fumo bianco e nuovo crocevia
Franco Vielma https://medium.com/@misionverdad2012
Lo scenario politico si è caratterizzato, negli ultimi mesi, per la stagnazione e la deriva mercenaria dell’ala estremista dell’anti-chavismo.
È indispensabile comprendere la politica come l’atto del confrontare idee e progetti nei termini stabiliti dalle regole del gioco.
Non è il caso di una parte dell’antichavismo in Venezuela che si concentra attorno a Juan Guaidó. Questo settore ha persino perso la capacità di manovrare, con decisioni proprie, nella politica nazionale e funziona come una succursale dell’agenda USA nel paese.
Detto questo, ha preso forma un quadro d’immobilità politica risultato della promozione di Washington alla “rielezione” di Guaidó all’Assemblea Nazionale (AN) quest’anno. Di conseguenza, la “presidenza provvisoria” del Venezuela si è “estesa” di un altro anno, anche se non ha un appiglio costituzionale.
Hanno convertito la figura del falso interim in un comando centralizzato della “leadership” dell’opposizione, precisamente affinché diriga il nulla e sconvolga tutto.
Il risultato è stato: nessun dialogo, non convalidare una commissione per le nomine per eleggere un nuovo Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), non aprire percorsi politici, non superare la crisi dei poteri, la possibilità di non andare alle elezioni parlamentari quest’anno e molto altro eccetera.
Per questa ala dell’opposizione, si tratta di seguire la linea fabbricata negli USA di blocco e costruzione di una guerra mercenaria, così nulla più.
Tuttavia, i tempi politici stanno emanando altri segnali.
Da diverse settimane veniva profilandosi la possibilità che a causa della pandemia Covid-19 questa ala dell’opposizione ed il chavismo raggiungessero un accordo per ragioni umanitarie per manovrare la crisi che sarà di lungo respiro.
La distensione politica
Il ministro della Comunicazione, Jorge Rodríguez, ha reso pubblica la firma di un accordo politico, a carico del ministro della sanità, Carlos Alvarado, e Julio Castro, consigliere per le questioni di salute dell’AN (di Guaidó).
Per molti media, il vero accordo è tra Maduro e Guaidó, e non meno importante dirlo così. Questo documento, che ha come testimone e garante l’Organizzazione Panamericana della Salute (OPS), è un chiaro segno di fumo bianco.
“Entrambe le parti propongono di lavorare in coordinamento e con il sostegno dell’OPS, nella ricerca di risorse finanziarie che contribuiscano a rafforzare le capacità di risposta del paese” contro il nuovo coronavirus, ha affermato Jorge Rodríguez.
Le squadre di diffusione dell’opposizione venezuelana hanno confermato l’esistenza dell’accordo ed hanno indicato gli sforzi di Guaidó come un “risultato”, riferendosi al fatto che si trattava di un accordo articolato con l’OPS per portare l’ “aiuto umanitario” a cui spesso fa riferimento l’opposizione.
“Gli attori della dittatura si sono impegnati a non porre ostacoli all’esecuzione del programma e si garantirà che le risorse assegnate siano attuate”, ha confermato la nota dell’ufficio di Guaidó.
Nel frattempo, il documento indica che “i sotto firmanti richiedono il supporto tecnico ed amministrativo dell’OPS per assicurare l’implementazione, la prosecuzione e la supervisione dell’esecuzione di questa collaborazione e per informare regolarmente le parti”.
Ciò significa che l’accordo tratta di uno sforzo congiunto affinché l’OPS, attraverso sforzi di terzi, accompagni ed esegua l’oggetto dell’accordo, basato su dotazioni al settore della salute in modo che possa affrontare la crisi sanitaria.
La fonte di risorse sono i beni della nazione che sono stati congelati in conti all’estero, attraverso le azioni di blocco e soffocamento sofferte dall’economia venezuelana, risorse che il governo venezuelano ha richiesto dal 2019 per manovrare la situazione economica ed ora la pandemia.
Questa sezione di risorse sarebbe costituita da fondi “riscattati” all’estero dall’opposizione e che fanno parte del “Fondo per la Liberazione del Venezuela”.
Di recente, il Dipartimento del Tesoro USA ha trasferito su un conto della Federal Reserve le attività trattenute alla nazione nei conti della Citybank nell’ordine di oltre 342 milioni di dollari, parte di tali risorse, circa 80 milioni di dollari, sono state assegnate a Guaidó e fanno parte del summenzionato “Fondo per la liberazione”.
