Randy Alonso Falcón www.cubadebate.cu
L’umanità sta affrontando la sua più grande sfida globale dell’ultimo mezzo secolo. È un’enorme crisi sanitaria causata da un aggressivo virus; ma è anche una crisi di dimensioni politiche, economiche, sociali e di valori con conseguenze enormi.
Una simile sfida, in un mondo così interconnesso, richiederebbe veri statisti capaci di trovare risposte audaci e globali. Ma, purtroppo, questi dirigenti scarseggiano di questi tempi.
Gli USA, l’attuale maggior potenza, hanno “il peggior presidente della storia”, secondo un articolo pubblicato dal Washington Post. Donald Trump è stato un fiasco di fronte alla pandemia. Ha sottovalutato il pericolo della malattia per il suo paese ed il mondo; l’ha definita una “semplice influenza”, nonostante gli allarmi del Pentagono e della comunità dell’intelligence, e si è impegnato a giocare a golf e twittare freneticamente contro i candidati presidenziali democratici ed i media.
Washington ha perso settimane preziose per prepararsi di fronte alla diffusione della malattia dall’Asia al resto del mondo. Oggi quel paese è l’epicentro della pandemia con il maggior numero di infettati e morti.
Trump ha agito più come candidato alla rielezione che come Presidente. Le sue erratiche dichiarazioni, i suoi scontri con vari governatori ed i suoi tentativi di incolpare i democratici, i cinesi e persino lo stesso Barack Obama per l’attuale disastro, riflettono la povertà della sua dirigenza.
Ma non solo la Casa Bianca non ha saputo condurre lo scontro interno con la pandemia, ma non ha esercitato la dirigenza mondiale che ci si potrebbe aspettare dalla più grande potenza economica e militare del pianeta. Al contrario, Trump ha scelto di scontrarsi con la Cina accusandola di questa situazione; si è anche unito ad invettive contro l’Organizzazione Mondiale della Sanità ed ha minacciato di ritirare i fondi che consegna a quell’ente internazionale; ha sequestrato, a colpi di banconote, negli aeroporti cinesi carichi di mascherine che erano stati venduti alla Francia o in Thailandia, circa 200 mila mascherine, precedentemente ordinate dalla Germania; ha sequestrato ventilatori ed altre attrezzature e forniture mediche che andavano al suo vicino ed alleato Canada e mantiene criminali blocchi contro Cuba, Venezuela ed Iran.
I dirigenti europei hanno fatto poco meglio: conflittuali, divisi, poco cooperativi uno con l’altro. Mentre l’Italia e la Spagna quasi morivano di COVID, Germania, Olanda ed altre nazioni ponevano ogni sorta d’ostacolo agli aiuti finanziari necessari per affrontare la terribile situazione sanitaria, economica, lavorativa e finanziaria.
Solo giovedì scorso, le autorità europee sono state in grado di raggiungere un accordo parziale per sostenere gli Stati membri per far fronte agli impatti che la pandemia sta lasciando. L’Unione dei 27 continua a soffrire fratture che vanno al di là della fuga britannica della Brexit.
Vengono raccolti i tragici frutti di anni di austerità, tagli e politiche neoliberali che hanno disarticolato i sistemi sanitari ed hanno aperto la strada a questa tragedia. A cui si aggiunge la zuffa tra equipe mediche tra paesi europei, la mancanza di sostegno all’Italia da parte del resto d’Europa, quando quel paese affondava tra malati e morti, le pressioni degli uomini d’affari che mettono le loro imprese davanti alla vita dei loro lavoratori.
L’Unione Europea e le sue istituzioni hanno fatto una brutta figura davanti alla pandemia. Il presidente del Consiglio Europeo non ha neppure una squadra di medici da inviare in Lombardia; né hanno ospedali da campo o riserve di mascherine o respiratori da inviare, come aiuto, ad un paese membro. Tuttavia, ci sono armi e droni per la super equipaggiata polizia di frontiera e fondi sempre pronti per venire in soccorso delle grandi banche e società.
In America Latina e Caraibi, si anelano i tempi di forza della CELAC ed UNASUR. Non è stato possibile realizzare una strategia regionale concertata per affrontare la sfida globale della malattia. Ogni paese ha adottato le proprie strategie senza molta solidarietà tra nazioni sorelle. L’Ecuador sta vivendo una terribile tragedia come risultato di un fallito esercizio di Governo. Il Brasile s’impenna socialmente con un presidente inaudito che, lungi dal chiamare alla responsabilità, cammina festosamente per le strade di Brasilia, incitando il libero arbitrio di fronte al pericolo.
