo spettro politico fino al punto d’esser gestibile dagli Stati Uniti. I finali radicali non sono mai graditi da classe dominante ed impero. Sappiamo che il regime emerso dal colpo di Stato e dalle frodi elettorali, specialmente nel 2017, è nato debole, profondamente anemico.

Le sue azioni hanno semplicemente approfondito le contraddizioni che continuano ad indebolirlo. A livello sociale, furono coltivati molteplici conflitti che oggi si vedono nell’istruzione e nella salute. La rete di medici e insegnanti ha intrapreso una lotta eccezionale, col sostegno di tutti i gruppi sociali e politici contrari al regime. Inoltre, dimostrava straordinaria capacità di rettificare e adottare le linee correttive in modo tempestivo.

Questa piattaforma è oggi il volto visibile dell’imminente sollevazione popolare, già evidente in diverse parti del Paese. Le richieste della piattaforma sono salite qualitativamente a livello più alto, lasciando il governo malconcio in una situazione di sconfitta, anche se non è ancora arrivato al limite della massima pressione. Il prezzo dell’arroganza del colpo di Stato è diventato troppo alto, soprattutto perché la sua credibilità si avvicina allo zero.

La proposta del Partido Libre, di sinistra, guidata dall’ex-Presidente Manuel Zelaya, di chiedere la mobilitazione generale di tutta la base nazionale, per la fine della dittatura, solleva la possibilità di costruire una piattaforma politica e sociale per guidare il movimento di massa verso l’insurrezione totale nel Paese. D’altra parte, la determinazione a supportare in modo incondizionato le azioni della piattaforma chiude la possibilità di incomprensioni o battute d’arresto, che sarebbero inopportune. Libre ha parlato a favore del rispetto dell’attuale struttura di coordinamento della piattaforma e non cerca di entrarvi, il che genera aperture alla necessaria fiducia.

D’altra parte, le imprese private sono frammentate, ma possiamo presumere che vi siano due gruppi principali: gli uomini d’affari che beneficiano di privilegi del regime e della speculazione finanziaria; e chi che ha perso rapidamente a causa del vorace ed inquisitorio meccanismo fiscale del Paese, che oggi perseguita e esternalizza fondamentalmente le aziende produttive dell’Honduras. Queste fratture sono già pubbliche e sono persino discusse nei media.

La canaglia mediatica ha momenti di ambiguità, flirtando con la possibilità di un cambio di regime, anche se ancora non rompe apertamente con Juan Orlando Hernandez, che ora riceve aspre critiche da settori che fino a poco tempo fa erano suoi alleati incondizionati come il Conferenza Episcopale, che vanta la vergognosa presenza del famigerato cardinale Oscar Andres Rodriguez.

Le Forze Armate sono agli ordini diretti del Comando Sud degli Stati Uniti, e questo fu chiarito in diversi episodi che suggeriscono la determinazione nordamericana a dimostrare che il regime di Juan Orlando Hernandez ha perso il controllo del Paese.

Dall’incendio all’ambasciata nordamericana, misteriosamente camuffato da un momento di grande indignazione, al rogo di diversi contenitori delle coltivazioni Dole, presso Colon, dove i conflitti sulla terra erano tanto attivi quanto invisibili ai media locali per tanti anni. Hernandez è a malapena in grado di trovare qualche sostegno nel suo partito, mentre i collaboratori l’abbandonavano.

Nell’apparizione pubblica dell’8 giugno, era accompagnato solo da personaggi di terza classe, senza nessuna figura che gli era accanto da un decennio. Peggio ancora, la mobilitazione sembrava una misura disperata, perché anche i dettagli più intimi dei finanziamenti e della logistica della sua organizzazione venivano pubblicati sui social network. Non è un segreto per nessuno che il partito al governo sia diviso in almeno tre gruppi: chi cospira contro Hernandez, schierati coll’ambasciata statunitense; i più opportunisti che calcolano su dove andare a finire; e chi fa già le valigie e non è pronto ad alcuna lotta eroica.

Infine, le tensioni si moltiplicano e la situazione nella società si trova in un punto vicino all’entropia. Molti movimenti appaiono a caso dipendono dagli interessi che rappresentano. La cosa più importante è il ruolo svolto oggi dal movimento di massa, che sarà decisivo nello sviluppo e nei risultati di questa situazione.

Mentre il movimento di massa rimane sommesso, Hernandez guadagna ossigeno e tempo, motivo per cui ha urgente bisogno di smobilitare insegnanti e medici, o cedendo o sabotando con tangenti o estorsioni ai leader, specialmente gli insegnanti, che in pochi giorni sono stati sempre superati dalla propria base, che si rifiuta di cadere nella trappola del dialogo. È prevedibile che il movimento crescerà nelle prossime ore e che la situazione nel Paese si dimostri ingovernabile.

La piattaforma, come si nota, si rafforza allontanandosi da JOH. D’altra parte, anche la lotta politica si polarizza, poiché si raggiunge un punto in cui non si può essere tiepidi senza perdere tutto ciò che è stato costruito. Il partito di governo sconta la sua arroganza; ha governato come se potesse tenere sott’occhio l’intera società, incapace a sottrarvisi. Non ha capito che il popolo impara.

Certamente, non ci si dovrebbe aspettare un lieto fine senza una rivoluzione. Se Hernandez viene rimosso da un’operazione dell’impero, la struttura di potere rimarrà intatta e i problemi della società continueranno ad approfondirsi. E quindi questa è solo “una storia in sviluppo”.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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