Venezuela, intervista a Gustavo Villapol

di Geraldina Colotti

Durante il nostro ultimo viaggio in Venezuela, in occasione del Foro di San Paolo, abbiamo conversato con Gustavo Villapol, intellettuale impegnato che, a dispetto della giovane età, ha già una lunga militanza nel proceso bolivariano. Attualmente è il direttore del 4F, il giornale del Partito Socialista Unito del Venezuela, capoufficio al ministero del Turismo e membro della Vicepresidenza di Agitazione propaganda e comunicazione del PSUV. Un esempio di resistenza politica e culturale contro il latifondo mediatico e contro le aggressioni imperialiste, che distorcono il significato di quanto accade in Venezuela.

Com’è nato il 4F e qual è la sua linea editoriale?

In questi venti anni di rivoluzione, ci sono state varie esperienze editoriali organizzate dai partiti che hanno appoggiato il proceso bolivariano e volute dal Comandante Chavez, per esempio con il Movimento MBR200. Anche a partire dalla costituzione del PSUV come partito, nel 2007, hanno visto la nascita altri giornali, tutte esperienze straordinarie. Finché, durante il III Congresso del PSUV, nel 2014, un anno dopo la scomparsa fisica di Chavez, prende forma il 4F per volontà del presidente Maduro che è anche il presidente del PSUV. Il 4F è l’organo ufficiale del partito. Da quella data, la nostra piccola squadra si dedica a diffondere le linee, i contenuti e le pratiche espresse nel Libro Rosso del PSUV e nel piano strategico della nazione, il Plan de la Patria, che prefigurano il sogno tracciato nel continente dalla rivoluzione bolivariana. Un giornale di partito che, dall’edizione cartacea è progressivamente cresciuto fino a diventare una piattaforma digitale che si può consultare anche su youtube e sui cellulari. Le notizie vengono trattate in forma di analisi che riguardano sia la realtà venezuelana che quella latinoamericana e mondiale.

Il 4F organizza anche giornate di formazione, sia redazionali che esterne. Come si coniuga questo con l’attività giornalistica?

I popoli in rivoluzione si formano nel fuoco della lotta, altrettanto indispensabile della formazione accademica e tecnica che con la rivoluzione bolivariana il nostro popolo ha ricevuto in maniera gratuita e di qualità. La mia generazione e quelli ancora più giovani di me, tutti i quadri della rivoluzione, hanno studiato in modo gratuito dalle elementari alla laurea e alla specializzazione, com’è il caso mio. Quello che ci ha formato di più è stata però la lotta quotidiana e permanente contro un imperialismo che non si stanca di attaccarci e che pretende rubarci i nostri sogni e la nostra dignità. Il 4F è anche uno strumento di formazione perché raccoglie questa esperienza: è uno dei media che assume in questo senso la formazione permanente, perché bisogna dire che una delle caratteristiche distintive del Venezuela bolivariano è l’esistenza di una molteplicità straordinaria di media alternativi popolari. In ogni angolo del paese esiste una piccola radio, una rivista, un mezzo di informazione comunitario che è garantito dalla legge contro il latifondo mediatico, e che si coniuga con gli altri strumenti di resistenza al blocco economico-finanziario, alle sanzioni, all’attacco feroce dell’imperialismo al nostro paese. Un attacco che si configura come il più tremendo tra quelli sferrati in questo secolo ai paesi che sono diventati bersagli del governo USA. Una minaccia anche militare, se si considera che il nostro spazio aereo è stato violato oltre 90 volte, come nei primi tempi della rivoluzione cubana. La coscienza antimperialista anima la resistenza quotidiana dei media alternativi popolari e rivoluzionari che credono in un mondo diverso, possibile solo con la sconfitta del sistema di ingiustizia e della dittatura mediatica degli oligopoli, e per questo coniugano l’informazione e l’analisi, la formazione e la lotta.

Quanto incide l’esperienza professionale di Tania Diaz, vicepresidente della Commissione Agitazione Propaganda Comunicazione del PSUV nell’orientamento editoriale della rivista?

Tania Diaz è una giornalista di grande esperienza, che si è formata con Chavez, che ha dovuto lottare durane il golpe del 2002, resistere all’assedio della televisione nazionale quando era presidente di VTV, poi ministra della Comunicazione e ora vicepresidente di Agitazione Propaganda e comunicazione del partito. Come giornalista, come donna e rivoluzionaria, la sua esperienza è indispensabile nella direzione della battaglia delle idee, sia all’interno del PSUV che nel 4F.

L’esperienza del 4f mette in moto realtà diverse e diversi profili professionali, eppure l’atmosfera che si respira è di grande armonia, molto diversa da quella che regna nelle redazioni giornalistiche dei paesi capitalisti, dove la competizione predomina e determina le relazioni. Tu e Veronica Diaz, la caporedattrice, avete un tocco particolare?

La discussione sulle modalità della comunicazione nei paesi capitalisti meriterebbe uno spazio a parte. Per quanto ci riguarda, posso dirti che il 4F è un mezzo di comunicazione di nuovo tipo. In maggioranza, quelli che ci scrivono sono militanti. Il 4F usa il cooperativismo come forma di relazione e il collettivismo come forma di incontro tra i giornalisti, tra gli attivisti della comunicazione popolare, tra i tecnici, che animano la rivista non per soldi o prebende, ma per una coscienza profonda del processo che stanno vivendo. E’ questo il segreto del successo.