La regione sente la mancanza degli anni che hanno riunito Fidel, Raúl, Chávez, Lula, Néstor ed altri dirigenti di più ampie vedute in questa regione.
Cuba -aggredita e bloccata-, affrontando lei stessa la malattia all’interno dei suoi confini, non ha esitato ad uscire per aiutare altre nazioni del mondo, in America, Europa, Medio Oriente ed Africa con decine di brigate di professionisti della salute ben addestrati e fortemente impegnati coi destini degli esseri umani.
Anche Russia e Cina si sono erette come dirigenti della cooperazione internazionale in questi tempi difficili. Mentre gli USA ed il suo presidente non mancano di promettere risorse milionarie che non arrivano, ed allo stesso tempo di screditare la Cina; la potenza asiatica ha inviato prodotti e forniture e squadre di esperti medici a decine di paesi in tutto il mondo. Secondo dati preliminari pubblicati su media cinesi, finora si sono realizzati 178 voli charter, con 100 squadre di esperti medici ed oltre 2636 tonnellate di forniture mediche ad oltre 40 paesi nel mondo, tra cui gli stessi USA, Regno Unito ed Italia, solo per citare alcuni.
Così ha fatto anche la Russia, inviando aiuti allo stesso impero USA e mettendo medici ed attrezzature nella malconcia regione italiana della Lombardia.
La sfida che l’umanità affronta è colossale. Non valgono qui né l’ “individualismo” salvifico né la “mano prodigiosa del mercato”, né le formule nazionaliste e patriottarde. L’unico modo per uscire da questa minaccia è attraverso la via della cooperazione e della solidarietà. “Questo non è un momento per l’indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo ed ha bisogno di essere unito per affrontare la pandemia”, ha detto Papa Francesco questa domenica durante il suo discorso, noto come “Urbi et Orbi”.
“Questo non è il momento di continuare a produrre e vendere armi, spendendo ingenti somme di denaro che potrebbero essere utilizzate per assistere le persone e salvare vite”, ha detto.
Sfortunatamente, mancano statisti che capiscano e pratichino questi precetti. C’è bisogno di un ordine globale completamente nuovo e più giusto.
La COVID-19 y un mundo falto de estadistas
Por: Randy Alonso Falcón
La humanidad está enfrentada a su mayor desafío global en el último medio siglo. Es una enorme crisis sanitaria causada por un agresivo virus; pero es también una crisis de dimensiones políticas, económicas, sociales y de valores de enormes consecuencias.
Tal desafío, en un mundo tan interconectado, requeriría de estadistas verdaderos capaces de encontrar respuestas audaces y globales. Pero, lamentablemente, esos líderes escasean en estos tiempos.
Estados Unidos, la mayor potencia actual, tiene “el peor presidente de la historia”, a decir de un artículo publicado por The Washington Post. Donald Trump ha sido un fiasco frente a la pandemia. Subestimó el peligro de la enfermedad para su país y el mundo; la tildó de una “simple gripe”, a pesar de alertas del Pentágono y de la comunidad de inteligencia, y se dedicó a jugar golf y tuitear frenéticamente contra los candidatos demócratas a la presidencia y los medios de comunicación.
Washington perdió semanas valiosas para prepararse ante el avance de la enfermedad desde Asia al resto del mundo. Hoy, ese país es el epicentro de la pandemia con el mayor número de infectados y muertos.
Trump ha actuado más como un candidato a la reelección que como Presidente. Sus erráticos pronunciamientos, sus enfrentamientos con diversos gobernadores y sus intentos de culpar a los demócratas, a los chinos y hasta al mismísimo Barack Obama del presente desastre, reflejan la pobreza de su liderazgo.
Pero no sólo la Casa Blanca no ha podido conducir el enfrentamiento interno a la pandemia, sino que no ha ejercido el liderazgo mundial que se pudiera esperar de la mayor potencia económica y militar del planeta. Por el contrario, Trump ha optado por enfrentarse a China culpándola de esta situación, se ha liado también a invectivas contra la Organización Mundial de la Salud y amenazado con retirar los fondos que entrega a esa instancia internacional, ha secuestrado a golpe de billetes en aeropuertos chinos cargamentos de mascarillas que habían sido vendidos a Francia o en Tailandia unas 200 mil previamente encargadas por Alemania, ha confiscado ventiladores y otros equipos e insumos médicos que iban hacia su vecino y aliado Canadá y mantiene criminales bloqueos contra Cuba, Venezuela e Irán.
