Vzla: nuovi azioni di blocco e contingenza per la benzina

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Il governo di Donald Trump starebbe aumentando le azioni di “massima pressione” sul Venezuela, in piena crisi sanitaria mondiale causata dal Covid-19, questa volta colpendo la sicurezza energetica ed il flusso di combustibili nel paese.

Recentemente l’agenzia Reuters ha riferito, attraverso un’esclusiva, di aver avuto accesso a fonti di vari operatori petroliferi che mantengono rapporti con il Venezuela nonostante le pressioni e l’embargo economico, ovvero Repsol, Reliance Industries, ENI e Rosneft.

Secondo il media britannico, dalla fine del 2019, i funzionari USA hanno chiesto alla maggior parte dei fornitori di combustibile del Venezuela “di evitare di inviare benzina alla nazione colpita dalla crisi”.

In un’ultima tornata di appelli, all’inizio di marzo, tra funzionari USA e compagnie petrolifere, “hanno ribadito il divieto”, nonostante il peggioramento delle condizioni umanitarie nel paese, secondo una delle fonti.

La modalità di scambio di benzina con petrolio che in teoria il Venezuela starebbe applicando con gli alleati petrolieri, è stata smentita dalle fonti di Reuters che hanno sostenuto che “non c’è benzina come parte degli scambi con petrolio”.

Washington ha allineato una politica di pressione per evitare che il Venezuela abbia accesso alla benzina per veicoli, ma ha un’eccezione nel caso del diesel, noto nel mercato interno venezuelano come gasoil, che potrebbe essere fornito al Venezuela con questa modalità.

Nelle dichiarazioni riportate da Reuters, sia Repsol che ENI hanno dichiarato di inviare diesel alla società statale venezuelana PDVSA, non benzina, come parte dei loro scambi.

A marzo, ENI ha consegnato due carichi di diesel, mentre Repsol ne ha spedito uno e Rosneft nessuno, secondo documenti interni di PDVSA visti da Reuters e dati di Refinitiv Eikon.

L’incremento della pressione

 

Il ministro degli esteri venezuelano Jorge Arreaza ha indicato sul suo account Twitter: “È insolito che nel bel mezzo della pandemia, gli USA non solo rifiutino di revocare le sanzioni, ma che inoltre minaccino e perseguitino le navi che possono portare benzina nel paese e i fornitori di input ed additivi per produrla in Venezuela. Crudeltà alla sua massima espressione!”

In questo modo, Washington si propone accelerare una caduta delle condizioni elementari della vita economica venezuelana, approfittando della crisi sanitaria del Covid-19 e colpendo la fornitura interna di combustibili, che ha un impatto diretto sui sistemi di trasporto in Venezuela, con particolare enfasi al flusso di merci come medicine ed alimenti.

Il blocco della capacità di raffinazione interna

 

La dipendenza del Venezuela dalla benzina importata è parziale, dato che il paese continua a sviluppare processi di raffinazione nazionali per la vendita di benzina.

Tuttavia, e come menzionato dal ministro degli Esteri venezuelano, gli USA perseguitano anche i fornitori di input essenziali come gli additivi, che non sono prodotti in Venezuela e sono indispensabili per la produzione nazionale di benzina.

Dal 2005, il Venezuela ha effettuato un processo di sostituzione totale della benzina con piombo, eliminandola dal suo mercato interno. Da allora, la benzina più consumata nel paese è la benzina senza piombo a 95 ottani, una categoria similare alle cosiddette “Premium” in altri paesi.

Tuttavia, per la sua produzione sono essenziali gli additivi, come quelli del tipo biodiesel (ETANOL) che non sono prodotti in Venezuela e che permangono vietati per essere offerti al paese. Pertanto, il blocco USA mira chirurgicamente a danneggiare i processi chiave nella produzione interna di benzina.

Il Venezuela ha dovuto ricorrere agli acquisti di benzina all’estero per alleviare il deficit che sta lasciando la caduta della sua produzione nazionale. E ciò è dovuto alle nuove realtà delle infrastrutture di raffinazione nel paese.

Il parco di raffinazione venezuelano risale ai tempi del controllo USA sull’industria petrolifera venezuelana. Fondamentalmente è costituito da apparecchiature brevettate disponibili solo nei circuiti industriali connessi all’industria petrolifera sul suolo USA, principalmente in Texas.

Da diversi anni, anche prima che fossero decretate azioni formali di blocco dell’economia venezuelana, le società USA andavano applicando uno schema discrezionale per privare le raffinerie venezuelane di pezzi di ricambio e scorte. Gli impianti di raffinazione richiedono la sostituzione delle attrezzature con una periodicità variabile; molti di essi sono obsoleti da tre a sei mesi.

Per sostenersi, le raffinerie venezuelane hanno proceduto a riparare e fabbricare attrezzature minori con propri sforzi, ma nel corso degli anni, soprattutto da quando il blocco è stato formalizzato, nel 2017, le raffinerie hanno accumulato il saldo del blocco in maniera consistente.

