Stimato Presidente Luis Guillermo Solís;
Stimate/i Capi di Stato o di Governo dell’America Latina e dei Caraibi;
Stimati capi di delegazione e invitati che ci accompagnano:
Nuestra America si è addentrata in un’epoca nuova ed è avanzata dalla creazione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici nei suoi obiettivi d’indipendenza, sovranità sulle sue risorse naturali, integrazione, costruzione di un nuovo ordine mondiale, giustizia sociale e democrazia del popolo, con il popolo e per il popolo.
Esiste oggi un impegno con la giustizia e il diritto dei popoli superiore a quello di qualsiasi altro periodo storico.
Insieme siamo la terza economia a livello mondiale, la zona con la seconda maggior riserva petrolifera, la maggior bio-diversità del pianeta e con un’alta concentrazione delle risorse minerali globali.
Sviluppare l’unità nella diversità, un’attuazione vincolata e il rispetto delle differenze continuerà ad essere il nostro primo proposito e una necessità indispensabile, perchè i problemi del mondo si aggravano e persistono grandi pericoli e forti sfide che superano le possibilità nazionali ed anche sub regionali.
Nell’ultimo decennio le politiche economiche e sociali e la crescita sostenuta ci hanno permesso di affrontare la crisi economica globale ed hanno dato la possibilità di far diminuire la povertà, la disoccupazione e la disuguaglianza nella distribuzione delle entrate.
Le profonde trasformazioni politiche e sociali realizzate in vari paesi della regione hanno portato la dignità a milioni di famiglie che sono uscite dalla povertà.
Ma la regione dell’America Latina e dei Caraibi è ancora la più disuguale del pianeta. Come media il 20% delle case con le minori entrate capta il 5% delle entrate totali.
167 milioni di persone soffrono ancora nella povertà, uno di ogni cinque minori vive nell’ indigenza e il numero degli analfabeti supera i 35 milioni.
La metà dei nostri giovani non ha frequentato le medie, e nel settore con meno entrate è il 78% che non le completa, Due terzi della nuova generazione non giungono all’ università.
Crescono le vittime del crimine organizzato e della violenza, che minacciano la stabilità e il progresso delle nazioni.
Che penseranno le decine di milioni di emarginati dalla democrazia e dai diritti umani?
Quale sarà il loro giudizio sui modelli politici? Che penseranno delle leggi elettorali?
È questa la società civile considerata dai governi e dalle organizzazioni internazionali?
Che diranno se li si consulterà sulle politiche economiche e monetarie?
Hanno poco da mostrare alla nostra regione, in questi aspetti, molti degli stati industrializzati dove la metà dei loro giovani sono disoccupati, si scarica la crisi sui lavoratori e sugli studenti, e li si reprime, mentre si proteggono i banchieri, s’impedisce la sindacalizzatone, si pagano salari inferiori alle donne per lavori uguali, si applicano politiche disumane contro gli immigrati, crescono il razzismo, la xenofobia e l’estremismo violento, con le tendenze neo fasciste, dove i cittadini non votano perchè non vedono alternative alla corruzione della politica o sanno che le promesse elettorali si dimenticano rapidamente.
Per realizzare la detta inclusione sociale e la sostenibilità ambientale dovremo creare una visione propria sui sistemi economici e gli indici di produzione e di consumo, la relazione tra la crescita economica e lo sviluppo, ed anche sull’efficacia dei modelli politici.
Dobbiamo superare le brecce strutturali, assicurare l’educazione gratuita di alta qualità, la copertura generale e gratuita della salute, la sicurezza sociale per tutti, l’uguaglianza di opportunità, realizzare il pieno esercizio di tutti i diritti umani per tutte le persone.
Per questi sforzi sarà un dovere elementare la solidarietà con la difesa degli interessi dei Carabi, e in particolare di Haiti.
È necessario un nuovo ordine economico, finanziario e monetario internazionale dove abbiano priorità e spazio gli interessi e le necessità dei paesi del sud e delle maggioranze, dove non prevalgano quelli che impongono la concentrazione del capitale e del neo liberismo.
L’Agenda di Sviluppo, dopo il 2015, deve offrire soluzioni ai problemi strutturali delle economie della regione e generare i cambi che conducono ad uno sviluppo sostenibile.
