«Io venivo da un luogo dove mi avevano raccontato gli orrori più grandi sulla sua figura. Mio papà non ha mai cercato d’influenzare il mio criterio, ma sì mi disse che aveva un amico che si chiamava Fidel, che aveva reso possibile il mio ritorno a Cuba», ha segnalato Elián sulla prima volta che lo vide
Miguel Díaz-Canel Bermúdez, Presidente della Repubblica di Cuba, ha ricordato il 18 giugno il ritorno in patria del bambino Elián González, dopo una dura battaglia politica e giudiziaria che durò più di sette mesi e un’enorme mobilitazione popolare denominata Battaglia delle Idee, ha segnalato la ACN.
20 anni fa Cuba pianse d’allegria. Elián González tornava a casa tra le braccia di suo padre dopo mesi di battaglia di tutto il popolo, con Fidel al fronte. Siamo Cuba, siamo continuità, ha scritto nel suo account di Twitter il mandatario.
I capo di Stato ha ricordato le parole del leader della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro, parlando del ritorno di Elián González Brotons, con le quali aveva elogiato il popolo cubano, nel mezzo del reclamo per la restituzione del bambino a suo padre Juan Miguel González.
Fidel: «Quanto è grande il nostro popolo, quanto è invincibile un’idea giusta, quanto importante è credere nell’uomo, quanto è bello lottare per grandi ideali, quanta luce e felicità può emanare da un bambino piccolo e innocente per rendere omaggio al popolo che era disposto a morire …”
Bruno Rodríguez Parrilla, ministro delle Relazioni Estere di Cuba, ha segnalato a sua volta in Twitter il 20º anniversario del ritorno in patria del bambino Elián González.
Poche volte la storia ha riassunto tanto i valori di un popolo come nella lotta per il benessere di un bambino, ha scritto il Cancelliere cubano nel suo account della rete sociale.
Domenica 28 si sono compiuti 20 anni dal ritorno di Elián González a L’Avana.
«Non credo che esista uno stratega più straordinario del nostro Comandante», dice Elián «Non credo che esista uno stratega più straordinario del nostro Comandante, che ha scommesso e ha giocato il tutto per tutto sensatamente», ha dichiarato Elián González al quotidiano Juventud Rebelde, ricordando i suo sequestro a Miami , da parte di alcuni familiari che non avevano diritti legali su di lui.
Ha ricordato il terribile naufragio nel quale morì sua mamma, Elizabeth Brotons Rodríguez, il 25 novembre del 1999 e la violenta lotta giudiziaria, mediatica e politica sino al 28 giugno del 2000, dovuta a un gruppo d’estremisti di Miami che lo volava tenere là mentre suo padre reclamava il suo ritorno a casa.
Da allora esigendo il ritorno del bambino a Cuba si organizzarono marce e Tribune della Rivoluzione, per appoggiare quel reclamo, sino a che il 28 giugno del 2000 il piccolo Elián tornò nell’Isola dei Caraibi.
Elián ha definito il piano di Fidel “perfetto” perché sferrò una battaglia di popolo, di idee, e la portò avanti con i bambini in una strategia colossale dando partecipazione ai pionieri in quello che costituì l’inizio della Battaglia delle Idee e «così come la sviluppò il Comandante non poteva venir pensata meglio», ha sostenuto con totale convinzione.
«Io venivo da un luogo dove mi avevano raccontato gli orrori più grandi sulla sua figura. Mio papà non ha mai cercato d’influenzare il mio criterio, ma sì mi disse che aveva un amico che si chiamava Fidel, che aveva reso possibile il mio ritorno a Cuba», ha segnalato Elián sulla prima volta che lo vide.
Arrivò alla casa dove ci trovavamo, prima fu una sorpresa e poi il timore, perché a prima vista impressionava per l’altezza, il suo atteggiamento serio, l’uniforme verde e la sua barba.
Ricordo che salutò tutti e mi lasciò per ultimo. Usò una forma graziosa regalandomi il libro “La Edad de Oro” e una scatola di cioccolatini. Mi disse: «Stai attento a non mangiare il libro e a non leggere la scatola di cioccolatini…» Questo spezzò la tensione e cominciò una complicità tra noi due e mi resi conto che avevo in lui anche un amico.
«Dopo furono molti gli incontri. Quando facevo bene qualcosa in classe lo raccontavo a mio papà e anche al Comandante, perché fosse orgoglioso», ha sottolineato.
«Non mi ha mai chiesto niente. Ma mi ha dato possibilità, impegnato a che avessi buoni professori, che conoscessi la storia di Cuba, di ogni provincia, del nostro popolo. Mi diede l’opportunità di crescere e non ha chiesto niente in cambio. Mi ha dato gli strumenti, ma non mi ha detto cosa dovevo costruire. Ha lasciato a me la decisione ed è quello che faccio poco a poco: cercare d’essere una migliore persona», ha specificato.
Sul funerale del leader della Rivoluzione nel cimitero Santa Ifigenia, a Santiago di Cuba, dove Elián era presente ha detto che la sua morte aveva preso tutti di sorpresa.
Pur avendolo toccato e sapendo che era una persona di carne e ossa, tutti credevamo che Fidel era invincibile; non pensavamo nella sua morte e nemmeno si desiderava che ritardasse il più possibile per non vederla.
All’inizio mi aveva invaso il dubbio e accesi il televisore, ma quella mattina non feci altro che dubitare se era la verità o era un sogno.
«Stare al suo funerale è stato un onore perché mi ha detto opportunità d’accompagnarlo sino all’ultimo momento. Stare là è stato doloroso, difficile, ma provo orgoglio perché non l’ho lasciato sino all’ultimo istante e ringrazio profondamente per aver avuto questa possibilità. Tornerò là quando nascerà la mia bambina per mettere dei fiori davanti a questa enorme pietra», ha precisato.
Elián González Brotons, che ha 26 anni, ha condannato la Legge de “Ajuste Cubano” perché lui non è stato l’unico a soffrirne le conseguenze, anche se l’emigrazione verso gli USA esiste da molto tempo prima di queste leggi arbitrarie che conosciamo, ma come risultato di queste politiche è più forzata, irregolare e pericolosa.
«Molte famiglie cubane ha considerato, hanno delle vittime di naufragi, la morte di un essere caro, gente che non è mai più apparsa… Se veramente gli Stati Uniti volessero sviluppare una politica d’aiuto, perché non smettono d’incitare questa emigrazione illegale che provoca morti ed ogni tipo di fatalità? Vivono sotto la falsa promessa di voler aiutare il popolo cubano, ma quello che fanno è creare il caos».
Il Generale d’Esercito Raúl Castro Raúl “è una delle persone più ammirabili che abbiamo conosciuto”, dice, in accordo con suo papà Juan Miguel, parlando del fatto che non solo aveva una relazione con Fidel, ma anche con Raúl.
Per Elián, Cuba ha la fortuna di avare grandi figure, ma aver avuto due fratelli cosi grandi nello stesso tempo è un grande orgoglio.
Fidel aveva Raúl al suo fianco, un fratello con la capacità di non deluderlo, perché se lui stava a L’Avana promettendo, Raúl stava a Santiago eseguendo e se lui stava aspettando un visitatore, Raúl era in un altro luogo realizzando i suoi sogni.