Il Venezuela era parzialmente riuscito a manovrare il blocco dell’attrezzatura, usando la sua controllata USA, CITGO Petroleum Corporation. Sul contare su minime garanzie per stare sul suolo USA, CITGO ha effettuato alcuni acquisti da fornitori USA e li ha poi inviati in Venezuela; parte di essi, alcune attrezzature per i sistemi di raffinazione ed impianti di rifornimento di combustibili.

Tuttavia, con l’aggravarsi del blocco economico e la cattura di CITGO, all’inizio del 2019, da parte del governo Trump, è stato praticamente impossibile per PDVSA ricevere il sostegno della sua filiale nel nord. Ciò non si è tradotto solo nella limitazione delle tecnologie, ma si è applicato anche agli additivi ed input per la raffinazione in Venezuela, e persino alla benzina, con cui la CITGO aveva infine aiutato il paese negli ultimi anni.

Code per benzina, quarantena e contingenza

 

Per vari media internazionali, i riferimenti al blocco sul Venezuela ritornano in campo man mano che le enormi code per la benzina diventano evidenti, segnalando questo come un segno di collasso.

Misión Verdad ha avuto accesso a una fonte affidabile nell’industria petrolifera venezuelana, che in condizioni di anonimato, ha indicato che, sebbene le manovre di assedio economico siano inoccultabili, è anche vero che la limitazione del flusso di combustibile è intenzionale.

Si tratta anche di azioni di “razionamento” e di “limitazione della fornitura” dagli impianti di riempimento alle stazioni di servizio, allo scopo di fornire carburante “solo agli utenti essenziali”, vale a dire “unità di trasporto che contano su salvacondotti per trasportare alimenti, trasportare medicine e fornire servizi di trasporto pubblico”.

Secondo il funzionario, questa azione si starebbe applicando “come l’ha ordinato il governo, quindi nessuno dovrebbe essere sorpreso che il traffico di veicoli privati ​​sia limitato”.

La fonte ha aggiunto che la misura sarebbe allineata con l’intenzione di “ridurre la mobilità veicolare” e, con essa, il flusso di persone, come parte delle misure di quarantena sociale applicate dall’Esecutivo venezuelano.

L’industria petrolifera venezuelana si trova una fase di permanente emergenza. La fonte ha indicato che “gli effetti dell’assedio economico sono imprevedibili, non sappiamo cosa accadrà domani ed è per questo che dobbiamo approfittare della quarantena per un uso molto razionale della benzina e ad attrezzarci nelle misure delle possibilità … Il paese da molto tempo non ha un accumulo di inventario e non sarebbe male farlo adesso, benché sia ai livelli minimi…”, ha concluso.


Nuevas acciones de bloqueo y contingencia de gasolina en Venezuela

 

El gobierno de Donald Trump estaría incrementando acciones de “máxima presión” sobre Venezuela, en plena crisis sanitaria mundial a causa de la Covid-19, esta vez afectando la seguridad energética y el flujo de combustibles en el país.

Recientemente la agencia Reuters refirió, mediante una exclusiva, haber accedido a fuentes de diversas operadoras petroleras que mantienen relación con Venezuela pese a las presiones y embargo económico, a saber, Repsol, Reliance Industries, Eni y Rosneft.

Según el medio británico, desde finales de 2019 los funcionarios estadounidenses han pedido a la mayoría de los proveedores de combustible de Venezuela “que eviten enviar gasolina a la nación afectada por la crisis”.

En una última ronda de llamadas a principios de marzo entre funcionarios estadounidenses y empresas petroleras, “reiteraron la prohibición”, a pesar del empeoramiento de las condiciones humanitarias en el país, dijo una de las fuentes.

La modalidad de intercambio de gasolina por petróleo que en teoría estaría aplicando Venezuela con aliados petroleros, fue desmentida por las fuentes de Reuters quienes alegaron que “no hay gasolina como parte de los intercambios de petróleo”.

Washington ha alineado una política de presión para evitar que Venezuela tenga acceso a gasolina para vehículos, pero tiene une excepción tratándose de diesel, conocido en el mercado interno venezolano como gasoil, el cual sí podría ser suministrado a Venezuela mediante esa modalidad.

En declaraciones referidas por Reuters, tanto Repsol como Eni dijeron que envían diesel a la estatal venezolana PDVSA, no gasolina, como parte de sus intercambios.

En marzo, Eni entregó dos cargas diesel, mientras que Repsol envió una y Rosneft ninguna, según documentos internos de PDVSA vistos por Reuters y datos de Refinitiv Eikon.

Incremento de la presión

El canciller venezolano Jorge Arreaza indicó en su cuenta Twitter: “Es insólito que en plena pandemia EEUU no solo se niegue a levantar las sanciones, sino que además amenace y persiga a los buques que puedan traer gasolina al país, y a los proveedores de insumos y aditivos para producirla en Venezuela. ¡Crueldad en su máxima expresión!”.

