Discorso pronunciato da Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Presidente della Repubblica di Cuba, nell’incontro di solidarietà con Cuba, effettuato in Argentina, il 9 dicembre del 2019, “61º Anno della Rivoluzione”
Viva l’Argentina! (applausi ed esclamazioni di: “Viva!”)
Viva Cuba! (applausi ed esclamazioni di “Viva!”)
Viva Fidel! (Esclamazioni di: “Viva!”)
Viva il Che! (Esclamazioni di: “Viva!”)
Care amiche, cari amici,
Fratelli argentini:
prima di tutto voglio ringraziare il popolo argentino. Siamo qui da alcune ore, che quasi sommano un giorno della visita, la prima, in questa bella terra fraterna e negli incontri che abbaiamo avuto con i rappresentanti del popolo argentino : artisti, sociologi, intellettuali, imprenditori e gente qualunque, posso dire che abbiamo appreso molto e abbiamo ricevuto molto affetto.
Voglio ringraziare il movimento di solidarietà con Cuba in Argentina, le autorità dell’Università di Buenos Aires e della Facoltà di Scienze Esatte per l’ opportunità di questo incontro, emozionante e anche combattivo.
Voglio ringraziare le parole di Eugenia per la sensibilità di questa dottoressa laureata a Cuba.
La passione di Leonel con la musica del suo bandoneón. Leonel l’ho conosciuto in casa di un amico argentino che vive a Cuba da molti anni.
Nel cortile di questa casa, una notte Leonel ci intrattenne con le sue canzoni, con tanghi argentini, con canzoni di Silvio e altre di Fito.
E Leonel andava a fare un giro per Cuba con uno zaino, a percorrere il paese, e fu tanta l’umiltà con cui ci disse che andava a camminare tutta l’Isola, che noi dopo ci demmo l’incarico di telefonare ogni giorno ai compagni del Partito in ogni provincia dove doveva passare Leonel per far sì che, come diciamo noi cubani “gli tirassero una corda” ossia lo aiutassero. ( Risate e applausi)
Grazie a Hugo per le sue parole rappresentando i lavoratori argentini.
Grazie a Paula per la musica della sua chitarra e alla canzone. Paula oggi è stata con noi nell’incontro con gli artista è venuta con la sua chitarra e non c’è stato tempo perchè cantasse, ma comunque ha già cantato qui.
E grazie a tutti voi.
Una delle impressioni più immediate di questo viaggio, di questo incontro, è che coincidiamo in molte idee che dobbiamo difendere e le dobbiamo difendere sino alle ultime conseguenze.
Voglio anche esprimere una sensazione personale con quello che avviene in questo incontro : sono convinto che qui sono presenti Fidel e il Che (applausi).
Mi emoziona molto stare finalmente, per la prima volta in Argentina con amici e fratelli argentini. Credo ch ei motivi voi li conoscete bene come me: per noi cubani questa è una nazione alla quale dedichiamo un affetto speciale praticamente da quando veniamo al mondo.
Forse questa prima empatia viene dal tango, che da sempre ha avuto il suo spazio quasi tutte le emittenti di Cuba. Ma c’è una ragione più profonda che marca i destini di tutti e due i popoli. Qui è nato il Che, che fu dichiarato cubano per nascita, cosa eccezionale, condivisa nella nostra storia solo con il Generalissimo Máximo Gómez, straordinario militare dominicano che divenne Generale in Capo delle truppe mambì nelle nostre guerre d’indipendenza.
Inoltre la città dove sono nato, cresciuto e mi sono formato come dirigente rivoluzionario è Santa Clara, che si è proclamata con tutto l’orgoglio la Città del Che, perché lì si sferrò con successo e ai suoi ordini una delle battaglie decisive per il trionfo del 1º gennaio del 1959. In questa città riposano i suoi resti immortali
A questa storia si sono poi sommati amici ed emozioni già inseparabili dai nostri sentimenti, da tutti i compagni che il Che ha portato con sé nella costruzione dei nostri sogni di giustizia sociale negli anni della fondazione; passando per il dolore condiviso per i 30.000 scomparsi; le lotte delle nonne e delle madri di Plaza de Mayo; la passione per il calcio, Maradona e la sua personale amicizia con Fidel ; il meglio del cinema latinoamericano e del rock in spagnolo, sino a giungere a Néstor e Cristina, il cui legato si cristallizza oggi nella vittoria d’ Alberto. Come direbbe León Gieco: tutto è guardato nella memoria. E domani, ha sostenuto, quando l’alba del l‘Argentina sarà più luminosa e piena di speranze, Cuba starà con voi».
Come direbbe León Gieco: tutto è conservato nella memoria e quella che condividiamo è immensa e arriva nel profondo.
Altri motivi d’emozione sono un pò più privati e li racconterò oggi pubblicamente per la prima volta.
Nel luglio del 2006 appena tornato dal suo ultimo viaggio all’estero, precisamente in Argentina, per partecipare a un Vertice storico di Mercosur, il Comandante in Capo della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro Ruz, mi chiamò a Holguín, dove allora io ero il dirigente del Partito Comunista di Cuba, per dirmi che dopo la manifestazione del 26 di Luglio nella vicina provincia di Granma, sarebbe venuto nella nostra provincia.
Mi ricordo ancora l’entusiasmo di Fidel quando arrivò. A meno di un mese dai suoi 80 anni non sembrava stanco per il lunghissimo volo, né per l’intensità delle emozioni vissute qui e poi a Bayamo, il capoluogo della provincia Granma.
Nella riunione del Mercosur lui aveva esposto e proposto di condividere con i governi del blocco le esperienze di Cuba nel Programma di Efficienza Energetica. Poi lui e Chávez avevano visitato la casa museo del Che in Altagracia, dove avevano commentato alla stampa i sogni d’integrazione che condividevano
In Internet si possono incontrare alcuni video dell’affollatissimo ricevimento che ricevettero i nostri leaders in quella visita alla casa del Che, e l’entusiasmo dei due per dare, per dividere, per integrare risorse umane e di ogni tipo. Parlarono del progetto congiunto per rendere la vista a milioni di persone: la Missione Miracolo, che tempo dopo ebbe i suoi missionari precisamente a Córdoba.
Nella storica università di questa provincia , la cui riforma impattò tutta l’America, Fidel e Chávez pronunciarono discorsi che emozionano ancora.
Lì il Comandante i Capo definì incredibile che esistessero ancora 50 milioni di analfabeti nell’emisfero e più di 200 milioni di semi analfabeti funzionali e da lì promosse il programma di alfabetizzazione “Io sì Posso” che era già usato in Bolivia con la collaborazione di Cuba e del Venezuela e che è presente oggi anche in Argentina.