È anche indispensabile costruire un mondo di pace senza il quale è impossibile lo sviluppo, retto dai principi della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto Internazionale.
La firma dei capi di Stato e di Governo del proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace ha significato un passo storico ed offre un riferimento per le relazioni tra i nostri Stati e con il resto del mondo.
La solidarietà in Nuestra America sarà decisiva per far avanzare gli interessi comuni.
Esprimiamo i un’energica condanna alle inaccettabili e ingiustificate sanzioni unilaterali imposte alla Repubblica Bolivariana del Venezuela e al continuato intervento esterno indirizzato a creare un clima d’instabilità in questa nazione fraterna. Cuba, che conosce tutte queste storie profondamente per averle sofferte per più di 50 anni, reitera il suo più fermo appoggio alla Rivoluzione Bolivariana e al governo legittimo condotto dal presidente Nicolás Maduro Moros.
Ci uniamo alla Repubblica Argentina nel suo reclamo delle isole Malvine, le George del Sud e Sandwich del Sud e degli spazi marittimi circostanti; appoggiamo la nazione sudamericana e la sua presidentessa, Cristina Fernández, che affronta gli attacchi dei fondi speculativi e le decisioni di corti venali che violano la sovranità di questo paese.
Riaffermiamo la solidarietà al popolo e al governo dell’Ecuador, presieduto da Rafael Correa, in appoggio alle domande di riparazione per i danni ambientali provocati dalla multinazionale Chevron nell’Amazzonia ecuadoriana.
Come abbiamo detto in altre occasioni, la comunità non sarà completa sino a quando mancherà Portorico. La sua situazione coloniale è inammissibile e il suo carattere latino americano e caraibico non ammette dubbi.
Nel processo di pace della Colombia sono significativi gli accordi realizzati dal Governo e dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo, al tavolo delle conversazioni che si sviluppa a L’Avana. Non si era mai avanzati tanto prima nella direzione della conquista della pace.
Cuba, nella sua condizione di garante e sede di queste conversazioni, continuerà ad offrire le facilità necessarie e a contribuire in tutto il possibile alla fine del conflitto e alla costruzione di una pace giusta e duratura nella fraterna Colombia.
Daremo un deciso sostegno, come sino ad ora, al giusto reclamo dei Paesi dei Caraibi, della riparazione per i danni della schiavitù e per il colonialismo, e ci opporremo decisamente alla decisione di privarli delle risorse finanziarie indispensabili con pretesti tecnocratici, pretendendo di considerarli a reddito medio.
Salutiamo gli eccellenti progressi realizzati nel Foro CELAC – CINA e i vincoli della regione con il gruppo BRICS.
Reiteriamo la preoccupazione per le enormi e crescenti spese militari imposte al mondo dagli Stati Uniti e dalla NATO, così come per il tentativo d’estendere l’aggressiva presenza di questa sino alle frontiere della Russia, con la quale abbiamo storiche e fraterne relazioni, reciprocamente vantaggiose.
Dichiariamo un’energica opposizione all’imposizione di sanzioni unilaterali ingiuste contro questa nazione.
La crescente aggressività della dottrina militare della NATO e lo sviluppo di guerre non convenzionali che hanno già avuto conseguenze devastanti e gravi sequele, minacciano la pace e la sicurezza internazionali.
Per Cuba il principio dell’uguaglianza sovrana degli Stati e dell’autodeterminazione dei popoli, è irrinunciabile.
L’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite deve usare le sue facoltà per preservare la pace e la sicurezza internazionali di fronte alle ipocrisie, agli eccessi, alle omissioni del Consiglio di Sicurezza.
Non si deve più aspettare per assicurare la piena partecipazione come membro alla Palestina, alla quale esprimiamo la solidarietà del popolo e del governo cubani. Deve sparire il veto nel Consiglio di Sicurezza, per garantire impunità ai crimini di Israele.
L’Africa, dove esistono anche le nostre radici, non necessita consigli nè intromissioni, ma trasferimenti di risorse finanziarie, di tecnologia e un giusto trattamento. Difenderemo sempre i legittimi interessi delle nazioni con le quali abbiamo combattuto, spalla a spalla, contro il colonialismo e l’apartheid e con le quali sosteniamo fraterne relazioni e cooperazione. Ricorderemo sempre la loro invariabile solidarietà e il loro sostegno.
