Aiuto solidario

I medici cubani hanno lasciato l’Italia dopo aver aiutato gratuitamente nella pandemia

 

L’Ambasciatore cubano a Roma, José Carlos Rodríguez ha detto all’agenzia EFE che l’ultima brigata di medici cubani rimasta in Italia è tornata a Cuba il 20 luglio dopo tre mesi di aiuti nella lotta contro la pandemia di coronavirus, in forma “solidale  e gratuita”.

L’Ambasciatore cubano a Roma, José Carlos Rodríguez ha detto all’agenzia EFE che l’ultima brigata di medici cubani rimasta in Italia è tornata a Cuba il 20 luglio dopo tre mesi di aiuti nella lotta contro la pandemia di coronavirus, in forma “solidale  e gratuita”.

Il gruppo di 38 medici e infermieri della brigata “Henry Reeve” ha prestato i suoi servizi a Torino dal 13 aprile scorso ed è partito per L’Avana da Milano, dopo aver trascorso un periodo di quarantena ed essersi sottoposto alle prove coronavirus.

Un primo gruppo di 52 specialisti, ha già concluso la sua missione dopo la collaborazione da marzo nella lotta alla pandemia nella città di Crema, in Lombardia, epicentro della crisi sanitaria in Italia.

«Le autorità locali italiane, in accordo con il ministero della Sanità hanno chiesto l’aiuto di Cuba quando la crisi toccava il suo peggiore momento e il sistema sanitario era molto teso», ha ricordato l’ambasciatore in un’intervista con questa agenzia.

«L’esperienza è stata molto positiva e utile, ha sottolineato, perché i professionisti cubani hanno portato con sè un’altissima preparazione per la loro esperienza in altri paesi e nella lotta contro malattie come l’Ebola in Africa Occidentale.

Per questo sono stati salutati in Itala con un grande riconoscimento e apprezzamento, ha spiegato il diplomatico, e il capo della brigata, il dottor Julio Guerra, è stato nominato cittadino onorario di Torino.

Sono persone semplici, medici e infermieri con un’elevata capacità professionale, persone che rappresentano il popolo in modo semplice, che sono state capaci di andare in altri luoghi a prestare aiuto», ha elogiato l’Ambasciatore.

L’Italia è stata il primo paese europeo a sollecitare questo aiuto di Cuba, già presente in 59 paesi del mondo prima della pandemia e questo si giustifica per la situazione che viveva in quel momento con una crisi sanitaria molto aggressiva.

“Io credo che in queste circostanze si deve comprendere la richiesta. È chiaro che per noi è un fatto già abituale rispondere a richieste d’appoggio sanitario nel mondo», ha segnalato  José Carlos Rodríguez.

L’ambasciatore cubano ha sostenuto che l’Italia non ha pagato per questo aiuto.

«Posso dire in maniera chiarissima e trasparente che le nostre brigate mediche non hanno ricevuto la mina retribuzione da parte delle autorità nazionali, nè dalle locali d’Italia», ha assicurato.

«Le nostre brigate sono venute in Italia per un aiuto solidale d’emergenza», ha sostenuto e poi ha chiarito che hanno ricevuto solo i loro stipendi in Cuba e che l’unica cosa richiesta è stato conoscere i dettagli logistici sugli alloggi e la sicurezza nei loro posti.

«Sono venuti e hanno prestato servizio in maniera solidale e gratuita al popolo italiano e questo è stato il fatto più importante (…) L’Italia non ha dato, né a loro né a Cuba pagamenti di sorta», ha precisato di nuovo.

Il diplomatico ha anche respinto “assolutamente” qualsiasi tipo d’intenzione politica o  propagandistica in questa cooperazione.

«Nessuna motivazione politica entra in questo, come nessuna motivazione politica ha riguardato la storia dell’aiuto medico cubano offerto nel mondo», ha sostenuto.

E ha ricordato che in altre occasioni l’Isola  ha teso la sua mano a paesi con Governi “ per niente amici” di Cuba, come dopo il terremoto del 1972 in Nicaragua, paese  governato allora dalla dittatura di Anastasio Somoza.

“Non abbiamo mai posto condizioni per offrire questo aiuto medico al mondo.

Partiamo da convinzioni molto ferme. Quando c’è una necessità umana in questo caso nell’ambito della salute noi ci sentiamo in dovere e con la disposizione di offrire il nostro aiuto e il nostro appoggio, sempre che rientri nelle nostre capacità».

L’ Ambasciatore ha lamentato che  ci siano  nazioni disturbatrici, come gli Stati Uniti che criticano le missioni di Cuba – che dal 1963 ha inviato circa 400.000 professionisti della sanità in tutto il mondo – ed ha attribuito questi attacchi al fatto che loro non sono capaci di fare cose simili.

«A volte si arrabbiano per l’esempio degno di un piccolo paese che è capace di dare solidarietà e dare vita», ha indicato il diplomatico  cubano.

Secondo lui il mondo ha dimostrato “fragilità” in questa tappa di pandemia e per questo crede che si necessario rinforzare soprattutto la cooperazione,la collaborazione e la solidarietà.

«Separati i paesi non potranno affrontare le sfide importanti che l’umanità ha di fronte. Separati non potranno affrontare le conseguenze del cambio climatico o di possibili epidemie come questa, perché nessuno può assicurare che questa è l’ultima», ha avvisato.

L’Ambasciatore cubano in Italia ha approfittato per condannare il blocco imposto da Washington:«Se non esistesse il blocco, le capacità di sviluppo di Cuba in questo momento sarebbero molto più avanzate e le sue capacità d’apportare bene al mondo, ugualmente, sarebbero molto più grandi», ha terminato.


La missione dei medici della Brigada Henry Reeve di Torino

Luigi Mezzacappa

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.