Poi, già in Holguín, mi disse con la sua energia e una passione che non scorderò mai : « L’ALBA sta qui!». Si riferiva a un’opera di generazione che distribuiva elettricità, che stavamo inaugurando, ma anche ai latinoamericani che allora studiavano medicina e altre discipline nella provincia : 1000 di loro, boliviani che risiedevano in case di famiglie locali e migliaia di venezuelani che si formavano come lavoratori sociali.
Tutti loro parteciparono a quell’ indimenticabile manifestazione.
Precisamente tra qualche giorno celebreremo a L’Avana il 15º anniversario di quelle idee di Fidel e Chávez che cristallizzarono nell’ ALBA-TCP, l’alleanza solidale di vari paesi, che diede inizio a uno dei periodi più promettenti e pieni di speranza della storia di Nuestra America. Tanto promettente e pieno di speranza, che i nemici dell’integrazione regionale si sono impegnati a distruggerla e attaccano senza pietà e con i metodi più barbari i governi progressisti e i loro progetti solidali.
Dall’Honduras al Paraguay, dall’Ecuador al Brasile, dal Nicaragua alla Bolivia, dal Venezuela a Cuba, hanno messo in pratica, sino a dove hanno potuto tutte le modalità di colpi possibili e hanno riattivato le peggiori esperienze della OSA per eseguirli.
È impossibile ovviare che è stato precisamente a Córdoba, nel 2006, nel Vertice dei Popoli, che Hugo Chávez annunciò che il petrolio venezuelano aveva come priorità i paesi del blocco regionale. E sempre lì avvertì sui rischi dell’egemonia nordamericana che “deve terminare perche minaccia il mondo”.
E Fidel commentò: «Questa integrazione ha nemici di secoli e non sono felici quando ascoltano le notizie di questa riunione».
i fatti successivi danno ragione a tutti e due i leaders, tutti i giorni in Nuestra America.
Amici e amiche:
Ho ricordato con emozione le indimenticabili giornate de Fidel in Argentina nel 2006, ma non posso non citare quella visita che aveva realizzato tre anni prima nel 2003, con lo stesso proposito che abbiamo noi oggi, partecipare a una storica nomina ufficiale presidenziale, in quell’occasione,quella di Néstor.
Quella scalinata della Facoltà di Diritto dell’Università di Buenos Aires, strapiena di studenti, di professori, di popolo, con più di 50000 persone attente a un discorso di più di due ore – il mio non sarà così – (risate), in una fredda notte locale, è parte delle nostra più profonda connessione di cosa significa essere e sentirsi latinoamericano e dell’emozionate connessione dei nostri popoli.
Le parole di Fidel quella notte ebbero una eco straordinaria per il loro contenuto di denuncia del modello neoliberale che s’impose nella regione, con un elevato costo sociale, particolarmente qui, dove generò una grande instabilità politica per le pene e le sofferenze che provocò tra il popolo argentino. Alcuni amici che organizzarono quell’incontro stanno partecipando anche qui, oggi.
Quello era un contesto molto simile a quello che viviamo oggi.
Il popolo argentino salutava con allegria e speranza l’arrivo di Néstor alla presidenza. Il paese era enormemente indebitato e immerso in una profonda crisi. Cuba era minacciata dal governo guerrafondaio dell’allora presidente George W. Bush, impegnato ad attaccare quelli che aveva definito “oscuri angoli del mondo”, tra i quali eravamo inclusi, mentre induriva il blocco. Cambiamo i nomi e stiamo vivendo tempi uguali.
Questu ricordi servono per reiterare qui che il popolo cubano non si farà intimorire nemmeno stavolta dall’attuale amministrazione statunitense! (Applausi).
Lo escenario torna ad essere quello della lotta per i diritti dei popoli, per l’ unità e la pace della nostra regione contro le dittature neoliberali e i loro strumenti militari, polizieschi, giudiziari, mediatici e per la preservazione del pianeta e delle sue risorse naturali sempre più minacciate.
Le oligarchie neoliberali, appoggiate dal Governo degli Stati Uniti si afferrano a non cedere il controllo di tutto quello di cui si sono impadroniti negli ultimi anni con metodi disonesti e perversi.
Appggiati da giudici corrotti e dal controllo del monopolio dei media di comunicazione nella dinamica era delle reti sociali , impulsano e applicano moderne tecniche di manipolazione e processi giudiziari ,motivati politicamente, quasi sempre con una messa a fuoco per perseguire, detenere, e distruggere l’immagine dei leaders politici progressisti e sociali di sinistra.
L’episodio più recente di questi scontri è stao il colpo di Stato contro il presidente costituzionale della Bolivia, Evo Morales Ayma, al quale reiteriamo da qui la nostra invariabile solidarietà e appoggio, così come al suo nobile popolo (Applausi).
In Bolivia, come in altri paesi dell’America del Sud, la repressione brutale e le gravi violazioni dei diritti umani, con decine di morti, centinaia di feriti e migliaia di detenuti nelle proteste sociali di fronte al colpo, contro politiche e leggi neoliberali e la violenza sociale, si producono con lo sguardo complice degli Stati Uniti, dei governi oligarchici e della disprezzabile OSA.
Non abbiamo letto o ascoltato nemmeno una parola da parte loro di fronte alla distruzione dell’istituzionalità e le violazioni flagranti e di massa dei diritti di migliaia di cittadini in protesta , in maggioranza dei giovani oggi in America Latina.
È una burla il loro tentativo di presentare le proteste come una minaccia al presunto ordine democratico.
I latinoamericani ci rendiamo conto che i politici neoliberali e la politica usata sono impotenti per risolvere i nostri problemi e migliorare le vite e l’America Latina si è stancata.
La riduzione dei salari, l’indebolimento dei diritti dei lavoratori, la privatizzazione e la cancellazione dei servizi pubblici non sono presenti nei discorsi elettorali.
Si applicano dopo in un tradimento ai popoli, mentendo loro.
E come ha detto nel suo momento Abraham Lincoln: “Puoi ingannare tutto il mondo per qualche tempo; puoi ingannare alcuni per tutto il tempo. Ma non puoi ingannare tutto il mondo tutto il tempo”.
Il neoliberalismo fomentato dagli Stati Uniti in America Latina ha reso i cittadini più disuguali, più poveri, meno protetti e li ha portati a diffidare dei politici.
In America Latina il neoliberalismo ha indebolito le prestazioni sociali considerandole “molto generose” e ha ridotto l’accesso alla salute universale, all’educazione e le pensioni.
È facile comprendere che ora i popoli di Nuestra America respingano l’impatto del neoliberalismo, che ha aumentato la disuguaglianza, la povertà, gli indici di violenza, la criminalità. Non è vero che destabilizzano: difendono solo i loro diritti fondamentali.