La voce di Cuba difenderà senza riposo le cause giuste e gli interessi dei paesi del Sud e sarà leale ai suoi obiettivi e alle posizioni comuni, sapendo che Patria è Umanità.
La politica estera della Rivoluzione cubana continuerà ad essere fedele ai suoi principi.
Stimate e stimati colleghi:
Lo scorso 17 dicembre, sono tornati nella loro Patria i combattenti antiterroristi cubani Gerardo Hernández, Ramón Labañino e Antonio Guerrero che, con Fernando González e René González sono per noi motivo di orgoglio ed esempio di fermezza.
Il Presidente degli Stati Uniti ha riconosciuto il fallimento della politica contro Cuba applicata da più di cinquant’anni e il completo isolamento che ha provocato al suo paese; il danno che il blocco provoca al nostro popolo ed ha ordinato la revisione dell’ovviamente ingiustificabile inclusione dell’Isola nella lista dei Paesi Patrocinatori del Terrorismo Internazionale.
Nella stessa giornata ha annunciato la decisione di ristabilire le relazioni diplomatiche degli Stati Uniti con il nostro Governo.
Questi cambi sono il risultato di quasi due secoli e mezzo di eroica lotta e fedeltà alla nuova epoca che vive la nostra regione e al solido e coraggioso reclamo dei governi e dei popoli della CELAC, che sono una rivendicazione per Nuestra America, e che hanno agito in stretta unità per questo obiettivo nell’ Organizzazione delle Nazioni Unite e in tutti gli ambiti.
Preceduti dal Vertice dell’ALBA a Cumaná, in Venezuela, i dibattiti sostenuti nel 2009 nel Vertice delle Americhe a Puerto España, in Trinidad y Tobago, avevano portato il Presidente Obama, recentemente eletto a pianificare un nuovo inizio con Cuba.
A Cartagena, in Colombia, nel 2012, avvenne una forte discussione, con una pianificazione unanime categorica contro il blocco, occasione nella quale aveva incitato un importante dirigente nordamericano a riferirsi alla stessa come al grande fallimento di Cartagena o disastro – è stato il termine esatto – e ci fu un dibattito sull’ esclusione di Cuba da quegli incontri. L’Ecuador, come protesta aveva deciso d’assentarsi.
Venezuela, Nicaragua e Bolivia avevano avvisato che non avrebbero partecipato ad un altro Vertice senza Cuba, con l’appoggio di Brasile, Argentina e Uruguay.
La Comunità dei Caraibi espresse la stessa decisione e Messico e le altre nazioni si pronunciarono alla stessa maniera.
Il presidente di Panama, Juan Carlos Varela, prima della sua elezione, aveva fatto sapere con determinazione, che avrebbe invitato Cuba con pieni diritti e uguaglianza di condizioni al VIII Vertice delle Americhe, e lo ha fatto. Cuba ha immediatamente dichiarato che parteciperà.
Si dimostra la certezza di Martí, quando scrisse che un principio giusto dal fondo di una caverna può più di un esercito.
A tutti i presenti esprimo la più profonda gratitudine di Cuba.
Ai 188 Stati che votano contro il blocco nella ONU, a quelli che hanno espresso lo stesso reclamo nell’ Assemblea Generale, nei Vertici e nelle conferenze internazionali e a tutti i movimenti popolari, le forze politiche, i parlamenti e le personalità che si sono mobilitate instancabilmente con questo obiettivo. Li ringrazio sinceramente a nome della nazione.
Al popolo degli Stati Uniti che ha espresso una crescente opposizione alla politica di blocco e ostilità di più di cinque decenni, reitero ugualmente il nostro ringraziamento e i nostri amichevoli sentimenti.
Questi risultati dimostrano che Governi che hanno profonde differenze possono incontrare soluzioni ai problemi mediante un dialogo rispettoso e scambi bastai sull’ uguaglianza sovrana e nella reciprocità, a beneficio delle proprie rispettive nazioni.
Come ho affermato reiteratamente, Cuba e gli Stati Uniti dobbiamo imparare l’arte della convivenza civile basata nel rispetto delle differenze tra i due Governi e nella cooperazione in temi d’interesse comune, che contribuiscano alla soluzione delle sfide che affrontano l’emisfero e il mondo.
