Ci sono alcune celebrazioni in Ecuador. Sono cominciate la serata della domenica quando il governo nazionale ed il movimento indigeno, centralmente attorniato nella Coordinatrice delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE) hanno annunciato di essere giunti ad un accordo rispetto al decreto 883, quello che ha tolto i sussidi alla benzina.
La reazione è stata doppia. Da una parte, le strade si sono riempite di euforia dopo quello che è stato considerato come una vittoria dopo 11 giorni di proteste confrontate con una forte repressione. Lo scenario di battaglia del centro di Quito è stato di applausi, clacson, camion carichi di gente con bandiere dell’Ecuador, tassisti, feste nei quartieri popolari.
D’altra parte, è cominciata la domanda su che cosa si era ottenuto esattamente. Si era trattato di una deroga immediata ed effettiva, come ha annunciato ed ha celebrato la CONAIE, o di una sostituzione senza data determinata, come ha annunciato nel suo account di Twitter il presidente Lenin Moreno?
Parte della risposta è stata chiarita dal comunicato delle Nazioni Unite dell’Ecuador, organismo mediatore nel dialogo, che ha affermato che “si lascia senza effetto il decreto 883” e “si procederà in maniera immediata a lavorare nell’elaborazione di un nuovo decreto, che permetta una politica di sussidi, con una messa a fuoco integrale, che prevenga che questi non si destinino al beneficio di persone con maggiori risorse ed ai contrabbandieri, con criteri di razionalizzazione, focalizzazione e settorializzazione”.
La stessa notte della domenica si è installata la commissione per, ha informato la CONAIE, “la redazione del decreto che lo rimpiazza -il 883 – e questo non finisce fino a quando l’accordo non si concreti completamente”.
In questo modo, si è ottenuta una vittoria parziale dentro l’insieme di misure accordate tra il governo ed il Fondo Monetario Internazionale, essendo il decreto 883 quello di maggiore impatto nell’economia e nella battaglia simbolica. Il risultato finale di questa parzialità dipenderà dal nuovo decreto che si sta preparando.
Esternamente allo spazio di dialogo c’è anche, fino ad ora, un accordo sul procedimento per investigare le attuazioni e gli abusi delle forze di sicurezza dello Stato, che è costato almeno 7 morti, 1152 detenuti e 1340 feriti.
Esisteva la possibilità di ottenere una vittoria maggiore? Questa domanda riunisce i principali punti interrogativi. Secondo i protagonisti delle giornate, cioè la CONAIE, non era possibile. E le mobilitazioni, sebbene non sono state unicamente del movimento indigeno, sono ricadute principalmente nella sua capacità di azione, sia in Quito come nei blocchi delle strade nel paese.
Un altro scenario preoccupante in parallelo al dibattito sul decreto: la persecuzione contro i dirigenti della Rivoluzione Cittadina, lo spazio politico dell’ex presidente Rafael Correa. Quell’azionare era stato annunciato da Moreno, scaricando la responsabilità dei fatti di violenza accaduti sulle spalle di Correa. La tattica del governo è stata quella di riconoscere gli indigeni come interlocutori legittimi e criminalizzare il “correismo”.
Lo spiegamento persecutorio è cominciato durante i giorni della mobilitazione: la membro dell’assemblea Gabriela Rivadeneira ha dovuto rifugiarsi nell’ambasciata del Messico e l’ex sindaco Alexandra Arce è stata arrestata. All’alba del lunedì è stata fermata nella sua casa la prefetta di Pichincha, Paola Pabon, ed in mattinata è stata perquisita la casa dell’ex membro dell’assemblea Virgilio Hernandez.
Questi arresti e persecuzioni attraverso il potere giudiziale articolato alla condanna mediatica si sono sommati con casi anteriori, come quello dell’ex vicepresidente Jorge Glas, quello dell’ex cancelliere Ricardo Patiño, rifugiato in Messico, e quello dello stesso Correa.
In questo modo, Ecuador avanza su vari temi simultaneamente: quello della celebrazione della vittoria parziale della CONAIE e la mobilitazione popolare che è durata undici giorni, quello della persecuzione del “correismo” come parte dell’attacco politico di Moreno al suo avversario, e quello dello stesso governo che ha dovuto cedere sul decreto 883, ma che cerca come non modificarlo sostanzialmente.
Dentro questo quadro si sottolinea un elemento di maggiore complessità: le differenze tra una parte della direzione della CONAIE ed il “correismo” che durano da vari anni, che sono state risaltate via Twitter durante i giorni di protesta, e sono rimaste in primo piano durante il dialogo, quando il presidente del movimento indigeno Jaime Vargas si è scagliato contro la Rivoluzione Cittadina.
Ecuador, che ha albeggiato oggi nel suo primo giorno con decompressione delle mobilitazioni, vive uno scenario complesso. Il governo di Moreno non si tratterrà nel suo tentativo di neoliberalizzazione dell’economia che ha, nell’FMI, un punto di profondità, come nel suo allineamento con gli Stati Uniti, come epicentro della sua politica estera. Quali saranno i prossimi passi della CONAIE? Che cosa farà il “correismo” davanti alla persecuzione politica? I pezzi sono in movimento.
di Marco Teruggi preso da Pagina 12
traduzione di Ida Garberi