10 conseguenze del fatto che il chavismo abbia perso l’AN, nel 2015
Per quanto voglia nasconderlo, l’opposizione venezuelana ora non dovrebbe più essere definita al singolare, ma le opposizioni: c’è quella rappresentata da Juan Guaidó, deliberatamente sottomessa alla politica estera USA; e la dissidente di quel versante, che ha politici venezuelani anti-chavisti con aspirazioni a cariche pubbliche e piattaforme istituzionali.
Siamo in un momento politico, in Venezuela, dove si riorganizza l’intera mappa degli interessi ed agende di potere attorno ad una competizione elettorale el quadro di uno schema di aggressione, a spettro completo, promosso dal Nord.
Si tratta delle elezioni parlamentari, alla fine del 2020, in un contesto di pandemia e con una leadership dell’opposizione che ha minato, dal 2015, le istituzioni venezuelane dall’Assemblea Nazionale (AN), che all’inizio dedicò le sue prime azioni in un affronto diretto per il “cambio di regime”.
Le conseguenze che la defunta Mesa de Unidad Democrática (MUD) assumesse il potere legislativo le viviamo ancora, con un tragico peso sulle spalle della maggioranza della popolazione venezuelana. Le esamineremo come un’annotazione per non ripetere la storia recente, così dannosa per la Repubblica Bolivariana.
Dal primo giorno
La MUD ottenne, nel 2015, la sua prima vittoria come piattaforma elettorale e non appena il deputato Henry Ramos Allup assunse la carica di presidente dell’AN, il potere legislativo si erse ad attore belligerante.
Questa condizione minò le dinamiche politiche della dirigenza dell’opposizione, che cominciò ad agire ai margini dei limiti costituzionali con il parlamento come timone, addirittura eludendoli e chiedendo un isolamento istituzionale che portò ad uno scontro, in primo luogo, con il potere giudiziario nel quadro di disprezzo delle sentenze della Camera Elettorale e della Camera Costituzionale del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ) e, successivamente, con l’esecutivo e gli altri tre poteri.
Da allora, la crisi istituzionale ha scosso le basi dello stato e della società venezuelana, poiché non aveva più un potere legislativo debitamente installato secondo le linee stabilite nella Costituzione.
Insieme a questo, la decisione di come si sarebbero ripartite le quote di potere dell’AN nella MUD causò una serie di disaffezioni e trame che andarono deteriorandosi fino all’estinzione della piattaforma multipartitica dell’opposizione. In effetti, il fattore decisivo in questo processo fu l’egemonia del cosiddetto G4, i quattro partiti con il maggior numero di voti dell’anti-chavismo: Primero Justicia (PJ), Voluntad Popular (VP), Acción Democrática (AD) e Un Nuevo Tiempo (UNT).
L’adozione di agende estere, la corruzione interna dei partiti, la debolezza programmatica dei suoi obiettivi e lo spreco del capitale politico produsse, nel G4, una ribellione di deputati minori, nel 2019, dimostrando che l’egemonia di quei partiti hanno smesso di rappresentare le aspirazioni politiche di un gran numero di oppositori.
Quando il G4 si ripartì l’AN a sua convenienza, iniziò la debacle della politica dalla parte dell’opposizione. I desideri per il colpo di stato divennero irrimediabili per quella canea, in particolare quella rappresentata da PJ e VP.
Una piattaforma con molteplici scopi
La maggioranza dei venezuelani possiamo ricordare che con l’arrivo dell’anti-chavismo all’AN, la situazione economica del paese iniziò a peggiorare in nodo tragico. Molti di noi ricordiamo il 2016 come un anno in cui aumentarono le penurie e la capacità di consumo giunse a limiti impensabili per la maggioranza.
Alcuni dei settori imprenditoriali, catene di approvvigionamento e commercio ed agenti economici di maggior potere in Venezuela avevano deciso di intraprendere la stessa rotta destituente dei capi dell’AN. Il coordinamento tra le grandi corporazioni economiche (Fedecámaras, allevatori, ecc.) con la dirigenza del parlamento è stata più che evidente, mentre conducevano una campagna di criminalizzazione del presidente Nicolás Maduro e dei massimi dirigenti dello stato.
Alla “guerra economica” la soppiantò un’immagine sociale di “inefficienza e corruzione” da parte del governo, in seguito considerato “regime dittatoriale”, ciò che ha significato un cambio nelle percezioni politiche della popolazione venezuelana, in cui ora sarebbe significativo il “salvataggio dell’economia” come principale mantra della campagna per un “cambio di regime”.
