Lo storytelling del circuito mainstream sulla Bolivia dove si è consumato un golpe che ha rovesciato il governo legittimo di Evo Morales e ogni giorno mostra il suo vero volto sempre più feroce, fa acqua da tutte le parti.
I due assi su cui poggia la narrazione tossica del mainstream sono completamente traballanti. Le elezioni presidenziali sono state nettamente vinte, senza alcun broglio, da Evo Morales, il presidente che aveva tutta la legittimità a concorrere per un quarto mandato essendo stato abilitato dal Tribunale Supremo Elettorale della Bolivia.
“Né l’OSA né chiunque altro potrebbe dimostrare che ci sono stati irregolarità sistematiche o diffuse”, afferma il Center For Economic And Policy Research di Washinton in un rapporto dove smonta ogni ipotesi di brogli nella competizione elettorale boliviana per assegnare in maniera fraudolenta la vittoria a Evo Morales.
Il lavoro del CEPR si è concentrato sul ruolo giocato dall’Organizzazione degli Stati Americani.
Dal rapporto emerge che i “risultati del conteggio provvisorio sono coerenti con il risultato finale”. Nessuno dei due conteggi mostra schemi stranieri rispetto alla distribuzione del voto nelle precedenti elezioni; il conteggio provvisorio fu sospeso all’80% perché era quello che era stato concordato e ripreso, il giorno dopo, su richiesta dell’OSA; e che al contrario il conteggio definitivo e legalmente valido “non ha avuto interruzioni significative”.
Altro punto saliente del rapporto CEPR è che è stata la stessa OSA a raccomandare un Morales di utilizzare il sistema TREP, implementato per il conteggio provvisorio e sul quale sono fondate tutte le previsioni dell’agenzia presieduta da Almagro riguardo alle irregolarità nel processo elettorale, anche se non ha validità legale.
Nelle sue conclusioni, aggiunge che “i dubbi non comprovati dall’agenzia ha lanciato sulle elezioni” hanno avuto un’influenza significativa sulla copertura mediatica e quindi sull’opinione pubblica e che “la politicizzazione di quello che normalmente è un processo indipendente – come il monitoraggio elettorale – sembra inevitabile quando assegnato incaricato di tale compito rilascia dichiarazioni prive di fondamento che afferma in dubbio la validità del conteggio elettorale “. Cioè, l’OSA ha gettato legna da ardere inutile e illegittima in un incendio che l’agenzia stessa ha creato.
Evo Morales poteva ricandidarsi?
Venuta meno la narrazione sui brogli le attuali accuse che vengono mosse a Evo Morales riguardano la presunta non costituzionalità della sua quarta candidatura. Si tratta di critiche fondate? Noi pensiamo di no e vi spieghiamo il perché.
Nel 2016, in Bolivia, si è tenuto un referendum per votare una parziale riforma della Costituzione, che includeva una proposta dei movimenti sociali per consentire la rielezione del presidente Evo Morales e del vicepresidente Álvaro García Linera per il periodo 2020-2025.
Il No è ??risultato vincitore con il 51,31 percento dei voti, mentre il Sì ha ottenuto il 49 percento, secondo il rapporto del Tribunale Supremo Elettorale (TSE).
Il governo boliviano e i movimenti sociali hanno denunciato la campagna diffamatoria contro il presidente per promuovere la vittoria del no nel referendum costituzionale.
Su tutti il caso di Gabriela Zapata.
Come rivelato dall’agenzia di stampa ABI, la vicenda fu montata da Carlos Valverde, ex capo dei servizi segreti boliviani al principio degli anni 90’ «divenuto un giornalista e fervente oppositore di Morales e del suo governo progressista».
Valverde denunciò che Morales aveva un figlio nato dalla relazione con Gabriela Zapata e questa circostanza sarebbe stata utilizzata dalla donna per fare buoni affari.
Gabriela Zapata, rivelò in seguito che prepararono appositamente per lei una sorta di ‘sceneggiatura’ da recitare in occasione della sua apparizione davanti all’Assemblea Legislativa.
Dunque, una colossale fake news è costata una sconfitta di misura al referendum ad Evo Morales.
Tuttavia, nel 2017 una sentenza della Corte costituzionale plurinazionale (TCP) ha consentito la ricandidatura di Morales, in base all’articolo 23 della Convenzione Americana sui Diritti Umani. Che ha trovato applicazione anche per governatori, sindaci, consiglieri e membri dell’Assemblea.
La sentenza è stata il risultato di un appello presentato dai movimenti sociali, in cui hanno chiesto di rispettare il diritto del presidente di essere eletto e quello del popolo di eleggerlo.
Quindi, a dicembre 2018, il Supremo Tribunale elettorale della Bolivia (TSE) ha dato il via libera a Morales e García Linera a partecipare come candidati al Partito del movimento per il socialismo, alle elezioni primarie di gennaio 2019.
La decisione dell’autorità boliviano incontrò anche il favore dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e dello stesso segretario generale dell’OSA Luis Almagro, tant’è che Evo Morales stesso ebbe parole di ringraziamento per Almagro per aver “legittimato” e “legalizzato” la sua ricandidatura.