Thierry Deronne, Caracas, 4 maggio 2020, Venezuela Infos
http://aurorasito.altervista.org
Pessimo remake della Baia dei Porci firmato da Trump nell’operazione nei Caraibi per rovesciare il Presidente Nicolas Maduro: un’incursione di paramilitari dalla Colombia con un impressionante armamento veniva sconfitto dall’esercito bolivariano, il 3 maggio all’alba, sulle coste del Venezuela.
Tutto iniziò con le solite operazioni di “narrazione del caos”: scontri con armi pesanti negli inferi dei distretti colombiani di Petare, nella parte orientale di Caracas, ammutinamento probabilmente telecomandato in una prigione nel Paese. , a Guanare (1).
A valle, per alcune settimane la carenza di benzina pianificata dagli Stati Uniti (2) e un nuovo delirante aumento dei prezzi dei prodotti alimentari dei privati.
Il 29 aprile, arrabbiato dal desiderio del governo di controllare la guerra dei prezzi, Lorenzo Mendoza, capo del gigante alimentare privato POLAR, chiese via WhatsApp alla confindustria locale “l’intervento militare per assassinare Maduro” (3).
Il 30 aprile, Elliott Abrams, “funzionario del Venezuela” di Donald Trump, coinvolto in crimini contro l’umanità in America Centrale negli anni ’80, dichiarò come Mike Pompeo che “la transizione in Venezuela era vicina” e che “l’ambasciata nordamericana in Venezuela sarebbe presto riaperta”(4).
A Caracas, il giorno prima dell’operazione paramilitare, i giornalisti di destra come Marianella Salazar avvertirono sui social network: “questa notte riserva sorprese”. (5)
Al momento in cui scrivo, le Forze Armate Bolivariane rastrellano l’area alla ricerca dei resti del commando. Otto furono uccisi, due catturati e l’imponente arsenale sequestrato, fucili d’assalto, mitragliatrici, fuoribordo, pick-up con artiglieria leggera (6).
Tutto ciò conferma le chiavi fornite da Maurice Lemoine nell’approfondita indagine sull’operazione militare ridipinta a “campagna antidroga” di Donald Trump, come il massiccio acquisto di armi dai paramilitari di Juan Guaido con fondi statunitensi sul traffico di droga (7).
A ciò si aggiunse la complicità occidentale: il rafforzamento europeo della flotta degli Stati Uniti e la complicità olandese nel rifornire ad Aruba i mercenari che lasciarono le coste colombiane. Rivelazione interessante: tra i mercenari di tale operazione congiunta paramilitare/Guaido/Trump/Duque/UE contro il Venezuela, fu arrestato un agente della DEA.
212 milioni di $ per eliminare il Presidente Maduro.
La giornalista di destra Patricia Poleo pubblicò il 3 maggio quale fu il contratto per le operazioni dei paramilitari addestrati e finanziati da Stati Uniti e Colombia attraverso Juan Guaido. Si notavano.e le firme del presidente fantoccio designato da Trump, ma anche quella di Juan José Rendón (consigliere della guerra psicologica di Alvaro Uribe e Ivan Duque, vicino al segretario generale dell’OSA Luis Almagro). I pagamenti garantiti dal petrolio venezuelano. La stessa giornalista pubblicava la conversazione telefonica tra tali partner quando fu firmato il contratto. Rivelando tali documenti (tranne la prima pagina del contratto …), Poleo vuole senza dubbio far credere all’arruolamento di mercenari.
Gli attivisti erano indignati in Europa: perché la timidezza della sinistra di fronte la permanente aggressione della democrazia venezuelana?
Il Venezuela viene sacrificato perché la quantità ha generato qualità: Maduro è un dittatore che fa morire di fame il popolo. Quando per troppo tempo i media hanno spacciato la stessa immagine, la sinistra assorbita dalla “comunicazione” abbassa la testa, elezioni, carriere o immagine personale l’obbligano. Forse si può valutare se un partito incarna la vera rottura dal mostrare coraggio su un soggetto tanto distante e “sacrificabile” come il Venezuela. Persino media o programmi ritenuti “alternativi” come Mediapart o “Inviato speciale”, rinunciano al senso critico nella disinformazione subita dal processo bolivariano. Il giorno prima del tentativo dì invasione, Journal d’Arte dava un perfetto esempio di quest’arte di neutralizzare l’opinione, sostituendo le cause con effetti. Un classico del “giornalismo” omogeneizzato (privato/pubblico) di oggi. Come indica lo spettatore Miguel Quintero, il governo bolivariano fu ritratto come responsabile della “crisi”. Non una parola sul blocco, sulla guerra economica, sul lunghissimo elenco di sanzioni interminabili (8), rafforzate in piena pandemia, a cui il Paese è sottoposto da Stati Uniti ed Unione europea. Alcuna immagine o testimonianza delle organizzazioni municipali e dei molteplici esempi concreti di potere diretto dei cittadini che attuano una democrazia partecipativa ogni giorno. Niente sugli sforzi del governo Maduro per nutrire la popolazione e garantirne la salute di fronte al Covid-19, sforzi che tuttavia spingevano le Nazioni Unite a chiedere al Venezuela l’autorizzazione a studiarne il modello per riprodurlo in altri Paesi (9).