Ma non si deve pretendere che per questo Cuba deve rinunciare ai suoi ideali di indipendenza e giustizia sociale, né dubitare in un solo dei nostri principi, né cedere un millimetro nella difesa della sovranità nazionale.
Noi non ci lasceremo provocare, ma nemmeno accetteremo pretese di consigli o pressioni nei nostri temi interni. Noi ci siamo guadagnati questo diritto sovrano con grandi sacrifici e al prezzo dei più grandi rischi.
Si possono forse ristabilire relazioni diplomatiche senza riannodare i servizi finanziari alla Sezione d’Interesse di Cuba e al suo ufficio consolare a Washington, tagliati come conseguenza del blocco finanziario? Come spiegare il ristabilimento di relazioni diplomatiche senza togliere Cuba dalla Lista degli Stati Patrocinatori del Terrorismo Internazionale?
Quale sarà d’ora in poi la condotta dei diplomatici statunitensi a L’Avana, rispetto all’ osservanza delle norme stabilite dalle convenzioni internazionali per le relazioni diplomatiche e consolari? Questo è quello che la nostra delegazione ha detto al Dipartimento di Stato nelle conversazioni bilaterali della scorsa settimana e ci vorranno diverse riunioni per trattare questi temi.
Abbiamo condiviso con il Presidente degli Stati Uniti la disposizione di avanzare verso la normalità delle relazioni bilaterali, una volta che saranno ristabilite le relazioni diplomatiche, e questo implica l’adozione di misure reciproche per migliorare il clima tra i due paesi, per risolvere altri problemi pendenti e avanzare nella cooperazione.
La situazione attuale apre modestamente un’opportunità all’ emisfero per incontrare nuove e superiori forme di cooperazione che convengono alle due Americhe.
Questo permetterà di risolvere brucianti problemi e aprire nuovi cammini.
Il testo del Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, costituisce la piattaforma indispensabile per questo, includendo il riconoscimento che ogni Stato ha il diritto assoluto d’eleggere il suo sistema politico, economico, sociale e culturale senza ingerenze in nessuna forma da parte di un altro Stato e che questo costituisce un principio irrinunciabile del Diritto Internazionale.
Il problema principale non è stato risolto. Il blocco economico, commerciale e finanziario che provoca enormi danni umani ed economici, ed è una violazione del Diritto Internazionale, dev’ essere eliminato.
Ricordo il memorandum del vicesegretario Mallory, dell’aprile del 1960 che, in mancanza di un’opposizione politica effettiva, pianificava l’obiettivo “di creare in Cuba fame, disperazione e sofferenza, per provocare la caduta del governo rivoluzionario”. Adesso tutto sembra indicare che l’obiettivo è fomentare un’opposizione politica artificiale con mezzi economici, politici e delle comunicazioni.
Il ristabilimento delle relazioni diplomatiche è l’inizio di un processo verso la normalità delle relazioni bilaterali, ma questo non sarà possibile sino a che esisterà il blocco, non si restituirà il territorio illegalmente occupato della base di Guantanamo non smetteranno le trasmissioni radiofoniche e televisive che violano le norme internazionali, non ci sarà un compenso giusto per il nostro popolo, per i danni umani ed economici che ha sofferto.
Non sarebbe etico, giusto o accettabile che si chiedesse qualcosa in cambio a Cuba.
Se questi problemi non si risolveranno, questo avvicinamento diplomatico tra Cuba e gli Stati Uniti non avrebbe un senso.
Non si può pensare nemmeno che Cuba accetti di negoziare gli aspetti citati per i nostri temi interni, assolutamente sovrani.
Se abbiamo fatto dei passi avanti in questo negoziato è perchè ci siamo trattati reciprocante con rispetto, come uguali, però per continuare ad avanzare si dovrà continuare così.
Abbiamo seguito con attenzione l’annuncio del Presidente degli Stati Uniti di alcune decisioni esecutive per modificare certi aspetti dell’applicazione del blocco.
