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Con oltre 88 mila casi confermati di Covid-19, la Colombia ha già superato la Cina in numero di contagiati e si converte in un focus importante della pandemia su scala continentale.
I rapporti del Ministero della Salute avvertono che, nelle ultime 24 ore, sono stati rilevati 4149 nuovi casi e si sono prodotti 129 nuovi decessi.
In totale, “2939 persone sono morte nel paese a causa del coronavirus”, afferma Europa Press in una nota pubblicata nelle ultime ore.
Dall’inizio di giugno, la Colombia ha mostrato segni di deterioramento della sua situazione sanitaria. Un significativo picco dei contagi ha collocato il paese sulla strada dei 1000 casi rilevati al giorno; mentre il governo di Iván Duque iniziava a sondare il riavvio dell’economia.
Ma gli ultimi rapporti del Ministero della Salute implicano un nuovo record di contagi quotidiani, posizionando la Colombia come un pericoloso nucleo irradiatore della pandemia per i paesi vicini con i quali condivide i confini.
I dati espongono uno scenario critico a livello sanitario. Ma può essere ancora peggiore.
Le cifre presentate dal governo di Iván Duque non sono affidabili e mostrano segnali di sottostima.
Questo è stato denunciato dal media La Silla Vacía dalla fine di marzo: “Questo pomeriggio (28 marzo), l’istituto Nazionale di Salute (INS) ha confermato che nelle ultime ore si è danneggiata una delle due macchine che ha per meccanizzare una parte del processo di rilevamento del coronavirus nei nei test che gli arrivano ogni giorno. Una situazione che, insieme ai problemi di trasporto dei test da varie regioni, fa sì che si siano registrati ufficialmente meno casi di quelli realmente esistenti”.
Citando come fonte l’ufficio del procuratore generale della Colombia, il media riferisce che la capacità di processare i test è diminuita, per cui le cifre di contagi rilevati non offre una radiografia affidabile della reale estensione del coronavirus nel paese.
Sebbene il coronavirus abbia praticamente paralizzato la Colombia, lo stesso non è accaduto con i crimini commessi quotidianamente contro la popolazione civile per mano di componenti armati dello stato colombiano. Addirittura sembra che le violazioni dei diritti umani registrino anch’esse una riacutizzazione tanto pericolosa come quella della pandemia stessa.
La settimana scorsa il paese è rimasto scandalizzato dopo aver appreso il caso di un brutale stupro di una bimba indigena da parte di sette militari colombiani nel villaggio Embera-Chamí, situato nel dipartimento di Risaralda.
“Sembra, che la dodicenne fosse sola, raccogliendo guaiaba vicino a un campo militare, quando i sette in uniforme (tra otto secondo la vittima) la rapirono e la violentarono durante la notte dello scorso lunedì nel casolare di Santa Cecilia, che fa parte del comune di Pueblo Rico”, sintetizza il media La Vanguardia.
La commozione mediatica generata dal caso ha costretto le istituzioni statali, incluso lo stesso presidente Iván Duque, a emettere un forte pronunciamento per condannare il fatto e garantire che i militari coinvolti nella violazione sarebbero stati puniti con tutto il peso della legge.
Ma così come nel caso del Covid-19, anche l’azione giudiziaria dello stato colombiano per proteggere la popolazione da crimini e violazioni dei diritti umani è inaffidabile.
Ciò lo dimostra un picco nell’omicidio di dirigenti sociali. Solo nelle ultime 24 ore sono stati segnalati tre omicidi: Salvador Jaime Durán, dell’Associazione Contadina del Catatumbo; Ovidio Baena, della Unione Sindicale Operaia; ed il governatore indigeno di Agua Clara, nel Bajo Baudas (Chocó), ancora da identificare.
In totale, sarebbero otto dirigenti sociali assassinati negli ultimi due giorni da fattori armati che contano sull’acquiescenza dello stato colombiano.
Tutto indica che l’anno 2020 sarà molto peggiore del 2019 in quanto alla pratica sistematica d’assassinare i dirigenti politici.
In maggio, l’ONG Indepaz ha avvertito che finora, nel 2020, ci sono state un totale di 100 esecuzioni di dirigenti legati alla lotta contro la società mineraria, la concentrazione di terre e la debordante violenza paramilitare.
Come era prevedibile, il governo colombiano ha spazzato sotto il tappeto e cerca di minimizzare le denunce. In fondo, applica lo stesso approccio di apatia e negligenza che ha contribuito allo straripamento della pandemia.
Mentre la crisi sociale e dei diritti umani si acutizza, Iván Duque sceglie di volgere lo sguardo altrove. L’economia è già in recessione secondo il Fondo Monetario Internazionale, un tema che sì genera un’enorme preoccupazione al capo della Casa de Nariño.
Il governo colombiano prevede, a partire da luglio, l’apertura di attività economiche che prevedono un aumento aggressivo della curva dei contagi e dei morti. Tutto è messo in moto affinché ristoranti, chiese e stadi di calcio possano riavviare le loro attività nei prossimi giorni.
Con queste misure Iván Duque spera di minimizzare gli scandali di corruzione e narcotraffico che hanno offuscato la sua gestione nell’ultimo mese, il che gli viene anche utile per distogliere l’attenzione sulle crescenti violazioni ai diritti umani di dirigenti sociali e popolazioni indigene nel paese vicino.