Cuba chiama a fermare gli attacchi contro i giovani e gli studenti, fermare quelli che uccidono, accecano, aggrediscono invalidi o persone gravemente ferite per dire le loro verità.
Cuba chiama tutte le forze politiche oneste del pianeta a reclamare che finiscano gli attacchi e le persecuzioni giudiziarie contro la vice presidente Cristina Fernández e l’ex presidente brasiliano Luiz Inácio “Lula” da Silva (applausi).
Cuba allerta che la battaglia contro il neoliberalismo e l’imperialismo sarà molto più dura, perchè sono riusciti a far proliferare trattati di libero commercio leonino con i quali hanno teso trappole di sottomissione tanto gravi come quella dell’Area di Libero Commercio delle Americhe che si sconfisse qui in Argentina, in quel indimenticabile Vertice di Mar del Plata nel 2005, guidato da Néstor e da Chávez.
Cari amici e amiche:
La nostra Cancelleria ha emesso pochi giorni fa una forte Dichiarazione di denuncia sulla guerra sporca che l’imperialismo e le oligarchie nazionali fanno contro i processi progressisti della regione.
Il documento enumera le azioni di destabilizzazione promosse da Washington, i cui principali capoccia -non è possibile chiamarli in altro modo- già non usano eufemismi per trattarci come “illoro cortile posteriore”, per dissotterrare l’ascia della Dottrina Monroe ed estendere le peggiori pratiche del Maccartismo, con forme più sofisticate, come il chiamato lawfare, che pretende di seminare la falsa matrice che i leaders della sinistra sono corrotti.
Come quando sono stati vissuti in Nuestra America anni, mesi e giorni dolorosamente ammonitori per la detta Guerra della IV Generazione, il recente scontro di Cristina con i suoi boia torna a provare quello che Fidel disse tante volte: «Non c’è arma più poderosa della verità ».
Anche i media piu ostili hanno dovuto riconoscere l’evidente manovra e l’illegalità dei metodi usati nel tentativo di togliere i candidati del Frente de Todos dal cammino alla presidenza.
La vittoria elettorale nel mezzo di questa feroce campagna è la miglior espressione della speranza che apre questa nomina presidenziale alla quale ci sentiamo onorati d’assistere e d’essere testimoni di un o momento storico in questo ammirato paese e per felicitare i protagonisti. (applauso)
Felicità Alberto e felicità Cristina, per il coraggio e per l’unità che avete mantenuto di fornte ai tenativi dei vostri avversari politici di distruggervi
Felicità Argentina! (applausi.)
Come dice la canzone: Chi ha detto che tutto è perduto, Cuba viene a offrire il suo cuore (Applausi e esclamazioni di: “Cuba, Cuba, Cuba, il popolo ti saluta!”).
Cuba è venuta a esprimere la sua solidarietà con il nuovo Governo della nazione fraterna e a condividere con tutti voi che avete difeso e appoggiato il popolo cubano nelle ore più dure, una valutazione del momento in cui viviamo e del modo in cui lo affrontiamo.
So che tutti voi seguite da vicino le notizie sul nostro paese e non abuserò del tempo che avete rubato a altri impegni per stare con noi.
Voglio solo confermare che così come abbiamo denunciato nelle Nazioni Unite e in tutti i Forum o piattaforme dove abbiamo potuto, il blocco a Cuba è cresciuto criminalmente e non passa una settimana senza una nuova decisione di sanzioni dirette contro l’economia e le finanze cubane, danneggiando anche terzi, come una pratica di reale terrorismo economico.
Questa persecuzione si accompagna a minacce e accuse tanto false quanto ridicole nei messaggi dei portavoce presidenziali, come il signor Pompeo e anche lo stesso presidente degli Stati Uniti.
Al colmo della malvagità, nel tentativo di chiudere qualsiasi via a Cuba per accedere a risorse finanziarie, hanno lanciato una cinica crociata contro la cooperazione medica internazionale, accusando il nostro paese di una presunta schiavitù moderna e tratta delle persone che lavorano nel nostro sistema di salute con fini, dicono, di sfruttamento e ingerenza di questo personale nei temi interni degli Stati con i quali mantengono la collaborazione.
Questi tentano, nello stesso tempo, di ristabilire il detto Programma di /Parole per Professionisti Medici cubani/, con l’evidente obiettivo di sabotare i nostri accordi bilaterali, privare di questi servizi le nazioni beneficate e spogliarci di risorse altamente qualificate in un paese bloccato da sei decenni.
Un nuovo fantasma percorre il mondo: ora si accusano Cuba e il Venezuela di promuovere l’instabilità nella quale il neoliberalismo e la propria pratica di un commercio disuguale per niente solidale con la regione, ha sottomesso vari paesi.
Come affermano gli esperti si sta cercando di seminare una matrice gobbelsiana, nel peggiore stile degli anni del nazismo tedesco, nel caso di Cuba per sostenere la politica genocida del blocco, condannata dall’immensa maggioranza del pianeta.
Cos fa Cuba di fronte a questa guerra illegale, immorale, che contravviene tutti gli accordi internazionali delle relazioni tra paesi sovrani?
Abbiamo deciso di resistere e difenderci creando, con enfasi nella difesa e nell’economia.
Quando affermiamo che Somos Cuba e Somos Continuidad, non stiamo dicendo solo una consegna, ma esprimiamo la volontà di mantenere le conquiste della Rivoluzione e la dignità che ci hanno dato come legato i nostri leaders (applausi) una volontà condivisa dalla maggioranza assoluta del popolo cubano.
José Martí diceva: “Nè ipopoli nè gli uomini rispettano chi non si fa rispettare (…) Uomini e popoli vanno per questo mondo ficcando il dito nella carne estranea per vedere se è tenera o se resiste e si deve mettere la carne dura in modo che scacci le dita provocatrici”.
Che Guevara allertava così dopo che non si può avere fiducia nell’imperialismo “ma nemmeno un pochino così”.
Tutta la nostra storia è costruita su fermi pilastri di resistenza contro le ansie annessioniste e contro l’intromissione imperiale, non solo del nostro stesso destino, ma nel destino di tutta Nuestra America e di tutti i popoli che lottano per la propria sovranità.
Fidel, il miglior discepolo di Martí e un geniale interprete dell’ideale rivoluzionario latinoamericano e universale, da Bolívar ai nostri giorni, ci ha educato nella solidarietà e l’internazionalismo senza frontiere. In molti sensi ci ha insegnato a intendere e praticare il principio martiano chePatria è Umanità, dai confini dell’Africa a Nuestra America e al resto del mondo, includendo il più nobile del popolo nordamericano.
Per Cuba la sfida è colossale. L’ostilità sproporzionata dell’attuale Governo nordamericano viola il Diritto Internazionale e le norme di navigazione e commercio e ci ha obbligato a superare serie difficoltà nel rifornimento dei combustibili.
