http://aurorasito.altervista.org – Ben Norton, The Gray Zone
Il governo brasiliano di estrema destra di Bolsonaro ha appoggiato l’attacco al Venezuela in un complotto per rovesciarne il presidente. La sconvolgente operazione terroristica non veniva seguita dai grandi media.
Il governo di estrema destra del Brasile ha contribuito a sostenere attacchi militari contro il Venezuela nella speranza di incitare un colpo di Stato e rovesciare con la violenza il governo di sinistra del Paese. Tale piano fu rivelato da un importante quotidiano governativo del Brasile. Eppure la storia scioccante veniva ignorata dai giornali mainstream negli Stati Uniti o in Europa. Al di fuori di un articolo di teleSUR venezuelana appoggiata dallo Stato, che i golpisti appoggiati da Washington cercano di usurpare, la storia fu completamente ignorata dai media anglofoni. Gli Stati Uniti sostennero vari tentativi di colpo di Stato contro il governo del Venezuela dal 2002, accelerando nel 2019. Ma i dettagli del ruolo del Brasile nell’ultima trama sono una rivelazione. Il 31 dicembre, il quotidiano brasiliano O Globo rivelava i piani golpisti nell’articolo “L’attacco alla caserma dei soldati che si rifugiarono in Brasile faceva parte di un piano più ampio contro Maduro”. Il sottotitolo aggiungeva: “I disertori intendevano avviare una grande rivolta militare, ma fallivano”.
O Globo è uno dei media più diffusi del Brasile. Ha una rigida linea editoriale di destra ed è tristemente noto per sostenere la dittatura militare fascista brasiliana negli anni ’60-’80. Il giornale ha stretti legami coll’establishment politico e militare del Brasile. E si consultava con numerose fonti per ricostruire i piani degli ultimi attacchi al Venezuela.
Trilogia: 3 attacchi pianificati contro il Venezuela, con l’aiuto di paesi stranieri
Col sostegno dei vicini Paesi di destra, i disertori venezuelani pianificarono tre rivolte militari contro il governo venezuelano ala vigilia di Natale, secondo O Globo. Il nome ufficiale dell’operazione era Trilogia. Un attacco prese di mira lo Stato di Bolivar del Venezuela al confine sud-orientale col Brasile; un secondo fu pianificato come assalto anfibio; e un terzo doveva avvenire vicino al confine colombiano. Due di tali attacchi fallirono, poiché solo uno dei gruppi eseguì gli ordini come previsto. Gli insorti sostenuti dal Brasile entrarono in territorio venezuelano e, il 22 dicembre attaccarono il 513.mo Battaglione di fanteria Mariano Montilla nella Selva nello Stato di Bolívar in Venezuela, a 230 chilometri dallo Stato più settentrionale del Brasile, Roraima, vicino al confine tra i due Paesi. 16 disertori venezuelani vi parteciparono, uccidendo un soldato venezuelano e ferendone un altro. Rubarono armi, tra cui 112 fucili, 120 granate, 3 lanciarazzi, 3 mitragliatrici, 10 bazooka e 10 scatole di munizioni, secondo un altro articolo di O Globo. In un’operazione parallela, ribelli sostenuti dal Brasile attaccarono i soldati nella città venezuelana di Santa Elena, vicino al confine. Ma tale operazione alla fine fallì. Fonti anonime riferirono a O Globo che l’obiettivo dell’operazione era costruire una “forza superiore” pesantemente armata per effettuare attacchi sempre più gravi contro il governo venezuelano, dando il via a un’insurrezione violenta nel sud del Venezuela, nella zona di confine col Brasile.
