Attualmente sono previste, nel periodo post-Covid, le elezioni presidenziali che, stando alle parole del presidente del Tribunale Supremo Elettorale Salvador Romero, si terranno il 6 settembre. Decisione che è stata vista di buon occhio dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres che ha invitato “i partiti politici e le autorità a cooperare pienamente alla celebrazione di elezioni pacifiche, trasparenti e inclusive”.
A quanto pare però non tutto sta andando come si pensava. La direzione nazionale del Movimento per il Socialismo (MAS), il partito di Evo Morales, ha denunciato che diverse forze politiche stanno sviluppando una campagna per esercitare pressioni sul Supremo Tribunal Electoral per la squalifica del proprio partito, cercando di travisare e manipolare ciò che è indicato dalla Legge 26 del Sistema elettorale del 2010.
L’ex presidente boliviano Evo Morales ha denunciato che la destra boliviana sta cercando a tutti i costi di far fuori dalla corsa elettorale sia il Movimiento al Socialismo sia il suo candidato, Luis Arce. Nove sondaggi confermano che Luis Arce potrebbe vincere le elezioni al primo turno come prossimo presidente dello Stato Plurinazionale, dopo aver stabilito una distanza di 18 punti rispetto a Carlos Mesa e 22 o 23 punti sulla golpista Jeanine Añez. Non a caso in questi giorni la destra, capeggiata da Camacho e da Carlos Mesa, sta spingendo per la sospensione delle elezioni tramite azioni, campagna mediatica ed appelli per richiedere l’intervento dell’Organizzazione degli Stati Americani. Scelta considerata un attacco alla sovranità popolare, secondo Morales e Luis Arce, il quale considera l’OSA “parte e complice” del colpo di Stato contro la democrazia a seguito delle elezioni dell’ottobre 2019.
A soli due mesi dalle prossime elezioni presidenziali, la destra sta cercando di distogliere l’attenzione dagli scandali di corruzione che hanno colpito il governo, YPFB, Entel, il Ministero della Salute e dalle proteste popolari contro la gestione della crisi sanitaria indotta dal Covid-19 e la crisi economica di cui soffre il Paese indotta dalle recenti politiche neoliberiste che il golpe ha portato avanti. Il governo de facto di Jeanine Añez non ha risolto i problemi sociali, reprimendo le proteste sociali con l’intervento dell’esercito. Un governo che ha rinsaldato i privilegi dell’esercito boliviano con aumenti salariali, benefici sociali, incluso un decreto di amnistia che esonera gli ufficiali militari e di polizia dalla responsabilità degli omicidi durante le rivolte. Quell’esercito che al momento del golpe ha “invitato” il Presidente Morales ad andarsene.
Svendita di patrimonio naturale, privatizzazione delle imprese pubbliche, della salute e dell’educazione, dei servizi di base, abolizione della Renta Dignidad, del Bono Juancito Pinto e del Bono Juana Azurduy, repressione popolare, oppressione delle sue organizzazioni politiche e sociali, ingerenza delle agenzie statunitensi, interferenze finanziarie, clientelismo, acquisizione dei voti e il dilagare del razzismo anti-indigeno e anti-Pachamama sono il risultato di un anno di golpe.
La destra sa quanto sia forte il socialismo indigeno, la forza popolare dei campesinos, dei cocaleros e il consenso a sinistra nella popolazione boliviana e sta infatti mettendo in atto tutte le armi possibili per evitare le elezioni. La manipolazione mediatica, in mano ai privati in Bolivia, sta portando avanti campagne di diffamazione contro il MAS, tentando di rimandare le elezioni sine die. Pochi giorni fa i golpisti hanno accusato di corruzione il candidato alla Presidenza per il MAS, Luís Arce Catacora, per impedirgli di presentarsi. Tra il 2006 e il 2019 Arce è stato Ministro dell’Economia, in cui la situazione economica è drasticamente migliorata e ha visto le riserve di oro e la valuta aumentare.
Il candidato alla presidenza per il fronte Creemos, il paramilitare Luis Fernando Camacho, e il leader della destra conservatrice filo-atlantista, Carlos Mesa, si stanno già muovendo per formare un’alleanza neoliberista unitaria con l’attuale presidente Jeanine Áñez, preoccupata per i dati dei sondaggi che danno in testa il MAS. Uno scenario che non bisogna sottovalutare e che potrebbe portare alla Áñez un posto sicuro all’interno dello stato boliviano, mentre potrebbe portare dissidi interni alla stessa destra per la presenza di Camacho.