Poco mejor lo han hecho los líderes europeos: enfrentados, divididos, poco cooperativos unos con otros. Mientras Italia y España casi morían de COVID, Alemania, Holanda y otras naciones ponían uno y otro obstáculo a la ayuda financiera necesaria parar enfrentar la terrible situación sanitaria, económica, laboral y financiera.
Sólo el pasado jueves, las autoridades europeas pudieron llegar a un acuerdo sesgado de apoyo a los estados miembros para enfrentar los impactos que va dejando la pandemia. La Unión de los 27 sigue sufriendo quebraduras que van más allá de la estampida británica del Brexit.
Se recogen los frutos trágicos de años de austeridad, recortes y políticas neoliberales que desarticularon los sistemas de salud y allanaron el camino a esta tragedia. A lo que se suma la rebatiña de equipos médicos entre países europeos, la falta de apoyo a Italia por parte del resto de Europa cuando aquel país se hundía entre enfermos y muertos, las presiones de empresarios que ponen por delante sus negocios ante la vida de sus trabajadores.
La Unión Europea y sus instituciones han quedado muy mal paradas ante la pandemia. El presidente del Consejo Europeo no tiene siquiera un equipo de médicos para enviar a la Lombardía; tampoco cuentan con hospitales de campaña ni reservas de mascarillas o respiradores para enviar como ayuda a un país miembro. Sin embargo, si hay armas y drones para la suerequipada policía de la frontera y fondos siempre listos para salir al rescate de los grandes bancos y empresas.
En América Latina y el Caribe se añoran los tiempos de fortaleza de la CELAC y UNASUR. No se ha podido lograr una estrategia regional concertada para enfrentar el desafío global de la enfermedad. Cada país ha asumido sus propias estrategias sin mucha solidaridad entre naciones hermanas. Ecuador vive una tragedia espantosa como resultado de un fallido ejercicio de Gobierno. Brasil se encabrita socialmente con un presidente inaudito que lejos de llamar a la responsabilidad se pasea festinadamente por las calles de Brasilia incitando al libre albedrío ante el peligro.
La región extraña los años que juntaron a Fidel, Raúl, Chávez, Lula, Néstor y otros dirigentes de más amplias miras en esta región.
Cuba -agredida y bloqueada-, enfrentada ella misma a la enfermedad en sus fronteras, no ha dudado en salir a ayudar a otras naciones del mundo, en América, Europa, Medio Oriente y África con decenas de brigadas de profesionales de la salud bien formados y altamente comprometidos con los destinos de los seres humanos.
También Rusia y China se han erigido en líderes de la cooperación internacional en estos difíciles tiempos. Mientras el de Estados Unidos y su presidente no pasan de prometer recursos millonarios que no llegan, y al mismo tiempo de desacreditar a China, la potencia asiática ha enviado productos e insumos y equipos de expertos médicos a decenas de países del mundo. Según cifras preliminares publicadas en medios chinos, hasta el momento 178 vuelos charter con 100 equipos de expertos médicos y más de 2636 toneladas de suministros médicos a más de 40 países del mundo, incluido los propios Estados Unidos, Reino Unido e Italia, por solo mencionar algunos.
Así lo ha hecho también Rusia, enviando ayuda hasta el mismísimo imperio estadounidense y poniendo médicos y equipos en la golpeada región italiana de Lombardía.
El desafío que la humanidad enfrenta es colosal. No valen aquí ni el “individualismo” salvador, ni la “mano prodigiosa del mercado”, ni las fórmulas nacionalistas y patrioteras. Para salir de esta amenaza el único camino es el de la cooperación y la solidaridad. “Este no es un momento para la indiferencia, porque todo el mundo está sufriendo y necesita estar unido para enfrentar la pandemia”, dijo el Papa Francisco este domingo durante su discurso, conocido como “Urbi et Orbi”.
“No es este el momento para seguir fabricando y vendiendo armas, gastando elevadas sumas de dinero que podrían usarse para cuidar personas y salvar vidas”-afirmó.
Lamentable que falten estadistas que comprendan y practiquen esos preceptos. Se necesita un orden global enteramente nuevo y más justo.