Franco Vielma https://medium.com/@misionverdad2012
I dettagli della fallita “Operazione Gedeon”, sviluppata attraverso l’introduzione di mercenari in Venezuela, rivelano il ruolo del denaro proveniente dal narcotraffico internazionale nella costruzione del suo apparato logistico.
Quando il governo USA ha deciso dare “corpo legale” all’esternalizzazione della guerra in Venezuela, una volta che il Dipartimento di Giustizia USA colloca un prezzo sulla testa del presidente Nicolás Maduro, Diosdado Cabello e parte del suo gruppo ministeriale e militare, era evidente che i nordamericani avevano già progettato uno schema di destabilizzazione e l’avvento di un conflitto irregolare nel bacino dei Caraibi.
La fallita “Operazione Gedeon”, così come il contratto ora reso pubblico a cui hanno partecipato il deputato venezuelano Juan Guaidó e parte del suo entourage, evidenziano la pianificazione di un’operazione segreta condotta dal governo USA, che, vale la pena dire, è stata intrapresa senza il requisito legale che implica il consenso del Congresso.
L’amministrazione Trump è andata troppo oltre e funzionari del parlamento USA si stanno preparando ad indagare sul contratto della Silvercorp e Juan Guaidó e sul ruolo della Casa Bianca, nella fabbricazione dell’operazione sopra menzionata.
Tuttavia, l’elemento del narcotraffico sembra essere un fattore trasversale in questo complotto. Sebbene il governo USA abbia segnalato la dirigenza chavista di “narcoterrorismo”, contrariamente a quanto affermato dalle sue stesse agenzie che esentano il Venezuela da questo flagello e, nonostante il fatto che abbia incoraggiato lo smantellamento del potere politico venezuelano per questo motivo, le rivelazioni dei dettagli più profondi dell'”Operazione Gedeon”, al contrario, rivelano i legami che Juan Guaidó e lo stesso governo USA potrebbero avere con i fattori del traffico illecito di stupefacenti.
Il cartello de La Guajira, Clíver Alcalá e la DEA
Il presidente Maduro è stato esplicito nel segnalare il ruolo del dipartimento di lotta alla droga USA, la DEA, in diverse tappe dell’intervento mercenario in Venezuela. In questa trama figura anche Cliver Alcalá, che ha pubblicamente ammesso di far parte del contratto in cui Juan Guaidó lo designava come capo delle operazioni mercenarie contro il Venezuela.
Maduro ha indicato i legami di Clíver Alcalá, ex militare venezuelano e leader confesso nell’installazione di campi paramilitari in Colombia, con fattori del narcotraffico. Alcalá, dalla sua posizione nelle forze militari venezuelane, era legato al narcotrafficante Hermágoras il “Gordito” González Polanco, ex capo del Cartello della Guajira.
Il 27 marzo scorso, Jorge Rodríguez, ministro della Comunicazione e dell’Informazione, ha anche assicurato, in un’intervista alla stazione radio colombiana W Radio, che Alcalá ha sposato una sorella di González Polanco, come affermano anche diversi giornalisti colombiani.
Il presidente Maduro ha indicato che Alcalá “era in cose strane, ecco perché l’abbiamo rimosso dalla vita militare. Più tardi si è saputo di un matrimonio alla grande a La Guajira, foto con narcotrafficanti e lo abbiamo allontanato”.
All’apertura di un’indagine contro di lui, Alcalá è fuggito dal Venezuela e si è stabilito a Barranquilla, in Colombia, per poi riapparire, nel febbraio 2019, nel tafferuglio dei ponti internazionali.
Maduro ha indicato che “la DEA ha cercato i capi ed i cartelli della Guajira colombiana e di vari stati del paese, in particolare di Falcón, La Guaira, Caracas e Miranda” per finanziare l’ “Operazione Gedeon”, ha spiegato. Il che apre un insieme di possibilità lontane da qualsiasi casualità.
Guaidó e Los Rastrojos
I capitali del narcotraffico ed il suo ruolo nell’impostazione logistica ed operativa dell’ “Operazione Gedeon”, in particolare nei campi mercenari in Colombia, sarebbe il risultato del processo di esternalizzazione che il governo colombiano ed il governo USA starebbero svolgendo, di concerto con Juan Guaidó, mediante la partecipazione di organizzazioni criminali influenzate dall’uribismo in Colombia.
