Venezuela, Diosdado Cabello: «PSUV garantisce la continuità della rivoluzione»

di Geraldina Colotti

La conferenza stampa del PSUV è un appuntamento settimanale con l’informazione e l’analisi, a livello nazionale e internazionale. Lunedì, Diosdado Cabello, vicepresidente del partito e presidente del massimo organo plenipotenziario, l’Assemblea Nazionale Costituente, ha dato conto di una “settimana proficua”, sia dal punto di vista della militanza che del lavoro territoriale.

La campagna di adesioni, che si sta svolgendo nei week end e che durerà fino a aprile, ha finora registrato l’incremento di quasi un milione di iscritti in sole 5 settimane: 993.709, ha precisato Cabello. Cresce, dunque, il partito socialista più grande dell’America Latina.

Un segnale importante per quanti cercano di accreditarsi presso i potenti del mondo come i veri rappresentanti della società venezuelana, mentre – ha detto Diosdado – la misura del consenso, in un sistema democratico, resta quella del voto. Una maggioranza di voti ha portato al governo Hugo Chavez nel 1998. Una maggioranza di voti lo ha riconfermato nel corso degli anni, e così è stato per Nicolas Maduro, eletto dopo la scomparsa del comandante, il 5 marzo del 2013.

La destra, invece, ha ricordato Cabello, accetta il risultato solo quando vince, altrimenti rovescia il tavolo o non partecipa alle elezioni. Oppure, com’è successo nella Repubblica Dominicana alle ultime municipali, interrompe le consultazioni, quando non annulla il risultato con un colpo di Stato, come in Bolivia.

Nella democrazia “partecipata e protagonista” che regge il sistema politico bolivariano, invece, il voto non è semplice ritualità, ma una leva per far crescere la coscienza politica e consolidare attraverso il consenso gli organismi del potere popolare. Per questo, tutta la militanza del PSUV sta organizzando una capillare campagna porta a porta nell’ambito della RAAS, la Rete di articolazione e azione socio-politica che serve all’inchiesta, alla proposta e al coinvolgimento della popolazione.

In questo modo – ha spiegato Cabello – “abbiamo finora raggiunto 11.662.422 nuovi elettori. Quando ci saranno le elezioni parlamentari, siamo pronti. Il partito non è solo voti, ma necessaria e orgogliosa relazione di appartenenza. Il partito, come aveva previsto Chavez, è la più grande garanzia di continuità della rivoluzione”.

Il presidente dell’ANC ha poi elencato le manifestazioni culturali, sportive o di resistenza alle aggressioni imperialiste: le marce della classe operaia e dalla gioventù, organizzate dopo le nuove misure coercitive imposte dagli USA alla compagnia aerea Conviasa, e le contestazioni rivolte all’”autoproclamato” presidente a interim Juan Guaidó, che quelle misure le ha sollecitate ai suoi padrini nordamericani.

A questo riguardo, rispondendo alle domande dei giornalisti, Diosdado ha smascherato il racconto della destra circa il fermo dello zio di Guaidó, che – ha affermato – è arrivato in un volo della compagnia portoghese Tap senza essere registrato ed è incappato nei controlli perché “indossava un giubbotto antiproiettile e aveva con sé un liquido che si sta esaminando perché potrebbe essere esplosivo”. Il governo bolivariano ha perciò “sanzionato la compagnia aerea con 90 giorni di sospensione”. Quali conseguenze potrebbe avere questa misura sulle relazioni con lo Stato portoghese? “Non siamo una colonia, esigiamo rispetto”, ha risposto Cabello, ricordando che molto del denaro sequestrato illegalmente alla repubblica bolivariana si trova in Portogallo.

Denaro sottratto ai piani sociali ai quali il governo ha continuato a dedicare oltre il 75% degli introiti annuali malgrado il blocco economico-finanziario imposto dagli USA e dai suoi vassalli. Misure coercitive e unilaterali che hanno prodotto oltre 150 violazioni dei diritti umani. Delitti di lesa umanità, che hanno spinto il governo Maduro a denunciare gli Stati Uniti alla Corte Penale Internazionale. Misure che colpiscono direttamente la popolazione, privandola di alimenti e medicine che il governo non può pagare né importare.

