di Geraldina Colotti
Nell’aula magna del Tribunal Supremo de Justicia ci sono tutte le massime autorità dello stato bolivariano, riunite in sessione solenne per l’apertura dell’anno giudiziario. Sono presenti le alte cariche dei cinque poteri di cui dispone la repubblica – legislativo, esecutivo, giudiziario, morale (o cittadino) e elettorale -, più i rappresentanti del massimo organo plenipotenziario, l’Assemblea Nazionale Costituente, votata da oltre 8 milioni di cittadini il 30 luglio del 2017: il presidente, Diosdado Cabello, e le due vicepresidenti, Tania Diaz e Gladys Requena.
Gli interventi del presidente del TSJ, Maikel Moreno, e di Yván Darío Bastardo Flores, presidente della Sala di Cassazione Civile, sono lezioni di diritto e di sovranità. Risaltano il ruolo fondamentale del popolo nella difesa delle istituzioni dai molteplici attacchi dispiegati dall’imperialismo nel corso del 2019. Ribadiscono la natura pacifica della democrazia “partecipata e protagonista” del socialismo bolivariano e aprono la strada all’intervento del presidente della Repubblica, Nicolas Maduro.
“Una democrazia senza il popolo, è una farsa, è la democrazia delle élite, la democrazia borghese”, dice Maduro, risaltando l’importanza della dialettica fra poteri contemplata nella costituzione bolivariana, e respingendo il grottesco teatrino dell’”autoproclamato” dagli USA, Juan Guaidó.
Quindi, pur lodando il forte slancio intrapreso dal proceso bolivariano per uscire dall’angolo, per reagire alla guerra economica con uno sforzo rinnovato nella produzione nazionale, il presidente aggiunge una denuncia e un’autocritica: “Sono andato al quartiere del 23 enero, c’erano più buche che a Bagdad – dice -. Dobbiamo ammettere che certi problemi non sono dovuti al blocco di Trump, ma a noi stessi”.
Lotta, dunque, all’incuria, all’abbandono e, soprattutto, alla corruzione. L’ottimo lavoro del Procuratore generale della Repubblica, Tareck William Saab – dice ancora Maduro – non basta. Occorre “una rivoluzione nel campo giuridico”. Perciò, chiede all’ANC di assumere il tema in tutta la sua importanza, nominando una “commissione del più alto livello”, presieduta dalla vicepresidenta esecutiva, Delcy Rodriguez.
Una decisione importante, perché le denunce sui ritardi e la compravendita dei processi sono un problema molto sentito dalla popolazione, dentro e fuori le carceri. Quello in corso – assicura Maduro – sarà l’anno della ripresa in tutti i campi.
Un anno in cui si svolgeranno le elezioni parlamentari, a cui le forze in campo si preparano secondo i reciproci interessi e interlocutori. La destra, divisa e rancorosa, teme per la propria rendita di posizione. Lo stato di “ribellione”, che ha messo il parlamento a maggioranza di opposizione fuori dalla legalità costituzionale, si è trasformato in un lucroso affare per la banda di Guaidó e compari, che ne ha approfittato per incamerare in modo truffaldino i beni del Venezuela all’estero e per intascare, a fini propri o destabilizzanti, i fiumi di dollari erogati dagli USA per gli “aiuti umanitari”.
Uno scandalo eclatante, ammesso dagli stessi Stati Uniti e denunciato anche da quella parte dell’opposizione che ha accettato il dialogo proposto infinite volte da Maduro. Nell’ultima seduta parlamentare, la nuova giunta direttiva, diretta dal deputato di opposizione Luis Parra, ha votato una risoluzione proposta dal blocco chavista per aprire un’inchiesta sulla gigantesca sottrazione di fondi effettuata dall’”autoproclamato”. Una risoluzione approvata all’unanimità.
Intanto, il Partito Socialista Unito del Venezuela (il più grande dell’America Latina, con oltre 6 milioni di militanti), ogni fine settimana sta portando avanti una massiccia campagna di tesseramenti che sta già dando risultati eccezionali, e che si propone di raggiungere entro aprile oltre 9 milioni di iscritti. Un processo altamente meccanizzato e rapido, che registra ogni giorno l’altissima presenza di giovani sotto i trent’anni e di donne, asse portante di questa rivoluzione socialista e femminista, che compie ventuno anni.
Per il Venezuela bolivariano, il mese in corso è definito il “febbraio ribelle”, durante il quale si ricordano date importanti che hanno preceduto e segnato il cammino di questo laboratorio del secolo 21, che si pone in continuità ideale e prospettica con la storia del movimento operaio e contadino: la rivolta popolare del Caracazo, “il primo grido contro il neoliberismo”, del 27 febbraio 1989; la ribellione di Hugo Chavez, il 4 febbraio del 1992, avvio dell’unione civico-militare, spina dorsale del socialismo bolivariano.
Nell’ultima seduta dell’ANC, Diosdado Cabello, che in quella ribellione ha avuto parte attiva, ha presentato un’importante proposta che segnerà il prossimo corso della Repubblica, illustrata da Euclides Aponte e da Francisco Ameliach : quella di una nuova dottrina militare per includere la milizia nella Forza Armata Nazionale Bolivariana e rafforzare così il concetto di difesa integrale della nazione, basata sul principio di corresponsabilità tra popolo e forza armata, e contemplato nella costituzione.
Visto da qui, il giro internazionale compiuto dall’autoproclamato “presidente a interim” del Venezuela Juan Guaidó e celebrato dai media europei, appare come una gigantesca pantomima virtuale, una grande operazione di “distrazione di massa” a uso e consumo dei poteri forti, e a spese dei contribuenti. Coprendosi nuovamente di ridicolo, il presidente colombiano, Ivan Duque, si era spinto fino a chiedere a Guaidó – che, ovviamente non possiede alcuna legittimità costituzionale – l’estradizione della ex senatrice colombiana Aida Merlano, ricercata per traffico di voti.
Nel discorso pronunciato davanti al TSJ, Maduro ne aveva annunciato la cattura e aveva invitato “tutte le istituzioni colombiane che lo desiderano a venire a raccogliere le sue dichiarazioni”, aggiungendo che “saranno benvenuti anche tutti i giornalisti che vorranno intervistarla”, e ai quali verranno offerte tutte le garanzie: a differenza della Colombia, che ogni giorno registra l’assassinio di una o un dirigente popolare, il Venezuela rispetta i diritti umani, a partire da quelli basici.
Per questo, una campagna internazionale sulle reti sociali ha denunciato la pretesa della destra di inviare in Venezuela una “commissione per i diritti umani” patrocinata dall’OSA di Almagro, che il governo bolivariano ha rispedito al mittente.
Per tutta la giornata del 2 febbraio, il CONAICOP ha respinto la manovra con l’etichetta #OEATraidoraDeSuramerica.
“Noi – ha affermato Diosdado Cabello – possediamo un’arma potente e invincibile, l’arma della dignità”.