L’attraversamento del confine colombiano-venezuelano da parte di Juan Guaidó, alla fine di febbraio 2019, dopo l’attacco ai ponti internazionali, è stato contrassegnato dall’operazione che ha dispiegato l’organizzazione narcoparamilitare colombiana Los Rastrojos, con cui Juan Guaidó si è fatto fotografare.
Sebbene le immagini abbiano suscitato grande scalpore e siano state ampiamente diffuse, tale evento è stato sottostimato dalle autorità colombiane, che non hanno dichiarato alcun rifiuto per il fatto che un autoproclamato “presidente” si vedesse scortato da un’organizzazione apertamente criminale del suo paese.
È evidente che il governo colombiano non ha nascosto il suo impegno per la destabilizzazione del Venezuela.
La Colombia già aveva l’antecedente di prestare il proprio territorio per l’esecuzione di azioni, come quella che avrebbe avuto luogo il 5 agosto 2018, quando il presidente Nicolás Maduro e parte del suo gabinetto governativo subirono un fallito tentativo di omicidio attraverso l’attacco di droni armati.
I servizi segreti venezuelani hanno smantellato le cellule operative e le indagini sul caso hanno determinato che tali azioni sono state organizzate dal territorio colombiano, come rivelato, in seguito, dalla catena CNÑ.
Pertanto, è stata evidente la costruzione di un apparato logistico finanziato con capitali di dubbia origine.
Juan Posso Pedrozo, alias “Nandito”, è un altro membro de Los Rastrojos che è apparso con Guaidó in una delle due foto ben note, questi è la mano destra di “Menor” ed è l’incaricato di raccogliere i soldi derivanti dalle attività illegali di l’organizzazione. “Nandito” è stato catturato dalle forze di sicurezza venezuelane, nel settembre 2019, nel Sur del Lago, nello stato di Zulia, e questi ha spiegato in dettaglio come Los Rastrojos avessero legami con Juan Guaidó, in modo tale che hanno organizzato il suo attraversamento del confine nel febbraio dello scorso anno.
Nello stato venezuelano di Táchira, al confine con la Colombia, il governo venezuelano sta conducendo una lotta senza quartiere contro Los Rastrojos. Varie operazioni di successo hanno dato conto della capacità finanziaria e logistica di questa forza narco-paramilitare e tutti gli indizi indicano che la sua natura è configurata per avviare una guerra mercenaria sul suolo venezuelano.
Il 6 marzo, con l’arresto di 37 membri de Los Rastrojos e 650 chilogrammi di esplosivo, è stato possibile verificare il possesso di armi dell’esercito colombiano e denaro derivante dal traffico di stupefacenti che sarebbe stato utilizzato negli attacchi a posti di sicurezza di frontiera sul lato venezuelano.
J.J. Rendón, un intermediario dei narcotrafficanti
Juan José Rendón, il noto “stratega politico” di Juan Guaidó, che ha pubblicamente ammesso di aver partecipato al contratto di intervento mercenario in Venezuela, ha un precedente come intermediario con narcotrafficanti colombiani, data la sua vicinanza al governo di Álvaro Uribe e successivamente quando fungeva da consulente per la campagna di Juan Manuel Santos.
Il media colombiani El Espectador ha rivelato il lavoro svolto da Rendón, nel 2011, quando ha usato la sua posizione vicino al governo colombiano per intercedere per i narcotrafficanti e per la sua vicinanza a fattori della giustizia in quel paese.
Particolarmente sorprendenti sono le osservazioni che ha fatto, nel 2014, il generale colombiano (r) Óscar Naranjo, che a quel tempo era negoziatore dalla parte del governo del suo paese, a Cuba, di fronte alle FARC-EP.
“Mi consta che J.J. Rendón sia stata la persona che ha operato come intermediario di una proposta di assoggettamento di vari narcotrafficanti e membri di Bacrim (…). Ha presentato una lettera che spiegava come sarebbe stato il processo di smobilitazione. Il procuratore ha studiato un possibile quadro giuridico in tal senso”, ha indicato Naranjo.