S’indurisce il blocco con l’attivazione del III Titolo della Legge Helms-Burton, mediante la quale il Governo nordamericano incorre in enormi violazioni dei diritti umani dei cubani e danneggia imprese internazionali e di terzi paesi sovrani.
Senza dubbio queste minacce non ci fermano o non ci fanno sviare dal nostro corso. Siamo preparati a pagare le conseguenze di una campagna elettorale in questo paese che può provocare che si accentui il corso del confronto con Cuba e con altri paesi fraterni.
Lo abbiamo detto nel recente Vertice del Movimento dei Paesi non Allineati In Azerbagian, dove è stato espresso un allarme generalizzato per la crisi del multilateralismo che oggi pone in pericolo il sistema delle Nazioni Unite.
Ossia non siamo soli in questa lotta contro le minacce alla pace e alla stabilità ragionale e planetaria.
A livello globale si avverte una grande preoccupazione per i passi indietro in ambiti importanti come l’autodeterminazione e la sovranità delle nazioni, l’ambiente e lo scontro al cambio climatico, i diritti umani, la giustizia sociale e la ricerca dell’equità.
Nella lista dei passi indietro mettiamo il sistema interamericano, che riattiva meccanismi di tanto odiosa memoria come il Trattato d’Assistenza Reciproca (TIAR) che lo stesso impero si è incaricato d’applicare qui nelle Malvine, appoggiando potenze extra regionali¡ (applausi), mentre si rinnova l’aggressività della spregevole OSA e del suo Segretario Generale,utilizzati sempre più come strumenti di pressione politica dagli Stati Uniti contro Nuestra America.
Per questo, per noi, come per il resto dei governi di sinistra e progressisti, continua ad essere un impegno di prim’ordine quello che ha ripetuto tante volte Fidel : seminare idee e valori, creare coscienze e mobilitazioni popolari, unire le forze. Soprattutto stare uniti, in tutta la nostra diversità, ma uniti! (applausi).
Non è casuale che tra gli obiettivi dell’attacco imperiale e oligarchico ci siano la Celac, la Unasur, il Mercosur e l’ALBA, e che una e un’altra volta insistano che non smetteranno sino a distruggere Cuba, l’esempio di Cuba, l’ardire d Cuba.
Ed è lecito chiedersi : Perchè Cuba? La Rivoluzione, dalla sua radice non è mai stata che la ricerca permanente dei migliori modi di rispondere alle domande e alle ansie della maggioranza.
Non è vera democrazia?
Fidel, Raúl e i loro compagni della Generazione del Centenario, che ancora ci accompagnano, ci hanno insegnato il valore della responsabilità che si acqusisce di fronte al popolo.
Con loro abbiamo imparato a non dire credi, ma a dire leggi; a trasformare le vecchie strutture dell’ abuso e la disuguaglianza lasciate dai governi della pseudo repubblica nella quale comandavano di più gli ambasciatori yanquee che quelli che occupavano il Palazzo presidenziale e ad elevare il popolo alla condizione di protagonista dei cambi, dalla radicale Riforma Agraria all’esercizio del potere popolare.
Lavoriamo su questa linea di principi, con l’orecchio a terra, come dice il nostro Generale d’ Esercito Raúl Castro Ruz, che dal Partito conduce il processo di transito generazionale che in Cuba ha per base lo sforzo e i risultati del lavoro dei quadri e dei dirigenti formati nel province, nei municipi e nelle organizzazioni di quartiere.
In questa relazione viva e intensa con i popolo, con le sue domande e necessità, si governa a Cuba.
Non siamo la società perfetta perchè siamo prima di tutto una società umana e il nostro arcipelago è protetto da un’urna di effetti di un mondo globalizzato in cui predominano politiche assolutamente contrarie, ma tentiamo appena che la nostra società sia la più giusta e uguale possibile.
Potremmo marciare più in fretta e con migliori risultati se l’impero ci liberasse dall’assedio, ma non rinunceremo ai nostri progetti di giustizia sociale per il loro criminale blocco e l’aberrante persecuzione finanziaria che praticamente non fa giungere un barile di petrolio a Cuba senza una multa per chi osa trasportarlo.
Con Fidel abbiamo imparato anche a trasformare le sconfitte in vittorie e gli ostacoli in sfide.
Se l’impero pretende denigrare il socialismo affogando qualsiasi sforzo di sviluppo di Cuba, la nostra nazione sta dimostrando giustamente il contrario ; grazie al socialismo e alla pianificazione socialista, all’ideale socialista, abbiamo sollevato un paese dove la sorte di tutti importa a tutti. (applausi); una società umana, educata, solidale e giusta nella misura in cui lo può essere una nazione del Terzo Mondo con scarse risorse naturali, assediata dal più poderoso impero della storia.
Siamo Cuba! Siamo continuità! Siamo l’osso di traverso nella gola dell’impero che tenta d’inghiottirci da circa un secolo e mezzo.
E un’altra volta come prima, come sempre: Vinceremo! (applausi.)
Sorelle e Fratelli:
Con falsità così infami e ridicole come quelle che oggi lanciano contro il nuovo governo argentino, una volta hanno assediato Cuba e per anni l’hanno separata dai suoi fratelli della regione, tra loro l’Argentina.
Nientemeno che l’Argentina, la figlia della Patria grande, dove José Martí servì come console e la difese nella Conferenza Monetaria delle Americhe. L’Argentina amata dove nacque Che Guevara! La stessa Argentina che accolse Fidel poco dopo il trionfo della Rivoluzione e che ci ha dato tanta solidarietà in questi sessant’anni,
L’ Argentina, i cui figli sono stati accolti con amore in Cuba e con i quali abbiamo condiviso sforzi e risultati d’arricchimento come l’alfabetizzazione, la formazione di medici e altri professionisti e la miracolosa Operazione Miracolo, che ha reso la vista a milioni in America Latina e nei Caraibi. (applausi).
Che lo sappiano gli imperialisti e gli oligarchi : non c’è forza in questo mondo che possa separare i nostri popoli. Non c’è forza in questo mondo che possa separare Cuba e Argentina! (esclamazioni e applausi).
Voi incarnate il miglior spirito dell’ Argentina profonda e vera.
Voi confermate il trionfo dei movimenti popolari e contadini, dei sindacati, le forze politiche, le organizzazioni studentesche e delle donne, cosi come dei gruppi di intellettuali. Per questo hanno vissuto con tutta giustizia una giornata di festa e d’impegno.
Giungendo qui abbiamo sentito anche nell’aria lo spirito d’allegria per la speranza riscattata un’altra volta dal fondo del pozzo neoliberale.
