in tempi di pandemia e minacce
Franco Vielma https://medium.com/@misionverdad2012
Indurendo le sue forme di assedio contro il Venezuela, il governo USA ha iniziato ad strumentare, apertamente, una politica di isolamento della nazione petrolifera che si è evoluta nell’attuale e sordido blocco politico ed economico.
Hanno intrapreso una tabella di marcia di misure coercitive unilaterali che hanno dato corpo “legale” alla cospirazione politica che aveva preceduto l’assedio USA contro il Venezuela.
Gli scopi essenziali di ciò sono sempre stati degradare le relazioni internazionali del Venezuela, spezzarla come fattore nella ricomposizione del mercato energetico internazionale, fermare la sua influenza regionale e contenere l’ascesa delle forze di sinistra nel continente.
La creazione di una crisi a spettro completo nel paese, mediante un governo parallelo, il blocco, la promozione della sedizione interna e provocare la guerra mercenaria, sono stati, di fatto, fattori che hanno diviso la politica nell’emisfero occidentale in maniera manichea: o si è a favore o contro il governo venezuelano.
Le circostanze che hanno convertito il Venezuela in un nodo critico, hanno accelerato la distruzione dell’istituzionalità continentale.
La consunta Organizzazione degli Stati Americani (OSA), la dissoluzione de facto dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e l’ascesa del “Gruppo di Lima” come organo senza formulazione istituzionale, ma sì come forum per provocare lo smantellamento del Venezuela sono segni inequivocabili di una rottura delle relazioni internazionali da e al di là di Caracas.
Le precedenti relazioni del Venezuela con l’Unione Europea (UE), che oggi sono surriscaldate, dopo le ostilità del vecchio continente in aderenza all’agenda di Washington, hanno accelerato il fallimento diplomatico e di tutta la sobrietà istituzionale.
In sintesi, il quadro risultante di questa distruzione articolata e scandita da questo quadro di relazioni politiche come le conoscevamo, ha costretto la nazione caraibica a ridisegnare il suo schema di politica estera, questo sì, su solide basi di un sistema diplomatico molto dinamico costruito negli anni di chavismo che hanno preceduto il blocco.
Il nuovo multilateralismo di fronte alla pandemia, alla guerra ed al blocco
I tempi in cui, nonostante le differenze con Washington, il Venezuela vendeva petrolio greggio agli USA sono terminati. I tempi in cui il Venezuela aveva relazioni costruttive con l’UE sono passati. I tempi in cui, nonostante l’atomizzazione politica e gli interessi regionali, il Venezuela intratteneva relazioni con alcuni paesi vicini sono finiti. È indicibile parlare di paralisi perpetua in queste sinergie diplomatiche, ma il quadro momentaneo è questo ed i tempi politici non aspettano, continuano a scorrere.
Quindi, la nazione bolivariana ha dovuto riprofilare il proprio quadro di relazioni, rafforzando alleanze strategiche di recente data.
Come sappiamo, Russia, Cina, Iran ed i suoi alleati nell’Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA-TCP), in particolare Cuba e Nicaragua, sono stati fattori denominatori di un nuovo multilateralismo.
Oggi il Venezuela sta attraversando i periodi più difficili in cui ha dovuto strumentare, come mai prima, le sue nuove alleanze ed il multilateralismo che ha dovuto costruire in base alle circostanze.
Negli anni in cui il blocco USA si è accentuato con più forza, proprio nel 2020 in cui Washington ha deciso applicare la “massima pressione” per far crollare il paese di fronte alle elezioni presidenziali USA, è seguita la pandemia di Covid-19, decantandosi in una crisi sanitaria globale, che in Venezuela ha avuto l’ingrediente aggiuntivo del rumore dei tamburi di guerra.
Ci sono alcune pietre miliari indispensabili che devono necessariamente essere menzionate nel contesto della situazione venezuelana del momento.
Le collaborazioni di Cina e Russia con ingenti forniture mediche in rottura al blocco, così come il sostegno di Cuba, hanno dissolto le possibilità di una pretesa e fabbricata “crisi umanitaria” nel paese.
