di Geraldina Colotti
Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione dal titolo “Situazione umanitaria in Venezuela e crisi migratoria e dei rifugiati”. Un documento in 19 punti in cui si articola il piano di ingerenza contro la Repubblica bolivariana. Una nuova aggressione che smentisce i propositi espressi dal comunicato congiunto tra il capo della diplomazia europea Joseph Borrell e il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza che sembrava aprire la strada a un atteggiamento diverso da parte della UE.
La pressione delle lobby che agiscono all’interno dell’organismo ha però evidentemente preso il sopravvento. La risoluzione riprende quelle già approvate in precedenza in linea con le decisioni del Pentagono e con le richieste dell’estrema destra venezuelana, ben rappresentata dal padre del leader di Voluntad Popular, Leopoldo Lopez, l’eurodeputato Leopoldo Lopez Gil.
La UE ha cominciato a emettere “sanzioni” al Venezuela nel 2017. In quel solco continua ora a definire “illegali” le istituzioni bolivariane e insiste nell’emettere misure coercitive unilaterali anche contro i parlamentari dell’opposizione moderata che hanno accettato il dialogo con il governo Maduro e le elezioni parlamentari del prossimo 6 dicembre. Dopo gli 11 funzionari colpiti, ora si propone di ampliare la lista.
In questo modo, a parlare del Venezuela in Europa potranno essere solo golpisti e truffatori accreditati da questa farsa internazionale. Nonostante la situazione di crisi in cui versano i settori popolari in Europa dopo la pandemia, i governi UE insistono poi nell’erogare 2.544.000 euro ai paesi neoliberisti che tramano contro Maduro, con il pretesto di aiutare i “rifugiati venezuelani” che si sono recati lì.
A questo fine, la risoluzione tace sugli oltre 60.000 venezuelani che hanno fatto rientro nel loro paese, ricevendo assistenza gratuita, e mente spudoratamente sulle cifre del coronavirus in Venezuela. Per nascondere i risultati del sistema sanitario, preventivo e di prossimità, messo in atto dal governo bolivariano con l’aiuto di Cuba, si prendono per buone le cifre sparate dai golpisti.
Ma il punto più allarmante della risoluzione è quello in cui si chiede “all’Unione e a altri agenti internazionali di sollecitare una risposta della comunità internazionale che contribuisca a ristabilire urgentemente la democrazia e lo Stato di Diritto in Venezuela”. La “democratica” Europa auspica, insomma, un’aggressione armata del Venezuela, per balcanizzare il paese e rubarsi, come fece con l’oro libico, quello del Venezuela.
Per questo, vengono minacciati apertamente quei governi che non abbiano riconosciuto l’autoproclamato. Si ingiunge loro di farlo senza reticenze, e si ipotizza l’espulsione degli ambasciatori della repubblica bolivariana in Europa. Si chiede poi ai governi della UE di appoggiare presso la CPI la denuncia che vorrebbe condannare Maduro per “crimini di lesa umanità”.
Il Parlamento europeo – replicano i rappresentanti dell’Assemblea Nazionale Costituente – “legittima i crimini di aggressione contro il popolo del Venezuela”. Diosdado Cabello, Tania Diaz, Gladys Requena, Fidel Vasquez e Carolys Pérez, componenti della struttura direttiva dell’ANC, ricordano che il massimo organo plenipotenziario del Venezuela, non è frutto di autoproclamazioni volute da Washington. È stato eletto da oltre 8 milioni di persone mediante voto diretto e segreto il 30 luglio del 2017, da 335 municipi del paese, in rappresentanza di vari settori della società: dai lavoratori e le lavoratrici, alle donne, alle comunas, alla gioventù, alle persone diversamente abili, ai popoli indigeni, agli imprenditori, agli anziani.
La ANC definisce il documento “vergognoso e immorale, risultato dell’insieme di interessi delle élite legate all’estrema destra politica che, per mandato sedizioso del governo degli Stati Uniti, hanno usato male la rappresentanza popolare che è stata loro affidata, per legittimare un delitto di aggressione contro il popolo del Venezuela”.