In nome di Cuba ratifichiamo anche che continueremo ad essere fermi e leali rivoluzionari, degni dei nostri padri e che non cederemo un millimetro in difesa dell’indipendenza, la sovranità, la giustizia sociale. Non rinunceremo alla solidarietà con i popoli che lottano e resistono.
Lottiamo uniti per un mondo migliore che è possibile, giusto e necessario.
Hasta la victoria siempre!
Discurso pronunciado por Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Presidente de la República de Cuba, en el acto de solidaridad con Cuba, efectuado en Argentina, el 9 de diciembre de 2019, “Año 61 de la Revolución”.
¡Viva Argentina! (Aplausos y exclamaciones de: “¡Viva!”)
¡Viva Cuba! (Aplausos y exclamaciones de: “¡Viva!”)
¡Viva Fidel! (Exclamaciones de: “¡Viva!”)
¡Viva el Che! (Exclamaciones de: “¡Viva!”)
Queridas amigas, queridos amigos;
Hermanos argentinos:
Ante todo quiero dar las gracias al pueblo argentino. Llevamos unas horas, que ya yo creo que suman un día de la visita, por primera vez, a esta hermosa y hermana tierra, y en los encuentros que hemos tenido con representantes del pueblo argentino: artistas, escritores, sociólogos, intelectuales, empresarios y con la gente en la calle, les puedo decir que hemos aprendido mucho y que hemos recibido mucho cariño.
Quisiéramos también agradecer al movimiento de solidaridad con Cuba en Argentina, a las autoridades de la Universidad de Buenos Aires y de la Facultad de Ciencias Exactas por la oportunidad de tener este encuentro en este acto emotivo y también combativo.
Quiero agradecer las palabras de Eugenia, desde la sensibilidad de una doctora formada en Cuba.
La entrega de Leonel con la música de su bandoneón. A Leonel lo conocí en casa de un amigo argentino que vive en Cuba hace muchos años. En el patio de esa casa, una noche, Leonel nos deleitó con canciones de él, con tango argentino, con canciones de Silvio y con canciones también de Fito. Y Leonel iba a hacer una gira por Cuba, iba de mochilero a recorrer el país, y fue tanta la humildad con que nos dijo que iba a caminar el país, que después nos dimos a la tarea todos los días de llamar a los compañeros del Partido en cada provincia por donde iba a pasar Leonel para que, también, como decimos los cubanos, “le tiraran un cabo” y lo ayudaran (Risas y aplausos).
Gracias a Hugo por sus palabras, representando a los trabajadores argentinos.
Gracias a Paula por la música de su guitarra y la canción. Paula estuvo hoy con nosotros en el encuentro con artistas, fue con su guitarra y no dio tiempo para que cantara, pero, bueno, ya cantó aquí.
Y gracias a todos ustedes.
Una de las impresiones más inmediatas que tenemos de este viaje, de este encuentro, es que coincidimos en muchas ideas que hay que defender y hay que defenderlas hasta las últimas consecuencias.
Quiero también expresar un sentimiento personal con lo que va pasando en este acto, con lo que va pasando en este encuentro: yo estoy convencido de que aquí están presentes Fidel y el Che.
Me emociona mucho estar por fin, por primera vez, en Argentina y con amigos y hermanos argentinos. Creo que los motivos ustedes los conocen tan bien como yo: para los cubanos esta es una nación a la que profesamos especial cariño, prácticamente, desde que nacemos. Quizás esa primera empatía viene de los sonidos del tango, que desde siempre ha tenido su espacio en casi todas las emisoras de Cuba.
Pero hay una razón más profunda: aquí nació el Che, que también fue declarado cubano por nacimiento, excepcionalidad que solo comparte en nuestra historia con el Generalísimo Máximo Gómez, extraordinario militar dominicano que llegó a ser General en Jefe de las tropas mambisas en nuestras guerras de independencia.
Adicionalmente, la ciudad donde nací, crecí y me formé como dirigente revolucionario es Santa Clara, que se ha proclamado con todo orgullo la Ciudad del Che, por cuanto allí se libró con éxito y bajo sus órdenes una de las batallas decisivas para el triunfo del 1ro. de enero de 1959. En esa ciudad, además, descansan sus inmortales restos.
A esa historia se han sumado después amigos y emociones ya inseparables de nuestros sentimientos, desde todos los compañeros que arrastró el Che consigo en la construcción de nuestros sueños de justicia social en los años fundacionales, pasando por el dolor compartido por los 30 000 desaparecidos en Argentina (Aplausos), las luchas de las Abuelas y Madres de Plaza de Mayo (Aplausos); la pasión por el fútbol, Maradona y su amistad personal con Fidel (Aplausos); lo mejor del cine latinoamericano y del rock argentino hasta llegar a Néstor y a Cristina (Aplausos), cuyo legado cristaliza ahora en el triunfo de Alberto, y mañana cuando el amanecer en Argentina sea más luminoso, sea más brillante en esperanza, Cuba estará con ustedes.
Como diría León Gieco: todo está guardado en la memoria, y la que compartimos es inmensa y llega hondo.
Otros motivos de emoción son un poco más privados y voy a contarlos hoy, públicamente, por primera vez.
En julio de 2006, recién llegado de su último viaje al exterior, precisamente a Argentina, para asistir a una Cumbre histórica de Mercosur, el Comandante en Jefe de la Revolución Cubana, Fidel Castro Ruz, llamó a Holguín, donde entonces yo dirigía el Partido Comunista de Cuba, para decirme que después del acto del 26 de Julio, que sería en la vecina provincia de Granma, iría para nuestra provincia.
Todavía recuerdo el entusiasmo con que Fidel llegó. A menos de un mes de sus 80, no parecía agotado por el larguísimo vuelo ni por la intensidad de las emociones vividas aquí y luego en Bayamo, la capital de la provincia Granma.
En la reunión de Mercosur él había expuesto y propuesto compartir con los gobiernos del bloque las experiencias de Cuba en el Programa de Eficiencia Energética. Luego él y Chávez visitaron la casa museo del Che en Altagracia, donde le habían comentado a la prensa los sueños de integración que ambos compartían.
Por Internet se pueden encontrar algunos videos del multitudinario recibimiento que tuvieron nuestros líderes en aquella visita a la casa del Che, y el entusiasmo de los dos por dar, por compartir, por integrar recursos humanos y de todo tipo. Hablaron del proyecto conjunto para devolver la visión a millones de personas: la Misión Milagro, que tiempo después tendría sus propios misioneros, precisamente en Córdoba.
En la histórica universidad de esa provincia, cuya reforma impactó a toda la América, Fidel y Chávez pronunciaron discursos que todavía emocionan. Allí el Comandante en Jefe calificó como increíble que aún existieran 50 millones de analfabetos en el hemisferio y más de 200 millones de semianalfabetos o analfabetos funcionales y desde ahí promovió el programa de alfabetización “Yo sí puedo”, que ya había llegado a Bolivia con la colaboración de Cuba y Venezuela y que está presente hoy también en Argentina.