Per parte nostra, abbiamo chiesto al presidente dell’ANC di rispondere alla campagna mediatica che accusa il governo bolivariano di essere tornato al capitalismo selvaggio, mostrando così il fallimento del socialismo in tutte le sue forme. E’ vero che l’ANC sta privatizzando il petrolio del Venezuela, consegnandolo in particolare a tre grandi multinazionali come Rosnet, Repsol e Eni?

“Tutti gli atti dell’ANC sono pubblici e chiunque li può consultare – ha risposto Diosdado – perfino in Russia mi hanno chiesto se avevamo svenduto il petrolio a Rosnet. Ovviamente, non è vero, questo non è possibile per costituzione. E’ vero, invece che, nonostante le misure di Trump, anche compagnie come la Chevron si vedono rinnovare ogni tre mesi il permesso di lavorare in Venezuela: il capitalismo è così, oltre la politica, persegue solo i propri interessi”.

E come si sta discutendo, nel partito e nella ANC l’apertura monetaria che, se ha rivitalizzato l’economia del paese, rischia di riprodurre disuguaglianze nell’accesso alla moneta convertibile e ulteriori speculazioni dei prezzi? Cabello ha risposto: “Il presidente ha chiesto al partito di discutere di questi temi a porte chiuse per aprire un grande dibattito nel paese. L’antidoto è però solo uno: produrre in Venezuela quello di cui abbiamo bisogno, sull’esempio di quel che hanno realizzato altri paesi in condizioni analoghi prima di noi. Lo stiamo facendo, e i risultati sono promettenti”.

Per questo, durante la settimana, Jesus Faria, dirigente del PSUV, ha organizzato un incontro sul tema dell’economia produttiva alla presenza di tutta l’equipe di governo, impegnata per tutto il mese nelle celebrazioni del “febbraio ribelle” che culmineranno con una grande giornata di mobilitazione internazionale il 27 febbraio, in base all’agenda stabilita dal Foro di San Paolo.

Un febbraio che ha celebrato anniversari storici e più recenti, come “la Battaglia dei Ponti”, il 23 febbraio dell’anno scorso. In quella data, nel pieno dell’aggressione imperialista seguita all’autoproclamazione di Guaidó, l’estrema destra ha cercato di invadere il paese con il pretesto di fare entrare un presunto aiuto umanitario: “Erano tutti lì, il presidente del Cile, del Paraguay, Elliott Abrams, Almagro e la OEA, ma non gli abbiamo permesso di mettere piede sul suolo venezuelano. Sono stati respinti e lo saranno sempre”, ha detto Cabello. Quindi ha ricordato la qualità, l’ampiezza e il significato delle esercitazioni militari per la difesa integrale della nazione, che si sono svolte nel paese all’insegna dell’unione civico-militare.

Insieme al presidente Maduro e al vicepresidente Tareck El Aissami, il capitano Diosdado Cabello è al centro di minacce esplicite da parte dell’imperialismo che, per bocca dell’ex commissario Simonovis, fuggito negli USA dopo un’evasione rocambolesca, suggerisce agli USA “di fargli fare la fine del generale Suleimani”. Per questo, l’estrema destra chiede all’autoproclamato Guaidó, di “autorizzare l’entrata della Dea”. Come risponde Diosdado?

In merito al ruolo della Dea, Cabello elenca i risultati ottenuti in materia di lotta alla droga da quando l’organismo è stato espulso dal paese insieme al Fondo Monetario Internazionale: “Non torneranno”, afferma. Quanto alle minacce del “codardo Simonovis, accusato come franco tiratore di aver ucciso molte persone durante il golpe dell’11 aprile 2002, ora fa la voce forte, mentre quando era in carcere piagnucolava tutti i giorni”.

Secondo i referti medici, infatti, Simonovis era quasi moribondo, incapace di reggersi in piedi. Una condizione assolutamente opposta a quella descritta da Miami dopo una fuga di scalate, discese e nuotate nel mare in burrasca…  “Non hanno una politica, ma solo menzogne a cui non crede più nessuno”, ha risposto Cabello ricordando la conferenza stampa del ministro della Comunicazione Jorge Rodriguez che ha illustrato, con nomi e cognomi, la fitta rete di interessi illeciti guidata da personaggi di opposizione. “Sono ladri e truffatori – ha aggiunto il capitano – il popolo li rifiuta e per questo chiedono aiuto all’estero per invadere il paese con le forze speciali. Sanno che né io né Tareck ci venderemo mai, né venderemo il paese. E se vogliono entrare in Venezuela, mi auguro che il codardo Simonovis si faccia vedere in prima fila…”

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