Le misure pubblicate sono molto limitate: persistono la proibizione dei crediti, dell’uso del dollaro nelle nostre transazioni finanziarie internazionali; s’impediscono i viaggi individuali dei nordamericani senza la licenza per i detti scambi “popolo a popolo”, si condizionano questi a fini sovversivi e s’impediscono anche i viaggi per via marittima. Continua la proibizione di acquisti in altri mercati di strumenti e tecnologie che hanno più de 10% di componenti nordamericane e le importazioni negli Stati Uniti di merci che contengono materie prime cubane, tra moltissime altre.
Il presidente Barack Obama potrebbe usare con determinazione le sue ampie facoltà esecutive per modificare sostanzialmente l’applicazione del blocco e farlo sta nelle sue mani, anche senza la decisione del Congresso.
Potrebbe permettere in altri settori dell’economia tutto quello che ha autorizzato nell’ ambito delle telecomunicazioni, con evidenti obiettivi d’influenza politica in Cuba.
È significativa la sua decisione di sostenere un dibattito con il Congresso, con l’obiettivo di eliminare il Blocco.
I portavoce del governo nordamericano sono stati chiari nel precisare che cambiano ora i metodi, ma non gli obiettivi della politica, insistendo nelle azioni d’ingerenza nei nostri temi interni, che non accetteremo.
Le controparti statunitensi non dovrebbero proporsi d’avere relazioni con la società cubana come se in Cuba non ci fosse un Governo sovrano.
Nessuno può sognarsi che la nuova politica che è stata annunciata accetta l’esistenza di una Rivoluzione Socialista a 90 miglia dalla Florida.
Si vuole che nel Vertice delle Americhe di Panama sia presente la detta società civile, e questo Cuba lo ha sempre condiviso.
Protestiamo per quello che è avvenuto nella Conferenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio a Seattle, nel Verticie delle Americhe di Miami e nel Quebec, nel Vertice sul Cambio Climatico di Copenaghen o quando si riuniscono il G-7 e o il Fondo Monetario Internazionale, situati dietro sbarramenti d’acciaio, con una brutale repressione della polizia, confinati a decine di chilometri dagli incontri.
È chiaro che la società civile di Cuba parteciperà, e io spero che non ci siano restrizioni per le organizzazioni non governative del nostro paese, che ovviamente non hanno, nè interessa loro alcuno status nella OSA, ma contano con il riconoscimento della ONU.
Spero di poter vedere a Panama i movimenti popolari e le organizzazioni non governative che chiedono il disarmo nucleare, gli ambientalisti contro il neoliberismo, gli Occupy Wall Street e gli Indignati di questa regione, gli studenti universitari e liceali, i contadini, i sindacati, le comunità originali, le organizzazioni che si oppongono all’inquinamento dei gas, quelle che difendono i diritti degli immigranti, quelle che denunciano la tortura e le esecuzioni extra giudiziarie, la brutalità politica, le pratiche razziste, quelle che reclamano per le donne un salario uguale per un lavoro uguale, quelle che esigono riparazioni per i danni provocati dalle compagnie multinazionali.
Senza dubbio gli annunci realizzati il17 dicembre hanno scatenato un riconoscimento mondiale e il presidente Obama ha ricevuto per questo un ampio appoggio nel suo paese.
Alcune forze negli Stati Uniti cercano di far abortire questo processo che comincia.
Sono gli stessi nemici di una giusta relazione degli Stati Uniti con l’America Latina e i Carabi, sono coloro che intorpidiscono le relazioni bilaterali di molti paesi della nostra regione con questa nazione.
Sono coloro che sempre ricattano e fanno pressioni.
Sappiamo che l’eliminazione del blocco sarà un cammino lungo e difficile, che necessiterà dell’appoggio, la mobilitazione e l’azione decisa di tutte le persone di buona volontà negli Stati Unti e nel mondo; dell’approvazione da parte dell’Assemblea Generale della ONU nella sua prossima sessione, della risoluzione che reclama di porre fine e soprattutto dell’ azione concertata di Nuestra America.
Stimati e stimate capi di Stato e di Governo.
Stimati amici :
Esprimiamo i nostri complimenti alla Costarica, al Presidente Solís e al suo Governo per il lavoro sviluppato alla guida della CELAC. Diamo il benvenuto e presteremo il nostro pieno appoggio all’ Ecuador e al Presidente Correa che presiederanno la Comunità nel 2015.
Molte grazie