In questo senso, l’AN servì da piattaforma per la cancellazione dei crimini economici che commettevano i monopolisti produttivi e commerciali del paese, convertendosi il G4 in un capitalizzatore dello scontento sociale, o almeno in un attore che promuoveva la guerra economica a beneficio della legittimità del suo discorso (perverso ed anti-politico).
Nel 2017, quando Julio Borges assunse la presidenza del parlamento, si raddoppiò la scommessa: ora il potere legislativo veniva strumentalizzato come gestore delle attuali misure coercitive unilaterali.
Fu la dirigenza di PJ, quel piccolo gruppo che ora si trova in Colombia, Spagna ed USA, che inserì l’agenda della guerra economica internazionale contro l’intera popolazione del Venezuela, usando l’istituzionalità venezuelana in modo incostituzionale per darle legittimità alla richiesta di sanzioni e blocchi economici, finanziari e commerciali.
Questa è una delle conseguenze più tragiche del fatto che l’opposizione abbia ottenuto una piattaforma dello stato per la sua strategia golpista, chiaramente in contrasto con gli interessi di un intero popolo che (non ndt) vuole essere condotto al caos di una vera “emergenza umanitaria”. L’efficacia di questi impegno ha molto a che fare con la connessione che costruì Julio Borges ed i suoi con settori finanziari di peso negli USA ed in Europa, rivestita di falsa istituzionalità.
In effetti, il G4 non solo è riuscito a minare le normali relazioni tra poteri, ma ha anche annunciato una legittimità univoca e assoluta, protetta da Washington e dalle piattaforme politiche e diplomatiche che lo sostengono, nei confronti del resto dello stato venezuelano.
A partire da questa costruzione fittizia, diffusa dai media anti-chavisti, dalle ONG finanziate da NED/USAID e dai politici anti-chavisti, il governo USA ed i suoi delfini internazionali impongono che il presidente Nicolás Maduro non sia il presidente di alcun paese e che Juan Guaidó sia il “provvisorio” incaricato di un governo di transizione verso un Venezuela su misura del Nord.
È così che il governo USA decise di prendere direttamente per le redini il conflitto venezuelano, abbandonando le ombre, silurando con “sanzioni” e facendo aumentare la temperatura della violenza esternalizzata.
Verso la rei-istituzionalizzazione dell’AN?
La divisione dell’opposizione è stata una chiara conseguenza di come la dirigenza anti-chavista ha gestito i conti ed ha esercitato la sua posizione di comando dall’AN, essendo un indebolimento strategico per le aspirazioni elettorali di alcuni settori di partiti che hanno voluto attenersi alla rotta costituzionale.
Tale situazione non solo avvantaggia il chavismo nella corsa per il maggior numero di seggi, alla fine del 2020, ma è anche un reale incentivo per gli oppositori che hanno lo sguardo alla riorganizzazione dei partiti politici anti-chavisti che si auto esclusero dalla vita politica venezuelana, sequestrati da un piccolo gruppo di estremisti che scelsero di subordinarsi all’agenda di Washington. E’ il caso di AD e PJ nelle ultime settimane, dopo le sentenze del TSJ affinché vi sia una maggiore partecipazione politica alle legislative.
Va ricordato che, allo stesso modo, tutto il percorso intrapreso, dal 2015, è servito affinché si abbia un piano per la re-istituzionalizzazione dell’AN, proposto dal Tavolo di Dialogo Nazionale tra le diverse parti politiche in disputa, ad eccezione dell’auto escludentesi settore golpista guidato da Guaidó. Ciò significa un progresso nel dialogo tra il governo di Nicolás Maduro e coloro che si oppongono politicamente a lui; così necessario per sbloccare la situazione.
Ma senza dubbio, e per concludere, una delle maggiori conseguenze della vittoria elettorale dell’opposizione venezuelana, nel 2015, fu quella di acutizzare le contraddizioni tra i due progetti in competizione, quello della Repubblica Bolivariana ed il repubblicano neocoloniale, ciò che provocò un collasso politico con le conseguenze fino ad oggi vissute.
In questo contesto, il chavismo è riuscito ad eludere il “cambio di regime” con elementi politici a portata di mano che sono riusciti a resistere a scenari di violenza estrema, omicidi falliti ed incursioni mercenarie, quadri di asfissia economica, finanziaria e commerciale, una pandemia ancora in atto e con uno stato in lotta sia a livello nazionale che internazionale.
