“La relazione che instaurano con i pazienti è unica. In questo momento l’ospedale sta venendo smantellato e noi continuiamo ancora qui, ma loro non ci abbandonano”
Enrique Ubieta Gómez www.granma.cu
4 luglio
La zona rossa è quasi vuota. In una stanza ora si ammucchiano i letti vuoti. Rimangono sette pazienti. Surrettiziamente, Martina è diventata parte della squadra. Quando il dottore arriva la mattina, lei gli fa rapporto, poiché durante la notte è stata attenta allo sviluppo delle compagne di sventura, in particolare quelle di età avanzata.
Poiché è infermiera in un centro che si prende cura di pazienti gravemente malati, Martina ha sviluppato un istinto speciale e la capacità di accompagnare le persone bisognose. Nonostante anche lei sia positiva al COVID-19, rimane vigile. Qualifica i nostri medici come eccezionali: «La relazione che instaurano con i pazienti è unica. In questo momento l’ospedale sta venendo smantellato e noi continuiamo ancora qui, ma loro non ci abbandonano».
Improvvisamente, si avvicina al letto della paziente Giovanna Butti, 94 anni, e inizia a cantare una canzone, ed è assecondata dall’anziana. Antonia Orlando, 80 anni, completa il trio e lo spettacolo è davvero commovente. Allora il canto si trasforma in un gioco infantile. Martina canta il nome di un animale e Giovanna emette il suono corrispondente: un cane, un gatto, un cavallo e arriccia ancora di più il suo naso rugoso per simulare un coniglio. È completamente lucida. Non è che ritorna all’infanzia per la sua età, è che non l’ha mai persa: è una bimba adulta nei suoi ultimi giorni. Ai suoi 94 anni, malata di COVID e afflitta da altre condizioni croniche, ha ancora lo stupore primigenio.
La sua risposta è così precisa e immediata, i suoi occhi così birichini e giovani, che la scena irradia una tenerezza indescrivibile. Non devo guardare i miei colleghi per sapere ciò che sentono. Ancora turbati, ci fotografiamo con loro, con i medici Julio, Miguel e la giovane italiana Nasim Taheri, con l’infermiere Ricardo e con Michele. È il mio addio.
5 luglio
Oggi è il compleanno di un medico straordinario, Miguel Acebo, uomo buono e saggio. Ho saputo che Martina gli avrebbe fatto un regalo. Dirò solo che il momento è stato molto emozionante. In complicità con Michele, lei aveva ordinato la stampa di due fotografie. In una figurano lei, Maria ed il dottore; l’altra è un istante catturato tra Miguel e Giovanna, l’anziana di 94 anni. Lo sguardo, i gesti e il sorriso di questa immagine non possono essere descritti.
“È il miglior regalo che ho ricevuto in Italia”, ha detto il medico. Le foto sono avvolte in doppio nylon, il primo viene rimosso e il secondo viene disinfettato.
6 luglio
Sono rimasti cinque pazienti. Oggi salutiamo Giovanna, la signora di 94 anni. Sperava di ricongiungersi con suo figlio, ma andrà in una casa di cura, una delle più costose. Per salutarla, si sono riunite nel patio gli infermieri e medici che, in quel momento, si aggiravano per gli uffici della zona verde. E io, con la mia macchina fotografica impertinente.
E’ apparsa sdraiata sul suo letto e non smetteva di piangere. Non voleva andarsene. Le assistenti infermieristiche la confortarono, le passavano le mani sulla testa bianca. Ho fatto foto inutili, il suo pianto non deve essere esposto, non siamo venuti a fare giornalismo sensazionalistico. Ne ho salvata solo uno in cui, con gli occhi pieni di lacrime, guarda l’ausiliaria che le offre la mano. Ci sono vite salvate che invocano un altro tipo di salvezza. In questi giorni Giovanna era nostra nonna, quella di tutti. Ora va in una casa con più servizi, chissà. Voleva vedere suo figlio. Martina e Maria sono desolate, ma so che sono forti e si riprenderanno. Domani tocca a loro.
A mezzogiorno ci incontriamo tutti all’Albero della Vita. 176 nastri bianchi pendono dai suoi rami. L’albero, ora posso dirlo, è stato sul punto di avvizzire; varie delle sue foglie si sono seccate. René ha irritato la sua vita gettandogli secchi d’acqua, ma piovve, piovve molto e nacquero nuovi getti di foglie verdi. L’albero che sostiene così tante vite salvate non può morire.
