Ci sono uomini che baciano, con la poesia che portano in sé, sia quello che scrivono che quello che fanno. A questa stirpe appartiene l’intellettuale di El Salvador, Roque Dalton, assassinato 45 anni fa e venuto al mondo il 14 maggio del 1935.
Se addolora la sua morte perpetrata da una frazione dell’Esercito Rivoluzionario del Popolo, con un’anima miserabile incapace di valutare la grandezza di un militante come Roque, figura di spicco dell’intellettualità rivoluzionaria latino americana – il dissenso è immenso quando non viene fatta giustizia e i suoi familiari combattono per far sì che si chiariscano i fatti e si conosca il nascondiglio dei suoi resti mortali- sarà meglio parlare della sua vita che le forze nobili del mondo non dimenticando con posizioni irreprensibili come quelle che lui sostenne nella sua feconda esistenza.
«All’improvviso mi resi conto che avevo una necessità, una reale urgenza di dire un mucchio di cose sul mio paese, sugli uomini, di quello che pensavo.
E lo strumento che avevo nelle mani (…) era la parola bellamente scritta, che intendo come poesia, e da allora (…), io spero di continuare essendo sino alla morte: un poeta rivoluzionario che so ha una vera coscienza dei problemi del suo tempo e che sa positivamente che ha incontrato una verità, stavolta sì definitiva», disse in un’occasione lasciando la testimonianza del vigore di un destino sia intellettuale che politico.
Con un’opera precocemente riconosciuta, dato che a 21 anni ottenne il Premio Centroamericano di Poesia, assegnato dall’Università di El Salvador, e due anni dopo lo ottenne nuovamente, Roque andò a Cuba, dove restò a vivere nel 1962, una ricca opportunità che considerò «l’esperienza più importante della mia vita».
La cubana Casa de las Américas fu la sua casa, come per tanti altri autori del continente. Lì alimentò la sua vocazione letteraria e ribelle e ottenne tre menzioni nel Premio di Poesía –/El turno del ofendido/ (1962), /Los testimonios/ (1963) y /Los pequeños infiernos/ (1966)– e finalmente il Premio nel 1969 per la raccolta /Taberna y otros lugares/, che lo hanno reso una figura di permanente presenza nei suoi spazi e nella sua rivista.
Rivisitare il volume della collezione /Materiales de la Revista Casa de las Américas/, pubblicato nel 2010, di Roque e su di lui può nutrire l’intelletto e saziare curiosità attorno a questa voce essenziale che ci porta di sorpresa in sorpresa. Numerosi lavori suoi e di altri noti autori che hanno scritto in suo onore appaiono nel testo.
Le parole d Ernesto Cardenal suonano calde: «Roque Dalton era sempre di buon umore nonostante gli orrori che aveva vissuto e gli orrori che lo aspettavano e che lui indovinava.
L’impegno (…) con la Rivoluzione era come un impegno matrimoniale. (…) Ora lui è incarnato in molte vite. (…) Sta ridendo perchè è trionfante.
(…) Presto sarà parchi infantili, scuole, ospedali, sarà le sue poesie scritte prima e molte poesie future».