L’orizzonte politico di un fragile e complicato accordo
Questo impegno, ancora da consolidare, deve essere classificato come una vittoria politica per chavismo, per essere la parte dialogante e articolatrice dell’accordo, vale a dire, in modo che i fondi vadano a beneficio della gestione pubblica della crisi, che ha il governo nelle funzioni come ente rettore e sostanziale.
Al di là di quello che sembra essere un accordo sanitario, il chavismo raccoglie qui due vittorie simboliche: in primo luogo, recupera la gestione delle risorse nazionali congelate negli USA ed in Europa ed una significativa spaccatura del blocco economico, ed in secondo luogo, riesce a posizionare l’ala antichavista di Guaidó alle redini della politica.
Il soffocamento politico ed istituzionale applicato contro lo Stato venezuelano è derivato dal riconoscimento di questi paesi di Guaidó, tuttavia, in diverse occasioni il deputato non è riuscito a controllare direttamente le risorse finanziarie della nazione, proprio perché in realtà non gestisce le istituzioni del paese.
Ora è aperto lo scenario affinché le forze politiche del paese possano presentare una richiesta congiunta e ci troveremmo di fronte ad una parziale rottura de facto del blocco contro la nazione, si intende, richiesta da entrambi i settori della politica nazionale, almeno per affrontare le questioni sanitarie.
Tutto ciò è chiaramente coerente con le richieste avanzate dal presidente Nicolás Maduro in occasione della pandemia, per stabilire una distensione politica e richiedere (insieme all’opposizione) una deroga e sospensione del blocco per affrontare la crisi sanitaria. Tutto questo sta iniziando a prendere forma ora.
Ma l’accordo è fragile e il suo orizzonte è compromesso dalla posizione che il governo USA potrebbe assumere a breve termine.
Le possibilità che venga boicottato sono grandi, in quanto esso disallinea la sua strategia di “massima pressione” contro il Venezuela e indebolisce l’ “offerta elettorale” di Trump nel far cadere le istituzioni venezuelane.
Nei giorni scorsi, il governo USA ha previsto aumentare la pressione applicando sanzioni alle compagnie di navigazione ed alimentari, chiudendo ulteriormente il Venezuela.
Eseguono azioni ed applicano la loro agenda a discrezione. Tuttavia, è evidente un distanziamento con Juan Guaidó, che ha sempre meno rilevanza nelle dichiarazioni dei funzionari ed è solo nominato, occasionalmente, come un fattore di secondo ordine.
Dopo il fallimento dell’Operazione Gedeon e l’esibizione pubblica del deputato come simbolo del fallimento dell’incursione, gli USA sembrano orientati a fare a meno di lui.
Varie indicazioni danno per fatto che Guaidó sia rifugiato presso l’ambasciata francese a Caracas.
In altre parole, la posizione di Guaidó, tra la giustizia venezuelana e l’indifferenza USA, potrebbe porre la sua transitoria ed artificiale “presidenza” nell’obbligo di dover manovrare nelle acque dove non sa nuotare, nella politica con “P” maiuscola.
Come una pietra nella scarpa, poiché la figura di Guaidó è stata costruita per annullare la politica interna, questa potrebbe star cedendo.
Per pressione del chavismo, per pressione di oppositori che vogliono questo ed altri accordi, per abbandono degli USA, in breve, per le gravitazioni e le inerzie imposte alla politica, Guaidó potrebbe star cedendo.
Di recente, è emerso che Henrique Capriles starebbe partecipando ad un movimento che chiedeva a Washington di porre fine a Guaidó, promuovendo un nuovo cambio di strategia. Il contesto è ancora molto torbido.
Ma una telefonata dagli USA può cambiare tutto. Trattandosi di Guaidó e della sua debole capacità di sostenersi, potrebbe essere inevitabile che ceda ai suoi comprovati padroni. Pertanto, il rischio che l’accordo naufraghi deve essere assunto, senza che questo faccia diminuirne la sua necessità e pertinenza.
Il lungo braccio USA può estendersi a banche e organismi in altri paesi in modo che, anche con la richiesta di entrambe le forze che rappresentano la politica venezuelana, le risorse siano trattenute e si inabilitino le possibilità di rompere il blocco.
