Orestes Hernández www.cubadebate.cu
Nel memorandum della Corte del Distretto di Columbia (Washington DC), che fa parte dell’indagine della polizia USA contro il cittadino di origine cubana Alexander Alazo, autore dell‘attacco terroristico con un fucile automatico alla sede diplomatica di Cuba, lo scorso 30 aprile, si riconosce esplicitamente che questi ha visitato diverse agenzie federali, (supponiamo associate all’applicazione della legge, ossia di sicurezza nazionale), per esporre la presunta persecuzione di cui si credeva vittima da parte del governo cubano e, sicuramente, ha dato indizi sulla sua decisione di agire, come Alazo stesso ha dichiarato agli ufficiali dei Servizi Segreti che lo hanno interrogato in base al menzionato documento.
Dei sospetti che ha elencato il ministro degli Esteri Bruno Rodríguez nella sua conferenza del 12 maggio scorso, quelli riferiti all’inazione e non allerta alle autorità cubane da parte del governo di quel paese, richiama particolarmente l’attenzione, perché mostra la poca volontà di cooperare, sinceramente, nella battaglia contro il terrorismo e riafferma la sua ipocrita decisione, resa pubblica poche ore fa, di mettere Cuba nella sua burlesca lista di “paesi che non cooperano con gli USA” nella battaglia contro questo male.
Sarà vero che nessuna delle agenzie summenzionate abbia preso sul serio le visite e le asserzioni di Alazo come una probabile minaccia contro una nazione e la sua rappresentanza diplomatica e, di conseguenza avvertire?
O sarà che sì lo hanno avvertito ed avvisato un altro livello delle loro strutture ed è stato lì che hanno deciso di uscire di scena per negligenza o complicità? Tutto è possibile.
Dopotutto, non è la prima volta che ciò succede. Mi riferisco al fatto di astenersi dall’allertare o prendere misure per evitare atti terroristici contro Cuba, entità cubane all’estero e persino aerei in pieno volo.
Ho davanti a me uno dei documenti che possibilmente mostra con maggior chiarezza, da un lato, l’incongruità dell’élite governante USA nella sua annunciata battaglia antiterrorista e, dall’altra, la disposizione permanente, genuina e decisa di Cuba a cooperare, in questo campo, con le autorità di quel paese.
Poche ore fa, lo scorso 20 maggio, si sono compiuti 15 anni da quando, nel 2015, il Comandante in Capo Fidel Castro pronunciasse nella Tribuna Antimperialista “José Martí” le parole che egli stesso ha denominato “La Condotta Differente”. Erano trascorsi sette anni da quando, nel settembre ’89, Fernando, Ramón, René, Antonio e Gerardo erano stati arrestati.
In quella allocuzione il compagno Fidel ha reso pubblico un episodio che dimostrava la vera vocazione alla cooperazione di Cuba, espressa nella decisione del Capo della Rivoluzione, di utilizzare la più minima opportunità per rendere effettivo il proposito di lottare contro il terrorismo, persino cooperando contro lo storico avversario.
Questa volta, l’indistruttibile amicizia tra Gabriel García Márquez e Fidel, è stato il motivo per cui, approfittando di una visita del famoso scrittore negli USA -inizialmente associata ad uno scopo accademico-, si convertisse nel trasferimento di un messaggio dello stesso Fidel al più alto livello delle autorità USA su piani ed azioni terroristiche contro Cuba.
Il romanziere colombiano ha commentato a Fidel la possibilità di un incontro informale con l’allora presidente Bill Clinton durante il suo soggiorno negli USA ed è allora nata l’idea di trasmettere un messaggio su varie questioni relative alle relazioni bilaterali, tra cui un’allerta cubana sui piani di note organizzazioni di origine cubana del sud della Florida con un ampio curriculum violento contro Cuba.
Tutto ciò è accaduto dopo un gruppo di antecedenti, che Fidel racconta con precisione, e che includevano vari scambi, tra le due parti, durante l’ultimo semestre del 1997 ed i primi mesi del 1998, riferiti ad eventi specifici di atti di terrore finanziati dalla Fondazione Nazionale Cubano-Americana (FNCA), con mercenari reclutati da Luis Posada Carriles in America Centrale.