El Espectador ha anche menzionato Javier Antonio Calle Serna, alias “Comba”, trafficante di droga, ex capo de Los Rastrojos, che ha segnalato che “diversi narcos hanno fatto una “colletta” di 12 milioni di $ affinché J.J. Rendón ‘caldeggiasse’ la proposta “davanti al governo colombiano.
Javier Calle Serna e suo fratello Enrique, anch’egli narcotrafficante, hanno fatto pubbliche ammissioni sul ruolo di Rendón, che ha rivestito, con molta polemica, nella politica colombiana al punto che sono state avanzate richieste, che sono state respinte, affinché Rendón si ritirasse dalla campagna in Colombia, con l’accusa che mediante Rendom potessero incorporarsi capitali del narcotraffico nella campagna presidenziale in quel paese.
Dopo la fallita “Operazione Gedeon”, J.J. Rendón avrebbe “rassegnato le dimissioni” dal suo lavoro di stratega di Guaidó e si è assunto la responsabilità pubblica degli eventi; intendendosi ciò come un modo per esimere il deputato venezuelano da quella che è una chiara partecipazione alla fallita scorribanda.
Media internazionali ed autorità venezuelane hanno presentato un audio in cui Juan Guaidó conversava con Jordan Goudreau dei dettagli del contratto e dello sviluppo delle operazioni mercenarie nel paese, ciò che è una prova che spiazza l’argomentazione di Rendón.
Un avvocato dei narcos nel contratto di Guaidó con Silvercorp
Il suddetto contratto sottoscritto con la appaltatrice Silvercorp a carico di Jordan Goudreau, che dava corpo operativo all’intervento mercenario in Venezuela, aveva come testimone firmatario l’avvocato penalista Manuel J. Retureta, di origine cubana, ma cresciuto, sin da bambino, negli USA.
Secondo il portale giornalistico venezuelano La Tabla, Retureta è socio dello studio Retureta & Wassem, specializzato nella difesa di paramilitari e narcotrafficanti in America Latina.
Attualmente, assicura l’indagine di La Tabla, Retureta è il difensore del narcotrafficante messicano Dámaso López Núñez, alias “El Lic”, considerato il successore di “Chapo” Guzmán, che ha tradito ed ha testimoniato contro di lui, ma è stato anche l’avvocato dei narcos honduregni Tony Hernández (fratello dell’attuale presidente Juan Orlando Hernández) e Fabio Lobo, figlio dell’ex presidente Porfirio Lobo.
In effetti, il rapporto tra l’avvocato Retureta e gli altri partecipanti al controverso contratto, secondo La Tabla, potrebbe “venire attraverso J.J. Rendón”, essendo noti i collegamenti di Rendón con i fattori della politica colombiana, nonché anche per i collegamenti con i fattori del narcotraffico colombiano che sarebbero coinvolti nell’ “Operazione Gedeon”.
Vale la pena dire che Retureta ha difeso diversi capi paramilitari, tra cui il loro massimo capo, Salvatore Mancuso, affinché non fossero estradati negli USA da Uribe, poiché avevano ottenuto una riduzione della loro pena e la loro libertà era prevista per marzo 2020.
La trama narco-mercenaria punta direttamente a Guaidó
Alle porte di un’azione giudiziaria contro di lui, il deputato Juan Guaidó viene segnalato da varie parti come partecipante ad un complotto in cui convergono fattori del narcotraffico. E questo potrebbe essere la punta dell’iceberg.
I legami esposti del narcotraffico che concordano su Guaidó sono tutt’altro che una fabbricazione del governo chavista. Al contrario, sono fattori politici fuori del Venezuela quelli che li hanno messi in evidenza e resi pubblici, dalle sue relazioni con Los Rastrojos sino agli evidenti vincoli di J.J. Rendon.
Il caso di Clíver Alcalá come punto distinto è particolarmente sorprendente. Alcalá è stato anche inserito nella lista del Dipartimento di Giustizia e, respingendo l’accusa nei suoi confronti, ha dichiarato pubblicamente che il Dipartimento probabilmente “non era a conoscenza” dell’accordo di cui lui faceva parte, con “consulenti statunitensi”, e che non era altra cosa che costruire la guerra mercenaria in Venezuela.