Ignacio Ramonet: “Sebbene i principali media internazionali rifiutino di ammetterlo, il Presidente Nicolas Maduro è il leader del Sud America che ha rapidamente capito come agire drasticamente contro l’agente patogeno. Grazie alla serie di misure (confinamento, chiusura delle frontiere, ricerche volontarie casa per casa, ricovero in ospedale di tutte le persone positive) decise dal suo governo, e nonostante il blocco economico, finanziario e commerciale illegale imposto dagli Stati Uniti, e le minacce militari, il Venezuela ha saputo evitare gli errori commessi in Italia, Spagna o Stati Uniti salvando centinaia di vite”, (10)
Solo pochi professionisti el giornalismo come Maurice Lemoine osano ancora, a forza di meticolose controindagini, smantellare lo stilema, presente anche in Amnesty, che prende le sue fonti da ONG finanziate dall’opposizione per trasformare in “prigionieri politici” gli agenti della destabilizzazione armate che Trump nemmeno nasconde (11).
Stilema anche alla base della “critica di sinistra” (né Trump, né Maduro) fatta a distanza, come se gli elettori venezuelani non fossero informati e lucidi per criticare il proprio governo. Quanti altri colpi di Stato aspetteremo per redigere una legge globale per democratizzare la proprietà dei media, ricostruire un servizio pubblico partecipativo che non sia una copia del privato, per fornire onde radio, concessioni, frequenze e risorse ai media popolari e liberare le scuole di giornalismo dalle forze del mercato?
Note:
RT
Misionverdad2012
Lechuguinos
Hudson
Ricordiamo che contrariamente alla credenza popolare, in Venezuela sia l’economia privata che i media privati, in generale dell’opposizione, dominano ampiamente il campo politico. MadeleintlSUR
Misionverdad2012
Medelu
Romain Migus
Venezuelainfos
Venezuelainfos
Vedi il capitolo “Amnesty & Co” nel recente lavoro di Maurice Lemoine “Cronaca della destabilizzazione“, Edizioni Le Temps des Cerises. Fatto interessante : L’ONG venezuelana dei “diritti umani” e fonte di Amnesty, Provea, fu già notata per l’opposizione alle elezioni dei cittadini di un’assemblea costituente, ridendo nel dichiarare che l’incursione terroristica dell’operazione Trump era … colpa di Nicolás Maduro! Per Provea, è colpevole di aver chiuso spazi democratici… di conseguenza spingendo i paramilitari nordamericano-colombiani a sbarcare Osservatori internazionali come l’ex-presidente Lula , l’ex-presidente Evo Morales o l’ex-primo ministro Rodriguez Zapatero hanno spiegato da tempo che il Presidente Maduro, eletto democraticamente in un paese che batte tutti i record nelle elezioni, ha sempre cercato di aprire spazi al dialogo con l’opposizione (purtroppo subordinata a Washington, contrassegnata come in Brasile da suprematismo coloniale, e mai pronta a rinunciare alle ambizioni putschiste). Ma Provea qualificherà senza dubbio i terroristi arrestati come “prigionieri politici“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Il Venezuela è in allerta dopo aver sventato un raid militare degli USA
PressTV 04 maggio 2020 http://aurorasito.altervista.org
L’esercito venezuelano era n allerta dopo aver sventato un raid di mercenari degli USA. Il Ministro degli Interni venezuelano Nestor Reverol dichiarava che gli aggressori avevano lanciato un raid all’alba del 3 maggio. I mercenari cercarono d’invadere lo Stato di La Guaira su imbarcazioni veloci, secondo Reverol, aggiungendo che otto uomini armati furono eliminati e altri due catturati. E aveva detto che uno di loro era un agente della Drug Enforcement Administration statunitense. Uno dei mercenari eliminato, soprannominato “la pantera”, fu identificato come coinvolto nell’ottenimento di armi per i mercenari in Colombia. Reverol aggiunse che le forze venezuelane avevano sequestrato le armi e perquisivano la spiaggia dove erano sbarcati, cercando altre armi dopo che una delle barche si era capovolta.