È noto che a seguito di alcune di quelle azioni è morto, in un hotel dell’Avana, il giovane turista italiano Fabio Di Celmo, con il collo reciso da una scheggia.
Altre azioni sono state fatte fallire dalla rapida ed efficace agire degli organi di Sicurezza dello Stato di Cuba e del popolo.
Tali scambi con le autorità USA hanno dimostrato almeno due questioni:
1. Nel caso dei riferimenti e degli allarmi delle autorità USA su alcuni di quei piani, era chiaro che sì avevano il controllo e la conoscenza sui gruppi anticubani e dei loro piani terroristici, bensì quasi sempre il fornito fosse limitato e con poco tempo per reagire.
Per certo, in vari di questi scambi ha partecipato Michael Cozak, all’epoca Capo dell’allora Sezione d’Interessi USA all’Avana, e che oggi occupa non solo una posizione di rilievo nel Dipartimento di Stato sotto l’amministrazione Trump, ma lo usa per attaccare e stimolare attacchi contro le nostre missioni mediche ed è stato parte del silenzio complice delle sue autorità riguardo al caso dell’attentato contro la nostra Ambasciata, lo scorso 30 aprile.
2. Cuba non solo ha agito in buona fede, ma ha anche dato mostra di ciò, è stata chiara nei suoi apprezzamenti e persino lo ha riconosciuto quando le prove lo hanno dimostrato, che le informazioni fornite dagli USA erano utili.
Ritornando al viaggio di García Márquez negli USA ed il suo possibile incontro con il presidente Clinton, per vari motivi, ques’ultimo non ha potuto aver luogo.
Infine, l’incontro ha avuto luogo con alti funzionari e consiglieri per la Sicurezza Nazionale, tra cui Jeffrey DeLaurentis, che in seguito divenne l’ambasciatore USA a Cuba, quando le relazioni diplomatiche sono state ristabilite, nel 2014.
In attesa dell’incontro e di fronte a certi scenari che si erano presentati, Fidel ha dato a Gabo quella che lui stesso ha definito “l’autorizzazione più compromettente che mi hanno dato nella vita: abbiamo fiducia nel tuo talento”.
Secondo il rapporto preparato dallo stesso García Márquez (che Fidel ha letto nella sua interezza nella sua allocuzione), i nordamericani hanno riconosciuto l’importanza delle informazioni trasferite da Cuba, la gravità dei piani ed hanno dichiarato che “loro avrebbero fatto gli immediati passi per un piano comune di Cuba. e degli USA contro il terrorismo”.
Gabo ha riconosciuto che: “… sono uscito dalla Casa Bianca con l’impressione certa che lo sforzo (…) era valso la pena”.
Una delle proposte trasmesse dal romanziere colombiano nel corso della riunione riferiva che un gruppo di specialisti dell’FBI si recasse all’Avana e si riunissero con la loro controparte cubana per valutare la possibile cooperazione congiunta.
Pochi giorni dopo il ritorno di García Márquez, secondo quanto narra Fidel, si riceve a Cuba la comunicazione della decisione del governo USA di inviare la delegazione dell’FBI, chiaramente associata alla serietà dell’azione cubana avallata negli scambi che andavano producendosi da mesi.
Nel giugno 1998 arriva il gruppo di ufficiali dell’FBI e per due giorni si realizzano vari incontri con entità della Sicurezza dello Stato di Cuba.
Alcuni dei risultati di questi incontri sono stati elencati da Fidel, che ha incluso la seguente informazione trasferita alla delegazione in visita:
64 pagine con elementi su circa 31 azioni terroristiche contro Cuba tra il 1990 ed il 1998.
Relazioni su esplosivi ed armamenti utilizzati in tali azioni.
Dati per localizzare Luis Posada Carriles in America Centrale e le sue azioni e piani contro Cuba e le schede di altri 40 terroristi di origine cubana residenti a Miami.
“La parte nordamericana ha riconosciuto il valore delle informazioni e si è impegnata a dar risposte all’analisi realizzata su questi materiali nel più breve tempo possibile”, assicura Fidel nel suo discorso.
Tuttavia, il 12 settembre 1998, ebbe luogo l’arresto dei Cinque, senza che fosse intrapresa alcuna azione contro Posada Carriles né contro alcuno dei terroristi su cui tenevano sufficienti informazioni.