Non è che le esperienze precedenti non l’abbiano avuto, ma il fatto è che con la morte del Comandante abbiamo acquisito ancor più coscienza di quel che significa restare uniti, perché solo un popolo unito può “riempire” l’assenza di Chavez. Questo vuol dire: “Chavez siamo tutti”. Questo è lo sforzo che stiamo facendo nel 4F facendo uscire la rivista in barba a tutte le avversità, compresa la carenza di carta stampata dovuta alla guerra economica, costruendo una piattaforma digitale presente a livello internazionale: con l’idea che per piccolo che sia, il nostro progetto ha la forza di un progetto più grande, quello del socialismo bolivariano, che è arrivato in Venezuela per restarci, che è arrivato nel mondo per restarci. Una forza politica che surclassa la banalità della destra internazionale. L’imperialismo non capisce che siamo una forza politica battagliera non solo per quantità, ma per qualità e capacità. Per questo sempre si scontra contro un muro di dignità tremendo. Il 4F che riesce a far uscire la rivista con poca carta, senza internet, in pieno sabotaggio elettrico, ne è un piccolo esempio: è espressione della forza di un popolo che non vuole abbassare le braccia.

Il 4F ha seguito e animato dall’interno le giornate del Foro di San Paolo. Che bilancio ne fai?

Il Foro di San Paolo è nato nel pieno dell’ondata neoliberista che ha attraversato il pianeta dopo la caduta dell’Unione sovietica, e che sembrava invincibile. Vi hanno partecipato quelli che sarebbero poi diventati leader straordinari nel secolo 21. Con il momentaneo arretramento tattico delle forze di sinistra che si è verificato nel secondo decennio di questo secolo, il Foro di San Paolo si è trasformato in una forza indispensabile per la costruzione del progetto bolivariano latinoamericano e caraibico che portiamo avanti in Venezuela, patria di Simon Bolivar. Nel FSP si ritrovano e si congiungono movimenti sociali, partiti, spazi indispensabili a un progetto unitario nel continente per sconfiggere l’imperialismo e passare alla controffensiva. Già il popolo honduregno si sta sollevando, e così quello di Porto Rico, nel cuore dell’imperialismo nordamericano, e così accade in Argentina, in Brasile, in Ecuador contro il tradimento di Moreno e in tutti i popoli del continente che si sono incontrati qui. L’imperialismo ha attaccato il FSP perché ne ha paura: sa che se uniamo la forza dell’amore, della ragione e delle idee possiamo lanciare una controffensiva efficace e vincente. Per questo, con tutta l’umiltà ma anche con la massima determinazione ci troviamo qui.

La guerra economica contro il Venezuela colpisce anche il settore del turismo, mediante una campagna mediatica di terrore. Dal tuo osservatorio al ministero, quali contromisure state mettendo in campo per fare del turismo uno dei motori di riscatto dell’economia com’è stato a suo tempo per Cuba e come ha auspicato il presidente Maduro?

Stiamo facendo uno sforzo importante, sono stati firmati diversi accordi con varie imprese a livello mondiale. Il mese scorso, la ministra Estela Lugo (ora sostituita da Feliz Plesencia Gonzalez, ndr) ha incontrato 100 imprenditori internazionali, non lo abbiamo pubblicizzato per via del blocco economico, per proteggere dal ricatto quanti credono nel Venezuela.  Conviasa, la nostra principale linea aerea, con il supporto di Venetur sta aprendo nuove linee aeree: per il Nicaragua, per Cuba, per la Bolivia, per vari paesi asiatici e anche con l’Europa e già stanno arrivando turisti da vari paesi con diversi voli quotidiani. La seconda tappa è di carattere promozionale: si sta organizzando una grande campagna pubblicitaria per rompere l’assedio nei paesi che promuovono propaganda negativa. Certo, non abbiamo più le condizioni di favore economico garantite dal prezzo alto del barile di petrolio, ma supereremo le difficoltà moltiplicando gli sforzi.

Quanto pesa in questa campagna il turismo di prossimità che consentirebbe di mostrare non solo le bellezze paesaggistiche, ma anche la realtà sociale, politica e ambientale del socialismo bolivariano?

Quest’anno abbiamo inaugurato oltre 50 percorsi turistici di prossimità che hanno a che vedere con quel che sta succedendo in Venezuela in termini politici, ecologici, sociali, storici. Per quanto riguarda il turismo finalizzato a incontri politici, si è firmato un accordo con 13 sindacati di 13 paesi del mondo, sia del continente latinoamericano che degli Stati Uniti, nel corso di un convegno intitolato “Turismo di classe per la classe”. In tutto, sono stati coinvolti oltre 14.000 lavoratori e lavoratrici di varie parti del mondo, che per tutto l’anno compreranno pacchetti turistici a Venetur per un viaggio che per metà sarà di svago, per l’altra metà sarà di conoscenza della nostra realtà politica come il Percorso bolivariano Comandante Chavez.
Non tutti possono vantare la presenza di un Simon Bolivar, il libertador che ha macinato più chilometri di Napoleone o di Alessandro Magno, che ha liberato 5 paesi e che non è andato in battaglia per conquistare continenti, ma per liberarli. Non tutti possono vantare la presenza e l’impronta indelebile di Chavez, quella di straordinarie comunas che s’innervano alle bellezze del paesaggio, spesso uniche al mondo. Agli italiani, agli europei vorrei dire: venite tranquilli, non mangiamo i bambini, non esiste una situazione di guerra, ma un luogo in cui si sta vivendo con intensità la realtà politica mondiale. Venite, e vi riceveremo a braccia aperte.

 

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