Ora con Alcalá apertamente assoggettato al servizio del governo USA dopo essersi consegnato come “collaboratore” della DEA, il governo USA ha la piena gestione del controllo dei danni.
L’amministrazione Trump non potrebbe eludere un’approfondita indagine in cui, come ai tempi di Ronald Reagan e della guerra contro il Nicaragua, con l’artefice di allora, Elliot Abrams, che ora agisce in Venezuela, siano rivelati eventi per la creazione di un esercito regolare con denaro del narcotraffico.
Operación Gedeón resalta los vínculos de Juan Guaidó con el narcotráfico
Por Franco Vielma
Los detalles de la fallida “Operación Gedeón”, que se desarrolló mediante la inserción de mercenarios a Venezuela, revelan el rol del dinero del narcotráfico internacional en la construcción de su aparato logístico.
Cuando el gobierno estadounidense decidió darle “cuerpo legal” a la tercerización de la guerra en Venezuela una vez que el Departamento de Justicia estadounidense coloca precio por las cabezas del presidente Nicolás Maduro, Diosdado Cabello y parte de su tren ministerial y castrense, era evidente que los norteamericanos ya habían diseñado un esquema de desestabilización y advenimiento de un conflicto irregular en la cuenca del Caribe.
La fallida “Operación Gedeón”, tanto como el contrato ahora hecho público en el que participara el diputado venezolano Juan Guaidó y parte de su séquito, dejan al relieve la planificación de una operación encubierta ejecutada por el gobierno estadounidense, que, vale decirlo, se ha emprendido sin el requisito legal que implica el consentimiento del Congreso.
La Administración Trump se ha extralimitado y funcionarios del parlamento estadounidense se disponen a investigar el contrato de Silvercorp y Juan Guaidó, y el rol de la Casa Blanca, en la fabricación de la referida operación.
Sin embargo, el elemento del narcotráfico parece un factor transversal en esta trama. Aunque el gobierno estadounidense señaló a la dirigencia chavista de “narcoterrorismo”, a contracorriente de lo dicho por sus propias agencias que eximen a Venezuela de ese flagelo, y pese a que ha azuzado desmantelar al poder político venezolano por tal razón, las revelaciones de los detalles más profundos de la “Operación Gedeón”, por el contrario, van dejando en evidencia los vínculos que podría tener Juan Guaidó y el propio gobierno estadounidense con factores del tráfico ilícito de drogas.
El Cartel de La Guajira, Clíver Alcalá y la DEA
El presidente Maduro ha sido explícito al señalar el rol del departamento de drogas estadounidense, la DEA, en varios hitos de la inserción mercenaria a Venezuela. En esta trama también figura Cliver Alcalá, quien admitiera públicamente que era parte del contrato en el que Juan Guaidó lo designaba como líder de las operaciones mercenarias contra Venezuela.
Maduro ha indicado los vínculos de Clíver Alcalá, el ex militar venezolano y confeso líder en la instalación de los campamentos paramilitares en Colombia, con factores narcotraficantes. Alcalá, desde su posición en las fuerzas militares venezolanas, estuvo vinculado con el narcotraficante Hermágoras el “Gordito” González Polanco, un ex jefe del Cartel de la Guajira.
El pasado 27 de marzo, Jorge Rodríguez, ministro de Comunicación e Información, aseguró también en una entrevista con la emisora colombiana W Radio que Alcalá se casó con una hermana de González Polanco, como también lo afirman varios periodistas colombianos.
El presidente Maduro indicó que Alcalá “estaba en cosas raras, por eso lo apartamos de la vida militar. Después se supo de un matrimonio a todo dar en La Guajira, fotos con narcotraficantes y lo apartamos”.
Al abrirse una investigación en su contra, Alcalá huyó de Venezuela y se instaló en Barranquilla, Colombia, para luego reaparecer en febrero de 2019 en la refriega de los puentes internacionales.
Maduro ha indicado que “la DEA buscó a los capos y carteles de la Guajira colombiana y de varios estados del país, particularmente de Falcón, La Guaira, Caracas y Miranda” para financiar la “Operación Gedeón”, detalló. Lo cual abre un conjunto de posibilidades lejos de cualquier casualidad.