L’arrivo di navi iraniane con benzina ed additivi per la raffinazione nel paese, nonché l’arrivo di attrezzature tecnologiche per le raffinerie venezuelane, sta contribuendo a sconfiggere una crisi energetica ed il caos interno fatti su misura del blocco. Tutto in aperta sfida ed aperta rottura dell’assedio navale e sotto il naso delle navi militari USA.
L’ALBA-TCP si è riunita a distanza, anche con l’accompagnamento della Commissione Economica per l’America Latina (CEPAL), per ripensare l’economia sub-regionale in tempi di pandemia, proprio come non lo ha fatto alcun organismo della degradata istituzionalità continentale. L’obiettivo è rafforzare la cooperazione, rilanciare le agende sociali e formulare uno spazio di assicurazione politica, economica e sanitaria.
La minaccia di scatenare una guerra mercenaria in Venezuela, come accaduto con la fallita Operazione Gedeon, ha ridefinito la posizione del Venezuela come nodo nella sicurezza strategica in questa parte del mondo.
Le possibilità sempre più reali di un conflitto hanno riportato il Venezuela al Consiglio di Sicurezza ONU, sottolineando i punti di allarme. Il ruolo della Russia e di altri alleati di fronte a questi presunti attacchi è stato chiave per formulare la necessità di rompere il sempre più fragile “consenso” attorno al blocco ed alla costruzione di una guerra in Venezuela.
In altre parole, tempi così avversi hanno accelerato il fatto che le relazioni venezuelane e la situazione stessa del paese acquisiscano un nuovo dinamismo e che i legami si approfondiscano in nuovi modi con attori che erano impensabili più di due decenni fa.
Fattori caratteristici di questo momento sono la pertinenza, il pragmatismo, l’opportunità, l’ordine delle priorità e l’allineamento degli approcci. Superare la pandemia, sedimentare e rompere il blocco, proteggere il territorio, resistere all’assalto dell’isolamento politico e calibrare i cambiamenti di tempi nelle relazioni internazionali, sono le componenti della politica venezuelana che oggi sono ridisegnate per la sua parte interna e per il suo fronte esterno.
Venezuela ne “L’Asse del male”
Quando gli USA hanno pienamente fatto entrare il Venezuela in quello che chiamano “Asse del Male”, le gravitazioni per la nazione petrolifera sono cambiate così drasticamente che la hanno convertita nel nodo più scomodo della politica internazionale in Occidente, negli ultimi tempi.
Una nazione ricca di greggio, una fabbrica di petrolio storicamente legata agli USA, il paese epicentro dello scontro tra gli interessi delle egemonie tradizionali contro i paesi emergenti, vertice di una nuova sinistra regionale, il paese con le relazioni più dinamiche con l’Eurasia ed i suoi centri di potere, la nazione che ha saputo costruire un’alleanza anti-egemonica nel continente americano, in breve, il Venezuela è tutte queste contraddizioni.
Ciò ha significato l’incisività con cui il governo USA ha attuato il suo piano di smantellamento del paese. Con le differenze che si applicano al caso, il Venezuela è in termini politici una Siria, un Levante, ancorata in Occidente. È un passo strategico, un’area in disputa, una biforcazione inevitabile.
Molto è stato detto, ma ribadirlo non logora il concetto. Se cade il Venezuela, ci sarà una sostanziale perdita di equilibrio e dei necessari contrappesi che il mondo necessita, non solo in materia energetica, ma anche in materia politica. L’ecatombe di un mondo convulso, con un’attuale crisi sanitaria, una grande depressione in atto e poi la grande crisi socio-ambientale che ci attende, saranno spasmi che richiederanno una ricomposizione delle relazioni di forza del mondo e non la regressione alle vecchie gravitazioni che l’Occidente ha imposto a suo favore.
Senza voler esagerare, l’America Latina ha bisogno del Venezuela e dell’ALBA-TCP come bastioni contro-egemonici e modello praticabile di relazioni politiche ed economiche alternative al neoliberalismo nel continente.
I paesi emergenti hanno bisogno dell’accesso all’energia che il Venezuela può fornire. Cina e Russia devono continuare a sviluppare la loro influenza in questo emisfero per facilitare la loro posizione come figure di potenza in contrappeso agli USA, e questo vale nelle sfere commerciali, energetiche e militari.