La complicità di Brasile e Guaidó negli attacchi
Tali attacchi al Venezuela ebbero il sostegno del governo di estrema destra del Brasile, guidato dal presidente Jair Bolsonaro, demagogo fascista salito al potere con un colpo di Stato parlamentare e legalista appoggiato dagli Stati Uniti che tolse il potere il Partito dei lavoratori di centro-sinistra brasiliano. Bolsonaro si impegnava ad eliminare, imprigionare ed esiliare la sinistra, e fermamente difese la dittatura militare del suo Paese, mentre elogia la giunta omicida del dittatore cileno appoggiato dagli Stati Uniti Augusto Pinochet . Prima e dopo gli attacchi al Venezuela, secondo O Globo, c’erano “comunicazioni di alto livello” tra il ministero degli Esteri brasiliano e il golpista capo dell’opposizione venezuelana Juan Guaidó. Guaidó, che gli Stati Uniti cercavano di mettere al con la forza a capo dello Stato del Venezuela, fu riconosciuto da Bolsonaro come presunto “presidente” del Paese, sebbene non sia mai stato eletto a questo incarico. Guaidó e Bolsonaro s’incontrarono e chiesero pubblicamente la cacciata del Presidente eletto e riconosciuto dalle Nazioni Unite Nicolás Maduro .
Secondo O Globo, la maggior parte dei golpisti che partecipò alla rivolta militare occulta si nascosero in Venezuela. Molti furono successivamente arrestati. Eppure cinque ribelli rientrarono in Brasile e si nascosero per diversi giorni nella comunità indigena Taurepang nello Stato di Roraima. I membri di tale comunità hanno informarono il governo brasiliano, che quindi decise di salvare e dare ufficialmente rifugio ai disertori venezuelani il 26 dicembre. O Globo osservava che l’opposizione di destra appoggiata dall’estero in Venezuela espresse “sollievo” per la decisione di Bolsonaro di proteggere i venezuelani che avevano effettuato l’assalto alla loro terra natale. Il governo venezuelano, d’altra parte, condannò severamente l’amministrazione Bolsonaro per la decisione di proteggere apertamente i complottisti, affermando che “crea un pericoloso precedente proteggendo persone che hanno commesso reati flagranti contro pace e stabilità di un altro Stato”. Il Venezuela formalmente richiese l’estradizione dei cinque disertori protetti dal Brasile, ma l’amministrazione di estrema destra di Bolsonaro respinse le richieste di Caracas sulla base della pretesa di non riconoscere la legittimità di Maduro.
I media brasiliani confermavano quanto affermato dal governo venezuelano
O Globo confermava le dichiarazioni dei funzionari del governo venezuelano dopo l’attacco del 22 dicembre. Il Ministro delle Comunicazioni venezuelano Jorge Rodríguez dichiarava che i disertori non solo avevano il sostegno del governo di Bolsonaro, ma furono anche addestrati nei campi paramilitari in Colombia. I servizi segreti venezuelani seguirono i movimenti degli infiltrati dal Brasile, attraverso il Perù, e la città colombiana di Cali, dove furono addestrati. Il Ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza aveva scritto: “Dal Perù entrano in Colombia e ricevono sostegno anche dal Brasile. Tale strategia di triangolazione golpiste dei governi del cartello di Lima produce violenza, morte e destabilizzazione in Venezuela”. I golpisti coinvolsero le comunità indigene locali nelle loro violenze, reclutando complici dai gruppi nativi nell’area di confine tra Venezuela e Brasile. Nove membri della locale comunità indigena venezuelana parteciparono agli attacchi, secondo O Globo, e tutti furono arrestati per il loro ruolo nel tentativo golpista fallito.
Le tensioni tra Venezuela e Brasile rimangono sul punto di ebollizione. Tuttavia, Maduro esitava a recidere tutti i legami coil potente vicino per preservare il commercio tra i due Paesi. Le sanzioni unilaterali statunitensi sul Venezuela hanno già ucciso decine di migliaia di civili e reso difficile l’importazione di cibo nel Paese. Il Venezuela ancora si affida sul cibo proveniente dall’enorme settore agricolo brasiliano per alimentare le comunità al confine. Le importazioni sono particolarmente importanti in quanto Washington tenta di sanzionare il programma di distribuzione alimentare CLAP di Caracas, che alimenta sette milioni di famiglie. Il governo venezuelano è riuscito a respingere le violente infiltrazioni occulte da parte del potente vicino. Ma grazie al blackout mediatico, il complotto è ignoto a quasi tutti negli Stati Uniti, tranne forse a chi l’ha sostenuto.
Traduzione di Alessandro Lattanzio