È anche evidente che gli USA esercitano un chiaro atto di arbitrato sulle risorse sovrane, non solo sui beni che sono stati trasferiti, ad aprile, su un conto della Federal Reserve, e ciò ricade anche negli atti di discrezionalità con cui, amministrativamente, gli USA esercitano la deterrenza attraverso sanzioni, a qualsiasi entità che intenda relazionarsi direttamente o indirettamente con lo Stato venezuelano.
Lo scenario di sforzi congiunti tra chavismo e l’opposizione potrebbe essere interpretato in questo modo.
D’altra parte, non bisogna sottovalutare le reazioni di altri fattori anti-chavisti più a destra di Guaidó, incluso lo stesso Leopoldo López. Il legame tra i due, ad oggi, non è chiaro ed è probabile che questo accordo sia detonante di una frattura tra i due o di maggior pressioni di quest’ultimo sul suo pupillo.
E’ anche messa in discussione la posizione di Guaidó nei confronti di altri fattori istituzionali e politici al di fuori del Venezuela.
Questo accordo, che potrebbe essere interpretato come un flirt politico di Guaidó con il chavismo, a scapito dell’essere mal ricevuto in Colombia, comprendendo che l’uribismo continua a controllare i danni per il suo ruolo nella fabbricazione di un’agenda mercenaria in Venezuela, combattendo tra fallimento e le posizioni attuali che possono sembrare ambivalenti da parte di Guaidó.
Per Guaidó, intrappolato in un centro molto ambiguo della politica venezuelana e messo sotto pressione da tutte le parti, la questione è tra “non fare nulla”, o, d’altra parte, assumere, almeno in maniera propagandistica, un ruolo costruttivo nel mezzo della crisi sanitaria. Ha scelto quest’ultimo, ma si tradurrà in ulteriori duri spasmi contro di lui. La sua posizione di banderuola politica potrebbe portare al suo abbandono dell’accordo.
Da parte del chavismo, vale la pena dire che, a scapito del blocco, ha transitato per percorsi che sarebbero stati insondabili negli anni precedenti e la manovra permanente tra eccezionalità ed emergenza ha imposto nuove regole sul tavolo. Quindi che nessuno sforzo e nessuna possibilità deve respingersi per fratturare, con tutti i mezzi possibili, l’esecuzione del blocco sull’economia e sulla politica venezuelana.
Questo è un percorso attraverso un campo minato in cui non mancano i rischi e dove i progressi e le battute d’arresto saranno all’ordine del giorno.
L’orizzonte guarda ancora più lontano per altre distensioni indispensabili al di fuori del tema sanitario, come sono le questioni politiche, istituzionali ed elettorali, ma così lunghi e stretti sono questi percorsi.
El acuerdo humanitario entre el gobierno y la oposición: humo blanco y nueva encrucijada
Por Franco Vielma
El escenario político se ha caracterizado en meses recientes por el estancamiento y la deriva mercenaria del ala extremista del antichavismo.
Es indispensable entender la política como el acto de confrontar ideas y proyectos en los términos establecidos por las reglas de juego.
No es el caso de una parte del antichavismo en Venezuela se concentra alrededor de Juan Guaidó. Este sector ha perdido incluso su capacidad de maniobrar con decisiones propias en la política nacional y funciona como una sucursal de la agenda estadounidense en el país.
Dicho así, ha tomado forma un cuadro de inamovilidad política resultado de la promoción de Washington a la “reelección” de Guaidó en la Asamblea Nacional (AN) este año. En consecuencia, la “presidencia interina” de Venezuela se “extendió” un año más aunque ello no tenga asidero constitucional.
Convirtieron la figura del interinato fake en una jefatura centralizada del “liderazgo” opositor, precisamente para que lidere sobre la nada y perturbe todo.
El resultado ha sido: no diálogo, no convalidar un comité de postulaciones para elegir un nuevo Consejo Nacional Electoral (CNE), no abrir caminos políticos, no superar la crisis de poderes, la posibilidad de no ir a elecciones parlamentarias este año, y otro largo etcétera.
Para esta ala de la oposición, se trata de seguir la línea manufacturada en EEUU de bloqueo y construcción de una guerra mercenaria, así sin más.
Sin embargo, los tiempos políticos están arrojando otras señales.
Desde hace varias semanas venía asomándose la posibilidad de que a causa de la pandemia Covid-19, esta ala opositora y el chavismo legarían a un acuerdo por razones humanitarias para maniobrar la crisis que será de largo aliento.
La distensión política
El ministro de Comunicación Jorge Rodríguez hizo pública la firma de un acuerdo político, a cargo del ministro de Salud Carlos Alvarado y de Julio Castro, asesor en temas de Salud de la AN (de Guaidó).