Il mondo in lotta è oggi al bivio delle vecchie asimmetrie ed il nuovo quadro di realtà multicentriche. E tutte queste strade, parafrasando quella vecchia frase, “conducono in Venezuela”.
Teoría y práctica del multilateralismo venezolano en tiempos de pandemia y amenazas
Por Franco Vielma
Al endurecer sus formas de asedio a Venezuela, el gobierno estadounidense comenzó a instrumentar de manera abierta una política de aislamiento de la nación petrolera que ha evolucionado al vigente y sórdido bloqueo político y económico.
Emprendieron una hoja de ruta de medidas coercitivas unilaterales que han dado cuerpo “legal” a la conjura política que había precedido al asedio estadounidense contra Venezuela.
Los propósitos esenciales de ello siempre fueron degradar las relaciones internacionales de Venezuela, quebrarla como factor de recomposición del mercado energético internacional, detener su influencia regional y contener el auge de las fuerzas de izquierda en el continente.
La creación de una crisis de espectro total en el país, mediante un gobierno paralelo, el bloqueo, la promoción de la sedición interna y azuzar la guerra mercenaria, han sido de hecho factores que han dividido a la política en el Hemisferio Occidental de manera maniquea: o se está a favor o se está en contra del gobierno venezolano.
Las circunstancias que convirtieron a Venezuela en un nudo crítico, aceleraron la destrucción de la institucionalidad continental.
La desgastada Organización de Estados Americanos (OEA), la disolución de hecho de la Unión de Naciones Sudamericanas (UNASUR) y el auge del “Grupo de Lima” como instancia sin formulación institucional, pero sí como foro para azuzar el desmantelamiento de Venezuela, son signos inequívocos de una ruptura de las relaciones internacionales desde y más allá de Caracas.
Las otrora relaciones de Venezuela con la Unión Europea (UE) que hoy están caldeadas, luego de las hostilidades del viejo continente en apego a la agenda de Washington, han acelerado el quiebre diplomático y de toda sobriedad institucional.
En resumen, el cuadro resultante de esta destrucción articulada y acompasada de este marco de relaciones políticas como las conocíamos, ha obligado a la nación caribeña a rediseñar su esquema de política exterior, eso sí, sobre bases sólidas de un esquema diplomático muy dinámico construido en los años de chavismo que han precedido al bloqueo.
El nuevo multilateralismo frente a la pandemia, la guerra y el bloqueo
Los tiempos en que pese a las diferencias con Washington, Venezuela vendía crudo a EEUU, terminaron. Los tiempos en que Venezuela tenía una relación constructiva con la UE se han ido al traste. Los tiempos en que pese a la atomización política y de intereses regionales Venezuela mantenía relaciones con ciertos países vecinos, han finalizado. Es indecible hablar de una parálisis perpetua en estas sinergias diplomáticas, pero el cuadro momentáneo es este y los tiempos políticos no esperan, siguen fluyendo.
De ahí que la nación bolivariana ha tenido que reperfilar su marco de relaciones afianzando alianzas estratégicas de reciente data.
Como sabemos, Rusia, China, Irán y sus aliados en la Alternativa Bolivariana para las Américas (ALBA-TCP), especialmente Cuba y Nicaragua, han sido factores denominadores de un nuevo multilateralismo.
Venezuela transita hoy los tiempos más duros en los que ha tenido que instrumentar como nunca antes sus nuevas alianzas y el multilateralismo que ha tenido que construir a medida de las circunstancias.
En los años en que el bloqueo estadounidense se ha acentuado con más fuerza, precisamente este 2020 en que Washington decidió aplicar “máxima presión” para hacer caer al país de cara a las presidenciales estadounidenses, sobrevino la pandemia Covid-19 decantándose en una crisis sanitaria global, que en Venezuela ha tenido el ingrediente adicional del ruido de los tambores de la guerra.
Hay unos hitos indispensables que necesariamente se deben mencionar en el marco de la coyuntura venezolana del momento.
Las colaboraciones de China y Rusia con ingentes dotaciones médicas en ruptura al bloqueo, tanto así como el apoyo de Cuba, han dado al traste con las posibilidades de una pretendida y fabricada “crisis humanitaria” en el país.