7 luglio
Oggi hanno evacuato Martina e María, le amiche che sono state ricoverate in ospedale per mesi e che, pur non avendo, ora, i sintomi della malattia, rimangono positive per il virus. Avevano conquistato l’affetto di medici, infermieri e di questo giornalista. Ci mancheranno a tutti. Maria è uscita per prima, e pochi minuti dopo, su un’altra ambulanza, Martina. Entrambe ci hanno lasciato piangendo. Con Martina è avvenuto qualcosa che mi rende ancora più triste. Stavo, ovviamente, scattando foto. Ma entrambe mi avevano visto prima in tuta protettiva. Ho detto a Martina, a distanza di sicurezza, chi ero. Quindi, impulsiva com’è, si è lanciata in avanti a braccia aperte verso di me. Ho dovuto fare un passo indietro e farle segni con le mani affinché si fermasse. Anche tutti i presenti hanno urlato che si fermasse. Improvvisamente ha capito il suo errore ed ha riso come tutti quanti, ma so che in fondo era infastidita di se stessa. È da un tempo che legge le mie cronache. So che leggerà queste righe e voglio dirle che anch’io avrei voluto abbracciarla. Ma ci sono abbracci che non sono fisici. Noi, tutti, ci portiamo il suo.
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I risultati della Brigata, ancora parziali, sono eloquenti: sono stati accolti in ospedale 175 pazienti COVID-positivi, non pochi in gravi condizioni, con un tasso di mortalità di 0,57; sono state eseguite 5166 visite ospedaliere, 4890 procedure e oltre 70000 azioni infermieristiche. Ma i numeri sono freddi e le parole dei pazienti guariti ardono di calore umano: decine di lettere sono state scritte a mano da loro prima di abbandonare l’istituzione. Anche i sorrisi e gli abbracci non si contano. Il prestigio raggiunto dalla medicina cubana, in ogni uomo che l’ha rappresentata, è immenso.
Quando parlo di risultati parziali -intendo i numeri- prendo in considerazione gli ultimi eventi: per motivi organizzativi, la chiusura dell’istituzione è stata rinviata, nonostante molti medici italiani abbiano già chiuso i loro contratti e se ne siano andati. Ieri erano rimasti due pazienti e la maggior parte dei letti era stata spostata negli spazi di deposito, ma sono iniziati a giungere i malati che potevano essere curati in altri ospedali. Per ragioni etiche e di principio, la brigata cubana ha preso la decisione di sostenere il lavoro medico negli ultimi giorni del loro soggiorno, fino al giorno prima del loro confinamento in quarantena. Ciò significa che alcuni dottori staranno solo part-time ai tributi.
Martina, Giovanna y el doctor Miguel
«La relación que establecen con los pacientes es única. Ahora mismo el hospital está siendo desmantelado y nosotras continuamos aquí, pero ellos no nos abandonan»
Autor: Enrique Ubieta Gómez
4 de julio
La zona roja está casi vacía. En uno de los cubículos se amontonan ahora las camas desocupadas. Quedan siete pacientes. Subrepticiamente, Martina ha pasado a formar parte del equipo. Cuando el doctor llega en la mañana ella le da el parte, pues durante la noche ha estado atenta al desenvolvimiento de las compañeras de infortunio, sobre todo de aquellas de edad avanzada.
Como es enfermera en un centro que atiende a pacientes muy graves, Martina ha desarrollado un instinto especial y la capacidad de acompañar a las personas necesitadas. A pesar de ser también positiva de la COVID-19, se mantiene alerta. Califica a nuestros galenos de excepcionales: «La relación que establecen con los pacientes es única. Ahora mismo el hospital está siendo desmantelado y nosotras continuamos aquí, pero ellos no nos abandonan».
De pronto, se acerca a la cama de la paciente Giovanna Butti, de 94 años, y empieza a cantar una canción, y es secundada por la anciana. Antonia Orlando, de 80 años, completa el trío, y el espectáculo es verdaderamente conmovedor. Entonces el canto se transforma en un juego infantil. Martina entona el nombre de un animal, y Giovanna emite el sonido que le corresponde: un perro, un gato, un caballo, y estruja aún más su arrugada nariz para simular un conejo. Está completamente lúcida. No es que regrese a la infancia debido a su edad, es que nunca la extravió: es una niña adulta en sus días finales. A sus 94 años, enferma de la COVID y aquejada por otras afecciones crónicas, conserva el asombro primigenio.
Es tan precisa e inmediata su respuesta, tan pícaros y jóvenes sus ojos, que la escena irradia una ternura indescriptible. No tengo que mirar a mis compañeros para saber lo que sienten. Todavía turbados, nos retratamos con ellas, con los doctores Julio, Miguel y la joven italiana Nasim Taheri, con el enfermero Ricardo y con Michele. Es mi despedida.