“Un altro tentativo di colpo di stato”
Sergej Melik-Bagdasarov, l’ambasciatore russo in Venezuela, aveva dichiarato che l’obiettivo dell’operazione fallita era portare le armi in Venezuela per le forze di opposizione addestrate per destabilizzare il Paese e rovesciare il governo con un colpo di Stato. Il diplomatico russo osservava che non era la prima volta che un’operazione simile fu avviata contro Caracas. “La notte del 3 maggio, le forze di sicurezza venezuelane fermavano un altro tentativo di importare illegalmente nel territorio venezuelano una serie di armi utilizzate per organizzare attentati terroristici, sabotaggio e destabilizzare la situazione per rovesciare il governo legittimo del Venezuela guidato dal Presidente Nicolas Maduro”, aveva detto Melik-Bagdasarov. “Quindi chi sono questi criminali che hanno organizzato un altro tentativo di colpo di Stato?” “Sono questi mercenari, prodotti dalla fabbrica di terrore e omicidi promossi dagli Stati Uniti, comprendendo gruppi armati, uno dei quali neutralizzato oggi”, aggiungeva. L’inviato russo affermava che i campi militari furono istituiti col sostegno degli Stati Uniti nei Paesi vicini al Venezuela, come la Colombia, per addestrare le forze anti-Caracas nel rovesciare il governo. I funzionari colombiani respinsero le accuse di coinvolgimento di qualsiasi tipo nel fallito attacco.
L’ex berretto verde degli Stati Uniti rivendica l’azione
Tuttavia, un ex berretto verde degli Stati Uniti rivendicava la responsabilità di ciò che ha descritto come operazione fallita lanciata dalla Colombia volta a rovesciare Maduro. In un’intervista, Jordan Goudreau forniva dettagli sul raid prima dell’alba presso la capitale del Paese sudamericano. AP pubblicava di aver scoperto che Goudreau lavorava con un ex-militare venezuelano addestrando decine di ex-soldati venezuelani in campi segreti nella Colombia. L’obiettivo dell’operazione era organizzare un’operazione che finisse coll’arresto di Maduro. Washington aveva apertamente chiesto la caduta di Maduro, aumentando la pressione su Caracas accusando il leader di sinistra di essere un narcotrafficante ed offrendo una “ricompensa” di 15 milioni di dollari per il suo arresto. Il governo venezuelano sventava il piano per attaccare il Presidente Nicolas Maduro e altri alti funzionari. Caracas affermava che il piano omicida fu orchestrato dal capo dell’opposizione appoggiato dagli USA Juan Guaido, affermazione che i legislatori dell’opposizione respingono. Washington aveva anche imposto sanzioni più severe nei confronti del Venezuela. La figura dell’opposizione Juan Guaido, sostenuta dagli Stati Uniti, rivendicava il potere in Venezuela. In precedenza tentò un colpo di Stato. Ci fu anche un tentativo di assassinare Maduro con un drone nel 2018.
In cosa consisteva l’”Operazione Gideon” contro il Venezuela?
TeleSurTV 4 maggio 2020
Le forze di sicurezza dello Stato venezuelano sequestravano un vasto arsenale ai disertori. Gruppi armati dalla Colombia tentavano un’incursione in Venezuela per destabilizzare ed attaccare il governo. Il 3 maggio, una serie di incursioni marittime iniziava nell’area costiera di Macuto, nello Stato di La Guaira (nord), di gruppi armati della Colombia, ma furono neutralizzati dalle azioni congiunte delle Forze armate nazionali bolivariane (FANB) e delle Forze di Azione Speciali (FAES). Tuttavia, la cosiddetta “Operazione Gideon”, per generare destabilizzazione, violenza e attacchi al governo venezuelano, ebbe il culmine il 3 maggio e, ancora una volta, le forze di sicurezza dello Stato venezuelano l’affrontavano questa volta col sostegno dei cittadini organizzati di Chuao, nello Stato di Aragua (nord). L’”Operazione Primo Nero”, che attiva FANB e FAES in difesa del territorio venezuelano, catturava 13 terroristi, tra cui due cittadini statunitensi. Nei combattimenti, le forze venezuelane riportavano la perdita di otto terroristi, tra cui uno dei capi dell’incursione, Robert Colina Ibarra, alias Pantera. Durante le operazioni furono sequestrati dieci fucili, una pistola Glock da 9 millimetri, due mitragliatrici AFAG, sei autocarri, una barca con due motori fuoribordo, due quaderni coi dettagli dell’operazione, telefoni satellitari, documenti, uniformi, un elmetto con la bandiera americana e cartucce di diversi calibri, come rivelato dal Ministro degli Interni, della Giustizia e della Pace Nestor Reverol.
In cosa consisteva l’incursione armata?