Para muchos medios de comunicación, el acuerdo real es entre Maduro y Guaidó, y no es para menos afirmarlo así. Este documento que tiene a la Organización Panamericana de la Salud (OPS) como testigo y garante, es una clara señal de humo blanco.
“Ambas partes proponen trabajar coordinadamente y con el apoyo de la OPS, en la búsqueda de recursos financieros que contribuyan al fortalecimiento de las capacidades de respuesta del país” frente al nuevo coronavirus, indicó Jorge Rodríguez.
Los equipos de difusión de la oposición venezolana, confirmaron la existencia del acuerdo y señalaron las gestiones de Guaidó como un “logro”, en referencia a que se trataba de un acuerdo articulado con la OPS para traer la “ayuda humanitaria” tantas veces referida por la oposición.
“Los actores de la dictadura se comprometieron a no poner obstáculos en la ejecución del programa y se garantizará que los recursos destinados sean ejecutados”, confirmó el comunicado de la oficina de Guaidó.
Entretanto, el documento indica que “los abajo firmantes solicitan el apoyo técnico y administrativo de la OPS para asegurar la implementación, seguimiento y supervisión de la ejecución de esta colaboración y para informar regularmente a las partes”.
Esto supone que el acuerdo se trata de una labor conjunta para que la OPS mediante gestiones de terceros, acompañe y ejecute el objeto del acuerdo, basado en dotaciones al sector salud para que este pueda lidiar con la crisis sanitaria.
La fuente de recursos son los haberes de la nación que fueron congelados en cuentas en el extranjero, en medio de las acciones de bloqueo y asfixia que ha sufrido la economía venezolana, recursos que el gobierno venezolano ha solicitado desde 2019 para maniobrar la situación económica y ahora la pandemia.
Este tramo de recursos estaría compuesto por los fondos “rescatados” en el exterior por la oposición y que forman parte del “Fondo para la Liberación de Venezuela”.
Recientemente el Departamento del Tesoro estadounidense, transfirió a una cuenta de la Reserva Federal los haberes retenidos a la nación en cuentas del Citybank por el orden superior a los 342 millones de dólares, parte de esos recursos, unos 80 millones de dólares, fueron asignados a Guaidó y forman parte del referido “Fondo para la liberación”.
El horizonte político de un frágil y complicado acuerdo
Este compromiso, aún por consolidarse, debe catalogarse como una victoria política para el chavismo, por ser la parte dialogante y articuladora del acuerdo, vale decir, para que los fondos vayan en beneficio de la gestión pública de la crisis, la cual tiene al gobierno en funciones como ente rector y medular.
Más allá de lo que parece ser un acuerdo sanitario, el chavismo recauda dos victorias simbólicas acá: primeramente, recupera la gestión de los recursos nacionales congelados en EEUU y Europa y una fisura significativa al bloqueo económico, y en segundo lugar, lograr colocar al ala antichavista de Guaidó en las riendas de la política.
La asfixia política e institucional aplicada contra el Estado venezolano derivó en el reconocimiento de estos países a Guaidó, sin embargo, en varias oportunidades el diputado no ha logrado controlar directamente los recursos financiero de las nación, precisamente porque en la realidad no gestiona las instituciones del país.
Ahora está abierto el escenario para que las fuerzas políticas del país puedan hacer una solicitud conjunta y estaríamos ante una ruptura parcial de facto del bloqueo contra la nación, entiéndase, solicitada por ambos sectores de la política nacional, al menos para atender la materia sanitaria.
Todo ello guarda una clara congruencia con las solicitudes que el presidente Nicolás Maduro hiciera al sobrevenir la pandemia, para establecer distenciones políticas y solicitar (conjuntamente con la oposición) una derogación y suspensión del bloqueo para atender la crisis sanitaria. Todo ello comienza a tomar forma ahora.
Pero el acuerdo reviste en fragilidad y su horizonte se ve comprometido por la posición que en el corto plazo podrían asumir el gobierno estadounidenses.
Las posibilidades de que lo boicoteen son grandes, pues ello desalinea su estrategia de “máxima presión” contra Venezuela y debilita la “oferta electoral” de Trump en hacer caer las instituciones venezolanas.
En días recientes el gobierno estadounidense ha previsto incrementar presiones aplicando sanciones a empresas navieras y de alimentos, cercando aún más a Venezuela.