È una poderosa macchina da guerra quella che sta attaccando la rivoluzione bolivariana su tutti i piani: da quello economico-finanziario a quello mediatico, da quello diplomatico al terreno militare. Dà rabbia e impotenza vedere con quanta ipocrisia figure politiche che dovrebbero andare a nascondersi per il nefasto contributo che hanno dato e continuano a dare nella politica dei propri paesi, calpestino con tanta arroganza i diritti di un popolo che vuole solo poter decidere senza tutele.
Com’è possibile – ci si chiede – che una costruzione artificiale come quella messa in piedi da un deputato che si è autoproclamato “presidente a interim” senza voti né autorevolezza possa fare così tanti danni? Com’è possibile che le “democrazie europee” così prone sulla carta al consenso della maggioranza si lascino trascinare in un’avventura tanto minoritaria quanto evidentemente meschina?
Com’è possibile che si ergano a fustigatori dei costumi, a giudici contro la corruzione quando è così evidente che stanno sostenendo un manipolo di truffatori e ladroni, che si sono intascati i soldi di finanziamenti e donazioni? A denunciare il comportamento della banda, sono stati gli stessi complici dell’autoproclamato, indignati per la disparità di trattamento nella spartizione del bottino.
È di pochi giorni fa il comunicato diffuso sui media non dall’opposizione moderata che accetta il dialogo con il governo Maduro, ma dai peggiori estremisti della cerchia di Guaidó, come Antonio Ledezma, Maria Corina Machado, Diego Arria, che gli chiedono di spiegare dove siano finiti i soldi e lo accusano di mancanza di trasparenza nella gestione dei conti.
Ma, evidentemente, per i parlamentari europei che hanno votato la risoluzione contro il Venezuela, conta di più la voce del padrone nordamericano. Contano di più gli interessi economico-finanziari di quelle sempiterne oligarchie che, a fronte della crisi post-pandemia, vogliono mettere la mano sulle risorse del popolo venezuelano.
E, infatti, a comparire nelle foto di gruppo insieme agli emissari dell’”autoproclamato”, c’erano quegli stessi politici italiani che, in modo “bipartisan”, hanno scavato la fossa alle classi popolari italiane. Un gruppo di “famiglie” che appoggia gli interessi dei costruttori italiano-venezuelani in Abruzzo, degli speculatori immobiliari e affaristi che finanziano la destabilizzazione in Venezuela… Una piovra che influenza giornali, televisioni e università diffondendo il verbo dei think tank statunitensi e israeliani. L’Europa dei banchieri e dei tribunali addomesticati ai loro voleri agisce per conto delle grandi corporazioni economico-mediatiche, che organizzano il nuovo Plan Condor economico-finanziario contro il Venezuela.
Non è una partita da poco quella che si sta giocando sulla pelle del popolo venezuelano. La pandemia da coronavirus ha evidenziato ulteriormente la crisi sistemica del capitalismo, l’insostenibilità di un modo di produzione devastante per gli esseri umani e per l’ambiente. Riprendere il controllo delle enormi risorse del Venezuela, risulta essenziale per una borghesia internazionale che non intende rinunciare ai suoi profitti e che cerca di ristrutturare a proprio vantaggio gli inadeguati assetti politici dei governi capitalisti e delle alleanze in cui agiscono.
Per questo, non esita a calpestare quella stessa legalità internazionale che pretende di imporre ai settori popolari impoveriti, limitandone le libertà sociali e adattando alla nuova fase gli elementi di “controrivoluzione preventiva” sperimentati nei momenti più alti del conflitto sociale.
Una strategia che, intorno al micidiale riflesso dell’”unità nazionale” forgiato contro la lotta di classe degli anni 1970, si rinnova ora contro il Venezuela, identificato come “il pericolo rosso”. Con il suo becero semplicismo, Berlusconi coglie nel segno quando, rieditando la vecchia paura della borghesia afferma a proposito della risoluzione del Parlamento europeo: “Con questo voto si dimostra una volontà politica chiara. In Venezuela, come in altri paesi, il comunismo dimostra di essere un dramma del presente e non solo del passato”.
