Venezuela, intervista ad Angelo Mendoza

di Geraldina Colotti

“La gioventù del partito è cosciente del suo ruolo storico. E non si arrenderà mai”. Parla con passione e competenza, Angelo mendoza, militante del Movimiento de la Juventud Izquierda Consciente nella regione del Tachira. Quando lo abbiamo incontrato, all’Assemblea internazionale dei popoli, era appena tornato dalla mobilitazione in difesa del proprio territorio, attaccato dal golpismo con il pretesto di far entrare “l’aiuto umanitario”.

Da quanto tempo esiste il movimento e cosa si propone?

Siamo un’organizzazione sociale di base all’interno del PSUV, il partito della rivoluzione bolivariana. Ci rivolgiamo ai giovani dai 15 ai 35 anni. Il movimento è nato subito dopo la scomparsa fisica di Chavez e si propone tre obiettivi: organizzare, formare e mobilitare i giovani per la rivoluzione, soprattutto in questo momento di attacco imperiale che produce crisi economica. Stiamo orientando tutta la nostra militanza a produrre, per rompere l’asfissia economica a cui è sottoposta la rivoluzione bolivariana a causa delle criminali sanzioni che violano i diritti umani del popolo e mirano a spezzarne la resistenza. Il principale messaggio che rivolgiamo ai giovani è che non dobbiamo farci prendere per lo stomaco o per il portafoglio, ma impegnarci per garantire la sovranità alimentare. Siamo figli di libertadores, amanti dell’autodeterminazione, la gioventù ha una forte coscienza di classe, è consapevole del suo ruolo storico per il presente e per il futuro.

A quali ostacoli dovete far fronte nel Tachira?

Il Tachira è la frontiera più vissuta, soprattutto San Antonio e Cucuta. Dobbiamo lottare contro la mafia del combustibile, contro il mercato nero degli alimenti, contro il paramilitarismo che sconfina in Venezuela come prodotto della guerra interna che si combatte in Colombia da oltre sessant’anni. Inoltre c’è il flagello mondiale della droga, il narcotraffico che prende di mira la nostra gioventù. L’imperialismo, in combutta con il governo fantoccio di Duque, ci attacca da ogni parte e cerca di comprare i giovani affinché abbandonino la lotta, ma non ci riuscirà. Lo abbiamo dimostrato il 23 febbraio quando hanno cercato di penetrare dandoci un ultimatum alla frontiera. Noi abbiamo reagito in perfetta unione civico-militare: i movimenti sociali, la milizia, i collettivi, che vengono demonizzati, ma che sono collettivi di lavoro, di arte, di poesia, di volontariato medico e educativo. Ci siamo organizzati per difendere il nostro territorio e abbiamo respinto gli aggressori.

In che modo? Cosa ti ricordi di quei momenti?

L’attacco vero e proprio è stato preceduto da una guerra mediatica nazionale e transnazionale, da una campagna sulle reti sociali che si è configurata come un attacco psicologico diretto, che ha avuto al centro ancora una volta i giovani. Lo abbiamo visto con il concerto che hanno voluto organizzare per mostrare la loro capacità di attrazione investendo fiumi di denaro.

Dissero che avrebbero portato 500.000 persone da un lato all’altro della frontiera, hanno organizzato tutto uno show, invece gliene sono arrivate al massimo 20.000. Noi abbiamo organizzato un concerto per la pace che abbiamo intitolato Trump giù le mani dal Venezuela. Abbiamo mandato un messaggio anche al popolo colombiano, che disertando quel loro concerto ha espresso la propria contrarietà alla guerra contro il Venezuela, che coinvolgerebbe tutta l’America latina e farebbe scivolare pericolosamente verso il baratro tutto il quadro geopolitico mondiale. Grazie alla resistenza popolare e alla capacità del nostro gruppo dirigente, del nostro presidente operaio Nicolas Maduro, abbiamo smascherato la loro menzogna. Tutti hanno potuto vedere che l’aiuto umanitario era solo un pretesto per far entrare materiale bellico per resuscitare le loro guarimbas. Ma non ci riusciranno. I giovani hanno ribadito e ribadiscono che l’unico aiuto che vogliamo è che tolgano le sanzioni e il blocco economico-finanziario, che ci permettano di comprare alimenti e medicine, che ci restituiscano l’oro che ci hanno rubato. Non vogliamo la loro elemosina. L’aiuto umanitario di cui hanno parlato, non sarebbe bastato neanche a coprire la metà delle borse CLAP destinate al Tachira. Quello che loro portavano era invece guerra e distruzione, per questo al loro concerto non è andato il popolo, ma solo i mercenari al soldo delle imprese nordamericane, o quei rappresentanti delle classi medio-alte, della borghesia e dell’oligarchia colombiana e venezuelana, che guardano agli Stati Uniti e vogliono riportare il paese agli anni bui della Quarta Repubblica.

Che rapporto hai con la storia precedente il chavismo tu che sei cresciuto con la rivoluzione bolivariana?

Durante la Quarta Repubblica ero un bambino, ma i miei genitori che erano rivoluzionari e hanno scontato carcere e persecuzione, mi hanno spiegato le cose. Vengo da una famiglia povera, gente del barrio, abbiamo avuto anche dei famigliari scomparsi per la repressione durante la Quarta Repubblica. I miei faranno di tutto per non tornare agli assassinii selettivi, alle persecuzioni politiche e io l’ho capito bene. Noi figli siamo i primi della famiglia ad aver studiato all’università, ad aver usufruito di un’istruzione pubblica gratuita e di qualità, di un sistema sanitario gratuito, della Gran Mision Vivienda Venezuela che ha dato una casa a oltre 2.600.000 famiglie. Siamo il quinto paese al mondo per matricole universitarie, in pochi anni abbiamo sconfitto l’analfabetismo e la povertà estrema, come ha riconosciuto sia l’Unicef che la Fao. Indubbiamente stiamo attraversando un momento molto difficile ma il popolo è cosciente, sa bene da che parte stanno le responsabilità, e non si farà sottomettere. Questo è un processo di trasformazione strutturale, iniziato con Chavez e proseguito con Maduro che ora dobbiamo approfondire in piena economia di guerra con grande responsabilità e decisione: insieme agli operai ai contadini, ai movimenti popolari. Come giovani abbiamo molto chiaro che la rivoluzione bolivariana è una speranza per l’America latina e per il mondo, lo abbiamo visto anche in questa Assemblea internazionale dei popoli. Abbiamo una grande responsabilità. Se ci sconfiggono, faranno arretrare la sinistra nel mondo intero. Ma sappia l’imperialismo yankee che non ci inginocchieremo. E che non siamo soli.

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