5 de julio
Hoy es el cumpleaños de un médico extraordinario, Miguel Acebo, hombre bueno y sabio. Supe que Martina le haría un regalo. Me limitaré a decir que el momento fue muy emotivo. En complicidad con Michele, ella había ordenado la impresión de dos fotografías. En una figuran ella, María y el doctor; la otra es un instante captado entre Miguel y Giovanna, la anciana de 94 años. No pueden describirse la mirada, los gestos y la sonrisa de esta imagen.
«Es el mejor regalo que he recibido en Italia», expresó el doctor. Las fotos vienen envueltas en un doble nylon, el primero se elimina y el segundo es desinfectado.
6 de julio
Quedan cinco pacientes. Hoy despedimos a Giovanna, la señora de 94 años. Ella esperaba reunirse con su hijo, pero marchará a un asilo, de los más caros. Para despedirla, se reunieron en el patio los enfermeros y los médicos que merodeaban a esa hora por las oficinas de la zona verde. Y yo, con mi cámara impertinente.
Apareció recostada en su cama, y no paraba de llorar. No quería irse. Los auxiliares de Enfermería la consolaban, le pasaban la mano por su cabeza blanca. Tomé fotos que no sirven, su llanto no debe exhibirse, no vinimos a hacer periodismo sensacionalista. Solo rescaté una en la que con ojos llorosos observa a la auxiliar que le tiende la mano. Hay vidas salvadas que claman por otro tipo de salvación. En estos días, Giovanna fue nuestra abuela, la de todos. Ahora se va a un hogar con más comodidades, quién sabe. Ella quería ver a su hijo. Martina y María están desoladas, pero sé que son fuertes y se recuperarán. Mañana, les toca a ellas.
Al mediodía nos reunimos todos en el Árbol de la Vida. De sus ramas cuelgan 176 cintas blancas. El árbol, ahora puedo decirlo, estuvo a punto de marchitarse; varias de sus hojas se secaron. René se fastidió la cintura echándole cubos de agua, pero llovió, llovió mucho, y nacieron nuevas camadas de hojas verdes. No puede morir el árbol que sostiene tantas vidas salvadas.
7 de julio
Hoy evacuaron a Martina y a María, las amigas que estuvieron durante meses ingresadas en el hospital, y que a pesar de que ya no presentan síntomas de la enfermedad, se mantienen positivas al virus. Habían conquistado el cariño de médicos, enfermeros y de este periodista. Todos las extrañaremos. Primero salió María, y unos minutos más tarde, en otra ambulancia, Martina. Ambas se despidieron llorando. Con Martina me ocurrió algo que me deja aún más triste. Estuve, por supuesto, tomando fotos. Pero ambas solo me habían visto antes con el traje protector. Le dije a Martina, a una distancia prudente, quién era yo. Entonces, impulsiva como es, se abalanzó con los brazos abiertos hacia mí. Tuve que retroceder y hacerle señas con las manos para que se detuviera. Todos los presentes gritaron también para que se detuviera. Ella de pronto comprendió su error, y rió como todos, pero sé que en el fondo se molestó consigo misma. Hace ya un tiempo que lee mis crónicas. Sé que leerá estas líneas, y quiero decirle que yo también hubiera querido abrazarla. Pero hay abrazos que no son físicos. Nosotros, todos, nos llevamos el suyo.
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Los resultados de la Brigada, todavía parciales, son elocuentes: se recibieron a 175 pacientes positivos de la COVID en el hospital, no pocos en estado grave, con un 0,57 de letalidad; se realizaron 5 166 atenciones hospitalarias, 4 890 procederes y más de 70 000 acciones de enfermería. Pero los números son fríos, y las palabras de los pacientes sanados arden de calor humano: decenas de cartas fueron escritas a mano por ellos antes de abandonar la institución. Las sonrisas y los abrazos tampoco se contabilizan. El prestigio alcanzado por la Medicina cubana, en cada hombre que la representó, es inmenso.
Cuando hablo de resultados parciales –me refiero a los números–, tengo en cuenta los últimos sucesos: por razones organizativas, el cierre de la institución ha sido pospuesto, a pesar de que ya muchos médicos italianos cerraron sus contratos y se marcharon. Ayer quedaban dos pacientes, y la mayor parte de las camas habían sido trasladadas a espacios de almacenamiento, pero han empezado a llegar enfermos que podían haber sido tratados en otros hospitales. Por razones éticas, de principios, la brigada cubana tomó la decisión de apoyar el trabajo médico en los días finales de su estancia, hasta el día previo a su confinamiento de cuarentena. Ello significa que algunos médicos solo estarán a medio tiempo en los homenajes.