De esa manera, Washington se propone acelerar una caída de las condiciones elementales de la vida económica venezolana, aprovechando la crisis sanitaria de la Covid-19 y afectando el suministro interno de combustibles, lo cual tiene un impacto directo en los sistemas de transporte en Venezuela, con especial énfasis en el flujo de mercancías como medicinas y alimentos.

El bloqueo a la capacidad de refinación interna

La dependencia de Venezuela de gasolina importada es parcial, dado que el país aún continúa desarrollando procesos de refinación nacional para el despacho de gasolina.

Sin embargo, y tal como fue referido por el canciller venezolano, Estados Unidos también persigue a proveedores de insumos esenciales como los aditivos, los cuales no se producen en Venezuela y son indispensables para la producción nacional de gasolina.

Venezuela desde el año 2005 hizo un proceso de sustitución total de la gasolina con plomo, erradicándola de su mercado interno. La gasolina de mayor consumo en el país, desde ese entonces, es la gasolina sin plomo de 95 octanos, una categoría similar a las llamadas “Premium” en otros países.

Sin embargo, para su producción son esenciales aditivos, como los de tipo biodiesel (ETANOL) que no se producen en Venezuela y que permanecen vetados para ser ofrecidos al país. De esa manera, el bloqueo estadounidense apunta quirúrgicamente a afectar procesos clave en la producción interna de gasolina.

Venezuela ha tenido que acudir a compras de gasolina en el extranjero para paliar el déficit que está dejando su decaída producción nacional. Y esto se debe a las nuevas realidades de las infraestructuras de refinación en el país.

El parque de refinación venezolano data de tiempos del control estadounidense sobre la industria petrolera venezolana. Básicamente está compuesto de equipos patentados que están disponibles solamente en los circuitos industriales conexos a la industria petrolera en suelo estadounidense, principalmente en Texas.

Desde hace varios años, incluso antes de que se decretaran acciones formales de bloqueo a la economía venezolana, las empresas estadounidenses venían aplicando un esquema discrecional de privar a las refinadoras venezolanas de repuestos y refacciones. Los ingenios de refinación requieren sustitución de equipos con una periodicidad variable; muchos de ellos tienen obsolescencia de tres a seis meses.

Para sostenerse, las refinadoras venezolanas han procedido a restaurar y fabricar equipos menores mediante esfuerzo propio, pero al paso de los años, especialmente desde la formalización del bloqueo en 2017, las refinerías han acumulado el saldo del bloqueo de manera consistente.

Venezuela había logrado maniobrar parcialmente el bloqueo de equipos, usando a su filial estadounidense, CITGO Petroleum Corporation. Por contar con garantías mínimas al estar en suelo norteamericano, CITGO hizo posible algunas compras a proveedores estadounidenses para luego enviarlas a Venezuela; parte de ellas, algunos equipos para los sistemas de refinación y plantas de llenado de combustibles.

Sin embargo, al profundizarse el bloqueo económico y la captura de CITGO a inicios de 2019 por parte del gobierno de Trump, ha sido virtualmente imposible que PDVSA reciba el apoyo de su filial en el norte. Ello no solo se ha traducido en la limitación de tecnologías, también ha aplicado a aditivos e insumos para la refinación en Venezuela, e incluso gasolina, con la que CITGO había auxiliado eventualmente al país en los últimos años.

Colas por gasolina, cuarentena y contingencia

Para diversos medios internacionales, las referencias al bloqueo sobre Venezuela vuelven al ruedo al volverse evidentes las tremendas colas por gasolina, señalando ello como un signo de colapso.

Misión Verdad accedió a una fuente fiable en la industria petrolera venezolana, la cual en condición de resguardo de su identidad, indicó que, aunque las maniobras de cerco económico son inocultables, también es cierto que la limitación en el flujo de combustible es deliberada.

Se trata también de acciones de “racionamiento” y “limitación del suministro” desde las plantas de llenado, hasta las estaciones de servicio, con el propósito de surtir combustible “solo a usuarios esenciales”, a saber “unidades de transporte que cuenten con salvoconducto para transportar alimentos, para transportar medicinas y prestar servicio de transporte público”.

Según el funcionario, esta acción se estaría aplicando “tal como lo ha ordenado el gobierno, así que a nadie le debe sorprender que se limite el tráfico de vehículos particulares”.

Agregó la fuente que la medida estaría alineada con la intención de “reducir la movilidad vehicular” y, con ello, el flujo de personas, como parte de las medidas de cuarentena social aplicadas por el Ejecutivo venezolano.

La industria petrolera venezolana se encuentra en una etapa de contingencia permanente. Ha indicado la fuente que “los efectos del cerco económico son impredecibles, no sabemos qué puede pasar mañana y por eso debe aprovecharse la cuarentena para un uso muy racional de la gasolina y apertrecharnos en las medidas de las posibilidades… El país desde hace mucho no cuenta con acumulación de inventario y no estaría mal hacerlo ahora, así sea en niveles mínimos…”, concluyó.

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