Después, ya en Holguín, me dijo con su energía y una pasión que jamás olvidaré: “El ALBA está aquí”. Se refería a una obra de generación que distribuía electricidad que inaugurábamos, pero también a los latinoamericanos que en aquel entonces estudiaban Medicina y otras carreras en la provincia: 1 000 de ellos bolivianos que residían en casas de familias holguineras, y miles de venezolanos que se formaban como trabajadores sociales, todos ellos participaron en aquel memorable acto.
Precisamente, en unos días estaremos celebrando en La Habana el aniversario 15 de aquellas ideas de Fidel y Chávez que cristalizaron en el ALBA-TCP, alianza solidaria de varios países, que dio inicio a uno de los periodos más promisorios y esperanzadores de la historia de Nuestra América. Tan promisorio y esperanzador, que los enemigos de la integración regional se han empeñado en quebrarla, atacando sin piedad y con los más bárbaros métodos a los gobiernos progresistas y a sus proyectos solidarios.
De Honduras a Paraguay, de Ecuador a Brasil, de Nicaragua a Bolivia, de Venezuela a Cuba, han puesto en práctica, hasta donde han podido, todas las modalidades de golpes posibles y han reactivado las peores experiencias de la OEA para ejecutarlos.
Es imposible obviar que fue precisamente en Córdoba, en 2006, en la Cumbre de los Pueblos, donde Hugo Chávez anunció que el petróleo venezolano tenía como prioridad a los países del bloque regional.
También allí advirtió sobre los riesgos de la hegemonía norteamericana que “debe terminarse porque amenaza al mundo”. Luego de que Fidel comentara: “Esta integración tiene enemigos de siglos y no son felices cuando escuchan noticias de esta reunión”. Los hechos posteriores están dándoles la razón a ambos líderes todos los días en Nuestra América.
Amigos y amigas:
He recordado con emoción las inolvidables jornadas de la visita de Fidel a Argentina en 2006, pero no puedo dejar de citar la que realizó tres años antes, en 2003, con igual propósito que nosotros hoy, el de participar en una histórica toma de posesión, en aquella ocasión, la de Néstor.
Aquella escalinata de la Facultad de Derecho de la Universidad de Buenos Aires, desbordada de estudiantes, de profesores, de pueblo, de más de 50 000 personas atentas a un discurso de más de dos horas -no será así el mío (Risas)-, en una fría noche porteña, es parte de nuestra más entrañable percepción de qué significa ser y sentirse latinoamericano y de la emotiva conexión entre nuestros pueblos. Las palabras de Fidel aquella noche recibieron un eco extraordinario por su contenido de denuncia del modelo neoliberal que se impuso en la región con un elevado costo social, particularmente aquí, donde generó gran inestabilidad política por las penas y sufrimientos que provocó en el pueblo argentino. Algunos amigos que organizaron aquel encuentro están participando hoy aquí también.
Aquel era un contexto muy similar al que vivimos hoy. El pueblo argentino saludaba con alegría y esperanza la llegada de Néstor a la presidencia. El país estaba todavía enormemente endeudado y sumido en una profunda crisis, en tanto Cuba era amenazada por el gobierno belicista del entonces presidente George W. Bush, empeñado en atacar lo que definió como “oscuros rincones del mundo”, entre los cuales nos incluía, al mismo tiempo que arreciaba el bloqueo. Cambiemos los nombres y estamos viviendo iguales tiempos.
Sirva esta rememoración para reiterar aquí que ¡el pueblo cubano tampoco se dejará amedrentar esta vez por la actual administración estadounidense!
El escenario también vuelve a ser de lucha por los derechos de los pueblos, por la unidad y la paz de nuestra región, contra las dictaduras neoliberales y sus instrumentos militares, policiales, judiciales y mediáticos, y por la preservación del planeta y sus recursos naturales cada vez más amenazados.
Las oligarquías neoliberales, apoyadas por el Gobierno de Estados Unidos, se aferran a no ceder en el control de todo aquello de lo que se apoderaron en los últimos años mediante métodos tramposos y perversos.
Apoyados en jueces corruptos y en el control monopólico de los medios de comunicación en la dinámica era de las redes sociales, impulsan y aplican modernas técnicas de manipulación y procesos judiciales políticamente motivados, casi siempre enfocados en perseguir, encarcelar y destruir la imagen de líderes políticos progresistas y sociales de la izquierda.
El episodio más reciente de estos enfrentamientos ha sido el golpe de Estado contra el presidente constitucional de Bolivia, Evo Morales Ayma, al cual le reiteramos desde aquí nuestra invariable solidaridad y apoyo, así como a su noble pueblo (Aplausos).
En Bolivia, como en otros países de América del Sur, la represión brutal y las graves violaciones de derechos humanos, con decenas de muertos, centenares de heridos y miles de detenidos en las protestas sociales frente al golpe, contra políticas y leyes neoliberales y la violencia social, se producen con la mirada cómplice de Estados Unidos, los gobiernos oligárquicos y de la desprestigiada OEA.
Ni un solo pronunciamiento hemos leído o escuchado de ninguno de ellos ante el quebrantamiento de la institucionalidad y las violaciones flagrantes y masivas de los derechos de miles de ciudadanos en protesta, la mayoría jóvenes hoy en América Latina.
Es una burla que nos intenten presentar las protestas como una amenaza al supuesto orden democrático.
Los latinoamericanos nos percatamos de que los políticos neoliberales y la política al uso son impotentes para resolver nuestros problemas y mejorar las vidas y Latinoamérica se cansó.
La rebaja de salarios, el debilitamiento de los derechos laborales, la privatización y cancelación de servicios públicos no están presentes en los discursos electorales. Se aplican después en una traición a los pueblos a los que les mienten. Y como dijo en su momento Abraham Lincoln: “Puedes engañar a todo el mundo algún tiempo. Puedes engañar a algunos todo el tiempo. Pero no puedes engañar a todo el mundo todo el tiempo”.
El neoliberalismo impulsado por los Estados Unidos en América Latina hizo a los ciudadanos más desiguales, más pobres, menos protegidos y los llevó a desconfiar de los políticos.
En América Latina el neoliberalismo debilitó las prestaciones sociales al considerarlas “muy generosas” y redujo el acceso a la sanidad universal, educación y pensiones.
Es fácil comprender que ahora los pueblos de Nuestra América rechacen el impacto del neoliberalismo, que aumentó la desigualdad, la pobreza, los índices de violencia y la criminalidad. No es verdad que desestabilizan. Solo defienden sus derechos fundamentales.
