che ritira il Brasile dalla CELAC
Eric Nepomuceno www.cubadebate.cu
Ancora una volta, l’estremista di destra Jair Bolsonaro conferma la sua coerenza: ha appena sospeso la partecipazione brasiliana alla CELAC (Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi) proprio quando il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador assume la presidenza temporanea del gruppo e gli chiede sostegno.
Creata nel 2010, l’ultimo anno di Lula da Silva alla presidenza brasiliana, la CELAC portò, tra le sue proposte iniziali, cercare di attuare azioni comuni per combattere la disuguaglianza sociale, l’integrazione regionale, la cooperazione reciproca. Si considerò anche una possibilità di agire in maniera indipendente dagli USA davanti ad eventuali crisi regionali interne, contrariamente a quanto avviene nell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA).
Tuttavia, negli ultimi tre o quattro anni, la CELAC è andata perdendo spazio e peso.
Perché si verificasse tale corrosione, è stata di speciale importanza l’atteggiamento sia di Mauricio Macri che di Michel Temer, che assunse la presidenza brasiliana dopo il golpe istituzionale che destituì la presidentessa Dilma Rousseff nel 2016.
Ora, con Alberto Fernández alla presidenza argentina, López Obrador ha capito che c’è spazio per un ritorno al percorso originale e che la CELAC potrebbe recuperare peso, importanza ed efficacia per aiutare a far fronte ad una serie di crisi che persistono nella regione.
Il presidente messicano, nonostante le astronomiche distanze che separano il suo governo dall’estremismo radicale di Bolsonaro, ha anche compreso che il contributo brasiliano sarebbe stato essenziale per la missione che si è proposto. Per questo motivo dal 18 dicembre scorso, il suo ministro degli Esteri, Marcelo Erbrard, ha indirizzato diverse richieste al suo omologo brasiliano, Ernesto Araujo.
Il risultato è stato nullo: mercoledì scorso il governo di estrema destra ha emesso una nota ufficiale informando che “il Brasile non considera che siano date le condizioni per l’attuazione della CELAC nell’attuale contesto di crisi regionale”. Inoltre, s’informa che “qualsiasi documento, agenda o proposta di lavoro che si adottati durante la riunione ministeriale (sotto la presidenza rotatoria di López Obrador) non si applica al Brasile”.
Sotto Bolsonaro, il paese si era già assentato da tutte le attività del gruppo di 33 paesi l’anno scorso, quando la presidenza temporanea della CELAC era nelle mani dell’allora presidente boliviano Evo Morales. Ora, Bolsonaro ritira il Brasile dal gruppo di 33 paesi, in un’iniziativa che contraddice la tradizione diplomatica degli almeno ultimi 50 anni.
L’iniziativa è stata oggetto di aspre critiche da parte di diplomatici veterani, che hanno anche respinto i duri termini del comunicato inviato al governo messicano.
In fin dei conti, è palpabile che i motivi addotti per rimuovere il Brasile dalla CELAC non sono altro che una cortina fumogena che non serve a nulla per nascondere i veri motivi dell’iniziativa: rafforzare, ancora una volta, il vassallaggio di fronte a Washington e, per inciso, compiacere il suo padrone ed idolo, attaccare, di nuovo, Venezuela, Nicaragua e Cuba.
(Tratto da Pagina 12)
Bolsonaro, un vasallo rumbo al aislamiento que retira a Brasil de la CELAC
Por: Eric Nepomuceno
Una vez más, el ultraderechista Jair Bolsonaro confirma su coherencia: acaba de suspender la participación brasileña en la CELAC (Comunicad de Estados Latinoamericanos y del Caribe) justo cuando el mandatario mexicano Andrés Manuel López Obrador asume la presidencia temporaria del grupo y le pide apoyo.
Creada en 2010, último año de Lula da Silva en la presidencia brasileña, la CELAC trajo, entre sus propuestas iniciales, buscar implantar acciones conjuntas de combate a la desigualdad social, integración regional, cooperación mutua. También se consideró que era una posibilidad de actuar de manera independiente de Estados Unidos frente a eventuales crisis regionales internas, al contrario de lo que ocurre en la Organización de Estados Americanos (OEA).
Sin embargo, a lo largo de los últimos tres o cuatro años la CELAC vino perdiendo espacio y peso.
Para que esa corrosión ocurriese ha sido de especial importancia la actitud tanto de Mauricio Macri como de Michel Temer, que asumió la presidencia brasileña luego del golpe institucional que destituyó a la presidenta Dilma Rousseff en 2016.
Ahora, con Alberto Fernández en la presidencia argentina, López Obrador entendió que existe espacio para un regreso al camino original y que la CELAC podría recuperar peso, importancia y efectividad para ayudar a hacer frente a una serie de crisis que persisten en la región.
El mandatario mexicano, pese a las astronómicas distancias que separan su gobierno del extremismo radical de Bolsonaro, también entendió que la contribución brasileña sería esencial para la misión que se propuso. Por tal razón desde el pasado 18 de diciembre su ministro de Relaciones Exteriores, Marcelo Erbrard, dirigió varios pedidos a su par brasileño, Ernesto Araujo.
El resultado ha sido nulo: el pasado miércoles el gobierno ultraderechista emitió una nota oficial informando que “Brasil no considera que estén dadas las condiciones para la actuación de la CELAC en el actual contexto de crisis regional”. Además, se informa que “cualquier documento, agenda o propuesta de trabajo que se adopte durante la reunión ministerial (bajo la presidencia rotatoria a López Obrador) no se aplica a Brasil”.
Bajo Bolsonaro, el país ya se había ausentado de todas las actividades del grupo de 33 países el año pasado, cuando la presidencia temporaria de la CELAC estaba en manos del entonces presidente boliviano Evo Morales. Ahora, Bolsonaro retira a Brasil del grupo de 33 países, en una iniciativa que contraría la tradición diplomática de al menos los últimos 50 años.
La iniciativa fue blanco de duras críticas de veteranos diplomáticos, que también rechazaron los duros términos del comunicado enviado al gobierno mexicano.
Al fin y al cabo, es palpable que las razones expuestas para sacar a Brasil de la CELAC no son más que una pantalla de humo que no sirve en nada para ocultar los verdaderos motivos de la iniciativa: reforzar, una vez más, el vasallaje frente a Washington y, de paso, para agradar a su patrón e ídolo, atacar otra vez a Venezuela, Nicaragua y Cuba.
(Tomado de Página 12)