La pandemia no detiene los crímenes y violaciones de derechos humanos en Colombia
Con más de 88 mil casos confirmados de Covid-19, Colombia ya ha superado a China en número de contagios y se convierte en un foco importante de la pandemia a escala continental.
Los reportes del Ministerio de Salud advierten que, en las últimas 24 horas, han sido detectados 4 mil 149 nuevos casos y se han producido 129 nuevos fallecimientos.
En total, “2 mil 939 personas han fallecido en el país a causa del coronavirus”, refiere Europa Press en una nota publicada en las últimas horas.
Desde principios de junio, Colombia venía mostrando signos de deterioro en su situación sanitaria. Un importante repunte de los contagios colocó al país en la senda de los mil casos diarios detectados, mientras el gobierno de Iván Duque comenzaba a tantear el reinicio de la economía.
Pero los últimos reportes del Ministerio de Salud implican un nuevo récord de contagios diarios, posicionando a Colombia como un peligroso núcleo irradiador de la pandemia para los países vecinos con los que comparte fronteras.
Los datos exponen un escenario crítico a nivel sanitario. Pero puede ser todavía peor.
Las cifras presentadas por el gobierno de Iván Duque no son fiables y presentan señales de subregistro.
Así lo ha denunciado el medio La Silla Vacía desde finales del mes de marzo: “Esta tarde (28 de marzo), el Instituto Nacional de Salud (INS) confirmó que en las últimas horas se le dañó una de las dos máquinas que tiene para mecanizar una parte del proceso de detección del coronavirus en las muestras que le llegan diariamente. Una situación que, unida a los problemas de transporte de pruebas desde varias regiones, hacen que se hayan reportado oficialmente menos casos de los que en realidad existen”.
Citando como fuente a la procuraduría de Colombia, el medio atañe que la capacidad para el procesamiento de las pruebas ha descendido, por lo que las cifras de contagios detectados no ofrecen una radiografía fiable sobre el alcance real del coronavirus en el país.
Aunque el coronavirus ha paralizado prácticamente a Colombia, no ha ocurrido lo mismo con los crímenes que diariamente se comenten contra la población civil a manos de componentes armados del estado colombiano. Incluso, parece que las violaciones de derechos humanos también registran un rebrote tan peligroso como el de la misma pandemia.
La semana pasada el país se escandalizó tras conocerse el caso de una brutal violación de una niña indígena por parte de siete militares colombianos en el pueblo embera-chamí, ubicado en el departamento de Risaralda.
“Al parecer, la menor de 12 años estaba sola, recogiendo guayabas cerca de un campamento militar, cuando los siete uniformados (entre ocho según la víctima) la secuestraron y violaron durante la noche del lunes pasado en el caserío de Santa Cecilia, que hace parte del municipio de Pueblo Rico”, resume el medio La Vanguardia.
La conmoción mediática que generó el caso obligó a las instituciones del estado, incluyendo al propio presidente Iván Duque, a emitir un fuerte pronunciamiento para condenar el hecho y asegurar que los militares incursos en la violación serían castigados con todo el peso de la ley.
Pero así como ocurre con el Covid-19, la actuación judicial del estado colombiano para proteger a la población de crímenes y violaciones de derechos humanos tampoco es fiable.
Así lo demuestra un repunte en el asesinato de líderes sociales. Hace tan sólo 24 horas se reportaron tres asesinatos: Salvador Jaime Durán, de la Asociación Campesina del Catatumbo; Ovidio Baena, de la Unión Sindical Obrera; y el gobernador indígena de Agua Clara, en el Bajo Baudó (Chocó), aún por identificar.
En total serían ocho líderes sociales asesinados en los últimos dos días por factores armados que cuentan con la venia del estado colombiano.
Todo apunta a que el año 2020 será mucho peor que 2019 en cuanto a la práctica sistemática de asesinar a dirigentes políticos.
En mayo, la ONG Indepaz advertía que en lo que va de 2020 ha habido un total de 100 ejecuciones de dirigentes ligados a la lucha contra la minería, la concentración de tierras y la violencia paramilitar desbordada.
Como era de esperarse, el gobierno colombiano ha barrido bajo la alfombra y busca minimizar las denuncias. Aplica, en definitiva, el mismo enfoque de desidia y despreocupación que ha contribuido al desbordamiento de la pandemia.
Mientras la crisis social y de derechos humanos se agudiza, Iván Duque opta por voltear la mirada. La economía ya se encuentra en recesión según el Fondo Monetario Internacional, un tema que sí genera una enorme preocupación al jefe de la Casa de Nariño.
El gobierno colombiano prevé, a partir de julio, la apertura de actividades económicas que pronostican un aumento agresivo de la curva de contagios y fallecimientos. Todo se pone en marcha para que restaurantes, iglesias y estadios de fútbol reinicien sus actividades en los próximos días.
Con estas medidas Iván Duque espera minimizar los escándalos de corrupción y narcotráfico que han empañado su gestión en el último mes, lo que también le viene bien para distraer la atención sobre las crecientes violaciones a los derechos humanos de líderes sociales y poblaciones indígenas en el país vecino.