Guaidó y Los Rastrojos
Los capitales del narcotráfico y su rol en el planteamiento logístico y operacional de la “Operación Gedeón”, concretamente en los campamentos mercenarios en Colombia, sería resultado del proceso de tercerización que estarían efectuando el gobierno de Colombia y el gobierno estadounidense de manera acompasada con Juan Guaidó, mediante la participación de organizaciones criminales afectas al uribismo en Colombia.
La travesía de finales de febrero de 2019 de Juan Guaidó en la frontera colombo-venezolana, luego de la arremetida en los puentes internacionales, estuvo signada por el operativo que desplegara la organización narcoparamilitar colombiana Los Rastrojos, con quienes Juan Guaidó se fotografió.
Aunque las imágenes generaron gran revuelo y fueron ampliamente difundidas, tal evento fue desestimado por las autoridades colombianas quienes no declararon rechazo alguno con que un autoproclamado “presidente” se viera escoltado por una organización abiertamente criminal de su país.
Es evidente que el gobierno de Colombia no ha disimulado su compromiso con la desestabilización de Venezuela.
Colombia ya tenía el antecedente de prestar su territorio para la ejecución de acciones, como la que tendría lugar el 5 de agosto de 2018 cuando el presidente Nicolás Maduro y parte de su gabinete de gobierno sufren un fallido intento de magnicidio mediante ataque de drones artillados.
Los servicios de inteligencia de Venezuela desmantelaron las células operativas y las pesquisas del caso determinaron que dichas acciones se organizaron desde territorio colombiano, tal como lo revelara la cadena CNÑ luego.
De ahí que ha sido evidente la construcción de un aparato logístico financiado con capitales de dudosa procedencia.
Juan Posso Pedrozo, alias “Nandito”, es otro integrante de Los Rastrojos que apareció junto a Guaidó en una de las conocidas fotos, este es la mano derecha de “Menor” y es el encargado de recoger el dinero producto de las actividades ilegales de la organización. “Nandito” fue capturado por las fuerzas de seguridad venezolanas en septiembre de 2019 en el Sur del Lago, estado Zulia, y este detalló como Los Rastrojos tenían vínculos con Juan Guaidó, de manera que organizaron su despliegue en la frontera en febrero del año pasado.
En el estado venezolano del Táchira, fronterizo con Colombia, el gobierno venezolano libra una lucha sin cuartel contra Los Rastrojos. Diversos operativos exitosos han dado cuenta de la capacidad de financiamiento y logística de esta fuerza narcoparamilitar y todos los indicios apuntan que su naturaleza está configurada para plantear una guerra mercenaria en suelo venezolano.
El pasado 6 de marzo, con la detención de 37 integrantes de Los Rastrojos y 650 kilogramos de explosivos, se pudo constatar la tenencia de armamento del Ejército de Colombia y dinero del narcotráfico que sería empleado en ataques a puestos fronterizos de seguridad del lado venezolano.
J.J. Rendón, un intermediario de narcotraficantes
Juan José Rendón, el conocido “estratega político” de Juan Guaidó, quien públicamente admitió haber participado en el contrato de inserción mercenaria en Venezuela, tiene un antecedente como intermediario con narcotraficantes colombianos, desde su cercanía al gobierno de Álvaro Uribe y luego cuando fungía como asesor de campaña de Juan Manuel Santos.
El medio colombiano El Espectador reveló la labor que tuvo Rendón en el año 2011 cuando usó su posición cercana al gobierno colombiano para interceder por narcotraficantes y su acercamiento a factores de la justicia en ese país.
Son particularmente llamativas las apreciaciones que hiciera en el año 2014 el general colombiano (r) Óscar Naranjo, quien en ese momento era negociador del lado del gobierno de su país en Cuba, frente a las FARC-EP.
“Me consta que J.J. Rendón fue la persona que obró como intermediario de una propuesta de sometimiento de varios narcotraficantes y miembros de Bacrim (…) Presentó una carta que explicaba cómo iba a ser el proceso de desmovilización. La fiscal estudió un posible marco jurídico al respecto”, indicó Naranjo.