Cuba llama a detener los ataques contra los jóvenes y estudiantes a los que matan, dejan ciegos, con discapacidades o gravemente heridos por decir sus verdades.
Cuba llama a todas las fuerzas políticas honestas del planeta a reclamar que cesen los ataques y la persecución judicial contra la vicepresidenta Cristina Fernández y el expresidente brasileño Luiz Inácio “Lula” da Silva (Aplausos).
Cuba alerta, a la vez, que la batalla contra el neoliberalismo y el imperialismo será más dura, en tanto lograron que proliferaran tratados de libre comercio leoninos con los cuales han tendido una trampa de sometimiento tan grave como aquella del Área de Libre Comercio de las Américas, que se derrotó aquí, en Argentina, en aquella inolvidable Cumbre de Mar del Plata de 2005, liderada por Néstor y por Chávez.
Queridos amigas y amigos:
Nuestra Cancillería ha emitido hace unos pocos días una fuerte Declaración de denuncia sobre la guerra sucia que el imperialismo y las oligarquías nacionales vienen haciendo contra los procesos progresistas de la región.
El documento contabiliza las acciones de desestabilización promovidas desde Washington, cuyos principales cabecillas -no es posible llamarles de otro modo- ya no usan eufemismos para tratarnos como su “patio trasero”, para desenterrar el hacha de la Doctrina Monroe y extender las peores prácticas del Macartismo, bajo fórmulas más sofisticadas como el llamado lawfare, que pretende sembrar la matriz mendaz de que los líderes de la izquierda son corruptos.
Cuando se han vivido en Nuestra América años, meses y días dolorosamente aleccionadores en cuanto a la llamada Guerra de IV Generación, el reciente enfrentamiento de Cristina a sus verdugos vuelve a probar lo que tantas veces dijo Fidel: “no hay arma más poderosa que la verdad”. Hasta los medios más hostiles han tenido que reconocer la evidente maniobra y la ilegalidad de los métodos usados en el intento de sacar a los candidatos del Frente de Todos del camino a la presidencia.
El triunfo electoral, en medio de esta feroz campaña, es la mejor expresión de las esperanzas que abre esta toma de posesión, a la que nos honra asistir para ser testigos de otro momento histórico en este admirado país, y para felicitar a sus protagonistas.
Felicidades Alberto y felicidades Cristina por el coraje y por la unidad que han mantenido frente a los intentos de sus adversarios políticos por quebrarlos. ¡Felicidades Argentina!
Como dice la canción: Quién dijo que todo está perdido, Cuba viene a ofrecerles su corazón (Aplausos y exclamaciones de: “¡Cuba, Cuba, Cuba, el pueblo te saluda!”).
Cuba ha venido a expresar su solidaridad con el nuevo Gobierno de la nación hermana y a compartir con todos ustedes, que han defendido y apoyado al pueblo cubano en las horas más aciagas, una valoración del momento que vivimos y el modo como lo enfrentamos.
Sé que todos siguen de cerca las noticias sobre nuestro país y no abusaré del tiempo que han robado a otras tareas para estar con nosotros.
Solo quiero confirmarles que, tal como hemos denunciado en las Naciones Unidas y en cuanto foro o plataforma hemos podido, el bloqueo a Cuba ha escalado criminalmente y no pasa una semana sin una nueva decisión de sanciones directas contra la economía y las finanzas cubanas, afectando incluso a terceros, como una práctica de real terrorismo económico.
Esa persecución se acompaña de amenazas y acusaciones tan falsas como ridículas, sea en los mensajes de voceros presidenciales, como del señor Pompeo y hasta el propio Presidente de los Estados Unidos.
En el colmo de la maldad y en el intento de cerrar a Cuba cualquier vía de acceso a recursos financieros han lanzado una cínica y criminal cruzada contra la cooperación médica internacional, acusando a nuestro país de supuesta esclavitud moderna y trata de personas, que laboran en nuestro sistema de salud con fines –dicen– de explotación o de alegada injerencia de ese personal en asuntos internos de los Estados con los que se mantiene esa colaboración. Esos, al mismo tiempo, intentan restablecer el llamado Programa de Parole para profesionales médicos cubanos, con el abierto objetivo de sabotear nuestros acuerdos bilaterales, privar de estos servicios a las naciones beneficiadas y despojarnos de recursos altamente calificados en un país bloqueado hace seis décadas.
Un nuevo fantasma recorre el mundo: ahora se acusa a Cuba y a Venezuela de promover la inestabilidad en la que el neoliberalismo y la propia práctica de un comercio desigual y nada solidario con la región ha sumido a varios países.
Como afirman los expertos, se está tratando de sembrar una matriz goebeliana, al peor estilo de los años del nazismo alemán, en el caso de Cuba para sostener la política genocida de bloqueo, condenada por la inmensa mayoría del planeta.
¿Qué hace Cuba frente a esta guerra ilegal, inmoral, que contraviene todos los acuerdos internacionales de la relación entre países soberanos?
Hemos decidido resistir y defendernos creando, con énfasis en la defensa y en la economía. Cuando afirmamos que Somos Cuba y Somos Continuidad, no estamos diciendo una consigna más, expresamos la voluntad de mantener las conquistas de la Revolución y la dignidad que nos legaron nuestros líderes, una voluntad compartida por la mayoría absoluta del pueblo cubano.
José Martí decía: “Ni pueblos ni hombres respetan a quien no se hace respetar (…) Hombres y pueblos van por este mundo hincando el dedo en la carne ajena a ver si es blanda o si resiste, y hay que poner la carne dura, de modo que eche afuera los dedos atrevidos”. Che Guevara alertó después que no se puede confiar en el imperialismo “pero ni tantito así”. Toda nuestra historia se ha construido sobre firmes pilares de resistencia contra afanes anexionistas y contra la intromisión imperial, no solo en nuestro propio destino, sino en los destinos de toda Nuestra América y de todos los pueblos que luchan por su soberanía.
Fidel, quien fue el mejor discípulo de Martí y un genial intérprete del ideal revolucionario latinoamericano y universal, desde Bolívar hasta nuestros días, nos educó en la solidaridad y el internacionalismo sin fronteras. En muchos sentidos nos enseñó a entender y practicar el principio martiano de que Patria es Humanidad, desde los confines de África hasta Nuestra América y el resto del mundo, incluyendo a lo más noble del pueblo norteamericano.
Para Cuba el reto es colosal. La hostilidad desproporcionada del actual Gobierno norteamericano quebranta el Derecho Internacional y las normas de navegación y comercio y nos ha obligado a encarar severas dificultades en el abastecimiento de combustible.