La llegada de buques iraníes con gasolina y aditivos para la refinación en el país, así como la llegada de equipamiento tecnológico para las refinerías venezolanas, está ayudando a dar al traste con una crisis energética y caos interno hechos a la medida del bloqueo. Todo en abierto desafío y ruptura abierta al cerco naval y en las narices de barcos militares estadounidenses.
El ALBA-TCP se ha reunido por vía remota, incluso con el acompañamiento de la Comisión Económica para América Latina (CEPAL), para repensar la economía subregional en tiempos de pandemia, tal como no lo ha hecho hoy ninguna instancia de la degradada institucionalidad continental. El objeto es fortalecer la cooperación, relanzar las agendas sociales y formular un espacio de aseguramiento político, económico y sanitario.
La amenaza de desatar una guerra mercenaria en Venezuela, tal como ocurrió con la fallida Operación Gedeón, ha resignificado la posición de Venezuela como nudo en la seguridad estratégica en este lado del mundo.
Las posibilidades cada vez más reales de un conflicto, pusieron a Venezuela nuevamente en el Consejo de Seguridad de la ONU subrayando los puntos de alerta. El rol de Rusia y otros aliados frente a estas pretendidas arremetidas han sido claves para formular la necesidad de romper los cada vez más frágiles “consensos” alrededor del bloqueo y la construcción de una guerra en Venezuela.
En otras palabras, tiempos tan adversos han acelerado que las relaciones venezolanas y la propia situación del país adquieran un nuevo dinamismo y los vínculos se profundicen de maneras inéditas con actores que eran impensables hace más de dos décadas.
Factores característicos de este momento son la pertinencia, el pragmatismo, la oportunidad, el ordenamiento de prioridades y el alineamiento de enfoques. Superar la pandemia, sedimentar y romper el bloqueo, asegurar el territorio, soportar las embestidas del aislamiento político y calibrar los cambios de tiempos en las relaciones internacionales, son los componentes de la política venezolana que hoy están rediseñados para sus adentros y para su frente externo.
Venezuela en “El Eje del Mal”
Cuando EEUU ingresó plenamente a Venezuela en lo que llaman “Eje del Mal”, las gravitaciones para la nación petrolera cambiaron tan drásticamente que la convirtieron en el nudo más incómodo de la política internacional en Occidente en era reciente.
Una nación rica en crudo, una factoría petrolera históricamente relacionada a EEUU, el país epicentro de choque entre los intereses de las hegemonías tradicionales versus los países emergentes, vértice de la nueva izquierda regional, el país con las relaciones más dinámicas con Eurasia y sus centros de poder, la nación que supo construir una alianza antihegemónica en el continente americano, en definitiva, Venezuela es todas esas contradicciones.
Ello ha significado la contundencia con la que el gobierno estadounidense ha implementado su esquema de desmantelamiento del país. Con las diferencias que aplican al caso, Venezuela es en términos políticos una Siria, un Levante, anclada en Occidente. Es un paso estratégico, una zona en disputa, una bifurcación ineludible.
Mucho se ha dicho, pero reafirmarlo no desgasta el concepto. Si cae Venezuela, tendrá lugar una pérdida sustancial del equilibrio y los necesarios contrapesos que el mundo necesita, no solo en materia energética, también es así en materia política. La hecatombe de un mundo convulso, con vigente crisis sanitaria, gran depresión en ciernes y luego la gran crisis socioambiental que nos aguarda, serán espasmos que demandarán una recomposición de las relaciones de fuerza del mundo y no la regresión a las viejas gravitaciones que Occidente impuso a su favor.
Sin ánimos de exagerar, América Latina necesita a Venezuela y al ALBA-TCP como bastiones contrahegemónicos y modelo viable de relaciones políticas y económicas alternativas al neoliberalismo en el continente.
Los países emergentes necesitan acceder a la energía que Venezuela puede proveer. China y Rusia necesitan seguir desarrollando su influencia en este hemisferio para facilitar su posición como figuras de potencia en contrapeso a EEUU y esto va en las esferas comerciales, energéticas y militares.
El mundo en disputa tiene hoy la encrucijada de las viejas asimetrías y el nuevo marco de realidades multicéntricas. Y todos estos caminos, parafraseando aquella vieja frase, “conducen a Venezuela”.