El Espectador también mencionó a Javier Antonio Calle Serna, alias “Comba”, narcotraficante, ex jefe de Los Rastrojos, quien señaló que “varios narcos hicieron una ‘vaca’ de 12 millones de dólares para que J.J. Rendón ‘cabildeara’ la propuesta” ante el gobierno colombiano.
Javier Calle Serna y su hermano Enrique, también narcotraficante, hicieron admisiones públicas sobre el rol de Rendón, lo cual revistió en gran polémica en la política colombiana al punto de que se hicieran solicitudes, que fueron desestimadas, para que Rendón se apartara de la campaña en Colombia, mediante alegatos de que mediante Rendón pudieron incorporarse capitales del narcotráfico para la campaña presidencial en ese país.
Luego de la fallida “Operación Gedeón”, J.J. Rendón habría “renunciado” a su labor como estratega de Guaidó y asumió una responsabilidad pública de los eventos, entendiéndose esto como una forma de eximir al diputado venezolano de lo que es una clara participación en la fallida refriega.
Medios internacionales y autoridades venezolanas presentaron un audio donde Juan Guaidó conversaba con Jordan Goudreau sobre los detalles del contrato y el desarrollo de las operaciones mercenarias en el país, siendo esa una prueba que descoloca el argumentario de Rendón.
Un abogado de narcos en el contrato de Guaidó con Silvercorp
El referido contrato suscrito con la contratista Silvercorp a cargo de Jordan Goudreau, que daba cuerpo operativo a la inserción mercenaria en Venezuela, tuvo como testigo firmante al abogado penalista Manuel J. Retureta, de origen cubano pero criado desde niño en Estados Unidos.
Según el portal venezolano de periodismo de datos La Tabla, Retureta es socio del bufete Retureta & Wassem, especializado en defender a paramilitares y narcotraficantes latinoamericanos.
Actualmente, asegura la investigación de La Tabla, Retureta es el defensor del narcotraficante mexicano Dámaso López Núñez, alias “El Lic”, considerado como el sucesor del “Chapo” Guzmán, a quien traicionó y testificó en su contra, pero también fue el abogado de los narcos hondureños Tony Hernández (hermano del actual presidente Juan Orlando Hernández) y Fabio Lobo, hijo el ex presidente Porfirio Lobo.
En efecto, la vinculación del abogado Retureta con los demás participantes del polémico contrato, según La Tabla, puede “venir a través de J.J. Rendón”, siendo conocidos los vínculos de Rendón con los factores de la política colombiana, tanto como también por los vínculos con factores del narcotráfico colombiano que estarían involucrados en la “Operación Gedeón”.
Vale decir que Retureta defendió a varios jefes paramilitares, entre ellos su máximo jefe, Salvatore Mancuso, para que no fueran extraditados a Estados Unidos por Uribe, ya que habían logrado una reducción de su condena y su libertad estaba prevista para marzo de este año 2020.
La trama narco-mercenaria apunta directamente a Guaidó
A las puertas de una acción judicial en su contra, el diputado Juan Guaidó es señalado desde varias direcciones como participante de una trama donde convergen factores del narcotráfico. Y esto apenas podría ser la punta del iceberg.
Los vínculos expuestos del narcotráfico que coinciden sobre Guaidó están lejos de ser una fabricación del gobierno chavista. Son, por el contrario, factores de la política fuera de Venezuela los que los han señalado y hecho públicos, desde su relación con Los Rastrojos hasta los vínculos evidentes de J.J. Rendón.
El caso de Clíver Alcalá como punto aparte es particularmente llamativo. Alcalá también fue colocado en la lista del Departamento de Justicia y en rechazo del señalamiento en su contra declaró públicamente que el Departamento probablemente “desconocía” el acuerdo del que él formaba parte, con “asesores estadounidenses”, y que no era otro que el de construir la guerra mercenaria en Venezuela.
Ahora con Alcalá sometido abiertamente al servicio del gobierno estadounidense luego de entregarse como “colaborador” de la DEA, el gobierno estadounidense está en plena gestión de control de daños.
La Administración Trump no podría sortear una investigación profunda donde, tal como en tiempos de Ronald Reagan y la guerra contra Nicaragua, con el artífice de aquel entonces, Elliot Abrams, ahora actuando en Venezuela, sean revelados eventos de creación de un ejército regular con dinero del narcotráfico.