Alla luce di quanto è accaduto negli ultimi cinque anni, è possibile comprendere l’importanza che ha, per il chavismo, riconquistare uno spazio come l’Assemblea Nazionale.
10 consecuencias de que el chavismo perdiera la AN en 2015
Por más que lo quiera ocultar, la oposición venezolana ya no debería llamarse en singular, sino las oposiciones: existe la que representa Juan Guaidó, deliberadamente sumisa a la política exterior de Estados Unidos; y la disidente de esa vertiente, que tiene a los políticos venezolanos antichavistas con aspiraciones a cargos públicos y plataformas institucionales.
Estamos en un momento político en Venezuela donde se reorganiza todo el mapa de intereses y agendas de poder en torno a una contienda electoral bajo un esquema de agresión de espectro completo propiciado por el Norte.
Se trata de las elecciones parlamentarias a finales de 2020, en un contexto de pandemia y con un liderazgo opositor que ha minado desde 2015 la institucionalidad venezolana desde la Asamblea Nacional (AN), que en principio dedicó sus primeras acciones en una afrenta directa por el “cambio de régimen”.
Las consecuencias de que la difunta Mesa de Unidad Democrática (MUD) tomara al poder legislativo las vivimos aún, con un peso trágico sobre los hombros de la mayoría de la población venezolana. Pasaremos a repasarlas como una anotación para no volver a repetir la historia reciente, tan lesiva a la la República Bolivariana.
Desde el día 1
La MUD logró, en 2015, su primera victoria como plataforma electoral y apenas asumió el cargo de presidente de la AN el diputado Henry Ramos Allup, el poder legislativo se erigió en un actor beligerante.
Esta condición dinamitó la dinámica política del liderazgo opositor, que comenzó a actuar en los márgenes de los límites constitucionales con el parlamento de timón, incluso evadiéndolos y reclamando un aislamiento institucional que llevó a un choque, primero, con el poder judicial en el marco de los desacatos de las sentencias de la Sala Electoral y de la Sala Constitucional del Tribunal Supremo de Justicia (TSJ), y, posteriormente, con el ejecutivo y los otros tres poderes.
Desde entonces la crisis institucional ha conmocionado las bases del estado y la sociedad venezolana, puesto que ya no tenía un poder legislativo debidamente instalado según las líneas establecidas en la Constitución.
Junto a esto, la decisión de cómo se repartirían las cuotas de poder de la AN en la MUD provocó una serie de desafectos y tramas que fueron deteriorándose hasta la extinción de la plataforma multipartidista de la oposición. De hecho, el factor decisorio de este proceso fue la hegemonía del llamado G4, los cuatro partidos con mayor cantidad de votos del antichavismo: Primero Justicia (PJ), Voluntad Popular (VP), Acción Democrática (AD) y Un Nuevo Tiempo (UNT).
La adopción de agendas foráneas, la corrupción interna de los partidos, la debilidad programática de sus objetivos y el despilfarro del capital político produjo en el G4 una rebelión de diputados menores en 2019, demostrando que la hegemonía de esos partidos dejaron de representar las aspiraciones políticas de una gran cantidad de opositores.
Cuando el G4 se repartió la AN a conveniencia, comenzó la debacle de la política en el lado opositor. Las ganas por el golpe de estado se volvieron irremediables para esa camada, sobre todo la representada por PJ y VP.
Una plataforma de múltiples propósitos
La mayoría de los venezolanos podemos recordar que con la llegada del antichavismo a la AN la situación económica del país comenzó a decaer de manera trágica. Muchos recordamos el año 2016 como uno donde arreció el desabastecimiento y la capacidad de consumo llegó a límites impensados para las mayorías.
Algunos de los sectores empresariales, cadenas de suministro y comercio y agentes económicos de mayor poder en Venezuela habían decidido embarcarse en la misma ruta destituyente de los líderes de la AN. La coordinación entre los grandes gremios económicos (Fedecámaras, ganaderos, etc.) con la directiva del parlamento fue más que evidente, mientras desplegaban una campaña de criminalización del presidente Nicolás Maduro y los máximos dirigentes del estado.
A la “guerra económica” la suplantó una imagen social de “ineficiencia y corrupción” por parte del gobierno, posteriormente considerado “régimen dictatorial”, lo que significó un cambio de las percepciones políticas de la población venezolana, en el que ahora sería significativo el “rescate de la economía” como mantra principal de la campaña por un “cambio de régimen”.