Nel suo intervento, Fidel assicura che era evidente che la mafia cubano-americana era a conoscenza di quei contatti tra le autorità di entrambi i paesi ed ha esercitato tutta la sua influenza non solo per fermarli ma per avanzare sui 5 su cui già l’FBI stava lavorando.
La storia che segue è ampiamente conosciuta. Un processo truccato ed ingiuste condanne che hanno significato dolore per i 5 compatrioti, le loro famiglie e l’intera Cuba.
La resistenza dei 5 compagni, la denuncia di Cuba guidata da Fidel nella sua convinzione che l’intera nazione facesse sua che: TORNERANNO, e la campagna e solidarietà internazionale, hanno raggiunto la soluzione politica che ha aveva il caso e l’emotivo ritorno dei nostri eroi.
Cuba ha desiderato ed ha dimostrato di volere una relazione civile con gli USA. e che è nella disposizione di cooperare in tutti i settori e conversare su tutte le questioni dell’agenda bilaterale sulla base di uguali regole e di rispetto.
Le autorità USA, in sostanza, hanno sempre dimostrato che nella lotta contro il terrorismo hanno una postura oscena, fuorviante e di doppio standard. Non hanno mostrato alcuna reale volontà di cooperare. Non l’hanno dimostrata 15 anni fa e non la dimostrano ora.
Conoscono qual è l’origine delle azioni che hanno portato all’attacco dello scorso 30 aprile contro la nostra Ambasciata, uno in più tra le decine di attentati contro le nostre sedi diplomatiche, uffici commerciali, aerei e personale cubano. Il suo atteggiamento e la sua retorica, inoltre, stimola questo tipo di azioni.
Nessuno deve dubitare della possibilità che altri si animino a ripeterle sotto tale influenza.
Gli USA e le sue autorità saranno responsabili di ciò che accade.
Il ministro cubano delle relazioni estere ha mostrato, nella conferenza stampa, che ci sono individui che appellano all’attacco con droni all’Avana ed azioni violente contro il Generale dell’Esercito Raúl Castro ed il Presidente Miguel Díaz-Canel Bermudez.
Con la stessa mancanza di volontà, agiscono anche nella lotta per la vita in tempi di pandemia, impedendo con atteggiamento genocida che a Cuba arrivino forniture mediche per combatterla.
Cuba continuerà sempre con la “Condotta Differente”, in uno spirito di cooperazione, persino con i suoi avversari, ed in favore della vita.
Cuba y EE.UU: Conductas diferentes en la batalla contra el terrorismo
Por: Orestes Hernández
En el memorando de la Corte del Distrito de Columbia (Washington DC), que forma parte de la investigación de la policía norteamericana contra el ciudadano
de origen cubano Alexander Alazo, autor del ataque terrorista con fúsil automático a la sede diplomática de Cuba el pasado 30 de abril, se reconoce explícitamente que éste visitó varias dependencias federales, (asumimos que asociadas a la aplicación de la ley, o sea de seguridad nacional), para exponer la supuesta persecución de la que se creía víctima por parte del gobierno cubano, y seguramente dió indicios de su decisión de actuar, como ha declarado el propio Alazo a los oficiales del Servicio Secreto que lo interrogaron según obra en el mencionado documento.
De las sospechas que enumeró el canciller Bruno Rodríguez en su comparecencia del 12 de mayo pasado, la referida a la inacción y no alerta a las autoridades cubanas por parte del gobierno de ese país, llama especialmente la atención, porque demuestra la poca voluntad de cooperar genuinamente en la batalla contra el terrorismo y reafirma su hipócrita decisión, hecha pública hace unas horas, de ubicar a Cuba en su burlesca lista de “países que no cooperan con EE.UU.” en la batalla contra este mal.
¿Será real que ninguna de las referidas agencias tomó en serio las visitas y las alegaciones de Alazo como una amenaza probable contra una nación y su representación diplomática y, en consecuencia alertar?
¿O será que sí lo advirtieron y alertaron a otro nivel de sus estructuras y fue allí que decidieron hacer mutis por desidia o por complicidad? Todo es posible.
A fin de cuentas, no es la primera vez que esto sucede. Me refiero al hecho de abstenerse de alertar o de tomar medidas para evitar actos terroristas contra Cuba, entidades cubanas en el exterior e incluso naves en pleno vuelo.