Se recrudece el bloqueo con la activación del Título III de la Ley Helms-Burton, mediante la cual el Gobierno norteamericano incurre en violaciones masivas de los derechos humanos de los cubanos, al tiempo que daña a empresas internacionales y de terceros países soberanos.
Sin embargo, esas amenazas ni nos detienen ni nos desvían de nuestro curso. Estamos preparados para encarar las consecuencias de una campaña electoral en ese país, que puede provocar que se acentúe el curso de confrontación con Cuba y con otros países hermanos.
Lo dijimos en la recién celebrada Cumbre del Movimiento de Países No Alineados, en Azerbaijan, donde se expresó una alarma generalizada por la crisis del multilateralismo que hoy pone en riesgo el sistema de las Naciones Unidas.
Es decir, no estamos solos en esta lucha contra las amenazas a la paz y a la estabilidad regional y planetaria. A nivel global se advierte una gran preocupación por los retrocesos en ámbitos importantes como la autodeterminación y la soberanía de las naciones, el medio ambiente y el enfrentamiento al cambio climático, los derechos humanos, la justicia social y la búsqueda de la equidad.
En la lista de los retrocesos también ponemos al sistema interamericano, que reactiva mecanismos de tan odiosa memoria como el Tratado de Asistencia Recíproca (TIAR) que el propio imperio se encargó de hundir aquí, en las Malvinas, al apoyar a potencias extrarregionales, mientras se renueva la agresividad de la desprestigiada OEA y de su Secretario General, cada vez más utilizados como instrumentos de presión política de Estados Unidos contra Nuestra América.
Por eso, para nosotros, como para el resto de los gobiernos de izquierda y progresistas, sigue siendo una tarea de primer orden aquella que tantas veces nos repitió Fidel: sembrar ideas y valores, crear conciencia y movilización popular, unir fuerzas. Sobre todo, estar unidos; en toda nuestra diversidad, pero ¡unidos!
No es casual que entre los objetivos de la embestida imperial y oligárquica estén la Celac, la Unasur, el Mercosur y el ALBA, y que una y otra vez insistan en que no pararán hasta derribar a Cuba, el ejemplo de Cuba, la osadía de Cuba.
Y es lícito preguntarse: ¿Por qué Cuba? La Revolución, desde su raíz, no ha sido más que la búsqueda permanente de los mejores modos de responder a las demandas y los anhelos de las mayorías. ¿No es democracia verdadera?
Fidel, Raúl y sus compañeros de la Generación del Centenario, que aún nos acompañan, nos enseñaron el valor de la responsabilidad que se adquiere frente al pueblo. Con ellos aprendimos no a decir cree, sino a decir lee; a transformar las viejas estructuras del abuso y la desigualdad que dejaron los desgobiernos de la seudorrepública en la que mandaban más los embajadores yanquis que los que ocupaban el Palacio Presidencial y a elevar al pueblo a la condición de protagonista de los cambios, desde la radical Reforma Agraria hasta el ejercicio del poder popular.
Sobre esa línea de principios trabajamos, con el oído pegado a la tierra, como dice nuestro General de Ejército Raúl Castro Ruz, quien, desde el Partido, conduce el proceso de tránsito generacional que en Cuba tiene por base el esfuerzo y los resultados de trabajo de cuadros y dirigentes formados en las provincias, los municipios y las organizaciones barriales.
En esa relación viva e intensa con el pueblo, con sus demandas y necesidades, se gobierna en Cuba. No somos la sociedad perfecta, porque somos, en primer lugar, una sociedad humana y nuestro archipiélago no está protegido por una urna de los efectos de un mundo globalizado donde predominan políticas absolutamente contrarias, pero sí intentamos apenas que nuestra sociedad sea lo más justa e igualitaria posible.
Podríamos marchar más deprisa y con mejores resultados si el imperio nos librara del cerco. Pero no vamos a renunciar a nuestros proyectos de justicia social por su criminal bloqueo y la aberrante persecución financiera que, prácticamente, no deja llegar un barril de petróleo a Cuba sin castigo para quienes se atreven a transportarlo.
Con Fidel aprendimos también a convertir los reveses en victoria y los obstáculos en desafíos.
Si el imperio pretende denigrar al socialismo ahogando cualquier esfuerzo de desarrollo de Cuba, nuestra nación está demostrando justamente lo contrario: gracias al socialismo, a la planificación socialista, al ideal socialista hemos levantado un país donde la suerte de todos importa a todos (Aplausos); una sociedad humana, educada, solidaria y justa en la medida en que puede serlo una nación del Tercer Mundo, de escasos recursos naturales y cercada por el más poderoso imperio de la historia.
¡Somos Cuba! ¡Somos continuidad! Somos el hueso atravesado en la garganta del imperio que intenta tragarnos hace casi un siglo y medio y no puede. Y otra vez, como antes, como siempre: ¡Venceremos!
Hermanas y hermanos:
Con mentiras tan infames y ridículas como las que hoy lanzan contra el nuevo Gobierno argentino, una vez cercaron a Cuba y durante años la separaron de sus hermanos de la región, entre ellos la Argentina. ¡De Argentina nada menos!, la hija de la Patria Grande a la que José Martí sirvió como cónsul y defendió en la Conferencia Monetaria de las Américas. ¡La Argentina entrañable en la que nació el Che Guevara! La misma Argentina que acogió a Fidel recién triunfada la Revolución y que tanta solidaridad nos ha dado a lo largo de sesenta años. La Argentina a cuyos hijos hemos podido acoger con amor en Cuba y con la cual hemos compartido esfuerzos y resultados enaltecedores como la alfabetización, la formación de médicos y otros profesionales, y la milagrosa Operación Milagro, que ha devuelto la visión a millones en Latinoamérica y el Caribe (Aplausos).
¡Que lo sepan los imperialistas y los oligarcas: no hay fuerza en este mundo que pueda separar a nuestros pueblos. No hay fuerza en este mundo que pueda separar a Cuba y a Argentina! (Exclamaciones y aplausos).
Ustedes encarnan el mejor espíritu de la Argentina profunda y verdadera. Ustedes confirman el triunfo de los movimientos populares y campesinos, sindicatos, fuerzas políticas, organizaciones estudiantiles y de mujeres, así como de grupos de intelectuales. Por eso han vivido con toda justicia una jornada de fiesta y compromiso.
Al llegar aquí hemos sentido hasta en el aire el espíritu de alegría por la esperanza rescatada otra vez del fondo del pozo neoliberal.
A nombre de Cuba les ratificamos también que seguiremos siendo firmes y leales revolucionarios, dignos de nuestros padres, y que no cederemos un milímetro en defensa de la independencia, la soberanía y la justicia social, ni renunciaremos a la solidaridad con los pueblos que luchan y resisten.
¡Luchemos unidos por un mundo mejor y que es posible, justo y necesario!
¡Hasta la victoria siempre!