Ejecutan acciones y aplican su agenda a discrecionalidad. Sin embargo, es evidente un distanciamiento con Juan Guaidó, quien tiene cada vez menos relevancia en las declaraciones de funcionarios y es apenas nombrado ocasionalmente como un factor de segundo orden.
Desde el fracaso de la Operación Gedeón y la exhibición pública que hicieran del diputado como un símbolo del fracaso de la incursión, los estadounidenses parecen orientados a prescindir de él.
Diversos señalamientos dan por hecho que Guaidó está refugiado en la Embajada de Francia en Caracas.
Dicho de otra forma, la posición de Guaidó, entre la justicia venezolana y entre la indiferencia estadounidense, podría estar colocando a su transitoria y artificial “presidencia” en la obligación de tener que maniobrar en las aguas donde no sabe nadar, en la política con “P” mayúscula.
Tal como una piedra en el zapato, como ha sido construida la figura de Guaidó para anular la política interna, esta puede estar cediendo.
Por presiones del chavismo, por presiones de opositores que quieren este y otros acuerdos, por abandono estadounidense, en fin, por las gravitaciones y las inercias impuestas en la política, Guaidó podría estar cediendo.
Recientemente trascendió que Henrique Capriles estaría participando en un movimiento que solicitaba a Washington dar al traste con Guaidó impulsando un nuevo cambio de estrategia. El contexto sigue siendo muy turbio.
Pero una llamada telefónica de los estadounidenses puede cambiarlo todo. Tratándose de Guaidó y su endeble capacidad para sostenerse, podría ser inevitable que ceda ante sus demostrados amos. De ahí que el riesgo de que el acuerdo naufrague debe asumirse, sin que ello haga declinar su necesidad y pertinencia.
El largo brazo estadounidense puede extenderse a bancos y a instancias en otros países para que aún con la solicitud de ambas fuerzas de representación de la política venezolana, se mantengan retenidos los recursos y se inhabiliten las posibilidades de fisurar el bloqueo.
También es evidente que EEUU ejerce un acto de arbitraje claro sobre los recursos soberanos, no solo sobre los haberes que fueron transferidos en abril a una cuenta de la Reserva Federal, y ello también recae en los actos de discrecionalidad con los que administrativamente EEUU ejerce disuasión mediante sanciones, a cualquier ente que pretenda relacionarse de manera directa o indirecta con el Estado venezolano.
El escenario de las gestiones conjuntas entre el chavismo y la oposición, podría interpretarse de tal manera.
Por otro lado no hay que desestimar las reacciones de otros factores antichavistas más a la derecha de Guaidó, incluyendo al propio Leopoldo López. No está claro el vínculo entre ambos al día de hoy y es probable que este acuerdo sea detonante de una fractura entre ambos o de más presiones de este sobre su pupilo.
Queda en entredicho también la posición de Guaidó frente a otros factores de la institucionalidad y la política fuera de Venezuela.
Este acuerdo, que podría interpretarse como un coqueteo político de Guaidó con el chavismo, está a expensas de ser mal recibido en Colombia, entendiendo que el uribismo sigue haciendo contraloría de daños por su rol en la fabricación de una agenda mercenaria en Venezuela lidiando entre el fracaso y las posiciones actuales que pueden parecer ambivalentes por parte de Guaidó.
Para Guaidó, atrapado en un centro muy ambiguo de la política venezolana y presionado desde todos los flancos, la cuestión yace entre “no hacer nada”, o por otro lado, asumir al menos propagandísticamente un rol constructivo en medio de la crisis sanitaria. Ha elegido lo segundo, pero se traducirá en más espasmos duros en su contra. Su posición como veleta política podría desembocar en que abandone el acuerdo.
Por parte del chavismo, vale decir que a expensas del bloqueo ha transitado por caminos que habrían sido insondables en años anteriores y la maniobra permanente entra la excepcionalidad y la emergencia, ha impuesto nuevas reglas en la mesa. De ahí que ningún esfuerzo y ninguna posibilidad debe desestimarse para fracturar por todas las vías posibles la ejecución del bloqueo a la economía y la política venezolana.
Este es un tránsito por un campo minado donde los riesgos no han de faltar y donde los avances y retrocesos estarán a la orden del día.
El horizonte luce aún más lejano para otras distensiones indispensables fuera del tema sanitario, como son las cuestiones del tema político, institucional y electoral, pero así de largos y estrechos son estos caminos.