Tengo ante mí uno de los documentos que posiblemente muestra con mayor claridad por un lado la incongruencia de la élite gobernante estadounidense en su anunciada batalla antiterrorista, y por otra la disposición permanente, genuina y decidida de Cuba para cooperar en este terreno con las autoridades de aquel país.
Hace pocas horas, el pasado 20 de mayo, se cumplieron 15 años desde que en el 2005 el Comandante en Jefe Fidel Castro, pronunciara en la Tribuna Antimperialista “José Martí”, las palabras que él mismo denonimó “La Conducta Diferente”. Habían transcurrido siete años, desde que en septiembre de 1998 fueran arrestados Fernando, Ramón, René, Antonio y Gerardo.
En aquella alocución, el Cro. Fidel dió a conocer un episodio que demostraba la verdadera vocación de cooperación de Cuba, expresada en la decisión del Jefe de la Revolución, de emplear la más mínima oportunidad, para hacer efectivo el propósito de luchar contra el terrorismo incluso cooperando contra el histórico adversario.
Esta vez, la amistad indestructible de Gabriel García Márquez y Fidel, fue la razón para que, aprovechando una visita del afamado escritor a EE.UU.,-inicialmente asociada a un propósito académico-, se convirtiera en el traslado de un mensaje del propio Fidel al más alto nivel de las autoridades norteamericanas sobre planes y acciones terroristas contra Cuba.
El novelista colombiano comentó a Fidel, la posibilidad de un encuentro informal con el entonces Presidente Bill Clinton durante su estancia en EE.UU. y surgió entonces la idea de trasladar un mensaje sobre varios temas relativos a las relaciones bilaterales, entre ellos un alerta de Cuba sobre planes de reconocidas organizaciones de origen cubano del sur de La Florida de amplio curriculum violento contra Cuba.
Todo esto se produjo luego de un grupo de antecedentes, que Fidel narra con precisión, y que incluyeron varios intercambios entre ambas partes durante el último semestre de 1997 y los primeros meses de 1998, referidos a hechos concretos de actos de terror financiados por la Fundación Nacional Cubano- Americana (FNCA), con mercenarios reclutados por Luis Posada Carriles en Centroamérica.
Es conocido que como consecuencia de algunas de aquellas acciones falleció en un hotel de La Habana con el cuello cercenado por una esquirla de metralla, el joven turista italiano Fabio Di Celmo.
Otras acciones fueron frustradas por la rápida y efectiva actuación de los órganos de la Seguridad del Estado de Cuba y el pueblo.
Aquellos intercambios con autoridades norteamericanas demostraron al menos dos cuestiones:
1. En el caso de las referencias y alertas de autoridades norteamericanas sobre algunos de aquellos planes, quedaba claro que sí tenían control y conocimiento sobre grupos anticubanos y sus planes terroristas, aunque casi siempre lo aportado era limitado y con poco tiempo para reaccionar.
Por cierto, en varios de estos intercambios participó Michael Cozak, a la sazón Jefe de la entonces Sección de Intereses de Estados Unidos en La Habana, y quien hoy no solo ocupa un alto cargo en el Departamento de Estado bajo la administración Trump, sino que lo utiliza para atacar y estimular ataques contra nuestras misiones médicas y ha sido parte del silencio cómplice de sus autoridades en torno al caso del atentado contra nuestra Embajada el pasado 30 de abril.
2. Cuba no solo actuó de buena fe, sino que dio muestras de ello, fue clara en sus apreciaciones e incluso reconoció cuando las evidencias lo demostraron, que las informaciones brindadas por la parte norteamericana eran de utilidad.
Volviendo al viaje de García Márquez a EE.UU. y su posible encuentro con el Presidente Clinton, por razones diversas no pudo llevarse a cabo.
Finalmente el encuentro tuvo lugar con altos funcionarios y asesores de Seguridad Nacional entre los que estuvo Jeffrey DeLaurentis, quién luego fue el Embajador de EE.UU. en Cuba al restablecerse las relaciones diplomáticas en el 2014.
Mientras esperaba para el encuentro y ante ciertos escenarios que se presentaron, Fidel otorgó al Gabo lo que él mismo llamó “la autorización más comprometedora que me han dado en la vida: Confiamos en tu talento”.
