le maras, figlie della guerra civile
Sessantamila effettivi e 500mila fiancheggiatori, in un piccolo Paese con meno di sette milioni di abitanti che detiene il record mondiale di omicidi. Sono “las maras”, le bande criminali che dagli anni Ottanta insanguinano El Salvador. Con una storia che viene da lontano, tra le strade di Los Angeles e la guerra civile salvadoregna. Oggi la guerra è con il presidente Bukele, che ha deciso di punire i pandilleros in prigione, mescolando i membri delle bande rivali
Giovani, rasati, tatuati. Potrebbe sembrare la descrizione di ragazzi come tanti altri, magari con un look aggressivo. Ma non è così. E quei tatuaggi, a saperli leggere, spiegano che vita hanno scelto. Sono i mareros, i membri delle bande criminali che dagli anni Ottanta insanguinano il Centroamerica, e in particolare El Salvador.
Il weekend di sangue e la punizione di Bukele
Li abbiamo visti ammassati uno sull’altro nelle carceri del Paese, a petto nudo e con le mani legate dietro la schiena, molti dei quali senza protezioni dal virus. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, suscitando le proteste di diverse organizzazioni che tutelano i diritti umani. Una stretta, mostrata sui social, decisa dal presidente di El Salvador Nayib Bukele, che ha scelto la linea durissima nella guerra alle maras: membri di gang rivali mescolati nelle celle e divieto di comunicare con l’esterno. E in caso di disordini, licenza di uccidere per polizia e militari.
Dietro la scelta di mischiare i detenuti (per la verità non una novità assoluta), c’è l’escalation di omicidi compiuti tra venerdì 24 aprile e il lunedì successivo: 74 in quattro giorni. Una recrudescenza di violenza ideata dalle maras per destabilizzare la piccola repubblica centroamericana, secondo Bukele, che da mesi ha dichiarato guerra ai pandilleros, ovvero i membri delle bande. E i mandanti di quelle uccisioni sono in prigione, afferma sempre il popolarissimo presidente (con un gradimento dell’80%).
Nelle carceri, su circa 40mila detenuti, circa 18mila appartengono alle maras.
Una storia di violenza: dalla guerra civile alle prime bande
Ultimamente, il 39enne presidente indipendente, sostenuto solo dal partito Gana (Gran alianzia por la unidad nacional), rivendicava di aver ottenuto un drastico calo della violenza, ma i quattro giorni di sangue lo hanno portato a rivedere i propri giudizi.
Bukele ha accusato apertamente i due partiti principali (Fmln e Arena) – che controllano la maggioranza dell’Assemblea legislativa – di intrattenere rapporti con le maras e di tramare per contrastare il suo governo.
Ma chi sono i mareros e quali sono le bande che imperversano per El Salvador, il Paese con il più alto tasso di omicidi al mondo (62 ogni 100mila abitanti)? L’origine delle pandillas salvadoregne, che oggi contano in totale 60mila “soldati” effettivi e 500mila fiancheggiatori, su meno di sette milioni di abitanti, va ricercata nella guerra civile scoppiata nel 1980.
Da una parte il Fmln (Frente Farabundo Martí para la liberación nacional), poi trasformatosi nel partito di sinistra tuttora rappresentato in parlamento, dall’altra le forze armate governative appoggiate dagli Stati Uniti, espressione dei governi conservatori e delle giunte militari salite al potere attraverso colpi di stato.
Dodici anni di conflitto, che ha causato migliaia di morti e 8mila desaparecidos.
I primi mareros erano orfani della guerra civile: letteralmente ragazzi che avevano perso i genitori durante le ostilità.
Oggi le maras principali, che oltre agli omicidi si dedicano alle estorsioni e al traffico di droga, sono tre, alle quali si aggiungono alcune bande minori.
La Mara Salvatrucha, spa del crimine
La Mara Salvatrucha o MS-13 è quella più importante. Nata da immigrati salvadoregni a Los Angeles, si è fatta presto conoscere in patria, dove i fondatori sono tornati dopo essere stati espulsi dagli Usa.
I quattro giorni di sangue dello scorso fine aprile, secondo le indagini preliminari, portano la firma della MS, una struttura criminale radicata in tutto il Paese.
Nel 2019, un arrestato su quattro a El Salvador è risultato appartenente alla Mara Salvatrucha: ben 10.300 detenuti in un anno. Una spa del crimine che nel 2017 ha soppresso sul nascere un tentativo di “colpo di stato” interno da parte di alcuni dissidenti, che oggi contano poche decine di fuoriusciti, che hanno fondato la MS-503.
Nonostante ciò, sono varie le anime della Salvatrucha, che non si può considerare un’organizzazione monolitica ma piuttosto un insieme di bande più o meno unite.
Ben poco ha a che fare la MS-13 con l’omonima gang operante a Los Angeles e con le filiali insediate in Honduras, Guatemala e Messico.
Figli della 18esima strada
Figlia della 18th Street gang (la “banda della 18esima strada” nata a Los Angeles nel 1960), la banda salvadoregna Barrio 18 si è scissa in due a metà dello scorso decennio: da una parte i 18-Sureños (“del sud”), dall’altra i 18-Revolutionary.
Una scissione completata nel 2009, quando le autorità carcerarie hanno accolto le richieste della banda di separare i membri delle due fazioni in prigioni o settori diversi.
Proprio nel 2009 i Sureños hanno assassinato il fotografo e giornalista franco-spagnolo Christian Poveda, che aveva realizzato un documentario sulle maras di El Salvador.
La banda ha un forte radicamento nei dipartimenti di Sonsonate, Santa Ana, Cuscatlán, Usulután e nella zona est dell’area metropolitana di San Salvador.
I “rivoluzionari”
I “rivoluzionari”, invece, operano prevalentemente nei dipartimenti di La Libertad e La Paz, oltre a essere la banda più affermata della capitale, San Salvador.
A loro va la responsabilità dell’assalto più sanguinoso mai commesso da una mara salvadoregna. Il 20 giugno 2010, nel Comune di Mejicanos, alcuni pandilleros “rivoluzionari” hanno circondato un minibus pieno di passeggeri, dandogli fuoco e sparando a chi cercava di scappare dalle finestre: 17 morti, molti dei quali carbonizzati.
Bande minori e pensionati
Oltre alle tre bande principali, in aperto conflitto tra di loro, esistono alcune bande minori come La Mirada Locos 13 e Mao-Mao, che contano circa 300 membri attivi nelle carceri salvadoregne.
Più rilevante dal punto di vista numerico è la presenza dei pandilleros pensionati, banditi più anziani che hanno lasciato le maras di riferimento: ben 3mila.
A loro dal 2004 è stato assegnato un penitenziario esclusivo nella città di Sonsonate.
Cosa potrà comportare il recente rimescolamento delle maras nelle stesse celle non si può sapere. Ma la loro storia lascia presagire poco di buono.