Juan Miguel Cruz Suárez www.cubadebate.cu
Sì, potremmo smettere di essere solidali, forse gli egoisti di questo mondo ci concedono un applauso serrato ed alcuni elogi, anche se sono i meno, nonostante siano quelli che hanno di più. Potremmo passare dalla parte di quelli che guardano dall’altra parte, in modo da non vedere la triste faccia della miseria e della disuguaglianza.
Sì, potremmo smettere di essere solidali, ma cosa faccio con l’immagine dei miei anni di infanzia dove vedo mamma che porta una tazza, del mai abbondante caffè con latte, sino all’umile casa di Nena, una donna nera e prostrata, che aveva bisogno di aiuto.
Sì, potremmo smettere di essere solidali, ma in quale libro nascondo la foto di Fidel che dona sangue dopo il terremoto di Ancash in Perù, nel 1970, o il mio sfocato ricordo di quella palla quasi nuova che ho portato alla scuola elementare, come donazione per i bambini del Vietnam, orfani a causa delle ambizioni e degli odi degli stessi, che oggi, si sforzano che noi non fossimo fraterni.
Sì, potremmo smettere di essere solidali, ma come guardare, senza vergogna, il volto avvizzito, ma fermo delle madri di quei tre amici della mia adolescenza che non sono ritornati dall’Angola e che sono e saranno sempre l’orgoglio di queste famiglie rivoluzionarie, che hanno compreso il gesto altruistico dei propri ragazzi.
Sì, potremmo smettere di essere solidali, ma dovremmo rinunciare alle mani amiche che, nel mondo, si sollevano per Cuba o alle stesse mani che, da qui dentro, accorrono dopo uragani o tornadi.
Sì, potremmo smettere di essere solidali, ma come strappare dall’anima ai dottori che ritornano a casa da altre latitudini, il sorriso riconoscente del bimbo povero che non aveva mai sentito, sulla sua pelle, il dito sublime di un dottore.
Sì, potremmo smettere di essere di essere solidali, ma dovremmo costruire un altro popolo, senza persone che attraversano la strada per aiutare l’anziano, senza il vicino che ti invita volentieri al caffè del mattino, senza le porte aperte delle case di campagna, senza la giusta indignazione di fronte dell’ingiusto.
Sì, potremmo smettere di essere solidali, ma non lo faremo.
¿Podríamos dejar de ser solidarios?
Por: Juan Miguel Cruz Suárez
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, posiblemente los egoístas de este mundo nos otorguen un aplauso cerrado y unas loas, aunque ellos son los menos, a pesar de ser los que más tienen. Podríamos pasarnos al bando de los que miran hacia otro lado, para no ver el rostro triste de la miseria y la desigualdad.
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, pero qué hago con la imagen de mis años infantiles donde veo a mamá llevando una taza, del nunca abundante café con leche, hasta la humilde casa de Nena, una mujer negra y postrada, que necesitaba ayuda.
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, pero dentro de qué libro oculto la foto de Fidel donando sangre tras el terremoto de Ancash en Perú, allá por 1970, o mi borrosa remembranza de aquella pelota casi nueva que llevé a la escuela primaria, como donativo para los niños de Vietnam, huérfanos a causa de las ambiciones y los odios de los mismos que hoy procuran que no seamos fraternos.
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, pero cómo mirar, sin vergüenza, la cara marchita, pero firme, de las madres de aquellos tres amigos de mi adolescencia que no regresaron de Angola y que son y serán siempre el orgullo de estas familias revolucionarias, que comprendieron el gesto altruista de sus muchachos.
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, pero habría que renunciar a las manos amigas que en el mundo se levantan por Cuba o a las manos propias que acá adentro acuden tras los huracanes o los tornados.
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, pero cómo arrancar del alma a los médicos que regresan a casa desde otras latitudes, la sonrisa agradecida del niño pobre que jamás había sentido sobre su piel el dedo sublime de un doctor.
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, pero habría que edificar otro pueblo, sin gente que cruce la calle para auxiliar al anciano, sin el vecino que te invita gustoso al café matutino, sin las puertas abiertas de las casas campestres, sin la indignación justa ante lo injusto.
Sí, podríamos dejar de ser solidarios, pero no lo haremos.