Contro il “pericolo rosso” scatta il riflesso bipartisan della borghesia, compatta nel voler dimostrare che non esistono alternative al capitalismo. Di fronte al fallimento delle politiche di privatizzazione, per evitare che si riaffacci una qualche prospettiva di pianificazione economica, l’impresentabile Partito Democratico spara a zero persino su quella parte del Movimento 5 Stelle che ha mantenuto una relativa “neutralità” sul Venezuela e che si è astenuto dal voto.
Gli apparati mediatici si affannano perciò a eleggere la sala condominiale di Guaidó, dove si riuniscono i pochi faccendieri che ormai lo appoggiano, al rango di “parlamento”, mentre bollano come “illegale” il parlamento che ha eletto la maggioranza dell’opposizione venezuelana. Con sprezzo del ridicolo, parlano di “governo di transizione” e di “elezioni libere”, sapendo perfettamente che, a “rappresentare” all’estero la repubblica virtuale dell’autoproclamato sono personaggi che non hanno neanche la nazionalità venezuelana: dall’imprenditrice-Cia Vanessa Neumann, a Londra, a una sconosciuta signora in Svizzera, e così via in altri paesi dove si perpetua la farsa del pagliaccio di Trump.
Una notizia diffusa da Reuters rende bene l’idea della trappola tesa dalla strategia della confusione. La nota recita: “Il Parlamento del Venezuela, a maggioranza di opposizione, ha approvato il 9 luglio la decisione di contattare due firme negli Stati Uniti che si incaricheranno di amministrare i fondi all’estero che sono sotto il controllo del capo del Congresso e leader dell’opposizione, Juan Guaidó”.
Considerando che l’unico Parlamento a maggioranza di opposizione è quello che presiede Luis Parra e a cui partecipano anche le forze chaviste, per depistare il giornalista poco accorto si correda l’articolo con l’immagine dell’Assemblea Nazionale, che l’autoproclamato ha deciso di abbandonare insieme alla sua banda. Si aggiungono le foto dei golpisti, e il gioco è fatto: la realtà della politica venezuelana scompare, per lasciar posto al circo virtuale, avallato dalle istituzioni internazionali.
“Le compagnie BRD Disbursement e BRV Administrator – prosegue la nota – saranno incaricate di cominciare a gestire le risorse che le forze di Guaidó – che buona parte della comunità internazionale riconosce come leader legittimo del Venezuela – sono riusciti a accumulare in quello che viene definito Fondo di Liberazione Nazionale”. In realtà, si stanno spiegando i termini dell’operazione di pirateria internazionale costruita ai danni del popolo venezuelano, ma il lettore viene indotto a prendere per buona la “legalità” del presunto Parlamento.
E a questo punto, anche se emergono i dati veri della truffa, chi legge è già stato depistato a sufficienza. Guaidó – ammette Reuters – non controlla le finanze pubbliche né le risorse del Banco Centrale del Venezuela, ma è riuscito a congelare alcuni beni del paese, nelle nazioni che riconoscono la sua leadership”.
Come ci sia riuscito, è indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo e da quelle che l’hanno preceduta: con la truffa, l’arroganza,e con l’inganno. Questo, però, la nota non lo dice, limitandosi a spiegare che i fondi “provengono dal processo di recupero di attivi che Maduro ha denunciato come un furto dell’opposizione”. Sappiamo poi che circa 80 milioni di dollari verranno usati per finanziare distinti (e non meglio precisati) programmi e che “circa 36 milioni di dollari andranno a programmi di aiuti a medici venezuelani che verranno erogati mediante la Croce Rossa e l’Organizzazione Panamericana della Salute”.
Altro denaro che finirà nelle capienti tasche degli autoproclamati, visto che lo Stato venezuelano è l’unico abilitato a consentire o meno alle organizzazioni internazionali di erogare aiuti sul territorio. Intanto, “per i loro servizi finanziari, le compagnie riceveranno 1,25 milioni di dollari, secondo il contratto approvato dal Parlamento”.
Un’indecente pantomima contro la quale si stanno mobilitando le organizzazioni popolari a livello internazionale.