Según el reporte elaborado por el propio García Márquez (que Fidel leyó íntegramente en su alocución) los norteamericanos reconocieron la importancia de la información trasladada por Cuba, la gravedad de los planes y expresaron que “ellos darían los pasos inmediatos para un plan conjunto de Cuba y los EE.UU. contra el terrorismo”.
Gabo reconoció que: “…salí de la Casa Blanca con la impresión cierta de que el esfuerzo ( … ) había valido la pena.”
Una de las propuestas trasladadas por el novelista colombiano en el encuentro, refería que un grupo de especialistas del FBI viajara a La Habana y se reuniera con su contraparte cubana para evaluar la posible cooperación conjunta.
A solo unos días del regreso de García Márquez, según narra Fidel, se recibe en Cuba la comunicación de la decisión del gobierno de EE.UU. de enviar la delegación del FBI, a todas luces asociada a la seriedad de la actuación cubana refrendada en los intercambios que venían produciéndose desde hacía meses.
En junio de 1998, llega el grupo de oficiales del FBI y durante dos días se realizan varios encuentros con entidades de la Seguridad del Estado de Cuba.
Algunos de los resultados de esos encuentros fueron enumerados por Fidel que incluyó la siguiente información trasladada a la delegación visitante:
64 folios con elementos sobre acerca de 31 acciones terroristas contra Cuba entre 1990 y 1998.
Relaciones sobre explosivos y armamentos utilizados en esas acciones.
Datos para ubicar a Luis Posada Carriles en Centroamérica y sus acciones y planes contra Cuba y las fichas de otros 40 terroristas de origen cubano residentes en Miami.
“La parte norteamericana reconoció el valor de la información y se
comprometió a dar respuesta del análisis realizado a estos materiales en el más breve plazo”, asegura Fidel en su discurso.
Sin embargo, el 12 de septiembre de 1998 se produce el arresto de los Cinco, sin que se realizara acción alguna ni contra Posada Carriles ni contra ninguno de los terroristas sobre los que tenían suficiente información.
En su intervención, Fidel asegura que fue evidente que la mafia cubano-americana tuvo conocimiento sobre aquellos contactos entre las autoridades de ambos países y ejercieron toda su influencia no solo para detenerlos sino avanzar sobre los 5 sobre los que ya el FBI venía trabajando.
La historia que sigue se conoce ampliamente. Juicio amañado y condenas injustas que significaron dolor para los cinco compatriotas, sus familiares y Cuba entera.
La resistencia de los cinco compañeros, la denuncia de Cuba encabezada por Fidel en su convicción que toda la nación hizo suya de que: VOLVERAN, y la campaña y solidaridad internacional, lograron la solución política que tuvo el caso y el regreso emocionado de nuestros héroes.
Cuba siempre ha querido y ha demostrado que quiere una relación civilizada con EE.UU. y que está en disposición de cooperar en todos los terrenos y conversar sobre todos los temas de la agenda bilateral sobre la base de reglas iguales y de respeto.
Las autoridades de EE.UU., en esencia, siempre han demostrado que en el caso de la batalla contra el terrorismo tienen una postura obscena, engañosa y de doble rasero. No han mostrado voluntad real de cooperación. No lo demostraron hace 15 años y lo demuestran ahora.
Conocen cual es el origen de las acciones que desembocaron en el ataque del pasado 30 de abril contra nuestra Embajada, uno más entre las decenas de atentados contra nuestras sedes diplomáticas, oficinas comerciales, aviones y personal cubano. Su actitud y su retórica, además, estimula ese tipo de acciones.
Nadie debe dudar sobre la posibilidad de que otros se animen a repetirlas bajo ese influjo.
EE.UU. y sus autoridades serán responsables por lo que suceda.
El Ministro cubano de Relaciones Exteriores mostró en la conferencia de prensa que hay individuos llamando al ataque con drones a La Habana y acciones violentas contra el General de Ejército Raúl Castro y el Presidente Miguel Díaz-Canel Bermudez.
Con esa misma falta de voluntad actúan también en la lucha por la vida en tiempos de pandemia, al impedir con actitud genocida que a Cuba lleguen suministros médicos para combatirla.
Cuba seguirá siempre con la “Conducta Diferente”, en aras de la cooperación, incluso con sus adversarios, y a favor de la vida.