En este sentido, la AN sirvió como plataforma para el blanqueamiento de los crímenes económicos que cometían los monopolistas productivos y comerciales del país, convirtiéndose el G4 en un capitalizador del descontento social, o al menos en un actor que promocionaba la guerra económica en beneficio de la legitimidad de su discurso (perverso y antipolítico).
En 2017, cuando Julio Borges asumió la presidencia del parlamento, se redobló la apuesta: ahora el poder legislativo estaba siendo instrumentalizado como un gestor de las medidas coercitivas unilaterales de hoy.
Fue la dirigencia de PJ, ese grupito que se encuentra ahora en Colombia, España y Estados Unidos, la que insertó la agenda de la guerra económica internacional contra toda la población de Venezuela, usando la institucionalidad venezolana de manera inconstitucional para darle legitimidad a la solicitud de sanciones y bloqueos económicos, financieros y comerciales.
Esta es una de las consecuencias más trágicas de que la oposición haya obtenido una plataforma del estado para su estrategia golpista, claramente contraria a los intereses de todo un pueblo que quiere ser llevado al caos de una verdadera “emergencia humanitaria”. La eficacia de esta diligencia tiene mucho que ver con la conexión que construyó Julio Borges y los suyos con sectores financieros de peso en Estados Unidos y Europa, revestida de falsa institucionalidad.
En efecto, el G4 no solo consiguió minar las normales relaciones entre poderes, sino que anunció una legitimidad unívoca y absoluta, amparado por Washington y las plataformas políticas y diplomáticas que lo secundan, frente al resto del estado venezolano.
A partir de esa construcción ficticia, difundida por la mediática antichavista, las ONG de financiamiento NED/USAID y los políticos antichavistas, el gobierno de los Estados Unidos y sus delfines internacionales dictan que el presidente Nicolás Maduro no es presidente de país alguno y que Juan Guaidó es el “interino” encargado de un gobierno de transición hacia una Venezuela a la medida del Norte.
Es así cómo el gobierno estadounidense decidió tomar por las riendas directamente el conflicto venezolano, abandonando las sombras, torpedeando con “sanciones” y subiendo la temperatura de la violencia tercerizada.
¿Hacia la reinstitucionalización de la AN?
La división de la oposición ha sido una consecuencia clara de cómo la dirigencia antichavista ha llevado las cuentas y ejercía su posición de mando desde la AN, siendo un debilitamiento estratégico para las aspiraciones electorales de algunos sectores partidistas que han querido ceñirse a la ruta constitucional.
Tal situación no solo beneficia al chavismo en la carrera por la mayor cantidad de curules a finales de 2020, también es un aliciente real para aquellos opositores que tienen en miras la reorganización de los partidos políticos antichavistas que se autoexcluyeron de la vida política venezolana, secuestrados por un grupito de extremistas que eligieron subordinarse a la agenda de Washington. Es el caso de AD y PJ en las últimas semanas, amén de las sentencias del TSJ para que haya una mayor participación política en las legislativas.
Se debe recordar que, asimismo, todo el camino recorrido desde 2015 ha servido para que haya un plan de reinstitucionalización de la AN, propuesto desde la Mesa de Diálogo Nacional entre las distintas partes políticas en disputa, excepto por el autoexcluyente sector golpista liderado por Guaidó. Esto significa un avance en el diálogo entre el gobierno de Nicolás Maduro y quienes lo adversan políticamente, tan necesario para el destrabe de la situación.
Pero sin duda, y para concluir, una de las mayores consecuencias de la victoria electoral de la oposición venezolana en 2015 fue la de agudizar las contradicciones entre los dos proyectos en pugna, el de la República Bolivariana y la republiqueta neocolonial, lo que provocó un colapso político con secuelas hasta el día de hoy experimentadas.
Bajo ese contexto, el chavismo ha logrado sortear el “cambio de régimen” con elementos políticos a la mano que han logrado resistir escenarios de violencia extrema, fallidos magnicidios e incursiones mercenarias, cuadros de asfixia económica, financiera y comercial, una pandemia aún en acción y con un estado en pugna tanto en el ámbito nacional como en el internacional.
A la luz de lo sucedido en los últimos cinco años, se puede entender la importancia que tiene para el chavismo el volver a ganar un espacio como la Asamblea Nacional.