di Geraldina Colotti
A Caracas, il professor Ricardo Hung, cineasta e attivista del movimento LGBTI ha appena finito la sua conferenza. Brillante e coinvolgente, ha spiegato, in prospettiva storico-politica le varie manifestazioni dell’identità sessuale e gli impedimenti che ancora esistono alla libera espressione dell’amore e al diritto a una vita libera da violenza.
La sua relazione si è concentrata sui diritti delle e dei transessuali. Un problema – ha detto – che la famiglia e la comunità devono affrontare fin dalla nascita, quando un bambino o una bambina presenta caratteristiche ermafrodite, e si procede a una amputazione arbitraria che ne pregiudica la formazione.
Capita, allora, che una persona si trovi intrappolata in un corpo che non riconosce come suo, e che debba affrontare difficoltà e stigma, e una vita irta di ostacoli: a cominciare dalla carta d’identità sulla quale figura il nome di una persona che non corrisponde a quella che esiste nella vita vera. Sul tema, per le attività dell’8 marzo Ricardo ha perciò anticipato la proiezione del film Yo, imposible, della cineasta venezuelana Patricia Ortega.
Con noi, in sala, insieme a gruppi femministi e movimenti LGBTI che partecipano alle attività del Ministero della Donna e per l’uguaglianza di genere (MINMUJER), c’è anche il giovane Javier Silva, che è intervenuto più volte al dibattito e che ha accettato di rispondere alle nostre domande.
“Faccio parte – dice Javier – del Consiglio presidenziale del potere popolare per la diversità sessuale. Attualmente sono coordinatore nazionale dell’Ufficio per le questioni della diversità sessuale, contro le disuguaglianze e le discriminazioni di MINMUJER. Lavoro con la ministra Asia per avvicinare le politiche pubbliche della rivoluzione bolivariana alle persone che hanno differenti identità sessuale. Il presidente Chavez metteva l’accento sull’amore, e ha aggiunto al Ministero della donna il compito di realizzare l’uguaglianza di genere. Nella rivoluzione bolivariana abbiamo visto l’occasione per costruire un ambiente che tuteli il diritto all’amore in tutte le sue forme. L’amore è fondamentale perché le cose cambino. Non è giusto che noi veniamo discriminati perché amiamo in modo diverso”.
E come si lavora su questo tema a MINMUJER? “Lavoriamo con le persone più vulnerabili per rendere effettive le politiche pubbliche del governo bolivariano, per costruire un’articolazione più proficua tra istituzioni e movimenti, per raggiungere tutti e tutte la maggior somma di felicità possibile, difendendo i diritti che il movimento ha conquistato o per cui si sta battendo, come il diritto all’identità delle persone trans e anche il matrimonio gay. Siamo alleati delle donne contro il patriarcato e la violenza di genere, contro il capitalismo e l’imperialismo, che impedisce la sovranità dei corpi e dei territori. Stiamo procedendo con lentezza, ma con una gran fiducia nella rivoluzione”.
In tutta l’America Latina, i movimenti femministi e LGBTI denunciano il gran potere del conservatorismo religioso, che frena o minaccia la libertà sessuale. Cosa accade al riguardo in Venezuela? “È una preoccupazione reale – risponde Javier – perché questi movimenti religiosi stanno prendendo sempre più spazio e cercano di minare dall’interno il concetto di laicità dello Stato. Contrastano l’approvazione della legge sul matrimonio gay e sull’interruzione volontaria di gravidanza. Un numero sempre maggiore di compagni si lascia trasportare da queste religioni che non rispettano la libera espressione altrui, che vogliono impedire il diritto delle persone a manifestare liberamente il proprio orientamento sessuale. E anche nelle strutture del potere popolare vediamo purtroppo tornare vecchi modelli machisti e discriminatori.”.
A dicembre del 2015, Maduro ha creato il Consejo Presidencial de la Sexodiversidad. Javier esprime però ora un rammarico: “Ci dispiace – dice – che il nostro presidente Maduro, l’unico presidente legittimo del Venezuela in cui riponiamo tutta la fiducia, non abbia più trovato un po’ di tempo per ricevere il movimento. In uno stato laico, la religione non può imporsi allo Stato. Come ha mostrato Ricardo nella sua conferenza, tutte le religioni hanno ottenuto cose impensabili in Venezuela. I Santeros nella Quarta repubblica venivano perseguitati, ora siedono con i cattolici nel loro Consiglio Presidenziale. Perché, allora, certe religioni che parlano d’amore, discriminano i poveri e vogliono far retrocedere i nostri diritti e quelli delle donne?”
In certi momenti, l’opposizione ha cercato di cavalcare anche questi temi per accusare il governo sul piano dei diritti umani. “In America Latina – dice Javier -, sono stati i governi di sinistra ad aver difeso i diritti delle donne e della diversità sessuale. In Venezuela, l’esempio più è dato da una deputata trans, eletta con l’opposizione, che ne ha completamente negato i diritti durante tutto il periodo in cui la destra è stata maggioranza in Parlamento. Quando i suoi colleghi hanno dichiarato in Parlamento che i diritti LGBTI erano una rivendicazione da Primo Mondo e non da Terzo Mondo come noi saremmo, quella deputata è stata zitta. La cosa più triste è stato vedere questa persona che ha lottato per essere donna e per il suo diritto a esistere come trans, dietro l’autoproclamato Juan Guaidó”.
Javier partecipa alla Commissione nazionale per una nuova mascolinità anti-patriarcale e alternativa promossa da MINMUJER. Per l’8 marzo, si stanno organizzando seminari e dibattiti “per discutere con gli uomini della propria mascolinità, perché – dice Javier – sono gli uomini che uccidono le donne o le maltrattano, è con loro che bisogna lavorare per costruire l’uomo nuovo fuori dai modelli violenti del patriarcato. Alle donne chiediamo di rafforzare rapporti di sorellanza, indipendentemente da quello che abbiamo fra le gambe. Per l’8 marzo, organizzeremo per la prima volta una concentrazione di uomini contro il patriarcato. Ricorderemo anche che l’8 marzo non è una festa qualsiasi, ma la festa delle donne lavoratrici”.