I gruppi armati, provenienti dalla Colombia, progettavano d’infiltrarsi nel territorio venezuelano via mare, usando come punti d’ingresso le coste di Macuto, nello Stato di La Guaira (nord), e le coste di Chuao, nello Stato di Aragua (nord). L’obiettivo era generare destabilizzazione, assassinare membri del governo venezuelano e realizzare un colpo di Stato, come assicurava Colina Ibarra in un video diffuso sui social network. Secondo i suoi capi, il gruppo armato si appropriava del termine “Gideon” per identificare l’incursione armata contro il Venezuela, riferendosi al quinto dei giudici del popolo ebraico dell’antico Israele, che preparò un esercito di 300 uomini per attaccare i Madianiti.
Chi era coinvolto?
A capo del gruppo armato c’erano Colina Ibarra, così come il disertore Javier Nieto Quintero e il direttore esecutivo di Silvercorp degli USA Jordan Goudreau, un ex-soldato nordamericano incaricato di addestrare in tre campi i disertori delle FANB, coordinati dal capo golpista Clíver Alcalá Cordones. Nelle azioni, Rodolfo Rodríguez e Yerferson Fernández, disertori della polizia, furono catturati, come riportato dal Presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente (ANC) del Venezuela Diosdado Cabello. Inoltre, ha indicato l’arresto del capo dell’operazione armata contro il Venezuela, Antonio Sequea, che aveva partecipato al fallito tentato golpe del 30 aprile 2019. Furono arrestati anche Gustavo Adolfo Hernández e i nordamericani Luke Alexander Denman. e Airan Berry. Il terrorista Javier Nieto confermava la partecipazione all’”Operazione Gideon”, col chiaro scopo di provocare un cambio di governo violento in Venezuela e di aprire lo spazio alla “transizione” che il deputato dell’opposizione, Juan Guaidó cercava. Secondo il Procuratore Generale venezuelano Tarek William Saab, “sono emerse forti prove” che collegano direttamente Guaidó a tale operazione, che insieme al capo golpista Clíver Alcalá Cordones, contattò la società di sicurezza Silvercorp USA in Florida, “appaltatore specializzato in problemi irregolari, che fornisce servizi di consulenza alle imprese nella valutazione del rischio, nelle trattative su casi di rapimento ed estorsione”, per utilizzarla per un importo di 212 milioni di dollari.
Chi era Robert Colina Ibarra, alias Pantera?
Colina Ibarra diresse il campo di addestramento numero 3 a Riohacha (Colombia settentrionale), era coinvolto nell’operazione per attaccare un arsenale nel territorio venezuelano, frustrato dalla polizia stradale colombiana il 23 marzo. Il capo dell’operazione era il golpista Alcala Cordones, che riconobbe che l’alias Pantera era del suo uomo di fiducia in tale tipo di azione contro il governo venezuelano.
Qual è l’implicazione di Colombia e Stati Uniti?
In diverse occasioni, il Vicepresidente della comunicazione venezuelana Jorge Rodríguez denunciò che in Colombia vi sono tre campi “in cui addestrano i mercenari per attivare piani contro il Venezuela”. Allo stesso modo, Alcalá Cordones assicurò alla stazione colombiana WRadio che il contratto per l’acquisto dell’arsenale militare sequestrato a marzo fu concluso con le agenzie degli Stati Uniti (USA) e la conoscenza della Colombia. Inoltre, parlò di un piano per destabilizzare il Venezuela e cui partecipava l’autoproclamato presidente dell’opposizione Juan Guaidó, che avrebbe firmato un contratto per l’operazione militare nella nazione. Il capo golpista assicurò che fu pianificato un colpo di Stato contro il Presidente Nicolás Maduro e che anche il consigliere politico Juan José (JJ) Rendón, insieme ad altri coinvolti, aveva partecipato al suddetto contratto. Da parte loro, le autorità colombiane negavano il loro coinvolgimento nella nuova aggressione al Venezuela, assicurando che “questa è un’accusa infondata, che tenta di coinvolgere il governo colombiano in un complotto speculativo”. Inoltre, negli ultimi giorni, il segretario di Stato nordamericano Mike Pompeo affermò che continueranno a esercitare pressioni contro il governo venezuelano, sanzionato e bloccato illegalmente, e non escluse la riapertura dell’Ambasciata del suo Paese in caso di cambio delle autorità.
Prima dell’”operazione di Gideon” in Venezuela
Ci fu un’operazione militare il 15 gennaio 2018 nella parrocchia di El Junquito, e in cui il gruppo armato guidato da Óscar Pérez, collegato a una cellula terroristica, fu distrutto dopo aver attaccato la Corte Suprema di Giustizia nel 2017, così come aver tentato il furto di armi nel Forte di Paramacay. Diverse forze di sicurezza venezuelane parteciparono all’operazione, come FAES, GNB e Polizia nazionale bolivariana (PNB).
Traduzione di Alessandro Lattanzio